Credo che l’Italia sia entrata definitivamente in una spirale di decomposizione che solo un sisma sociale potrà interrompere. Non lo dico né con ottimismo o speranza né con preoccupazione. Mi sembra semplicemente una patetica evidenza.
Sergio Ghirardi
Processo Mediaset: Tartuffe a Corte
Di
Marco Travaglio sul Fatto del 31 luglio
Nel Paese di Tartuffe, che con
buona pace di Molière non è la Francia ma l’Italia, si attende con ansia
spasmodica la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset per sapere
finalmente se B. è un delinquente matricolato o un innocente perseguitato per
fini politici.
Pare infatti,
ma si tratta soltanto di voci di corridoio, che parte del Pd avrebbe qualche
difficoltà a convivere ancora al governo con il partito guidato, anzi posseduto
da un condannato per frode fiscale. E, per capire se B. sia un giglio di campo
o un criminale incallito, attendono la sentenza Mediaset in Cassazione. Tutte
le precedenti è come se non fossero mai state pronunciate, solo perché non
erano condanne definitive. Poco importa se lo dichiaravano responsabile
di reati gravissimi, come la falsa testimonianza sulla P2
(amnistiata), le tangenti a Craxi (cadute in prescrizione), svariati falsi in
bilancio (reato depenalizzato da lui), la corruzione giudiziaria (prescritta
sia per lo scippo della Mondadori a De Benedetti sia per le mazzette a Mills). Per
non parlare delle sentenze sulle tangenti alla Guardia di Finanza (i suoi
manager pagavano i militari con soldi suoi perché non mettessero il becco nei
libri contabili delle sue aziende, ma a sua insaputa). E su Dell’Utri
e sui mafiosi stragisti, che dipingono B. come un vecchio amico dei boss.
Bastava
leggere uno dei tanti verdetti che in questi vent’anni l’hanno riguardato per
farsi un’idea del personaggio: conoscerlo per evitarlo.
Invece, dopo vent’anni
di malavita al potere, siamo qui appesi a una sentenza di Cassazione
sul reato forse meno grave – al confronto degli alt i– commesso dal
Caimano: la frode fiscale. Più che un delitto, un’abitudine. Una specialità
della casa. In fondo andò così anche per Al Capone: era il capo della mafia
americana, ma riuscirono a incastrarlo solo per evasione fiscale. Solo che in
America l’evasione è galera sicura, dunque non occorse altro per togliere il
boss dalla circolazione. Da noi un evasore che tentasse di entrare in galera
verrebbe respinto dalle leggi, che sono inflessibili. Per finire in carcere,
sottrarre milioni all’erario non basta: bisogna rubare almeno un limone.
Eccoli dunque
lì, i politici di destra, centro e sinistra, che con Al
Tappone han fatto affari, inciuci, libri, comparsate tv, bicamerali, riforme
bipartisan, alleanze più o meno mascherate, e i giornalisti e gl’intellettuali
al seguito, tutti tremanti sotto la Cassazione.
Paradossalmente, il meno preoccupato è proprio lui: B. lo sa
chi è B. e non ne ha mai fatto mistero. E ha costruito un sistema
politico-mediatico perfetto: se lo assolvono, sarà la prova che era un
innocente perseguitato; se lo condannano, sarà la prova che è un innocente
perseguitato. A tremare sono tutti gli altri: gli ipocriti che lo
circondano da vent’anni, fingendo di non vedere e tacendo anziché parlare.
Infatti del merito del processo
Mediaset, delle prove
schiaccianti sul ruolo centrale di B. nella costruzione di una macchina
perfetta di decine di società offshore per frodare il fisco e portare fondi
neri all’estero da usare per corrompere politici, giudici, forze dell’ordine e
funzionari pubblici, non parla nessuno.
È il trionfo
di Tartuffe: tutti aspettano che i giudici della Cassazione dicano ciò che
tutti sanno benissimo, anche se nessuno osa dire nulla. Oppure delirano,
come Letta e Boldrini, che escludono conseguenze sul governo in caso di
condanna: come se il pericolo fosse che B. molli il Pd, e non che il Pd resti
avvinghiato a un evasore pregiudicato. Viene in mente la storiella raccontata
da Montanelli per sbertucciare un’altra ipocrisia italiota,
quella dell’intellighenzia “de sinistra” che negli anni 70 negava il terrorismo
rosso: “Un gentiluomo austriaco, roso dal sospetto che la moglie lo tradisse,
la seguì di nascosto in albergo, la vide dal buco della serratura spogliarsi e
coricarsi insieme a un giovanotto. Ma, rimasto al buio perché i due a questo
punto spensero la luce, gemette a bassa voce: ‘Non riuscirò dunque mai a
liberarmi da questa tormentosa incertezza?’”.
Questo
mio commento a seguire è stato incredibilmente eliminato dopo essere rimasto in
circolazione per pochi minuti:
Trovo
che continuare a disquisire sull'orribile Berluschini sia ormai un insulto
all'intelligenza e alla sensibilità.
Al
punto attuale l'orrido affarista non è per il paese che una maschera della
commedia assai poco artistica della sua decomposizione culturale, etica e
sociale. Gli insulti razzisti alla Chienge, il servilismo mondano dei media,
l'opportunismo da schiavi salariati e ormai abbondantemente disoccupati di
masse di consumatori frustrati perché "c'è la crisi", il loro tifo
politico totalmente calcistico e bigotto, voilà l'Italia al tartufo. Sono quelli
che continuano a votare da un ventennio l'imbonitore che imita Albanese o i
sinistri burocrati di sinistra che assecondano palesemente un avversario
considerato credibile senza ridere perché lo votano gli italiani. Se è per
questo avevano votato anche Mussolini, poi c'è voluta la resistenza mica Letta.
Quelli che partecipano allo spettacolo di una società in stato confusionale
vanno messi in condizione di non nuocere. Uscire, cioè, dal parlamentarismo,
questa truffa secolare della classe dominante diventata lumpenborghesia per
ricostituire un'agorà dove una democrazia reale - quindi diretta e
generalizzata - diventi possibile.
Senza
una tale rivoluzione culturale che emerge in filigrana a livello mondiale e
contro la quale il sistema globale è pronto a riciclare i fascismi
vari,continueremo a commentare con la qualità di un Travaglio o con le lunghe
lingue leccanti della maggior parte dei media l'avanzare della decomposizione.
Ho
dunque inviato questa nota per chiudere il non dialogo tra muti e sordi:
Mi
autocensuro per protesta di essere stato cancellato per un commento
squisitamente corretto. Non sopporto più quest'ambiente da sacrestia.
Sergio Ghirardi