mercoledì 6 novembre 2024

DECOMPOSIZIONE ASSOLUTA AD ALTI LIVELLI - Miguel Amorós

 


Il disastro causato dalle inondazioni causate dalla “goccia fredda” del 29 ottobre scorso, soprattutto nella parte meridionale dell’area metropolitana valenciana, non ha nulla di naturale. Nella genesi e nello sviluppo della più grande catastrofe avvenuta nella zona, sono confluite quattro cause innaturali, strettamente intrecciate nel modo di abitare, lavorare e gestire la cosa pubblica in un regime capitalista. La prima causa, di origine industriale, è il riscaldamento globale generato dall’emissione di gas serra da parte delle fabbriche, degli impianti di riscaldamento e dei veicoli, causa di fenomeni meteorologici estremi come la d.a.n.a. La seconda, di carattere politico, è la colpevole incompetenza dell'amministrazione statale e regionale, la cui irresponsabile passività e negligenza potrebbe essere tacciata di omicida. La terza, di carattere economico e sociale, è la completa suburbanizzazione della periferia agraria della città di Valencia, cioè la conversione dei comuni di La Huerta in un grande sobborgo-dormitorio e in un polo polivalente logistico, commerciale e industriale. La quarta, conseguenza della precedente, è la motorizzazione generalizzata della popolazione suburbana, obbligata dalla netta separazione che la società di sviluppo ha attuato tra luoghi di lavoro e di residenza.

 

Il riscaldamento globale dovuto al colossale consumo di combustibili fossili da parte dell’attività industriale e della circolazione è stato chiamato “mutamento climatico” dai leader per mascherarne la natura economica. I maquillage ecologici cui ha dato origine l’apparente opposizione delle élite all’aumento della temperatura globale hanno promosso un capitalismo “verde” di scarso effetto nei dintorni delle metropoli, plasmate da un urbanismo selvaggio e da infrastrutture stradali avvolgenti che rendono inoperanti anche le misure più puerili di “de carbonizzazione” (punti di ricarica elettrica, miglioramenti del paesaggio, uso di biciclette, ecc.). Quale sostenibilità può realizzarsi in spazi metropolitani per natura insostenibili? 

 

La plebaglia dominante e la classe politica in generale non sono assolutamente inette in tutti i settori, al contrario, sono abbastanza abili quando si tratta dei loro interessi, chiaramente estranei agli interessi della popolazione che amministrano. La professionalizzazione della gestione del potere ha creato esseri con una psicologia speciale, molto concentrati sulla disputa partitica per parcelle di autorità e con una mancanza di senso della realtà così grande da permettere al loro lato più cialtrone e imbroglione di emergere spudoratamente, consegnando involontariamente allo spettacolo un'immagine di parassiti e di truffatori. Nessuno merita un tal tipo di politici, nemmeno quelli che li votano, ma visto il modo in cui funzionano il sistema dei partiti e i media, non se ne possono avere di altro tipo.

Attualmente l'area metropolitana di Valencia, la AMV degli assassini del territorio, conta quasi un milione di persone, in maggioranza lavoratori, che superano la popolazione della stessa capitale. Questa concentrazione demografica è un fatto dinamico, di origine relativamente recente. Dagli anni Sessanta del secolo scorso si scatenò un triplice processo d’industrializzazione estensiva, urbanizzazione incontrollata e regressione agricola, attraverso il quale la periferia urbana divenne un polo economico di prima importanza, un paradiso per i promotori immobiliari e un’importante fonte di posti di lavoro. La società di sviluppo della peggior specie. Nel caso in questione, i comuni di Horta Sud, che nel 1950 insieme superavano appena i centomila abitanti, oggi, nel 2024, diventati ormai satelliti proletarizzati, raggiungono il mezzo milione. Solo una cittadina come Torrent conta più di 90.000 abitanti. La regione ospita anche 27 poligoni industriali e tre grandi aree commerciali. È attraversata dalla rambla di Chiva, o dal Poio, un torrente che raccoglie contributi della società di sviluppo e scarichi inquinanti di ogni genere, e che sfocia nell'Albufera. Inutile dire che i rendimenti pecuniari del commercio immobiliare hanno riempito molti di loro, mentre edifici, magazzini, strade e persino frutteti erano sparsi nelle zone soggette a inondazioni, e quelli con la concezione più assurda occupavano i bordi o addirittura parti dellalveo poco curato della rambla principale, che raccoglieva l'acqua della Foya de Buñol. Curiosamente, la città di Valencia è stata salvata dall'alluvione grazie alla deviazione canalizzata del Turia realizzata ai tempi di Franco, garantendo una divisione geografica “di classe” che le tangenziali e i corridoi dell'AVE non hanno fatto altro che riaffermare. Da un lato la Valencia gentrificata, quella dei turisti, degli uomini d'affari e dei funzionari, con i prezzi delle case e degli affitti alle stelle; dall'altro, le escrescenze metropolitane prive di servizi pubblici efficaci, abitate prevalentemente da gente modesta e con mezzi limitati. Semplificando: la Valencia delle classi post-borghesi e la non-Valencia delle classi popolari.

 

La crescita dell’AMV ha scoperto problemi di connettività tra periferia e centro, costringendo a una mobilità poco assistita da autobus, metropolitane e treni. Inoltre il collegamento tra comuni è quasi nullo. Nella periferia-dormitorio si vive di fronte alla capitale, non di fronte al vicino. Di conseguenza, la conversione del lavoratore suburbano in un automobilista frenetico è obbligatoria: l’auto è la protesi necessaria del proletariato postmoderno. È uno strumento di lavoro la cui manutenzione è a carico del lavoratore. Il risultato è che tre quarti dei 2,7 milioni di spostamenti giornalieri nell'area metropolitana, sono effettuati con veicoli privati. Il parco auto è ormai impressionante: nel 2022, più di un milione di auto, furgoni e camion erano parcheggiati sull'AMV, e quasi 500.000 erano parcheggiati nella stessa Valencia. Tra 50 e 60 veicoli ogni cento abitanti. Non sorprende quindi che le automobili siano state le macchine più danneggiate dall“inondazione” – 44.000 – e che il loro accumulo ovunque sembri così impressionante.

 

“Solo il popolo salva il popolo” è uno slogan spontaneo che ha fatto fortuna all’inizio della tragedia. La totale assenza di reazione amministrativa è stata felicemente compensata dalla presenza di migliaia di volontari arrivati da tutta la Spagna che hanno svolto i compiti più urgenti: pulizia dal fango degli oggetti danneggiati, messa in salvo dei locali, assistenza agli anziani e malati, distribuzione di acqua e cibo... Adolescenti della capitale, insegnanti, vicini sinistrati, cuochi, vigili del fuoco, medici, infermieri, hanno improvvisato gruppi di lavoro, mense, farmacie mobili, punti di distribuzione, alloggi e perfino un ospedale da campo per rispondere alle emergenze del momento. Quando lo Stato ha fallito, quando la marmaglia burocratica che prende decisioni sbagliate si è sottratta alle colpe accusandosi a vicenda, quando le bufale hanno inondato i social network, sono emersi la società civile e il volontariato, senza altra motivazione che la solidarietà e l’empatia con le vittime. Le quali sono sopravvissute nei primi cinque giorni senza nessun altro aiuto oltre a quello. Il che ci porta a credere che non appena il popolo si auto-organizza e si libera dagli ostacoli in condizioni meno estreme, lo Stato e la classe politica diventano superflui. Nessuno ne ha davvero bisogno. Lorrore, la disumanità e la politica tenebrosa vanno di pari passo. Anche seguendo i parametri di verità tipici della società dello spettacolo, questa malvagia confraternita si mostra reale, visto che è apparsa in televisione.

 Miguel Amorós

Appunti per la mia partecipazione al programma Contratertulia trasmesso da Ágora Sol Radio, il 5 novembre


DESCOMPOSICIÓN ABSOLUTA A NIVELES ALTOS

 

El desastre causado por las inundaciones provocadas por la “gota fría” del 29 de octubre pasado, especialmente en la parte sur del Área Metropolitana Valenciana, no tiene nada de natural. En la génesis y desarrollo de la mayor catástrofe habida en la zona han confluido cuatro causas antinaturales muy imbricadas en los modos de habitar, trabajar y administrar la cosa pública bajo un régimen capitalista. La primera, de origen industrial, es el calentamiento global generado por la emisión de gases de efecto invernadero de las fábricas, calefacciones y vehículos, causante de fenómenos meteorológicos extremos como la d.a.n.a. La segunda, de carácter político, es la incompetencia culpable de la administración estatal y autonómica, cuya irresponsable pasividad y negligencia podría tacharse de homicida. La tercera, de características económicas y sociales, es la suburbanización completa de la periferia agraria de la ciudad de Valencia, o sea, la conversión de los municipios de la Huerta en un gran suburbio-dormitorio y en una zona poligonera logística, comercial e industrial. La cuarta, consecuencia de la anterior, es la motorización generalizada de la población suburbial, forzada por la tajante separación que el desarrollismo ha implantado entre los lugares de trabajo y de residencia.

 

El calentamiento global debido a la quema colosal de combustibles fósiles por parte de la actividad industrial y la circulación, ha sido llamado “cambio climático” por los dirigentes para disimular su naturaleza económica. Los maquillajes ecológicos a que ha dado lugar la aparente oposición de las élites al aumento global de temperatura han promocionado un capitalismo “verde” de poco efecto en las coronas de las metrópolis, modeladas por un urbanismo salvaje y unas infraestructuras viarias envolventes que vuelven inoperantes incluso las medidas “descarbonizadoras” más pueriles (puntos de recarga eléctrica, ajardinamientos, uso de bicicletas, etc). ¿Qué sostenibilidad puede darse en espacios metropolitanos insostenibles por esencia? 

 

La gentuza gobernante y la clase política en general no es absolutamente inepta en todos los terrenos, al contrario, es bastante capaz en lo que concierne a sus propios intereses, ajenos claro está a los intereses de la población que administran. La profesionalización de la gestión del poder ha fabricado seres con una psicología especial, muy centrada en la disputa partidista por parcelas de autoridad y con una falta de sentido de la realidad tan grande que permite aflorar sin pudor su lado más canalla y fullero, librando involuntariamente al espectáculo una imagen de parásito y estafador. Nadie se merece ese tipo de políticos, ni siquiera los que les votan, pero dada la manera de funcionar el sistema de partidos y los medios de comunicación, no pueden haber de otra clase.

 

En la actualidad, el área metropolitana de Valencia, la AMV de los asesinos del territorio, apelotona a cerca de un millón de personas, mayoritariamente trabajadores, sobrepasando la población de la misma capital. Esta concentración poblacional es un hecho dinámico, de origen relativamente reciente. A partir de los años sesenta del pasado siglo se desencadenó un proceso triple de industrialización extensiva, urbanización descontrolada y regresión agrícola, por el cual la periferia urbana se convirtió en un foco económico de primera magnitud, paraíso de los promotores inmobiliarios e importante fuente de empleos. Desarrollismo de la peor especie. Para el caso que nos ocupa, los municipios de la Horta Sud, que en 1950 apenas superaban todos juntos los cien mil habitantes, hoy, en 2024, ya satelizados y proletarizados, alcanzan el medio millón. Solamente un pueblo como Torrent, sobrepasa los 90.000 habitantes. La comarca alberga además 27 polígonos industriales y tres grandes superficies comerciales. Es atravesada por la rambla de Chiva, o del Poio, una torrentera que recoge aportaciones de Desarrollismo y toda clase de vertidos contaminantes, yendo a parar a la Albufera. Ni qué decir tiene que los rendimientos pecuniarios del negocio inmobiliario colmataron a muchos de ellos, mientras edificios, naves, calles e incluso huertos se repartían por las zonas inundables, y los de concepción más insensata ocupaban los bordes o incluso partes del mal cuidado cauce de la rambla principal, que recogía aguas de la Foya de Buñol. Curiosamente, la ciudad de Valencia se ha salvado de la riada gracias al desvío canalizado del Turia construido en tiempos de Franco, garantizando una división geográfica “de clase” que las autopistas de circunvalación y los corredores del AVE no han hecho más que reafirmar. A un lado, la Valencia gentrificada, la de los turistas, hombres de negocios y funcionarios, con el precio de la vivienda y el alquiler por los cielos; al otro, las excrecencias metropolitanas carentes de servicios públicos eficaces, habitadas mayoritariamente por gente modesta de medios escasos. Simplificando: la Valencia de las clases posburguesas y la no-Valencia de las clases populares.

 

El crecimiento de la AMV destapó problemas de conectividad entre el extrarradio y el centro, obligando a una movilidad deficientemente asistida por autobuses, metro y trenes. Además, la conexión entre municipios es casi nula. En la periferia-dormitorio se vive de cara a la capital, no de cara al vecino. En consecuencia, la conversión del trabajador de las afueras en automovilista frenético es obligatoria: el coche es la prótesis necesaria del proletariado posmoderno. Es un instrumento de trabajo cuyo mantenimiento corre de su cuenta. Como resultado, de los 2’7 millones de desplazamientos diarios que hay en la corona metropolitana, las tres cuartas partes se hacen en vehículo privado. El parque de automóviles es ahora impresionante: en 2022 por la AMV aparcaban más de un millón de turismos, furgonetas y camiones, y cerca de 500.000 lo hacían en la propia Valencia. Entre 50 y 60 vehículos por cada cien habitantes. No sorprende entonces que los coches hayan sido las máquinas más siniestradas por la “barrancada” -44.000- y que su amontonamiento por todas partes parezca tan impresionante. 

 

“Solo el pueblo salva al pueblo” es un eslogan espontáneo que ha hecho fortuna al comienzo de la tragedia. La ausencia total de reacción administrativa había sido felizmente suplida por la presencia de miles de voluntarios llegados de cualquier parte de España que realizaron las tareas más urgentes: limpieza de barro y enseres estropeados, achique de locales, atención a ancianos y enfermos, reparto de agua y alimentos... Adolescentes de la capital, enseñantes, vecinos afectados, cocineros, bomberos, médicos, enfermeros, improvisaron grupos de trabajo, comedores, farmacias ambulantes, puntos de reparto, alojamiento y hasta un hospital de campaña para responder a las urgencias del momento. Cuando el Estado fallaba, cuando la chusma burocrática que toma decisiones equivocadas escurría el bulto acusándose unos a otros, cuando los bulos inundaban las redes sociales, emergía la sociedad civil, el voluntariado, sin más motivación que la solidaridad y la empatía con los damnificados. Los primeros cinco días estos han sobrevivido sin más ayuda que la de aquél. Lo que nos induce a creer que a poco que el pueblo se autoorganice y se libere de trabas en condiciones menos extremas, el Estado y la clase política sobran. Realmente nadie los necesita. El horror, la inhumanidad y la política parda van de la mano. Incluso según los parámetros de verdad típicos de la sociedad del espectáculo, esa confraternidad malhechora es real, puesto que ha salido por la tele.

 

Miguel Amorós

Notas para mi participación en el programa Contratertulia que emite Ágora Sol Radio, habido el 5 de noviembre.