giovedì 17 marzo 2022

Guerra nucleare e creepy pasta

 


 

I nostri antenati situazionisti ce l’avevano detto: “Tutta la vita delle società nelle quali regnano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli”.

L'inizio del XXI° secolo, vuoi del terzo millennio da quando il monoteismo cristiano ha imposto il dominio planetario del dio denaro (nipote del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo) è ormai decisamente avviato. I mercanti non si aggirano più solo intorno al tempio ma su tutto il pianeta e, da molto tempo, altri monoteismi sono implicati (un po' come la cola della Pepsi in guerra con quella della Coca) in questa impresa produttivista che celebra sette millenni di esistenza e di dominio imperialista in continua crescita, senza fine né limiti. Tuttavia, poiché lo spettacolo è diventato formalmente laico, non ha più realmente bisogno di religioni formali se non per il fascino della liturgia che gli è tanto essenziale. Il misticismo spettacolare è concreto come il cibo adulterato. Trasmette con il suo razionalismo morboso, un'alienazione e una reificazione che hanno trovato nel feticismo della merce il totem mistico materializzato di un irrazionalismo che ha fatto scendere dal cielo quelle paure della vita e della libertà che sono l'essenza del sacro.

Ben prima dell'invenzione del cinema, gli ideologi della civiltà produttivista, i suoi sacerdoti, i suoi signori e i suoi generali erano già i registi di un misticismo sacralizzato (patriottico perché patriarcale) destinato a trasformarsi in spettacolo nella vita quotidiana degli esseri umani di oggi. Tuttavia, perché tanti spettatori affascinati dall'orrore del dominio e così pochi disertori in nome del desiderio di vivere in pace, liberi e felici? Misteri dell'homo sapiens! L'unica civiltà umana emersa dall'evoluzione di questo sapiente autoproclamato è stata la civiltà produttivista. Mai e da nessuna parte è esistita un'altra civiltà eccettuata quella acratica a centralità femminile schiacciata nell' Europa antica e ovunque nel mondo dalle orde barbariche invadenti del patriarcato produttivista. Quasi ovunque vi è stata una vera e propria irruzione della morale sessuale patriarcale – antiorgastica – contro quest'altra civiltà orgastica e acratica, storicamente ridotta ovunque in schiavitù di classe e di genere e che un'opera d'arte collettiva potrebbe oggi reinventare.

Con diversi gradi di cinismo e di violenza, la civiltà produttivista ha sempre costretto gli esseri umani al fallimento globale della loro umanità acratica, fraterna e gaudente, umiliata e sconfitta dalla facilità omicida del suprematismo, dalla sua violenza cinica e opportunistica, dalla sua codardia egocentrica, dalla sua pestifera ignoranza. Indubbiamente, dunque, soltanto la civiltà produttivista si è veramente affermata nella storia dell'umanità, accompagnata da tutte le diverse ideologie culturali che ne hanno glorificato, giustificato, realizzato, facilitato l’inclinazione suprematista, predatrice e assassina che ha marcato un progresso umano e disumano insieme.

Perché, con buona pace degli utili idioti dello scontro di civiltà che strizzano l’occhio, allucinati, alla guerra totale, il loro scontro inventato maschera male la connotazione radicalmente incivile e barbara di una guerra civile di tutti contro tutti e dovunque. Senza contare che l'arma nucleare è oggi l'assoluta e definitiva Ostia pronta a liberarci dal peccato originale di aver voluto essere umani. Abbiamo assaggiato la mela biologica della conoscenza, l'hybris produttivista ci costringe ora a mangiare una torta di mele avvelenata dai pesticidi. Ecco il loro progresso che ricorda la strega di Biancaneve piuttosto che quello degli umani sperduti.

L'unico scontro in atto da tempo (sempre rivestito con ideologie diverse, una più stupida dell'altra, ma tutte molto efficaci per la circolazione della pandemia di peste emozionale che imperversa sul pianeta) è quello tra le diverse tribù composite di padroni e di schiavi che hanno fatto di ogni nazione uno Stato, di ogni pecora il proprio cane, di ogni essere umano uno schiavo o un carceriere, uno sfruttato o uno sfruttatore, un dominante intrinsecamente patriarcale o una dominata intrinsecamente femminile. Perché si dice di un debole e di un pacifista di ogni genere che è una femminuccia e di un guerriero forte, bastardo, aggressore e assassino (maschio o Thatcher che sia), che ha le palle!

Non è il colore della pelle, feticizzato in modo paranoico da tutti i fascismi, che ha contrapposto gli esseri umani, ma la loro ideologia religiosa o politica, la loro adesione o meno al progetto imperialista delle oligarchie guerriere di ogni tipo che il produttivismo ha vomitato. L'umanità degli esseri umani, dall'antica Europa di cui ci parla Marija Gimbutas all'Impero Romano, dalle città-Stato della Mesopotamia agli Stati-nazione dell’era moderna, fino allo Stato planetario globale del totalitarismo digitale (progetto in corso di cui la Cina è l'avanguardia controrivoluzionaria), si batte contro l'artificializzazione della vita che ne prepara la scomparsa. Che ci piaccia o no, che lo si sappia o no, siamo gli ultimi eredi di questa umanità senza patria, commossa e commovente figlia di un’internazionale di nazioni organiche che incarnano lo spazio tempo psicogeografico della comunità umana in cerca di un progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana. Dalle rivoluzioni tradite e dalle guerre mondiali del ventesimo secolo fino a quella attuale in Ucraina, siamo i depositari di una lotta per la civiltà umana contro la peste emozionale diffusa e i suoi doni velenosi nascosti nel cavallo di Troia del capitalismo.

Timeo Danaos et dona ferentes. Come i più lucidi troiani di una volta, temiamo tutti i liberatori suprematisti (dell'imperialismo dello Stato russo, dell'Europa degli Stati, degli Stati Uniti) e dei doni velenosi come l'energia nucleare militare o civile che ci scava la fossa. Gli ucraini tragicamente aggrediti sono vittime, come tutti noi, del produttivismo e delle sue orde barbariche che infestano il pianeta. Incastrati tra nemici spettacolari, gli ucraini sono in prima linea e pagano un pesante tributo, come tutti i poveri umani della civiltà produttivista, come i giapponesi di Hiroshima, come i vietnamiti e tanti altri popoli prima e dopo di loro. È terribile a dirsi ma necessario: se non usciamo dal produttivismo arriverà anche il nostro turno. L'umanità intera è oggi quel che furono i nativi americani al tempo della controversia di Valladolid e in seguito: potenziali schiavi e carne da cannone.

La specificità umana di saper produrre i beni e le condizioni necessarie per una vita umana gioiosa non ha nulla a che vedere con il produttivismo che ci soffoca da millenni. Siamo usciti dalla sopravvivenza animale per creare le condizioni per una vita umana e non per arricchire una minoranza di appestati che ci hanno preso in ostaggio e ci hanno resi schiavi. Questo è il punto di agopuntura da cui dobbiamo ripartire. L'umanità è antinomica al produttivismo e al suo ultimo modo di produzione, la sua vera soluzione finale definitivamente svelata: il capitalismo. L'umanità dell'essere umano è un'alternativa possibile, non certa, al meccanismo animale del suprematismo predatorio. Dipende da una scelta poetica, arcaica ma più moderna che mai, perché oggi siamo finalmente consapevoli che diventare umani è l'unica alternativa possibile alla rovina della specie che sprofonda nell'Antropocene/Capitalocene. Questa coscienza si esprime in mille modi spontanei attraverso tutte le arti dell'amore che esprimono l’energia vitale dei corpi viventi chiamando all'orgasmo, alla gioia, alla fraternità, alla sorellanza e al mutuo soccorso. Essa detesta la guerra e si rifiuta di farla, complice di tutti i gloriosi disertori della storia e del loro slogan di un tempo, purtroppo dimenticato: fate l’amore, non la guerra.

La guerra resta il retaggio sempre presente del primitivismo animale predatore che risale ai conflitti individuali e tribali più antichi. Essa è diventata una necessità vitale per gli Stati e qualche volta anche per le nazioni, costrette a difendersi e proteggersi da un'aggressione come quella subita oggi dall'Ucraina contemporaneamente Stato e nazione. Del resto, le poche nazioni senza Stato che, nonostante tutto, ancora sussistono sul pianeta, non hanno mai dichiarato la guerra imperialista a nessuno, mentre la guerra è prerogativa costante dello Stato-nazione. D'altra parte, l'insieme di tutte le nazioni organiche, acratiche e pacifiche, costituisce la base spontanea di un mondo di disuguali che si riconoscono, individualmente e collettivamente INTERNAZIONALMENTE uguali in diritto di vivere e di godere liberamente della vita.

L'umanizzazione ancora incompiuta dell'umano scaturisce dalla volontà animale di un godimento orgastico della vita che riguarda gli individui quanto le nazioni. Le quali, prima di essere violentate, letteralmente e figurativamente, dallo Stato produttivista in procinto di allargarsi dalla Città-Stato allo Stato-Nazione, erano storicamente dei raggruppamenti organici tanto diversi e vari quanto gli individui che li componevano. Nazione, Comune, Gemeinwesen o l’Haudenosaunee degli Irochesi, non importa quale nome scegliere per indicare la circolazione di godimento e pace e non di dominio gerarchico e guerra. Infatti, la stessa corazza muscolare rigida prodotta dalla peste emozionale produttivista che fa di un individuo libero e potente un fascista caratteriale, può ovviamente trasformare una nazione organica in una collettività politicamente impestata di nazionalismo e suprematismo: uno Stato-nazione. Che si definisca democratica o autoritaria, una nazione organica violentata dallo Stato e costretta a sposarlo suo malgrado resta sempre una donna battuta dal patriarcato statalista che sbandiera le sue insegne, le sue armi e le sue guerre.

Creata alla fine della seconda guerra mondiale, l'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), fu solo una mostruosa caricatura, un agglomerato di Stati bellicosi e assassini dove il concetto di nazione interviene come un ossimoro di stampo fascista, perché lo Stato è incompatibile con la democrazia intesa nella sua accezione radicale di demoAcrazia. Un’Internazionale di nazioni senza Stato, questa è l'ONU che dovrà inventare l'assemblea delle assemblee dei popoli liberi, organismo emancipato dall'inquinamento statale che fa dell'ONU attuale una farsa per democrazie illusorie e spettacolari e per vere dittature.

Abbiamo visto come il produttivismo si sia evoluto dalla teologia celeste delle divinità religiose alla teologia terrestre dell'economia politica misticismo materialistico senza capo né coda e soprattutto privo d’intelligenza sensibile. In una natura in cui l'uguaglianza tra le varie forme di vita (pietre, piante e animali) non è affatto evidente, il particolare contributo dell'essere umano è provvedere alla sua creazione. Tuttavia, questa commovente opera d'arte di un sognato ma possibile rinascimento rimane più incompiuta che mai e lo spettacolo che imperversa è la mostruosa caricatura di questo fallimento storico. Se le nostre coscienze non riusciranno a fermarlo, è la fine dell'essere umano che si profila ormai all'orizzonte.

La caratteristica distintiva della società dello spettacolo sopravvissuta alle critiche dei suoi accaniti denunciatori è la mostruosa e agghiacciante mancanza di empatia tra gli esseri umani che essa contagia con la sua peste emozionale. Siamo di fronte a un dittatore psicopatico (perfettamente integrato da decenni nello spettacolo democraticamente dominante) che sogna di passare alla storia come Cesare, Napoleone, Hitler o Stalin (a scelta, a seconda dell'ideologia preferita dagli spettatori impotenti e voyeur), attaccando l'Ucraina come altri hanno attaccato il Vietnam, l'Afghanistan o l'Iraq.

Stamattina, però, un’altra notizia mi ha sorpreso leggendo un giornale locale: nel sud della Francia due ragazzine di tredici anni hanno ucciso per gioco l'intera famiglia di una di loro, infatuate dal mondo virtuale che ha invaso le nostre vite. Ho letto che questo gioco morboso di un "viva la muerte" digitalizzato circola nella neolingua con il nome di creepy pasta. Non ne so nulla, se non che nello spettacolo la guerra vera passa attraverso la finzione digitale, il digitale passa attraverso la guerra: “Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso”. La morte è diventata un gioco morboso in una vita in cui non ci si diverte più per niente.

Tutto ciò è sconvolgente e l'omicidio al quotidiano, stupido più che surrealista, ci immerge senza fine e senza limiti nella guerra totale di una pandemia di civiltà che non risparmia più niente e nessuno. Dalla guerra al virus al riscaldamento climatico e ora alla carneficina ucraina, tutte le novità sono integrate nello spettacolo per schermo interposto, mescolandosi in una macabra relazione pericolosa tra la quotidianità che va in frantumi e la storia che rimanda alla profezia dei nostri antenati, i situazionisti. Non c'è niente da aggiungere per capire. Non da parte mia. C'è tutto da fare, tutti insieme, noi umani, per rifiutare il destino impostoci dalla nostra servitù volontaria: morte, follia, alienazione consumistica che si avvia alla carestia. Siamo solo noi – gli esseri reali, gli animali selvatici, gentili, affettuosi, a volte stupidi, ma non ancora addomesticati definitivamente dalla peste produttivista – a poter uscire dalla trappola storica che si sta chiudendo su di noi e sulla nostra volontà di vivere da esseri umani. Questo ci riguarda tutti, tra la finzione digitale, diventata ovunque una vera guerra, e la realtà artificiale che uccide davvero senza ragione umana a Kiev come a Montpellier o altrove.

Lo spettacolo continua, ma dobbiamo riuscire a fermarlo per ricominciare a vivere.

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 16 marzo 2022



 

Guerre nucléaire et creepy pasta

Guerre nucléaire et creepy pasta

Nos ancêtres, les situs, nous l’avaient bien dit : « Toute la vie des sociétés dans lesquelles règnent les conditions modernes de production s’annonce comme une immense accumulation de spectacles ».

Le début du vingt-unième siècle, voir du troisième millénaire depuis que le monothéisme chrétien a imposé la domination planétaire du dieu argent (petit fils du Père, du Fils et du Saint-Esprit) est désormais bien entamé. Les marchands ne rôdent plus uniquement autour du temple mais sur toute la planète et depuis longtemps d’autres monothéismes sont impliqués (un peu comme le cola de Pepsi en guerre avec Coca) dans cette entreprise productiviste qui fête sept millénaires d’existence et de domination impérialiste en croissance perpétuelle, sans fin ni limites. Cependant, le spectacle, étant devenu formellement laïque, n’a plus vraiment besoin de religions formelles sinon pour le charme de la liturgie qui lui est si indispensable. Le mysticisme spectaculaire est concret comme la nourriture frelatée. Il véhicule avec son rationalisme morbide, une aliénation et une réification qui ont trouvé dans le fétichisme de la marchandise le totem mystique matérialisé d’un irrationalisme qui a fait descendre du ciel ces peurs de la vie et de la liberté qui sont l’essence du sacré.

Bien avant l’invention du cinéma, les idéologues de la civilisation productiviste, ses prêtres, ses seigneurs et ses généraux étaient déjà les metteurs en scène d’un mysticisme sacralisé (patriotique parce que patriarcal) destiné à évoluer en spectacle dans la vie quotidienne des êtres humains d’aujourd’hui. Néanmoins, pourquoi autant de spectateurs fascinés par l’horreur de la domination et si peu de déserteurs au nom de la volonté de vivre en paix, libres et heureux ? Mystères d’homo sapiens ! La seule civilisation humaine sortie de l’évolution de cet homme autoproclamé savant, a été la civilisation productiviste. Jamais et nulle part il n’y a eu une autre civilisation sinon celle acratique à centralité féminine écrasée dans l’Europe ancienne et partout dans le monde par les hordes barbares déferlantes du patriarcat produttiviste. Partout ou presque, ce fut une véritable irruption de la morale sexuelle patriarcale anti orgastique contre cette autre civilisation orgastique et acratique, historiquement réduite partout en esclavage de classe et de genre et qu’une œuvre d’art collective pourrait aujourd’hui réinventer.

A des degrés différents de cynisme et de violence, la civilisation productiviste a toujours obligé l’humain à l’échec global de son humanité acratique, fraternelle et jouissive, humiliée et vaincue par la facilité meurtrière du suprématisme, par sa violence cynique et opportuniste, par sa lâcheté egocentrique, par son ignorance pestifère. Sans doute, donc, la seule civilisation productiviste s’est véritablement affirmée dans l’histoire de l’humanité, accompagnée par toutes les diverses idéologies culturelles qui ont glorifié, justifié, réalisé, facilité son penchant suprématiste, prédateur et meurtrier qui a marqué un progrès humain et inhumain en même temps.

Car, n’en déplaise aux idiots utiles du choc des civilisations qui font des clins d’œil hallucinés à la guerre totale, mais leur choc affabulé masque mal la connotation radicalement incivile et barbare d’une guerre civile de tous contre tous et partout. En y ajoutant que l’arme nucléaire est aujourd’hui l’Ostie absolue et finale prête à nous affranchir du péché originel d’avoir voulu être humains. On a gouté à la pomme biologique du savoir, l’hubris productiviste nous oblige maintenant à manger une tarte aux pommes empoisonnée de pesticides. Voilà leur progrès qui rappelle la sorcière de Blanche-Neige plutôt que celui des humains égarés.

Le seul choc en cours depuis belle lurette (adoubé toujours d’idéologies differentes, l’une plus débile que l’autre, mais toutes très performantes pour la circulation de la pandémie de peste émotionnelle qui sévit sur la planète) est celui entre les différentes tribus composites de patrons et d’esclaves qui ont fait de chaque nation un Etat, de chaque brebis son chien, de chaque être humain un esclave ou un geôlier, un exploité ou un exploiteur, un dominant intrinsèquement patriarcal ou une dominée intrinsèquement féminine. Car on dit bien d’un faible et d’un pacifiste en tous genres qu’il est une femmelette et d’un guerrier costaux, salopard, agresseur et meurtrier (mâle ou Thatcher qu’il soit), qu’il a des couilles !

Ce n’est pas la couleur de peau, fétichisée de façon paranoïaque par tous les fascismes, qui à opposé les humains, mais leur idéologie religieuse ou politique, leur adhésion ou pas au projet impérialiste des oligarchies guerrières de tous bords que le productivisme a vomi. L’humanité de l’être humain, de l’Europe ancienne dont nous parle Marija Gimbutas à l’Empire romain, des cités-État de la Mésopotamie aux États-nation de la modernité, jusqu’à l’État global planétaire du totalitarisme numérique (projet en voie de réalisation dont la Chine est l’avant-garde contre-révolutionnaire), se bat contre l’artificialisation de la vie qui en prépare la disparition. Qu’on le veuille ou non, qu’on le sache ou pas, nous sommes les derniers héritiers de cette humanité sans patrie, fille émue et émouvante d’une internationale de nations organiques qui incarnent l’espace-temps psychogeographique de la communauté humaine en quête d’un projet d’autogestion généralisée de la vie quotidienne. Depuis les révolutions trahies et les guerres mondiales du vingtième siècle jusqu’à l’actuelle en Ukraine, nous sommes les dépositaires d’une lutte pour la civilisation humaine contre la peste émotionnelle diffuse et ses cadeaux empoisonnés cachés dans le cheval de Troie du capitalisme.

Timeo Danaos et dona ferentes. Comme les troyens les plus lucides d’antan, on a peur de tous les libérateurs suprématistes (de l’impérialisme de l’État russe, de l’Europe des États, des États Unis) et des cadeaux empoisonnants comme l’énergie nucléaire militaire ou civile qui nous creuse le tombeau. Les ukrainiens tragiquement agressés sont victimes, comme nous tous, du productivisme et de ses hordes barbares qui infestent la planète. Coincés entre des ennemis spectaculaires, les ukrainiens sont sur le front et payent un lourd tribut, comme tous les pauvres humains de la civilisation productiviste, comme les japonais de Hiroshima, comme les vietnamiens e bien d’autres peuples avant et après eux. C’est terrible à dire, mais nécessaire : si on ne sort pas du productivisme, notre tour aussi va venir. L’humanité entière est aujourd’hui ce que furent les autochtones d’Amérique au moment de la controverse de Valladolid et par la suite : des esclaves potentiels et de la chair à canon.

La spécificité humaine de savoir produire les biens et les conditions nécessaires à une vie humaine joyeuse n’a rien à voir avec le productivisme qui nous étouffe depuis des millénaires. Nous sommes sortis de la survie animale pour créer les conditions d’une vie humaine et non pas pour enrichir une minorité de pestiférés qui nous a pris en otage et réduits en esclavage. Voilà le point d’acupuncture d’où on doit repartir. L’humanité est antinomique au productivisme et à son mode de production ultime, sa véritable solution finale définitivement dévoilée : le capitalisme. L’humanité de l’être humain est une alternative possible, et non pas certaine, au mécanisme animal du suprématisme prédateur. Elle dépend d’un choix poétique, archaïque mais plus moderne que jamais, car aujourd’hui on est enfin conscients que devenir humains est la seule alternative possible à la ruine de l’espèce en train de sombrer dans l’Anthropocène/Capitalocène. Cette conscience s’exprime de mille façons spontanées par toutes les arts de l’amour qui expriment l’énergie vitale des corps vivants poussant à l’orgasme, à la joie, à la fraternité, à la sororité et à l’entraide. Elle a horreur de la guerre et se refuse de la faire, complice de tous les glorieux déserteurs de l’histoire et de leur slogan d’antan, hélas oublié : faite l’amour pas la guerre.

La guerre est l’héritage toujours présent du primitivisme animal prédateur qui remonte aux conflits individuels et tribaux plus anciens. Elle est devenue une nécessité vitale pour les États et parfois pour les nations aussi, obligées à se défendre et se protéger d'une agression comme celle subie aujourd'hui par l'Ukraine – État et nation à la fois. D’ailleurs, les quelques nations sans État qui, malgré tout, existent encore sur la planète, n'ont jamais déclaré la guerre impérialiste à personne, alors que la guerre est l’apanage constant de l'État-nation. D'autre part, l'ensemble de toutes les nations organiques, acratiques et pacifiques, constitue la base spontanée d'un monde d’inégaux qui se reconnaissent, individuellement et collectivement – INTERNATIONALEMENT – égaux dans le droit de vivre et de jouir librement de la vie.

L’humanisation toujours inachevée de l’humain jaillit de la volonté animale d’une jouissance orgastique de la vie qui concerne autant les individus que les nations. Lesquelles, avant d’être violées, au propre et au figuré, par l’État productiviste en voie d’élargissement de la Cité-État à l’État-nation, ont été historiquement des groupements organiques aussi différents et variés que les individus les composant. Nation, Commune, Gemeinwesen ou l’Haudenosaunee des Iroquois, peu importe quel nom choisir pour désigner la circulation de la jouissance et de la paix et non celle de la domination hiérarchique et de la guerre. Car la même carapace musculaire rigide produite par la peste émotionnelle productiviste qui fait d’un individu libre et puissant un fasciste caractériel, peut évidemment transformer une nation organique en une collectivité politiquement empestée de nationalisme et suprématisme : un État-nation. Qu’elle se dise démocratique ou autoritaire, une nation organique violée par l’État et mariée de force reste toujours une femme battue par le patriarcat étatiste arborant ses drapeaux, ses armes et ses guerres.

Fondée à la fin de la seconde guerre mondiale, l’ONU (Organisation des Nations Unies) ne fut qu’une caricature monstrueuse, un agglomérat d’Etats belliqueux et meurtriers où le concept de nation intervient comme un oxymore fascisant, car l’État est incompatible avec la démocratie entendue dans son sens radicale de demoAcratie. Une Internationale des nations sans État, voilà l’ONU que l’assemblée des assemblées des peuples libres aura à inventer, organisme émancipé de la pollution étatique qui fait de l’ONU actuel un simulacre pour démocraties illusoires et spectaculaires et pour vraies dictatures.

On a vu comment le productivisme a évolué de la théologie céleste des divinités religieuses à la théologie terrestre de l’économie politique mysticisme matérialiste sans queue ni tète et surtout dépourvu d’intelligence sensible. Dans une nature où l’egalité entre les diverses formes de vie (les pierres, les plantes et les bêtes) n’est pas une évidence, l’apport particulier de l’humain est de pourvoir à sa création. Or, cette œuvre d’art émouvante d’une renaissance rêvée mais possible, reste plus inachevée que jamais et le spectacle qui déferle est la caricature monstrueuse de cet échec historique. Si nos consciences n’arriveront pas à l’arrêter, c’est la fin de l’humain qui se profile désormais à l’horizon.

La caractéristique essentielle de la société du spectacle qui a survécu aux critiques de ses dénonciateurs acharnés est le monstrueux, glaçant manque d’empathie parmi les êtres humains qu’elle contamine de sa peste émotionnelle. Aujourd’hui on est face à un dictateur psychopathe (parfaitement intégré depuis des décennies dans le spectacle démocratiquement dominant) qui rêve da passer à l’histoire comme César, Napoléon, Hitler ou Staline (au choix, selon l’idéologie préférée par les spectateurs impuissants et voyeurs), en attaquant l’Ukraine comme d’autres ont attaqué le Vietnam, l’Afghanistan ou l’Irak.

Ce matin, toutefois, une autre nouvelle m’a étonné en lisant un journal local : dans le sud de la France deux gamines de treize ans ont tué l’entière famille d’une d’elles par jeu, infatuées par le monde virtuel qui a envahi nos vies. J’ai lu que ce jeu morbide d’un « viva la muerte » numérisé circule dans la novlangue avec l’appellation de creepy pasta. Je n’en sais rien, sinon que dans le spectacle la guerre réelle passe par la fiction numérique, le numérique passe par la guerre : « Dans le monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux ». La mort est devenue un jeu morbide dans une vie où on ne s’amuse plus du tout.

Tout ça est bouleversant et le meurtre au quotidien, débile plus que surréaliste, nous plonge sans fin et sans limites dans la guerre totale d’une pandémie civilisationnelle qui n’épargne plus rien ni personne. De la guerre au virus au réchauffement climatique et maintenant à la boucherie ukrainienne, toutes les nouveautés sont intégrées au spectacle par écran interposé, se mêlant dans une macabre liaison dangereuse entre le quotidien qui s’effrite et l’histoire qui renvoie à la prophétie de nos ancêtres, les situationnistes. Il n’y a rien à ajouter pour comprendre. Pas de ma part. Il y a tout à faire, tous ensemble, nous les humain, pour refuser le destin qui nous est imposé par notre servitude volontaire : la mort, la folie, l’aliénation consumériste qui vire à la famine. Il n’y a que nous – les êtres réels, les animaux sauvages, gentils, affectueux, cons parfois, mais pas encore définitivement domestiqués par la peste productiviste – pour se sortir du piège historique qui se referme sur nous et sur notre volonté de vivre en humains. Cela nous concerne tous, entre la fiction numérique, devenue partout une guerre réelle et la réalité artificielle qui tue vraiment sans raison humaine à Kiev comme à Montpellier ou ailleurs. Le spectacle continue, mais on doit pouvoir l’arrêter pour recommencer à vivre.       SGS

venerdì 11 marzo 2022

Caracoles

 




Commissione SEXTA zapatista

Messico , 9 marzo 2022

DOMENICA 13 Alla Sexta nazionale e internazionale, A quelle e quelli che hanno firmato la Dichiarazione per la vita, Alle persone oneste del mondo intero,

in accordo con persone, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti di Slumil K’ajxemk’op, le comunità zapatiste hanno convenuto di convocare delle mobilitazioni e delle manifestazioni contro TUTTE LE GUERRE capitaliste attualmente in corso in diversi punti del pianeta. Non solo in Ucraina. Anche in Palestina, nel Kurdistan, in Siria, nei territori Mapuche e autoctoni di tutto il pianeta e laddove tanti processi libertari sono attaccati, perseguiti, assassinati, ridotti al silenzio, perturbati.

In risposta a questo appello, abbiamo deciso di partecipare alle mobilitazioni di domenica 13 marzo 2022 e di continuare le azioni contro le guerre che il sistema perpetua nel mondo intero.

Proponiamo quindi di avviare una campagna globale contro le guerre del capitale, qualunque sia la loro geografia. Di organizzare concerti, incontri, festival, riunioni, ecc. Insomma, le arti contro le guerre.

Chiediamo a tutte le persone oneste, gruppi, collettivi, organizzazioni e movimenti in Messico e nel mondo di unirsi alle attività per chiedere la fine delle guerre da domenica 13, al proprio ritmo e modo, preservando la propria indipendenza e autonomia.

Da parte loro, le comunità zapatiste si manifesteranno, domenica 13 marzo 2022, nei loro Caracoles, nei capoluoghi municipali di San Cristóbal, Yajalón, Palenque, Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e nelle comunità situate lungo la strada, con diverse migliaia di zapatisti.

Contro tutte le guerre: tutte le arti, tutte le resistenze, tutte le ribellioni!

Dalle montagne del sud-est del Messico, Commissione Sexta Zapatista, Messico, marzo 2022.

https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/10/dimanche-13/


COMMISSION SEXTA ZAPATISTE

Mexique, le 9 mars 2022 

DIMANCHE 13 À la Sexta nationale et internationale, À celles et ceux qui ont signé la Déclaration pour la vie, Aux personnes honnêtes du monde entier,

En accord avec quelques personnes, groupes, collectifs, organisations et mouvements de Slumil K’ajxemk’op, les communautés zapatistes ont convenu de convoquer des mobilisations et des manifestations contre TOUTES LES GUERRES capitalistes actuellement en cours dans plusieurs endroits de la planète. Pas seulement en Ukraine. Aussi en Palestine, au Kurdistan, en Syrie, sur les territoires Mapuche et autochtones de toute la planète et là où tant et tant de processus libertaires sont attaqués, poursuivis, assassinés, réduits au silence, perturbés.

En réponse à cet appel, nous avons convenu de participer aux mobilisations du dimanche 13 mars 2022 et de continuer les actions contre les guerres que le système perpétue dans le monde entier.

Nous proposons donc de démarrer une campagne mondiale contre les guerres du capital, quelle que soit leur géographie. D’organiser des concerts, des rencontres, des festivals, des réunions, etc. En bref, les arts contre les guerres.

Nous appelons toutes les personnes honnêtes, les groupes, les collectifs, les organisations et les mouvements au Mexique et dans le monde à se joindre aux activités pour exiger l’arrêt des guerres à partir du dimanche 13, à leur rythme et à leur manière et en préservant leur indépendance et leur autonomie.

Pour leur part, les communautés zapatistes se manifesteront, le dimanche 13 mars 2022, dans leurs Caracoles, dans les chefs-lieux municipaux de San Cristóbal, Yajalón, Palenque, Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano et dans les communautés situées le long de la route, avec plusieurs milliers de zapatistes.

Contre toutes les guerres : tous les arts, toutes les résistances, toutes les rébellions !

Depuis les montagnes du Sud-est mexicain, Commission Sexta zapatiste, Mexique, mars 2022.

https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2022/03/10/dimanche-13/


martedì 8 marzo 2022

Non resterà alcun paesaggio dopo la battaglia - Dichiarazione zapatista a proposito dell’invasione dell’esercito russo in Ucraina

 


2 marzo 2022

A quelle e quelli che hanno firmato la Dichiarazione per la Vita,

Alla Sexta nazionale e internazionale,

Compañer@s, fratelli e sorelle,

Vi comunichiamo le nostre parole e i pensieri su ciò che sta accadendo attualmente nella geografia chiamata Europa:

PRIMO.- C'è una forza che attacca: l'esercito russo. Ci sono in gioco da entrambe le parti gli interessi del grande capitale. Coloro che ora soffrono per i deliri degli uni e per gli astuti calcoli economici degli altri sono i popoli della Russia e dell'Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da Zapatisti quali siamo, non sosteniamo nessuno degli Stati, ma quelle e quelli che lottano per la vita e contro il sistema.

Durante l'invasione multinazionale dell'Iraq (quasi 19 anni fa), guidata dall'esercito nordamericano, ci furono mobilitazioni contro questa guerra in tutto il mondo. Nessuna persona sana di mente pensava che opporsi all'invasione equivalesse a schierarsi con Saddam Hussein. Oggi la situazione è simile, ma non identica. Né Zelinski né Putin. Fermate la guerra.

SECONDO.- Diversi governi si sono allineati da una parte o dall'altra, per ragioni economiche. Per loro non esiste alcuna preoccupazione umanistica. Per questi governi e per i loro "ideologi" ci sono interventi-invasioni-distruzioni buoni, e altri cattivi. I buoni sono quelli compiuti dai loro alleati, i cattivi quelli perpetrati dai loro avversari. Gli applausi all'argomento criminale usato da Putin per giustificare l'invasione militare dell'Ucraina si trasformeranno in lamentele quando, con le stesse parole, si giustificherà l'aggressione di altri popoli le cui dinamiche non avranno l'approvazione del grande capitale.

S’invaderanno altre aree geografiche per salvarle dalla “tirannia neonazista” o per porre fine ai “narco-Stati” vicini. Si ripeteranno allora le stesse parole di Putin: “Andiamo a denazificare” (o il suo equivalente) e si moltiplicheranno i “ragionamenti” di “pericolo per il loro popolo”. Intanto, come ci dicono le nostre compañeras in Russia: "Le bombe, i missili, i proiettili russi volano verso gli ucraini senza chiedersi quali siano le loro opinioni politiche o la lingua che parlano", ma è la "nazionalità" degli uni e degli altri che cambierà.

TERZO.- Il grande capitale e i suoi governi “occidentali” si sono seduti a contemplare – e persino incoraggiare – il modo in cui la situazione andava deteriorandosi. Poi, una volta iniziata l'invasione, hanno aspettato di vedere se l'Ucraina resisteva, quindi hanno calcolato cosa avrebbero potuto guadagnare da un risultato o dall'altro. Poiché l'Ucraina resiste, hanno effettivamente iniziato a compilare delle fatture di "aiuto" che saranno rimborsate più tardi. Putin non è l'unico sorpreso dalla resistenza ucraina.

A guadagnare in questa guerra sono i grandi consorzi di armamenti e il grande capitale che vedono l'opportunità di conquistare, distruggere/ricostruire dei territori, cioè creare nuovi mercati di merci e di consumatori, di persone.

QUARTO.- Invece di rivolgerci a quel che diffondono i media e i social network dei due campi rispettivi – e che entrambi presentano come “attualità” –, o alle “analisi” partorite dal proliferare improvviso di esperti di geopolitica e di nostalgici del Patto di Varsavia e della NATO, abbiamo deciso di contattare e chiedere a coloro che, come noi, sono impegnati nella lotta per la vita in Ucraina e in Russia.

Dopo diversi tentativi, la Commissione Sexta Zapatista è riuscita a mettersi in contatto con i nostri compagni di resistenza e ribellione nelle geografie chiamate Russia e Ucraina.

QUINTO.- In sintesi, i nostri compagni, che per di più brandiscono il vessillo dell’@ libertario, restano fermi: in resistenza coloro che stanno nel Donbass, in Ucraina; in ribellione coloro che camminano e lavorano nelle strade e nei campi della Russia. Ci sono persone arrestate e picchiate in Russia perché protestano contro la guerra. Ci sono persone assassinate in Ucraina dall'esercito russo.

Ciò che li unisce, e loro a noi, non è solo il NO alla guerra, ma anche il rifiuto di “allinearsi” con i governi che opprimono i loro popoli.

In mezzo alla confusione e al caos che regnano da entrambe le parti, rimangono saldi nelle loro convinzioni: la loro lotta per la libertà, il loro rifiuto delle frontiere e degli Stati-nazione e le rispettive oppressioni che cambiano solo bandiera.

Il nostro dovere è sostenerli per quanto possiamo. Una parola, un'immagine, una melodia, una danza, un pugno alzato, un abbraccio – anche provenienti da geografie lontane – sono anche un sostegno che incoraggerà i loro cuori.

Resistere è persistere e perseverare. Sosteniamo i nostri compagni nella loro resistenza, cioè nella loro lotta per la vita. Lo dobbiamo a loro e lo dobbiamo a noi stessi.

SESTO.- Invitiamo pertanto la Sexta nazionale e internazionale, che non l'ha ancora fatto, a manifestare secondo i suoi calendari, le sue geografie e i suoi modi contro la guerra e a sostegno degli ucraini e dei russi che combattono nelle loro realtà geografiche per un mondo di libertà.

Ugualmente, invitiamo a sostenere finanziariamente la resistenza in Ucraina sui conti che ci saranno indicati in seguito.

Dal canto suo, la Commissione Sexta dell'EZLN sta facendo la cosa giusta, inviando aiuti a quanti in Russia e Ucraina lottano contro la guerra. Abbiamo anche preso contatto con i nostri compagni dello SLUMIL K'AJXEMK'OP per creare un fondo economico comune in sostegno a coloro che resistono in Ucraina.

Senza esitazione, gridiamo e invitiamo a gridare ed esigere: l’esercito russo, fuori dall'Ucraina.

Dobbiamo fermare la guerra ora. Se continua e, come ci si può attendere, s’intensifica, forse allora non ci sarà più nessuno per descrivere il paesaggio dopo la battaglia.

 

Dalle montagne del sud-est del Messico.

Il vice comandante degli insorti Moises. SupGaleano.

Commissione Sexta dell’EZLN.

marzo 2022

 



DE PAYS

IL N’Y AURA PAS DE PAYSAGE APRÈS LA BATAILLE

(À propos de l’invasion de l’armée russe en Ukraine).

2 mars 2022.

À celles et ceux qui ont signé la Déclaration pour la Vie,

À la Sexta nationale et internationale,

Compañer@s, frères et sœurs,

Nous vous faisons part de nos paroles et pensées sur ce qui se passe actuellement dans la géographie que l’on nomme Europe :

PREMIÈREMENT.- Il y a une force qui agresse: l’armée russe. Il y a en jeu des intérêts du grand capital, des deux côtés. Ceux qui souffrent maintenant des délires des uns et des calculs économiques sournois des autres, ce sont les peuples de Russie et d’Ukraine (et, peut-être bientôt, ceux d’autres géographies proches ou lointaines). En tant que Zapatistes que nous sommes, nous ne soutenons ni l’un ni l’autre des États, mais celles et ceux qui luttent pour la vie et contre le système.

Lors de l’invasion multinationale de l’Irak (il y a presque 19 ans), avec à sa tête l’armée nord-américaine, il y a eu des mobilisations contre cette guerre dans le monde entier. Aucune personne saine d’esprit ne pensait que s’opposer à l’invasion revenait à se ranger du côté de Sadam Hussein. Aujourd’hui, la situation est similaire, mais pas identique. Ni Zelinski, ni Poutine. Arrêtez la guerre.

DEUXIÈMEMENT.- Différents gouvernements se sont alignés d’un côté ou de l’autre, le faisant pour des motivations économiques. Il n’y a chez eux aucune préoccupation humaniste. Pour ces gouvernements et leurs « idéologues », il y a des interventions-invasions-destructions bonnes, et il y en a de mauvaises. Les bonnes sont celles que réalisent leurs alliés et les mauvaises celles qui sont perpétrées par leurs opposants. Les applaudissements à l’argument criminel de Poutine pour justifier l’invasion militaire de l’Ukraine se transformeront en lamentations quand, avec les mêmes mots, on justifiera l’invasion d’autres peuples dont les parcours n’auront pas l’agrément du grand capital.

Ils envahiront d’autres géographies pour les sauver de la « tyrannie néo-nazie » ou pour mettre fin aux « narco-États » voisins. Ils répéteront alors les mêmes mots que Poutine : « Nous allons dénazifier » (ou son équivalent) et ils multiplieront les « raisonnements » de « danger pour leurs peuples ». Et alors, comme nous disent nos compañeras en Russie : « Les bombes russes, les fusées, les balles volent vers les Ukrainiens sans leur demander leurs opinions politiques ou la langue qu’ils parlent », mais c’est la « nationalité » des unes et des autres qui changera.

TROISIÈMEMENT.- Le grand capital et ses gouvernements « d’Occident » se sont assis pour contempler – et même encourager – la façon dont la situation se détériorait. Puis, une fois l’invasion commencée, ils ont attendus de voir si l’Ukraine résistait, et ils ont ensuite calculé ce qu’ils pourraient gagner d’un résultat ou d’un autre. Comme l’Ukraine résiste, alors ils ont effectivement commencé à allonger des factures « d’aide » qui seront remboursées plus tard. Poutine n’est pas le seul à être surpris de la résistance ukrainienne.

Ceux qui y gagnent dans cette guerre ce sont les grands consortiums d’armements et le grand capital qui voient l’opportunité de conquérir, de détruire/reconstruire des territoires, c’est-à-dire, de créer de nouveaux marchés de marchandises et de consommateurs, de personnes.

QUATRIÈMEMENT.- Au lieu de nous tourner vers ce que diffusent les médias et les réseaux sociaux des deux camps respectifs – et que tous deux présentent comme des « actualités » – , ou sur les « analyses » dans la prolifération soudaine d’experts en géopolitique et de soupirants au Pacte de Varsovie et à l’OTAN, nous avons décidé de chercher et de demander à celles et ceux qui, comme nous, sont engagé.es dans la lutte pour la vie en Ukraine et en Russie.

Après plusieurs tentatives, la Commission Sexta Zapatiste a réussi à entrer en contact avec nos proches en résistance et en rébellion dans les géographies qu’on appelle la Russie et l’Ukraine.

CINQUIÈMEMENT.- En résumé, nos proches, qui de plus brandissent le drapeau du @ libertaire, restent fermes : en résistance celles et ceux qui se trouvent dans le Donbass, en Ukraine ; et en rébellion celles et ceux qui cheminent et travaillent dans les rues et les champs de Russie. Il y a des personnes arrêtées et battues en Russie pour protester contre la guerre. Il y a des personnes assassinées en Ukraine par l’armée russe.

Ce qui les unit entre elles, et elles à nous, c’est non seulement le NON à la guerre, mais aussi le refus de « s’aligner » avec des gouvernements qui oppriment leurs peuples.

Au milieu de la confusion et du chaos qui règnent des deux côtés, iels restent fermes dans leurs convictions : leur lutte pour la liberté, leur refus des frontières et des Etats-Nation, et les oppressions respectives qui seulement changent de drapeau.

Notre devoir est de les soutenir dans la mesure de nos capacités. Un mot, une image, une mélodie, une danse, un poing qui se lève, une étreinte – même provenant de géographies éloignées – sont aussi un soutien qui encouragera leurs cœurs.

Résister, c’est persister et perdurer. Soutenons nos proches dans leur résistance, c’est-à-dire dans leur lutte pour la vie. Nous le leur devons et nous le devons à nous-mêmes.

SIXIÈMEMENT.- Par conséquent, nous appelons la Sexta nationale et internationale, qui ne l’a pas encore fait, à manifester selon ses calendriers, ses géographies et à sa manière contre la guerre et en soutien aux Ukrainien.ne.s et aux Russes qui se battent dans leurs géographies pour un monde de liberté.

De même, nous appelons à soutenir financièrement la résistance en Ukraine sur les comptes qui nous seront indiqués ultérieurement.

De son côté, la Commission Sexta de l’EZLN est en train de faire ce qu’il convient, en envoyant un peu d’aide à celles et ceux qui, en Russie et en Ukraine, luttent contre la guerre. Nous avons également pris contact avec nos proches de SLUMIL K’AJXEMK’OP pour créer un fonds économique commun de soutien à celles et ceux qui résistent en Ukraine.

Sans hésitation, nous crions et appelons à crier et à exiger : Armée russe, hors d’Ukraine.

Il faut arrêter la guerre maintenant. Si elle se poursuit et, comme on peut s’y attendre, si elle s’intensifie, alors peut-être qu’il n’y aura plus personne pour décrire le paysage après la bataille.

Depuis les montagnes du Sud-est mexicain.

Sous-commandant Insurgé Moises. SupGaleano.

Commission Sexta de l’EZLN.

Mars 2022

giovedì 3 marzo 2022

Le centrali nucleari, punto debole in caso di guerra

 

Riflessioni dei nostri amici Claude et Didier, Pierre.

L'esempio del conflitto in Ucraina lo mostra ogni giorno, le centrali nucleari (fermate o in funzione), rappresentano per l'aggressore un luogo strategico che è assolutamente necessario investire per controllarlo ed eventualmente privare il territorio interessato delle risorse energetiche necessarie per la sua sopravvivenza o difesa.

Tuttavia questo è vero se il territorio da conquistare è destinato a diventare una presa di guerra, una conquista che allargherà la superficie e la ricchezza del paese aggressore. Si capisce allora che non ha senso distruggere le centrali nucleari, con il rischio di rendere inabitabili vaste aree per lunghissimi periodi e di doverne gestire le conseguenze sanitarie e la penuria.

Se invece lo scopo dell'aggressione non è la conquista, ma la distruzione, la situazione è ben diversa e sicuramente molto inquietante. L'obiettivo cercato è mettere in ginocchio l'economia del paese nemico. Cosa c'è di più facile senza la necessità di usare armi nucleari e quindi essere bandito dalla Comunità Internazionale (ma un Paese che usasse armi nucleari non si preoccuperebbe dei "grandi occhi" della C.I.). Basterebbe un armamento classico ma sufficientemente terrificante per raggiungere i punti strategici. E questo è il caso della Francia con le sue 19 centrali nucleari (le stazioni che vengono chiuse sono pericolose anche per le loro scorie radioattive). Un bombardamento mirato, nella valle del Rodano, nell'estuario della Gironda, nella regione di Parigi o nell'estremo nord, tra gli altri, condannerebbe territori abbastanza grandi da mettere a terra l'economia del paese, per la sopravvivenza stessa.

Le centrali nucleari sono il tallone d'Achille dei paesi che le hanno ed è terribile.

Ucraina: “La devastazione ambientale è una bomba a orologeria”

(…) La situazione è davvero molto tesa. I combattimenti sono in corso proprio in questo momento vicino alla centrale elettrica di Zaporizhia. Lunedì, le autorità ucraine hanno avvertito che “il servizio di protezione fisica della centrale nucleare di Zaporizhia funziona a tempo pieno. L'unità militare 3042, a guardia della centrale nucleare di Zaporizhia, è pronta per il combattimento". “Questa guerra in un Paese con quindici reattori nucleari è del tutto senza precedenti, s’inquieta Bruno Chareyron, della Criirad. Questa è la prima volta che due eserciti si scontrano su un terreno talmente nuclearizzato e che delle infrastrutture nucleari sono diventate questioni militari. Questo è estremamente preoccupante".

 


Les centrales nucléaires, point faible en cas de guerre.

 

Réflexions de nos amis Claude et Didier, Pierre.

L'exemple du conflit en Ukraine le montre tous les jours, les centrales nucléaires (à l'arrêt ou en activité), représentent pour l'agresseur un endroit stratégique qu'il faut absolument investir, pour les contrôler et priver éventuellement le territoire concerné de ressources énergétiques nécessaires à sa survie ou à sa défense.

Mais cela s'entend si le territoire à conquérir est destiné à devenir une prise de guerre, une conquête qui va agrandir la surface et la richesse du pays agresseur. On comprend bien alors qu'il n'y a aucun intérêt à détruire les centrales nucléaires, au risque de rendre inhabitable de vastes zones pour des temps très longs et de devoir gérer les conséquences sanitaires et la pénurie.

Par contre si l'agression n'a pas pour but la conquête mais plutôt la destruction, alors là, la situation est tout autre et certainement très inquiétante. Le but recherché est de mettre à genoux l'économie du pays ennemi. Quoi de plus facile sans avoir besoin d'utiliser l'arme nucléaire et ainsi d'être banni par la Communauté Internationale (mais un pays qui utiliserait l'arme nucléaire ne s'encombrerait pas « des gros yeux » de la C.I.). Un armement classique mais suffisamment terrifiant suffirait à atteindre les points stratégiques. Et c'est le cas de la France avec ses 19 centrales nucléaires (les centrales à l'arrêt sont aussi dangereuses avec leurs déchets radioactifs). Un bombardement ciblé, dans la vallée du Rhone, dans l'estuaire de la Gironde, la région parisienne ou le grand Nord entre autres, condamnerait des territoires suffisamment étendues pour mettre l'économie du pays à terre, pour la survie même.

Les centrales nucléaires sont le talon d'Achille des pays qui en possèdent et c'est effrayant.

Ukraine : « La dévastation de l’environnement est une bombe à retardement »

(…) La situation est effectivement très tendue. Des combats se déroulent en ce moment même à côté de la centrale de Zaporijia. Lundi, les autorités ukrainiennes prévenaient que « le service de protection physique de la centrale nucléaire de Zaporijia fonctionne à plein temps. L’unité militaire 3042, qui garde la centrale nucléaire de Zaporijia, est prête au combat ». « Cette guerre dans un pays avec quinze réacteurs nucléaires est complètement inédite, s’alarme Bruno Chareyron, de la Criirad. C’est la première fois que deux armées s’affrontent sur un terrain aussi nucléarisé et que des infrastructures nucléaires deviennent des enjeux militaires. C’est extrêmement préoccupant ».

https://reporterre.net/Guerre-en-Ukraine-La-devastation-de-l-environnement-est-une-bombe-a-retardement

mercoledì 2 marzo 2022

Briciole di confusionismo - (di Sergio Ghirardi Sauvageon)

 




Briciole di confusionismo

Mentre la peste nazionalista puzza di morte e la guerra torna di moda, i resti confusionisti di una cultura gauchista che svolazza tra i resti caotici del pensiero critico che si cerca, continuano a confondere Stato e nazione, anch’essi inquinati dalla trappola fondatrice della novlingua arcaica del capitalismo in cui il concetto di Stato-nazione è indispensabile per l’ampliamento storico delle città-Stato alle origini della civiltà produttivista.

In “Dio, patria, famiglia” non c’entra la nazione ma lo Stato che l’ha violentata per fare della famiglia patriarcale, della patria patriarcale e del Dio patriarcale la base orribile della civiltà produttivista moderna. Il patriottismo, putrido concetto patriarcale che persino l’anarchico Bakunin ha elogiato, è una parola prigioniera (come anarchia, del resto) dell’ideologia in evoluzione del dominio.

Il concetto di patria è un prodotto del patriarcato così come si può scegliere di essere radicalmente acratici ed essere stufi della morale anarchica. Nonostante nessuno metta in dubbio che siamo mammiferi non ho mai sentito qualcuno o qualcuna fare l’elogio commosso del matriottismo mentre il patriottismo è l’ideologia mistica del morbo nazionalista prodotto dalla peste emozionale che ha legato la nazione allo Stato praticando un diritto di ius primae noctis produttivista.

Lo Stato è nato con il produttivismo, mentre la nazione antropologica è l’ambito psicogeografico di qualunque comunità umana già esistente anche prima che il concetto di nazione apparisse. Bastava dirsi umani (concetto con cui approssimativamente si definivano quasi tutti i gruppi sociali emergenti e organizzati in comunità per distinguersi dai loro vicini). Nessun nazionalismo in vista ma l’aiuto fraterno e la protezione reciproca con l’amore orgastico in linea di mira.

Le nazioni americane degli autoctoni che il produttivismo cristiano ha sterminato al 95% non sono state definite nazioni per caso, confrontate al mostruoso Stato-nazione americano che le ha sterminate. Ogni gruppo psicogeograficamente esistente si è sempre differenziato dalle altre comunità umane amiche o nemiche, diventando nazione per l’insieme di quelli che si riconoscono per libera scelta in una “nascita comune”, in radici collettive comuni foriere di comuni gusti, sensibilità, lingua, costumi, abitudini, ambiente, aiuti e godimenti reciproci nella vita quotidiana.

La comunità è sempre l’insieme di individui assolutamente diversi tra loro e che intendono restarlo pur condividendo le condizioni di una mutua uguaglianza dei diseguali; uguaglianza costantemente affinata e discussa se necessario nella sfera politica della comunità psicogeografica. Infatti, questa nazione antropologica è semplicemente l’ambito psicogeografico della gemeinwesen di cui ci parla Marx e non ha nulla a che fare con lo Stato-nazione di Fichte o di chi cavolo si voglia citare tra le schiere di intellettuali patriarcali che hanno attraversato la storia scritta dai dominanti e riempito le filosofie che ne giustificano gli orrori.

Il testo diMinoletti ha il merito di denunciare lo Stato-nazione ma il grave difetto di confonderlo con le nazioni senza Stato (leggersi Zomia di J. C. Scott) da cui scaturisce il concetto di internazionalismo. Senza nazione nessun internazionalismo è possibile. Val la pena di riflettere sullo EZLN – esercito zapatista di liberazione nazionale. Nazionalisti anche loro?

Il nazionalismo è un misticismo strettamente statalista prodotto da quello Stato-nazione inventato nel lento e lungo passaggio dall’ancien Régime (che per primo ha fatto un uso ideologico sistematico del concetto di nazione) alla modernità capitalista con le sue rivoluzioni borghesi e repubblicane in cui lo Stato (sempre più totalitario e controrivoluzionario, tra ghigliottina, Versagliesi e Lubianka) ha violentato la nazione antropologica sposandola di forza nelle nozze umilianti con un patriarcato produttivista in vista del suo regno finale. Bisogna prendersela con lo Stato che oggi sta distruggendo la vita sul pianeta, complice del Mercato, non con la nazione. Prendiamocela giustamente con lo Stato-nazione, questo mostro da cui si vomita ogni nazionalismo, rifiutiamo lo Stato che ha dato origine allo slogan petainista di Dio, patria e famiglia. Altrimenti la muleta del toreador produttivista in fase terminale finirà il lavoro che i drappi rossi delle ideologie rivoluzionarie avranno servito come utili idiozie.

Sergio Ghirardi Sauvageon , 2 marzo 2022



Miettes de confusionnisme

Alors que la peste nationaliste pue la mort et que la guerre revient à la mode, les vestiges confusionnistes d'une culture gauchiste papillonnant au milieu des vestiges chaotiques d'une pensée critique qui se cherche, continuent de confondre État et nation, car toute la pensée idéologique est entachée du piège fondateur de la novlingua archaïque du capitalisme où le concept d'État-nation est indispensable à l’expansion historique des cités-États aux origines de la civilisation productiviste.

Dans « Dieu, patrie, famille », il n'y a pas la nation mais l'État qui l'a violée pour faire de la famille patriarcale, de la patrie patriarcale et du Dieu patriarcal l'horrible base de la civilisation productiviste moderne. Le patriotisme, concept patriarcal putride que même l'anarchiste Bakounine a loué, est un mot captif (comme anarchie, d'ailleurs) de l'idéologie évolutive de la domination.

Le concept de patrie est un produit du patriarcat tout comme on peut choisir d'être radicalement acratique et d'en avoir marre de la morale anarchiste. Bien que personne ne doute que nous soyons des mammifères, je n'ai jamais entendu qui que ce soit faire l'éloge ému du matriotisme alors que le patriotisme est l'idéologie mystique du fléau nationaliste produit par la peste émotionnelle qui a lié la nation à l'État par un droit de ius primae noctis productiviste.

L'État est né avec le productivisme, tandis que la nation anthropologique est le contexte psychogéographique de toute communauté humaine existant bien avant même que le concept de nation apparaisse. Il suffisait de se dire humain (un concept par lequel tous les groupes sociaux émergents organisés en communautés s’auto nommaient à peu près pour se distinguer de leurs voisins). Pas de nationalisme en vue mais l’entraide fraternel et la protection réciproque avec l’amour orgastique en ligne de mire.

Les nations amérindiennes des autochtones que le productivisme chrétien a exterminées à 95% n’ont pas été appelées nations par hasard, confrontées au monstrueux État-nation américain qui les a exterminées. Chaque groupe psycho géographiquement existant s'est toujours différencié des autres communautés humaines, amies ou ennemies, devenant une nation pour tous ceux qui se reconnaissent librement dans une « naissance commune », dans des racines collectives communes, porteuses de goûts, sensibilité, langue, coutumes, habitudes, environnement, entraide et plaisirs communs et réciproques dans la vie quotidienne.

La communauté est toujours l'ensemble d’individus qui sont absolument différents les uns des autres et qui entendent le rester tout en partageant les conditions d'une égalité mutuelle des inégaux ; egalité sans cesse affinée et discutée si nécessaire dans la sphère politique de la communauté psychogéographique. En fait, cette nation anthropologique n'est que le contexte psychogéographique de la gemeinwesen dont Marx nous parle et qui n'a rien à voir avec l'État-nation de Fichte ou de quiconque l'on veut bien citer parmi les rangs des intellectuels patriarcaux qui ont traversé l'histoire écrite par les dominants en remplissant les philosophies qui en justifient les horreurs.

Le texte de Minoletti a le mérite de dénoncer l'État-nation mais le grave défaut de le confondre avec les nations sans État (lire Zomia de J. C. Scott) d'où est issu le concept d'internationalisme. Sans nation, pas d'internationalisme possible. Il vaut la peine de réfléchir à l'EZLN Armée zapatiste de libération nationale. Nationalistes eux aussi ?

Le nationalisme est un mysticisme strictement étatique produit par cet État-nation inventé dans le lent et long passage de l'Ancien Régime (qui a fait en premier un usage idéologique systématique du concept de nation) à la modernité capitaliste avec ses révolutions bourgeoises et républicaines dans lesquelles l'État (de plus en plus totalitaire et contre-révolutionnaire, entre guillotine, Versaillais et Lubianka) a violé la nation anthropologique en la mariant de force dans le noces humiliantes avec un patriarcat productiviste en vue de son règne finale. Nous devons blâmer l'État qui aujourd'hui détruit la vie sur la planète, complice du Marché, pas la nation. Blâmons à juste titre l'État-nation, ce monstre qui vomit tout nationalisme, rejetons l'État qui a donné naissance au mot d'ordre pétainiste de Dieu, patrie et famille. Sinon la muleta du toréador productiviste en phase terminale achèvera l'œuvre que les drapeaux rouges des idéologies révolutionnaires auront servi comme des idioties utiles.

 

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, le 2 mars 2022