domenica 29 giugno 2025

Neo-luddismo

 



Il neoluddismo è un neologismo apparso nel 1990 per definire l'opposizione[1] a tutto o parte del progresso tecnico, che può includere l'interferenza, la degradazione o la distruzione di apparecchiature; o anche occupazioni di terreni volte a impedire la costruzione di grandi infrastrutture ritenute contrarie ai valori e alle convinzioni degli attivisti di questo movimento.

Il neoluddismo è emerso essenzialmente in Francia e negli Stati Uniti negli anni '80, quando il microcomputing ha fatto la sua comparsa nelle case. Nessuna concertazione porta a federarne le azioni che, nella maggior parte dei casi, sono giustificate da un discorso basato sulla denuncia degli effetti nefasti della tecnologia sugli individui e sulle comunità. Esiste quindi un’affinità con il pensiero tecno-critico[2] che cerca di proporre alternative all'ideologia produttivista[3].

Pur aggirando apertamente la legge, i neoluddisti invocano i principi di legittimità della disobbedienza civile e della resistenza all'oppressione, conferendo valore civico e sociale alle loro azioni. La maggior parte di loro sostiene un ritorno ai valori “naturali”, in opposizione a quelli imposti dalla proliferazione delle “nuove tecnologie”, pericolose per l'ambiente e per l'umanità. Alcuni neoluddisti sostengono la non violenza e la benevolenza (come nel caso delle “zone da difendere”); altri sostengono la distruzione dei beni ritenuti nocivi (ad esempio l'estirpazione delle piante OGM)[4].

Origine del termine

Il termine “luddismo” si riferisce a un movimento di “distruttori di macchine” sorto in Inghilterra all'inizio del diciannovesimo secolo. Il termine "neo-luddismo" è stato coniato nel 1990 dall'attivista americana Chellis Glendinning.

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Chellis Glendinning

Motivazioni

Le motivazioni principali invocate sono tre: ecologica, politica ed etica.

Il progresso tecnologico è costoso in combustibili fossili e quindi dannoso per l'ambiente[5] al punto di essere la causa di un cambiamento di era geologica: l'Antropocene. Molte innovazioni sono all'origine di scandali sanitari[6] e persino di catastrofi, in particolare nucleari (Chernobyl, Three Miles Island, Fukushima) e del riscaldamento globale del pianeta.

Le tecniche si moltiplicano senza mai essere oggetto di un dibattito democratico, con il principio di precauzione esistente solo in teoria ma mai o raramente applicato a causa delle pressioni dei grandi gruppi industriali per i quali la tecno-scienza è fonte di notevoli profitti. Oltre al nucleare e agli OGM, i loro principali obiettivi sono le tecniche di telesorveglianza (in particolare la RFID) e le nanotecnologie.

Sono addotte anche ragioni etiche: la biometria e la videosorveglianza, ad esempio, sono viste come una violazione delle libertà individuali e una graduale generazione di controllo sociale che potrebbe portare a una nuova forma di totalitarismo[7]. Del resto, i telefoni cellulari darebbero origine a una dipendenza patologica: la nomofobia[8].

Contesto storico

Le prime critiche al macchinismo risalgono alla fine del diciottesimo secolo, quando iniziò la rivoluzione industriale. Nel 1778, in Les Rêveries du promeneur solitaire, Jean-Jacques Rousseau esprime il suo sgomento per le condizioni di vita imposte ai minatori.

Molto raramente gli operai finiscono per rompere i loro attrezzi. Nel novembre 1788, a Falaise (Calvados), duemila di loro distruggono un filatoio di cotone a colpi di bastone. E il 14 luglio 1789, a Rouen, da 300 a 400 persone invadono una filanda e distruggono trenta telai meccanici[9]. All'inizio del diciannovesimo secolo, per la precisione nel 1811-1812, avviene il primo grande movimento di “distruttori di macchine”, l'unico conosciuto fino a oggi: tosatori e magliai inglesi affrontano i loro datori di lavoro che li obbligano a usare i telai. Questo movimento ha preso in seguito il nome di luddismo.

Ci sono stati alcuni altri casi di distruzione delle macchine in Francia durante il periodo della Restaurazione[10] ,ma nel complesso il fenomeno fu inesistente durante tutto il processo d’industrializzazione che stava rimodellando il paesaggio europeo, poi quello degli Stati Uniti. Contrariamente a quanto si crede, invece, i Canuts non attaccarono le macchine durante la loro rivolta a Lione negli anni Trenta del diciannovesimo secolo.

È vero che l'espansione delle macchine ha suscitato un gran numero di reazioni:

da un lato, tra gli intellettuali, primo fra tutti Karl Marx che, a partire dagli anni '40 del diciannovesimo secolo, intraprese una critica di fondo del sistema capitalistico;

dall'altro, nel mondo operaio, attraverso un susseguirsi di scioperi e sporadiche rivolte.

Marx, tuttavia, vedeva nella rottura delle macchine un segno d’immaturità politica: “Ci vuole tempo ed esperienza prima che gli operai, avendo imparato a distinguere tra la macchina e il suo uso capitalistico, dirigano i loro attacchi non contro il materiale di produzione ma contro il suo modo sociale di sfruttamento” [11].

Quando il marxismo iniziò a diffondersi, furono pochissimi gli appelli alla distruzione delle macchine, paragonabili a quello lanciato dallo scrittore inglese Samuel Butler nel 1872: “Giorno dopo giorno, le macchine guadagnano terreno su di noi; giorno dopo giorno siamo loro sempre più asserviti; giorno dopo giorno sempre più uomini sono legati ad esse come schiavi per accudirle, giorno dopo giorno sempre più gente dedica l'energia di tutta l’esistenza allo sviluppo della vita meccanica. Verrà il momento in cui le macchine avranno la vera supremazia sul mondo e sui suoi abitanti. Noi crediamo che si debba dichiarare subito una guerra all'ultimo sangue contro di esse. Tutte le macchine di qualsiasi tipo dovrebbero essere distrutte da quanti hanno a cuore la loro specie. Non ci sono eccezioni, non si concede tregua”.[12][


Samuel Butler

Alla fine, le macchine non furono mai più distrutte collettivamente. Certo, nel 1897 in Francia la CGT adottò il sabotaggio come tecnica militante, ma solo per fare pressione sui padroni e rinunciandovi definitivamente nel 1918, all'indomani della Rivoluzione russa: poiché i comunisti erano convinti di porre fine al capitalismo appropriandosi dei mezzi di produzione, non avevano alcuna intenzione di distruggerli.

In realtà, capitalismo e comunismo (che per tutto il ventesimo secolo sono stati i due principali sistemi economici che hanno dominato il pianeta) condividono la stessa ideologia, il produttivismo. In entrambi i campi, e praticamente a tutti i livelli della scala sociale, si difende l'idea di progresso e la convinzione che questo possa essere raggiunto solo attraverso la crescita economica (con l'unica differenza che, nel primo campo, il capitale è privato mentre, nel secondo, è detenuto dallo Stato).

Nel ventesimo secolo, il "progresso tecnico" ha suscitato un grande entusiasmo, tanto da essere celebrato da alcuni artisti moderni.


Francis Picabia, Ritratto di ragazza americana in stato di nudità, 1915.

Il pensiero tecno-critico è emerso in Francia negli anni Trenta con Jacques Ellul e Bernard Charbonneau. Essi sostengono che l'antagonismo “capitalismo-comunismo” è superficiale e che il problema fondamentale dei Paesi industrializzati è il posto occupato dalla tecnica nell'immaginario collettivo. Inoltre, ritengono che non sia un qualunque potere politico o finanziario a guidare questo sviluppo, ma la quasi totalità degli individui, perché conquistati dall'ossessione per il comfort materiale: “La tecnica domina l'uomo e tutte le sue reazioni. La politica è impotente di fronte ad essa; l'uomo non può governare perché è soggetto a forze irreali, pur se materiali [...]. Nello Stato capitalista, l'uomo è meno oppresso dai poteri finanziari che dall'ideale borghese di sicurezza, comodità e rassicurazione. È questo ideale che dà ai poteri finanziari la loro importanza[13].


Jacques Ellul, 1990.

Tuttavia, dal 1945 in poi, la rivalità ideologica tra le due grandi potenze, Stati Uniti e URSS, e la conseguente “guerra fredda” in tutto il mondo hanno plasmato l'intero dibattito politico, e il pensiero tecno-critico occupa un posto del tutto marginale tra gli intellettuali. È vero che l'uso delle macchine è stato regolarmente criticato nei Paesi occidentali – in particolare dai sindacati, a causa dei ritmi di lavoro imposti – ma le macchine stesse non sono mai prese di mira. In effetti, il “progresso tecnico” suscita molto più entusiasmo che paura. Negli anni Cinquanta, Ellul ribadisce che il problema fondamentale non è il capitalismo, né il macchinismo, e neppure gli oggetti tecnici, ma quella che chiama la “sacralizzazione della tecnica”: “L'invasione della tecnica desacralizza il mondo in cui l'uomo è chiamato a vivere. Per la tecnica non c'è sacralità, non c'è mistero, non c'è tabù. E ciò appunto perché essa è diventata un fenomeno autonomo. (...) La tecnica è desacralizzante perché dimostra, con l'evidenza e non con la ragione (...) che il mistero non esiste. (...) L'uomo che vive nell'ambiente tecnico sa bene che non c'è più spiritualità da nessuna parte. Eppure assistiamo a uno strano rovesciamento: non potendo vivere senza il sacro, l'uomo ripone il suo senso del sacro proprio su ciò che ha desacralizzato la natura: la tecnica”[14].

Nella stessa epoca, il filosofo tedesco Günther Anders ha parlato di “vergogna prometeica” per esprimere l'idea che, di fronte allo sviluppo esponenziale della tecnica, gli esseri umani si sentono letteralmente “sorpassati” ma non osano confessarlo a se stessi[15][.

Negli anni Settanta, il degrado ambientale ha portato alla nascita dell'ecologia politica. Mentre Ellul e Charbonneau creano un'associazione per lottare contro la cementificazione della costa atlantica, Kaczynski compie il suo primo attentato.

L'ascesa dell'informatica negli Stati Uniti negli anni '80 porta Chellis Glendinning a tentare di strutturare un movimento neo-luddista nel 1990. Il termine “neo-luddista” si sviluppa negli ambienti tecno-critici. Tuttavia, i fatti non hanno seguito e gli atti di danneggiamento del materiale restano estremamente rari e puramente simbolici. Si pensi, ad esempio, al danneggiamento pubblico di un computer da parte di Kirkpatrick Sale al New York City Town Hall nel 1995.

Quando, all'inizio del ventunesimo secolo, si sviluppano la robotica, l'intelligenza artificiale e Internet, lodati come “rivoluzione” e che le “nuove tecnologie” proliferano non solo nel mondo del lavoro (come ai tempi del luddismo) ma nella vita quotidiana, il neoluddismo ha cessato di essere una pratica militante.

Emersione negli Stati Uniti

Così come il luddismo era emerso in Inghilterra nel diciannovesimo secolo, perché era la prima potenza industriale del mondo, il cosiddetto “neoluddismo” sta emergendo negli Stati Uniti, dove è nata l'informatica. Come il movimento hippy degli anni Sessanta e Settanta, il neoluddismo degli anni Novanta rivendica una rottura radicale con la società industriale. Infine, come il movimento hippy, il neoluddismo presenta una varietà di sensibilità.

Seguendo le orme di Henry Thoreau, gli anarco-primitivisti sostengono un “ritorno alla natura”, ma senza sentimentalismi e con molto pragmatismo, consapevoli della durezza della natura. Scrittori anarco-primitivisti contemporanei come John Zerzan portano avanti una critica ideologica della civiltà come oppressiva nella sua essenza, difendendo stili di vita concepiti come più liberi, ispirati ai cacciatori-raccoglitori preistorici. Il primitivismo di Zerzan arriva a criticare l'addomesticamento degli animali, il linguaggio, il pensiero simbolico (dalla matematica all'arte) e il concetto di tempo, senza però rinunciare né alla bicicletta né al telefono.

Kevin Robins e Frank Webster associano questo “ritorno alle radici” alla necessità per gli esseri umani di vivere in comunità più piccole, per stabilire relazioni più autentiche[16].

Tra il 1978 e il 1995, l'americano Theodore Kaczynski è l’autore di diversi gravi attentati anonimi, motivati dalla sua intenzione di denunciare il totalitarismo del sistema tecnologico dominante. Le sue azioni sono deliranti, ma la sua analisi è coerente. Nel 1995, in La Société industrielle et son avenir[17], precisa: “La rivoluzione industriale con le sue conseguenze è stata un disastro per la razza umana. Essa ha aumentato l'aspettativa di vita nei Paesi “avanzati”, ma ha destabilizzato la società, ha reso la vita alienante, ha sottoposto gli esseri umani a umiliazioni, ha permesso la diffusione della sofferenza mentale (e fisica nei Paesi del Terzo Mondo) e ha inflitto danni terribili alla biosfera. Il costante sviluppo della tecnologia non farà che aggravare la situazione. Ciò che gli esseri umani e la biosfera dovranno sopportare sarà sempre peggiore; il caos sociale e la sofferenza mentale aumenteranno, ed è possibile che lo stesso accada alla sofferenza fisica, anche nei Paesi “avanzati”.

“Il sistema tecno-industriale può sopravvivere o crollare. Se sopravvive, può riuscire a garantire un basso livello di sofferenza mentale e fisica, ma solo dopo aver attraversato un lungo e doloroso periodo di adattamento e dopo aver ridotto gli esseri umani e tutte le creature viventi a meri ingranaggi, prodotti calibrati della macchina sociale. Inoltre, se il sistema persiste, le conseguenze sono ineluttabili: non c'è modo di riformare o modificare il sistema in modo da evitare che spogli le persone della loro dignità e autonomia”.

Esempi dalla Francia

Comitato per la liquidazione o la distruzione dei computer, Tolosa, 1980-1983

Sabotaggio del magazzino di Nérac, gennaio 1998

Sabotaggio del Centre de coopération internationale en recherche agronomique pour le développement (CIRAD) di Montpellier, giugno 1999

Sabotaggio di un terminale biometrico nel liceo Vallée-de-Chevreuse, novembre 2005

Incendio a La Casemate, Grenoble, 2017

Occupazione della zona da difendere di Notre-Dame des Landes (fino al 2018)

Incendio delle antenne del ripetitore 5G di Mont Poupet nel Jura, aprile 2020

Critiche al movimento

Già negli anni Cinquanta, Jacques Ellul trovava ridicolo attaccare gli oggetti e le macchine tecniche. A suo avviso, ciò che è molto più importante – perché va oltre il quadro del macchinismo – era la questione della tecnica, che è di natura immateriale e che definisce come “la ricerca in tutte le cose del metodo assolutamente più efficace[18]:

“La tecnica ha effettivamente preso avvio dall’esistenza della macchina.(...) È vero che, senza la macchina, il mondo della tecnica non esisterebbe. Tuttavia, spiegare questa situazione in questo modo non la legittima in alcun modo. È indubbiamente un errore fare questa confusione, soprattutto perché in genere ci porta a considerare che, essendo la macchina all'origine e al centro del problema tecnico, occuparsi della macchina significa occuparsi dell'intero problema. Questo è un errore ancora più grave. La tecnica è ormai quasi completamente indipendente dalla macchina (...). La tecnica si applica ormai a settori che non hanno più molto a che vedere con la vita industriale. (...) È la macchina che ormai dipende interamente dalla tecnica, e non la rappresenta più che per una piccola parte. (...) La tecnica assume oggi la totalità delle attività dell'uomo, e non solo la sua attività produttrice[19].

E critica duramente la tecnofobia: “È infantile dire che si è contro la tecnica, assurdo come dire che si è contro una valanga di neve o un cancro”.

Il declino del neoluddismo

Se gli attentati perpetrati in Francia tra il 1980 e il 1983 dal Comitato per la liquidazione o la distruzione dei computer costituiscono l'unico esempio di azione metodica all'interno del movimento neoluddista, nel 1982 Jacques Ellul riteneva che lo sviluppo della microinformatica potesse fungere da trampolino di lancio per un movimento radicale, ma ha cambiato idea cinque anni dopo: “Il sistema tecnico, esaltato dalla potenza informatica, è definitivamente sfuggito alla volontà direzionale dell'uomo”.

Negli Stati Uniti degli anni Novanta, in un momento in cui Internet faceva la sua prima apparizione e i primi transumanisti esprimevano in modo sempre più esplicito la loro fede nel progresso, alcuni attivisti continuavano a credere possibile regolare, o addirittura arrestare, l'influenza dei computer sulle mentalità. Con il suo forte riferimento al luddismo, nel 1990, il manifesto neoluddista chiedeva, se non la distruzione dei computer, almeno la mobilitazione per impedirne la proliferazione, anche a costo di porsi fuorilegge. Tuttavia, l'autrice non è mai passata all'azione, a differenza di Kirkpatrick Sale che, nel 1995, ha distrutto simbolicamente un computer in pubblico. Un “congresso neoluddista” si è tenuto a Barnsville, in Ohio, nell'aprile 1996, ma ci si è limitati a vuote dichiarazioni che hanno fatto sembrare il neoluddismo un'utopia.

All'inizio del ventunesimo secolo, il termine “neo-luddista” è talvolta abusato e la disconnessione assume talvolta accenti aberranti. Nel 2017, il giornalista Xavier de La Porte si è chiesto “perché non rompiamo più le macchine”. Ha avanzato allora quattro ipotesi:

il movimento neoluddista ha sempre avuto uno scarso sostegno da parte dei sindacati, e i marxisti ritengono che non si distruggono i mezzi di produzione perché la fine del capitalismo (che è il loro obiettivo) dipende dalla loro riappropriazione;

fin dalle loro origini, il personal computing e Internet hanno incarnato un ideale di emancipazione che rende indistinguibile qualsiasi fenomeno di asservimento;

la tecnologia digitale non è solo un insieme di strumenti, ma un ambiente onnicomprensivo. Di conseguenza, piuttosto che “distruggere le macchine”, le menti più radicali pensano di “abbandonare l'ambiente digitale”, “disconnettersi”;

la stragrande maggioranza delle persone si è rassegnata al fatto che la tecnologia digitale modelli la loro esistenza.

 



[1] Secondo lo storico François Jarrige, “non esiste una struttura con un leader e dei militanti. È una nebulosa di persone che pensano che la tecnologia sia un'alienazione piuttosto che un mezzo di emancipazione”.

[2] Steve E. Jones, Against Technology: From Luddites to Neo-Luddite, CRC Press, New York, 2006.

[3] Karen Christensen e David Levinson, Encyclopedia of Community: From the Village to the Virtual World, Volume 3, Sage Publications, Thousand Oaks (Calif.), 2003.

[4] Nicolas Chevassus-au-Louis, Les briseurs de machines : de Ned Ludd à José Bové, Seuil, Paris, 2006.

[5] Fabrice Flipo, Michelle Dobré e Marion Michot, La face cachée du numérique l'impact environnemental des nouvelles technologies, L'Echappée, Montreuil (Seine-Saint-Denis), 2013.

[6] François Ruffin, Fabrice Nicolino e Florent Gouget, Métro, boulot, chimio : débats autour du cancer industriel, Le monde à l'envers, Grenoble, 2012.

[7] Aujourd'hui le nano monde : nanotechnologies, un projet de société totalitaire, L’Echappée, Montreuil, 2008.

[8] Nomofobia o dipendenza da cellulare è un neologismo che indica la fobia di separarsi dal proprio telefono cellulare tra i dipendenti da smartphone. 

[9] François Jarrige, « De la sauvagerie à la violence créatrice : regards sur les bris de machines dans la France du XIXe siècle », Revue européenne d'histoire, 2013.

[10] François Jarrige, « De la sauvagerie à la violence créatrice : regards sur les bris de machines dans la France du XIX siècle », Revue européenne d'histoire, 2013.

[11] Karl Marx, Il Capitale, Libro I, quarta sezione. Citato in "Néo-luddisme et résistances ouvrières", Jacques Wajnsztejn, Temps Critiques, febbraio 2001.

[12] Samuel Butler, Il libro delle macchine, pubblicato nel romanzo Erewhon; tradotto in francese in Détruisons les machines, Le pas de côté, 2013.

[13] Jacques Ellul e Bernard Charbonneau, "Direttive per un manifesto personale", 1935. Testo ripubblicato in Nous sommes des révolutionnaires malgré nous, Le Seuil, 2014.

[14] Jacques Ellul, La technique : ou L'enjeu du siècle, Economica, coll. « Classiques des sciences sociales », Paris, 2008,

[15] Günther Anders, L'Obsolescence de l'homme, éditions de l'Encyclopédie des Nuisances, Parigi, 2002.

[16] Kevin Robins e Frank Webster, Times of the Techno-Culture: From the Information Society to the Virtual Life, 1999.

[17] Theodore Kaczynski, La società industriale e il suo futuro, Ed. de l'Encyclopédie des nuisances, Paris, 1998.

[18] Jacques Ellul, La Technique ou l’enjeu du siècle, Economica, coll. "Classiques des sciences sociales", Paris,  2008

[19] Jacques Ellul, Le bluff technologique, Pluriel, coll. "Pluriel", Paris, 2010.


Néo-luddisme


Le Néo-luddisme est un néologisme apparu en 1990 qui désigne une opposition[1][1] à tout ou partie du progrès technique pouvant inclure le parasitage, la dégradation, la destruction d'équipements ; ou encore des occupations de terrain visant à empêcher la construction de grandes infrastructures jugées contraires aux valeurs et convictions des activistes de cette mouvance.

Le Néo-luddisme apparaît essentiellement en France et aux États-Unis lorsque la micro-informatique fait son apparition dans les foyers, pendant les années 1980. Aucune concertation ne vienne fédérer les actions que, dans la majorité des cas, sont justifiées par un discours axé sur la dénonciation des effets néfastes des technologies sur les individus et les communautés. Elles s'apparentent alors à la pensée techno critique [2],[3] qui s'efforce de proposer des alternatives à l'idéologie productiviste.

Bien que contournant ouvertement la loi, les néoluddistes invoquent les principes de légitimité de désobéissance civile et de résistance à l’oppression, conférant à leurs actes une valeur civique et sociale. La plupart d'entre eux prônent un retour à des valeurs « naturelles », en opposition à celles imposées par la prolifération des « nouvelles technologies », porteuses de dangers pour l'environnement et pour l'humanité. Une partie des néoluddistes prônent la non-violence et la bienveillance (c'est le cas notamment dans les « zones à défendre ») ; d'autres la destruction de biens jugés nocifs (exemple : l’arrachage de plantes OGM [4],[5]).

Origine du terme

Le mot « luddisme » désigne un mouvement de « briseurs de machines », qui s'est manifesté au début du XIXe siècle en Angleterre. Le mot « néo-luddisme » est créé en 1990 par la militante américaine Chellis Glendinning.

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Chellis Glendinning

Motivations

Les motifs invoqués sont principalement de trois ordres : écologique, politique et éthique.

·         Le progrès technique est coûteux en énergies fossiles et il est donc nuisible à l’environnement[7] au point d'être la cause d'un changement d'ère géologique : l'anthropocène. De nombreuses innovations sont la source de scandales sanitaires[8] et même de catastrophes, notamment nucléaires (Tchernobyl, Three Miles Island, Fukushima) et du réchauffement de la planète.

·         Les techniques se multiplient sans jamais faire l'objet de débat démocratique, le principe de précaution n'existant qu'en théorie mais n'étant jamais ou rarement appliqué en raison de la pression des grands groupes industriels pour qui la techno science constitue une source de profits considérables. Avec le nucléaire et les OGM, les techniques de télésurveillance (notamment la RFID)[9] et les nanotechnologies constituent leurs principales cibles.

·         Sont également avancés des motifs éthiques : la biométrie ou la vidéosurveillance, par exemple, étant considérées comme portant atteintes aux libertés individuelles et générant progressivement un contrôle social susceptible de déboucher sur une nouvelle forme de totalitarisme[10]. Le téléphone portable, par ailleurs, occasionnerait un phénomène de dépendance à caractère pathologique : la nomophobie [11].

Rappel historique

Les premières critiques envers le machinisme remontent à la fin du XVIIIe siècle, quand s'amorce la révolution industrielle. Ainsi, en 1778, dans Les Rêveries du promeneur solitaire, Jean-Jacques Rousseau exprime sa consternation face aux conditions de vie imposées aux mineurs.

Très rarement, des ouvriers en viennent à briser leurs outils. En novembre 1788, à Falaise (Calvados), deux mille d'entre eux détruisent une machine à filer le coton à coups de bâton. Et le 14 juillet 1789, à Rouen, 300 à 400 personnes envahissent une filature et détruisent trente métiers mécaniques[12],[13]. Au début du XIXe siècle, plus précisément en 1811-1812, se manifeste le premier important mouvement de « briseurs de machines », le seul connu à ce jour : des tondeurs et tricoteurs anglais affrontent leurs employeurs qui leur imposent l'utilisation de métiers à tisser. Ce mouvement prendra ultérieurement le nom de luddisme.

On recense quelques autres actions de destruction de machines en France durant la période de la Restauration [12] mais globalement, le phénomène est inexistant durant tout le processus d'industrialisation qui remodèle le paysage européen puis celui des États-Unis. Ainsi, contrairement à une idée répandue, les canuts ne s'en prennent pas aux machines durant leur révolte à Lyon, dans les années 1830.

Certes, l'expansion du machinisme donne lieu à un grand nombre de réactions :

·         d'une part chez les intellectuels, en premier lieu chez Karl Marx qui, à partir des années 1840, entreprend une critique de fond du système capitaliste ;

·         d'autre part dans le monde ouvrier, à travers une succession de mouvements de grève et de révoltes sporadiques.

Marx, toutefois, voit dans le bris de machines un signe d'immaturité politique : « Il faut du temps et de l'expérience avant que les ouvriers ayant appris à distinguer entre la machine et son emploi capitaliste, dirigent leurs attaques non contre le matériel de production mais contre son mode social d'exploitation[14]. »

Le marxisme commençant à se répandre, extrêmement rares sont les appels à détruire les machines comparables à celui de l'écrivain anglais Samuel Butler en 1872 : « Jour après jour, les machines gagnent du terrain sur nous ; jour après jour nous leur sommes plus asservis ; chaque jour de plus en plus d’hommes sont liés à elles comme des esclaves pour s’en occuper, chaque jour un plus grand nombre consacrent l’énergie de toute leur existence au développement de la vie mécanique. L’heure viendra où les machines détiendront la véritable suprématie sur le monde et ses habitants. Nous pensons qu’une guerre à mort devrait leur être déclarée sur-le-champ. Toute machine de n’importe quel type devrait être détruite par celui qui se soucie de son espèce. Ne faisons aucune exception, pas de quartier ! »[15]

Samuel Butler

En définitive, plus jamais des machines ne sont collectivement détruites. Certes, en 1897 en France, la CGT adopte le sabotage comme technique militante, mais c'est uniquement pour faire pression sur le patronat et finalement y renoncer en 1918, au lendemain de la Révolution russe : les communistes étant convaincus qu'ils mettront fin au capitalisme en s'appropriant les moyens de production, ils n'entendent aucunement les détruire.

De fait, le capitalisme et le communisme (qui, tout au long du XXe siècle, constituent les deux grands systèmes économiques dominants sur la planète) partagent une même idéologie, le productivisme. Dans les deux camps, et pratiquement à tous les niveaux de l'échelle sociale, on défend l'idée du progrès et la conviction que celui-ci ne peut prendre forme qu'à travers la croissance économique (la seule différence étant que, dans le premier camp, les capitaux sont privés quand, dans le second, ils sont détenus par l'État).

Au XXe siècle, le « progrès technique » suscite beaucoup d'enthousiasme, au point d'être célébré par un certain nombre d'artistes modernes.

Francis PicabiaPortrait d'une jeune fille américaine dans l'état de nudité, 1915.

La pensée techno critique émerge en France dans les années 1930 avec Jacques Ellul et Bernard Charbonneau. Ils affirment que l'antagonisme « capitalisme-communisme » est superficiel et que le problème fondamental des pays industrialisés, c'est la place qu'occupe la technique dans l'imaginaire collectif. Qui plus est, ils estiment que ce n'est pas un quelconque pouvoir politique ou de la finance qui dirige cette évolution mais la quasi-totalité des individus, du fait qu'ils sont gagnés par l'obsession du confort matériel : « La technique domine l'homme et toutes les réactions de l'homme. Contre elle, la politique est impuissante, l'homme ne peut gouverner parce qu'il est soumis à des forces irréelles bien que matérielles [...]. Dans l'état capitaliste, l’homme est moins opprimé par les puissances financières que par l’idéal bourgeois de sécurité, de confort et d’assurance. C'est cet idéal qui donne leur importance aux puissances financières[16]. »

Jacques Ellul en 1990.

Toutefois, à partir de 1945, la rivalité idéologique entre les deux grandes puissances, les États-Unis et l'URSS, et la « guerre froide » qui s'ensuit sur toute la planète conditionnent l'ensemble du débat politique et la pensée techno critique occupe une place totalement marginale chez les intellectuels. Certes, l'usage des machines est régulièrement critiqué dans les pays occidentaux – notamment par les milieux syndicaux, en raison des cadences de travail qu'elles imposent – mais jamais les machines elles-mêmes ne sont visées. Le « progrès technique », en effet, suscite beaucoup plus d'enthousiasme que de crainte. Dans les années 1950, Ellul réaffirme que le problème fondamental n'est pas le capitalisme, ni même le machinisme, ni même les objets techniques mais ce qu'il appelle la « sacralisation de la technique » : « L'invasion technique désacralise le monde dans lequel l'homme est appelé à vivre. Pour la technique, il n'y pas de sacré, il n'y a pas de mystère, il n'y a pas de tabou. Et cela provient justement du (fait qu'elle est devenue un phénomène autonome). (...) La technique est désacralisant car elle montre, par l'évidence et non par la raison (...) que le mystère n'existe pas. (...) L'homme qui vit dans le milieu technique sait bien qu'il n'y a plus de spirituel nulle part. Et cependant, nous assistons à un étrange renversement ; l'homme ne pouvant vivre sans sacré, il reporte son sens du sacré sur cela même qui a (désacralisé la nature) : la technique[17]. »

À la même époque, le philosophe allemand Günther Anders parle de « honte prométhéenne » pour exprimer l'idée que, face au développement exponentiel de la technique, les humains se sentent littéralement « dépassés » mais n'osent pas se l'avouer[18].

Dans les années 1970, la dégradation de l’environnement conduit à l'émergence de l'écologie politique. Alors qu'Ellul et Charbonneau créent une association pour lutter contre le bétonnage de la côte Atlantique, Kaczynski commet son premier attentat.

La montée en puissance de l'informatique aux États-Unis, dans les années 1980, conduit Chellis Glendinning à tenter de structurer un mouvement néo-luddite, en 1990. Le mot "néo-luddite" va se développer dans les milieux techno critiques. Toutefois, les faits ne suivent pas et les actes de dégradation de matériel restent extrêmement rares et de portée exclusivement symbolique. Ainsi par exemple le casse public d'un ordinateur par Kirkpatrick Sale en 1995, au New York City Town Hall.

Quand, au début du XXIe siècle, se développent la robotique, l’intelligence artificielle et internet, qu'est louée la « révolution » et que les « nouvelles technologies » se multiplient non plus seulement dans le monde du travail (comme au temps du luddisme) mais dans la vie quotidienne, le néo-luddisme a cessé d'être une pratique militante.

Émergence aux États-Unis

De la même manière que le luddisme s'était manifesté en Angleterre au XIXe siècle parce qu'elle était la première puissance industrielle mondiale, ce que l'on appelle "néo-luddisme" émerge aux États-Unis, où est née l'informatique. Comme le mouvement hippie dans les années 1960 et 1970, le néo-luddisme revendique – durant les années 1990 – une rupture radicale avec la société industrielle. Enfin, tout comme lui, il présente différentes sensibilités.

·         Dans le sillage d'Henry Thoreau, les anarcho-primitivistes prônent le « retour à la nature » mais sans aucun sentimentalisme et avec au contraire beaucoup de pragmatisme, conscients de la rudesse de la nature. Des auteurs anarcho-primitivistes contemporains comme John Zerzan poursuivent une critique idéologique de la civilisation comme oppressante dans son essence, défendant des modes de vie conçus comme plus libres tirant leur inspiration des chasseurs-cueilleurs préhistoriques. Le primitivisme de Zerzan va jusqu'à critiquer la domestication des animaux, le langage, la pensée symbolique (des mathématiques jusqu'à l'art) et le concept de temps, mais sans renoncer à la biciclette  et au telephone.

·         Kevin Robins et Frank Webster associent ce « retour aux sources » à la nécessité pour les humains de vivre dans des communautés plus restreintes, en vue d'établir des relations plus authentiques[19],[20]. »

·         Entre 1978 et 1995 l’américain Theodore Kaczynski est l’auteur de plusieurs graves attentats anonymes qu’il motive par l’intention de dénoncer le totalitarisme du système technicien dominant. Son action est délirante, mais son analyse cohérente. En 1995, dans La Société industrielle et son avenir[20], il précise : « La révolution industrielle et ses conséquences ont été un désastre pour la race humaine. Elle a accru la durée de vie dans les pays « avancés », mais a déstabilisé la société, a rendu la vie aliénante, a soumis les êtres humains à des humiliations, a permis l’extension de la souffrance mentale (et de la souffrance physique dans les pays du Tiers-Monde) et a infligé des dommages terribles à la biosphère. Le développement constant de la Technologie ne fera qu’aggraver la situation. Ce qu’auront à subir les hommes et la biosphère sera de pire en pire ; le chaos social et les souffrances mentales s’accroîtront, et il est possible qu’il en aille de même pour les souffrances physiques, y compris dans les pays « avancés »[20]. »

·         « Le système techno-industriel peut survivre ou s’effondrer. S’il survit, il peut éventuellement parvenir à assurer un faible niveau de souffrances mentales et physiques, mais seulement après être passé par une longue et douloureuse période d’ajustements, et après avoir réduit les êtres humains et toutes les créatures vivantes à de simples rouages, des produits calibrés de la machine sociale. En outre, si le système perdure, les conséquences sont inéluctables : il n’y a aucun moyen de réformer ou modifier le système de façon à l’empêcher de dépouiller les hommes de leur dignité et de leur autonomie. »

Exemples en France

·         Comité pour la liquidation ou la destruction des ordinateurs, Toulouse, 1980-1983

·         Sabotage de l'entrepôt de Nérac, janvier 1998[21]

·         Sabotage du Centre de coopération internationale en recherche agronomique pour le développement (CIRAD) de Montpellier, juin 1999[22]

·         Sabotage d'une borne biométrique dans le lycée de la Vallée-de-Chevreuse, novembre 2005[23]

·         Incendie de la Casemate , Grenoble, 2017[24]

·         Occupation de la zone à défendre de Notre-Dame des Landes (jusqu'en 2018)

·         Incendie des antennes-relais 5G du Mont Poupet dans le Jura en avril 2020[25]

Critique de la mouvance

Dès les années 1950, Jacques Ellul trouve ridicule de s'en prendre aux objets techniques et aux machines. Selon lui, bien plus importante – car dépassant le cadre du machinisme – est la question de la technique, qui est d'ordre immatériel et qu'il définit comme « la recherche en toutes choses de la méthode absolument la plus efficace »[26]:

« La technique a effectivement pris son point de départ dans l'existence de la machine. (...) Il est bien vrai que, sans la machine, le monde de la technique n'existerait pas. Mais expliquer ainsi cette situation ne la légitime absolument pas. Or il est incontestablement erroné de procéder à cette confusion, d'autant plus qu'elle conduit en général à considérer que, puisque la machine est à l'origine et au centre du problème technique, s'occuper de la machine c'est par conséquent s'occuper de tout le problème. C'est la une erreur plus grande encore. La technique a maintenant pris une autonomie à peu près complète à l'égard de la machine (...). La technique s'applique maintenant à des domaines qui n'ont plus grand chose à voir avec la vie industrielle. (...) c'est la machine qui, aujourd'hui, dépend en tout de la technique et ne la représente plus que pour une petite partie. (...) La technique assume aujourd'hui la totalité des activités de l'homme, et pas seulement son activité productrice[27]. »

Et il fustige la technophobie : « c'est enfantin de dire que l'on est contre la technique, aussi absurde que de dire que l'on est opposé à une avalanche de neige ou à un cancer »[28].

Déclin du néo-luddisme

Alors que les attentats perpétrés en France de 1980 à 1983 par le Comité pour la liquidation ou la destruction des ordinateurs constituent le seul exemple d'action méthodique au sein de la mouvance néo-luddite, en 1982, Jacques Ellul estime que le développement de la micro informatique pourrait servir de tremplin à un mouvement radical mais il se ravise cinq ans plus tard : « Le système technicien, exalté par la puissance informatique, a échappé définitivement à la volonté directionnelle de l’homme[29]. »

Dans les États-Unis des années 1990, alors qu'Internet fait sa première apparition et que les premiers transhumanistes expriment de plus en plus explicitement leur croyance dans le progrès, certains militants continuent de croire qu'il est possible de réguler, voire stopper, la prégnance de l'informatique sur les mentalités. Par sa référence appuyée au luddisme, en 1990, le manifeste néo-luddite appelle sinon à détruire des ordinateurs, du moins se mobiliser pour empêcher leur prolifération, quitte à se placer hors-la-loi. Son auteure ne passe toutefois jamais elle-même à l'acte, à la différence par exemple de Kirkpatrick Sale qui, en 1995, détruit symboliquement un ordinateur en public. Un « congrès néo-luddite » se déroule en avril 1996 à Barnsville, dans l'Ohio, mais l'on en reste à des déclarations sans lendemain faisant paraître le néo-luddisme comme une utopie.

Au début du XXIe siècle, le terme « néo-luddite » est parfois galvaudé[30] et la déconnexion prend parfois des accents aberrants[31]. En 2017, le journaliste Xavier de La Porte se demande « pourquoi on ne brise plus les machines »[32]. Il avance alors quatre hypothèses :

·         la mouvance néo-luddite a toujours été peu soutenue par les syndicats ; or les marxistes considèrent qu’on ne casse pas des moyens de production car la fin du capitalisme (qui constitue leur but) passe par leur reappropriation ;

·         l’informatique personnelle et Internet sont, dès leurs origines, porteurs d‘un idéal d’émancipation qui rend indiscernable tout phénomène d’asservissement ;

·         le numérique ne constitue pas seulement un ensemble d’outils, c'est un milieu englobant. Du coup, plutôt que de « casser des machines », les esprits les plus radicaux pensent « quitter le milieu numérique », « se déconnecter » ;

·         l'immense majorité des humains se sont résignés au fait que le numérique façonne leur existence.


 

Notes et références

1.      Selon l'historien François Jarrige « Il n’y a pas de structure où on retrouverait un meneur et des militants. C’est une nébuleuse de personnes qui pensent que la technologie est une aliénation plus qu’un moyen d’émancipation ».

2.      (en) Steve E. Jones (trad. du néerlandais de Belgique), Contre la technologie : des Luddites au néo-luddisme, New York, CRC Press, 2006.

3.      (en) Karen Christensen et David Levinson, Encyclopedia of Community : From the Village to the Virtual World, Volume 3, Thousand Oaks (Calif.), Sage Publications, 2003, 1839 p. (ISBN 0-7619-2598-8lire en ligne [archive]), p. 886.

4.      Christophe Bonneuil, « Faucheurs d'OGM : un renouveau du luddisme ? [archive] », sur Inf'OGM, 21 juin 2017 (consulté le 29 juin 2019).

5.      Nicolas Chevassus-au-Louis, Les briseurs de machines : de Ned Ludd à José Bové, Paris, Seuil, coll. « Science ouverte », 2006, 269 p. (ISBN 978-2-02-082561-0OCLC 64464649).

6.      Chellis Glendinning, Notes toward a Neo-Luddite Manifestotexte en ligne [archive].

7.      Fabrice Flipo, Michelle Dobré et Marion Michot, La face cachée du numérique l'impact environnemental des nouvelles technologies, Montreuil (Seine-Saint-Denis), L'Echappée, coll. « Pour en finir avec », 2013, 135 p. (ISBN 978-2-915830-77-4OCLC 863595044).

8.      PMOFrançois RuffinFabrice Nicolino et Florent Gouget, Métro, boulot, chimio : débats autour du cancer industriel, Grenoble (Isère, Le monde à l'envers, 2012, 173 p. (ISBN 978-2-9536877-8-1OCLC 829976448).

9.      PMORFID, la police totale : puces intelligentes et mouchardage électronique, Montreuil (32 Av. de la Résistance, 93100, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008, 110 p. (ISBN 978-2-915830-26-2OCLC 835326298).

10.  PMOAujourd'hui le nano monde : nanotechnologies, un projet de société totalitaire, Montreuil, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008, 431 p. (ISBN 978-2-915830-25-5OCLC 470667351).

11.  La nomophobie ou mob dépendance est un néologisme désignant la phobie d'être séparé de son portable chez les sujets dépendants au smartphone.  PMOLe téléphone portable gadget de destruction massive, Montreuil, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008, 96 p. (ISBN 978-2-915830-17-0OCLC 717612369).

12. ↑ François Jarrige, « De la sauvagerie à la violence créatrice : regards sur les bris de machines dans la France du XIXe siècle », Revue européenne d’histoire, 2013.

13.  A propos des bris de machines textiles à Rouen pendant l'été 1789 : émeutes anciennes ou émeutes nouvelles ? [archive], J.-P. Allinne, Annales de Normandie, 1981.

14.  Karl MarxLe Capital, Livre I, quatrième section. Cité dans « Néo-luddisme et résistances ouvrières », Jacques Wajnsztejn, Temps Critiques, février 2001.

15.  Samuel Butler, « Le livre des machines », publié dans le roman Erewhon ; traduit en français dans Détruisons les machines, Le pas de côté, 2013.

16.  Jacques Ellul et Bernard Charbonneau, « Directives pour un manifeste personnaliste », 1935. Texte réédité dans Nous sommes des révolutionnaires malgré nous, Le Seuil, 2014.

17.  Jacques Ellul, La technique : ou L'enjeu du siècle, Paris, Économica, coll. « Classiques des sciences sociales », 2008 (1re éd. 1952), 423 p. (ISBN 978-2-7178-1563-4OCLC 836138627), p.130-132.

18.  Günther AndersDie Antiquiertheit des Menschen 1956. L'ouvrage ne sera traduit en France qu'au XXIe siècle : L'Obsolescence de l'homme, éditions de l'Encyclopédie des Nuisances, Paris, 2002.

19.  Kevin Robins et Frank Webster, Times of the Techno-Culture: From the Information Society to the Virtual Life, 1999.

20. ↑  Voir Gordon Bell, The Internet : A Philosophical InquiryRoutledge, 1999, 192 p. (ISBN 978-0-335-21326-9lire en ligne [archive]), p. 7-8.

21.  Réflexions sur la lutte anti-ogm, Entretien avec René Riesel [archive], février 2000.

22.  « Bové accusé, la recherche incriminée [archive] », sur Libération.fr, 10 février 2001 (consulté le 29 juin 2019).

23.  « Ces étudiants qui dépassaient les bornes biométriques [archive] », sur Libération.fr, 16 décembre 2005 (consulté le 29 juin 2019).

24.  L'incendie de la Casemate de Grenoble revendiqué [archive], France Bleu, 24 novembre 2017.

25.  « Incendie des antennes-relais du Mont Poupet dans le Jura : un Bisontin condamné à deux ans de prison ferme [archive] », sur France 3 Bourgogne-Franche-Comté (consulté le 15 mai 2022).

26.  Jacques Ellul, La technique : ou L'enjeu du siècle, Paris, Économica, coll. « Classiques des sciences sociales », 2008 (1re éd. 1952), 423 p. (ISBN 978-2-7178-1563-4OCLC 836138627), p. 18.

27.  Ibid. pages 1 et 2.

28.  Jacques Ellul (préf. Jean-Luc Porquet), Le bluff technologique, Paris, Pluriel, coll. « Pluriel », 2010, 748 p. (ISBN 978-2-8185-0227-3OCLC 807371957), p. 9.

29.  Le Comité liquidant ou détournant les ordinateurs – Clodo est une « organisation d'inspiration anarchiste » et anti-industrielle française apparue le 6 avril 1980 lors de la revendication d'un incendie criminel contre la société « Philips Data système » à Toulouse.. Jacques EllulLe bluff technologique, 1988 ; rééd. Hachette, coll. « Pluriel », 2004, p. 203.

30.  « Lily Allen : 'Je suis une néo-luddite' [archive] », sur elle.fr, 8 mars 2010 (consulté le 29 juin 2019).

31.  « Un journaliste américain payé pour vivre un an sans internet [archive] », sur France info, 14 août 2012 (consulté le 29 juin 2019).

32.  Xavier de La Porte, « Pourquoi ne brise-t-on plus les machines ? [archive] », sur France Culture, 3 avril 2017 (consulté le 29 juin 2019).

Bibliographie en français

·         François JarrigeFace au monstre mécanique une histoire des résistances à la technique (Radicaux libres), Paris, Éd. Imho, 2009.

·         PMO, Le téléphone portable gadget de destruction massive, Montreuil, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008.

·         PMORFID, la police totale : puces intelligentes et mouchardage électronique, Montreuil (32 Av. de la Résistance, 93100, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008.

·         PMOAujourd'hui le nano monde : nanotechnologies, un projet de société totalitaire, Montreuil, L'Échappée, coll. « Négatif », 2008.

·         Cédric Biagini, Guillaume Carnino, Celia Izoard et PMO, La tyrannie technologique : critique de la société numérique, Paris, L'Echappée, coll. « Pour en finir avec », 2007.

·         Theodore Kaczynski (trad. de l'anglais), La Société industrielle et son avenir [« Industrial society and its future »], Paris, Ed. de l'Encyclopédie des nuisances, 1998.