venerdì 1 aprile 2022

Dolce Francia... Di fronte alla scheda elettorale quale croce o quale astensione ?

 


Elezioni trappola per coglioni. Anche quando i coglioni votano sempre meno, prevale ancora la storica truffa del parlamentarismo che la vecchia classe borghese ha imposto alle società produttiviste. Di fronte alla crescente volontà di emancipazione dei popoli, la democrazia parlamentare è apparsa come un'alternativa all'ondata planetaria di dispotismi, dittature e totalitarismi.

Il cinismo paternalistico di Churchill ha ben definito la qualità ambigua della democrazia parlamentare: "Il peggior governo, tutti gli altri esclusi". Il suo british humor ha dimenticato, tuttavia, non a caso, l'esistenza storica della democrazia diretta, ma anche di notare che attraverso la democrazia rappresentativa si può manipolare un popolo e addomesticarlo con la propaganda meglio che con la violenza, così come i pastori convogliano verso il recinto un gregge di pecore con il prezioso aiuto dell'abbaiare dei loro cani da guardia.

Del resto, le radici della trappola e della truffa dissimulate nella parola democrazia risalgono alla volontà degli oligarchi ateniesi (i nemici del popolo denunciati dai rivoluzionari francesi del 1789), vogliosi di salvaguardare il loro potere tirannico. Per manipolare il popolo (δῆμός, demos) ribellatosi al loro dispotismo totalitario, gli oligarchi di un tempo chiamarono democrazia il progetto di emancipazione dei cittadini. Perché nel greco antico kratos definiva il potere imposto, stupido e malvagio come quello di un popolaccio omicida che insorga pericolosamente. L'oligarchia, invece, si dice portatrice dell'arkè, potere benevolo che richiama alla condivisione e che si presenta come la scelta dei migliori (i primi di cordata) se non del migliore di tutti: il signore sacralizzato da un dio (anch’esso sacro, guarda caso) che governa dal cielo l'intero universo. Da lassù, questo maschio onnipotente ci fornisce in offerta speciale questo regale autocrate che incarna la relazione pericolosa tra l'immaginaria divinità celeste e il potere ben terrestre (ma in odore di santità) del monarca, re buono e giusto (padrone del diritto di vita, di morte e di jus primae noctis sui suoi sudditi – corvè, imposte, guerre, povertà, carestia, prigione e disperazione comprese).

Cazzate insopportabili, ma la manipolazione di un qualche intellettualismo intelligenza separata dal corpo vivo ci travolge sempre. Il suo suprematismo scivola da Dio al capo di guerra, al filosofo. Come dubitare dell'intellettualismo di Sartre che nella sua vita non ha mai perso occasione per fare sempre le scelte sbagliate dopo mature riflessioni ideologiche? Ambiguo di fronte al fascismo prima di diventare il nauseante filosofo della regressione totalitaria maoista, l'etichetta di liberazione che troneggiava sul suo itinerario ideologico ha finito per annegare nel confusionismo.

Nel loro pensiero separato dal corpo individuale e sociale, gli intellettuali inorganici si confrontano sempre con le verità alterate dalle loro menzogne opportunistiche. Quanto più sono dotati della parola, della penna e oggi della tastiera, tanto meglio compongono suppliche spettacolari, ingannando soprattutto coloro che adorano essere ingannati, i servitori volontari di tutte le ideologie. Si contendono dunque il Premio Nobel per la Pace oppure, eventualmente, il titolo di nemico pubblico spettacolare numero uno, avidi accaparratori bulimici di gloria, denaro e onori che circolano nei microcosmi del mercato intellettuale globale.

Certamente, all'epoca del Movimento delle Occupazioni del maggio 68, denunciare la trappola per coglioni che si nasconde dietro le elezioni era un lodevole monito quando non serviva a montare la maionese di un estremismo gauchista in decomposizione, incapace di quella radicalità che fu la poesia rivoluzionaria di un'epoca ormai archiviata ma più attuale che mai, della quale alcuni intellettuali si riempiono ancora la bocca per meglio sputare nel vaso di Pandora del recupero.

Di fronte a un voto volto a eleggere il nemico del popolo che prenderà il posto del precedente nella pantomima di una democrazia rappresentativa dove il cittadino non ha né kratosarkè, l'astensione è la risposta immediata che viene in mente. Basta con la mascherata! Come non essere d'accordo?

Peccato che la mascherata non si fermi, però, anche se i coglioni che vanno a votare si riducono sempre di più. Fedeli al loro nome, non hanno bisogno di essere molto lucidi né molto numerosi, ma sono gli appestati più vendicativi e i più volontari nella servitù. Basta, quindi, un pugno di elettori per eleggere un luminoso amico del popolo immaginario che marcerà fino al Pantheon per assicurare alla popolazione spettatrice la sua benevolenza, dotato di un sapere presunto e della sua conoscenza di tutti i dossier. Una volta rimosso il 1968, qualsiasi Presidente eletto della Repubblica post-gaullista, da Mitterrand a Macron, ha garantito la truffa repubblicana. Il prossimo sarà forse biologico, a corto circuito? Sarebbe un ulteriore affronto all'ecologia cui tutti fanno riferimento, fregandosene in realtà regalmente, tra uno spray al glifosato e qualche nuova piccola centrale nucleare in prospettiva, questione di rendere luminosi i futuri cimiteri del vivente. In nome della lotta contro il riscaldamento climatico, ovviamente! Oppure, tocca a chi vuole imporre ai francesi figli d’immigrati l’obbligo di cambiare il loro nome barbaro con un patronimico locale che emani il buon odore della baguette e non quello del couscous?

Non votare dà sollievo alle nostre coscienze radicali intristite che hanno creduto a lungo nell'imminente rivoluzione sociale, incoscienti dei mattatoi di cui ora sono denunciati i crimini contro l’animalità mentre ci si rimpinza ancora di carne sofferente e adulterata. Perché il crimine di lesa animalità non è all'ordine del giorno e non sono sicuro che lo sarà mai per una specie onnivora che è sempre stata tanto vegetariana quanto carnivora. Per quanto si faccia e soprattutto si dica, i coglioni esisteranno sempre, così come la voglia di carne, almeno per numerose persone. Ucciderli tutti significherebbe aggiungere il crimine al crimine senza cambiare la situazione, perché la vita è una contraddizione che intellettuali, militanti e devoti pretendono di far superare agli altri per meglio continuare a praticare la loro tanto amata.

La contraddizione è ovunque, ma la coerenza esiste ed esiste anche l'umanità, con la sua tendenza al mutuo soccorso, alla solidarietà e alla magia naturale dell'amore che insegna a chi lo scopre che il dono è il più piacevole degli atti rivoluzionari per godere della vita quando non si è in manque, quando non ci si accontenta di un misero dominio suprematista che adultera la potenza vitale in potere sociale.

Che sia il dono di sé per il piacere che comporta, o quello dei beni di cui ci si rallegra quando ci si abbraccia nella condivisione, il dono è il vero equivalente generale di un'economia umana. Tuttavia, gli esseri umani sono molteplici e ognuno è diverso. Abbiamo quindi bisogno di un'organizzazione acratica della società per impedire che l'istinto predatorio prenda il sopravvento. Ebbene, ci sono solo due strade per affrontare questa questione: la logica suprematista alla ricerca del potere per dominare il mondo, che favorisce sempre il patriarcato produttivista; oppure l'organizzazione acratica di un mondo pacificato dal mutuo soccorso dove le differenze sono rispettate senza concedere loro altro potere che quello di esistere ed essere praticate nel rispetto reciproco, senza dominazione. Ecco una sintesi essenziale della democrazia diretta. Chi dice meglio?

In questo momento particolare, di fronte all'illusione e all’inganno della democrazia parlamentare che impone la continuità del suo potere attraverso la liturgia elettorale, non votare o votare secondo la propria virtù ideologica è agire come se fossimo già nel mondo di domani dove i desideri e le differenze di tutti saranno effettivamente rispettati. Tuttavia, non ci siamo e dovremo lottare per arrivarci. Sì, ma come, con quale strategia che non riproduca le sconfitte e gli errori del passato? Fin dall'inizio, il parlamentarismo ha organizzato la ghettizzazione delle opinioni attraverso la perversa creazione binaria della destra e della sinistra. Da allora, un potere indifferenziato si nutre delle differenze ideologiche per mantenere la sua intima e indiscutibile uniformità. Hanno tagliato molte teste in nome delle idee, non hanno saputo eliminare le differenze nella pratica del godimento senza eliminare il godimento. Hanno quindi devitalizzato le idee separandole dai corpi viventi, facendo della loro pace un deserto emozionale e delle loro guerre un tragico confronto tra masse di vittime (i popoli) e orde di aggressori assassini (i guerrieri) al servizio del dominio e dei dottor Stranamore esistenti.

Così la rabbia del toro popolare infuria contro la muleta del torero capitalista senza alcuna possibilità di sfuggire alla messa a morte. La magia nera della corrida democratica consiste nella sua capacità di ghettizzare i conflitti nell’ideologia, manipolando un consenso fittizio attraverso elezioni dove la scelta è ridotta a priori tra l’uguale e lo stesso, con la sola opzione del peggio o del meno peggio. Tuttavia, su tutto il pianeta, le vere lotte per l'emancipazione prendono sempre più la direzione dell'autogestione della vita. Vale a dire la tendenza a partecipare non allo spettacolo che c’è imposto, ma alla sfida del suo superamento. Questa è stata la parte radicale di quel movimento dei Gilets jaunes che portava nella sua carne tutto e il suo contrario. Perché è stato la reazione spontanea a una società snaturata dove le rotonde, destinate a essere attraversate in un lasso di tempo molto breve senza mai fermarvisi, sono diventate l'ultima agorà possibile di una civiltà produttivista in perdizione. Questa sosta conviviale sulle rotonde e la loro socializzazione reinventata, furono un momento poetico particolarmente commovente che ha dato nuova linfa alla disobbedienza civile. Per questo il potere è stato tanto deciso nel combatterle, nel bandirle, nel sopprimerle con un'implacabilità mai usata contro i mitici Black Bloc che hanno alimentato la propaganda del potere a favore dell'addomesticamento generalizzato.

Come ogni movimento spontaneo, quello dei Gilets jaunes ha incluso il meglio e il peggio, permettendo a ciascuno di trovarvi quel che cercava. I sopravvissuti ed eredi del vecchio Movimento delle Occupazioni del maggio 68 (espressione compiuta della radicalità di un'epoca) hanno potuto riconoscere in esso una sorta di rinascita, ma chi ha attraversato e vissuto dall'interno questo movimento imprevisto e imprevedibile, senza illusioni né certezze, ha potuto trovarvi ciò che cercava quanto ciò che non poteva sopportare: la sperimentazione sincera di un'autogestione generalizzata della vita quotidiana, un autentico desiderio di emancipazione, scambi calorosi, una vera organizzazione orizzontale acratica di democrazia diretta, ma anche dei baciapile, mistici paranoici, insurrezionalisti della domenica, stalinisti, fascisti e altre patologie sociali. Il che è inevitabile e non sorprendente né troppo grave, anche se questa miscela confusionista alimenta la propaganda di Stato contro la sia pur minima volontà di emancipazione.

Ora che il movimento originario, senza leader o portavoce autoproclamati, si è diluito nel labirinto dello spettacolo politico, pandemico e guerriero, spuntano alcune rare mele marce al soldo della liturgia elettorale, spregevoli portavoce di un delirio di stampo fascista che risorge dalle sue ceneri ammuffite. Tuttavia, la vita è sempre lì, e anche noi. Il desiderio di autogestione resta un progetto concreto e micidiale per l'intera civiltà produttivista in perdizione su tutto il pianeta, mentre ci sbatte in faccia il riscaldamento globale che segnerà in un modo o nell'altro la fine della civiltà produttivista. In premio, senza aver chiesto nulla, abbiamo anche diritto a una bella guerra possibilmente nucleare, mentre la pandemia c'è ancora, anche se non se ne parla quasi più.

Quindi, elezioni trappola per coglioni, senza dubbio. Tuttavia, vista la situazione, pur rifiutando la truffa elettorale, possiamo, forse, per non morire idioti, considerare di votare un'ultima (o prima) volta il "monarca" più indicato per poter poi vincere, senza farla, l'unica guerra che è nostra: quella contro i sostenitori del vecchio mondo che usano tutto, l’economia politica, la pandemia e la guerra, per continuare ad esercitare il loro potere come se il crollo della società mercantile planetaria fosse solo una crisi passeggera, quando è la fine di un mondo di cui è urgente decidere a quale superamento votarlo.

E se, sulle rotonde o altrove, decidessimo di essere lì per scegliere tutti insieme, in assemblee autogestite, chi fare eleggere come ultimo Presidente della Repubblica al fine di archiviare poi lo Stato in nome della democrazia diretta, dei Consigli e dell'autogestione generalizzata della vita quotidiana, dal locale al nazionale e al planetario? È forse folle considerare che i coglioni di ogni genere e di ogni paese che schifano tutte le ideologie, possano accordarsi per proclamare la demoAcrazia popolare contro tutti i dispotismi ideologici propagati dai fascisti di ogni tipo, dai liberali di destra o di sinistra, dai gauchisti che non concepiscono una società umana acratica, organizzata senza Stato? Potremmo, dunque, scegliere di votare, per una volta, con coerenza. Non per un'assurda unione della sinistra ma per il suo superamento, vigilando per evitare che il fortunato prescelto non tradisca la volontà acratica del popolo con riflessi retro bolscevichi. Sceglieremmo allora, non l'ennesimo capo del “nostro partito” che non esiste, ma il “nemico” preferibile per la Comune da fondare, il migliore non per governare un mondo in rovina, ma per favorire l'abrogazione della democrazia spettacolare e proclamare l'inizio della demoAcrazia internazionale attraverso Costituzioni compartecipi di uno stesso spirito di mutuo soccorso, redatte collettivamente e autonomamente sotto la direzione delle assemblee dei cittadini.

Votare Mélenchon? La questione si pone seriamente, nonostante la data!

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 1 Aprile 2022

 


Douce France Face au bulletin de vote, quelle croix ou quelle abstention ?

Elections piège à cons. Même quand les cons votent de moins en moins, sévit toujours l’arnaque historique du parlementarisme que l’ancienne classe bourgeoise a imposé aux sociétés productivistes. Face à la croissante volonté émancipatrice des peuples, la démocratie parlementaire est apparue comme une alternative au déferlement planétaire des despotismes, des dictatures et des totalitarismes.

Le cynisme paternaliste de Churchill a bien défini l’ambigüe qualité de la démocratie parlementaire : « Le pire des gouvernements, exceptés tous les autres ». Son humour british oubliait, toutefois, comme par hasard, l’existence historique de la démocratie directe, mais aussi de noter que par la démocratie représentative on peut manipuler un peuple et le domestiquer par la propagande mieux que par la violence, comme des bergers guident vers l’enclos un troupeau de brebis avec l’aide précieuse de l’aboiement de leurs chiens de garde.

D’ailleurs, les racines du piège et de l’arnaque cachés dans le mot démocratie remontent à la volonté des oligarques athéniens (les ennemis du peuple dénoncés par les révolutionnaires français de 1789), en mal de pouvoir tyrannique. Pour manipuler le peuple (δῆμός, démos) qui se révolta contre leur despotisme totalitaire, les oligarques d’antan appelèrent démocratie le projet d’émancipation citoyenne. Car dans le grec ancien le kratos définissait le pouvoir imposé, bête et méchant comme celui d’une populace meurtrière qui s’insurge redoutablement. En revanche, l’oligarchie se dit porteuse de l’arkè, ce pouvoir bienveillant qui rappelle le partage et qui se présente comme le choix des meilleurs (les premiers de cordée) sinon du meilleur de tous : le seigneur sacralisé par un dieu (lui aussi sacré, comme par hasard) gouvernant du ciel l’univers tout entier. De là-haut, ce mâle tout-puissant nous envoie – en offre spéciale – cet autocrate royal qui incarne la liaison dangereuse entre la divinité céleste imaginaire et le pouvoir bien terrestre (mais en odeur de sainteté) du monarque, ce roi bon et juste (maître du droit de vie, de mort et de cuissage sur ses sujets – corvées, impôts, guerres, pauvreté, famine, prison et désespoir inclus).

Foutaises inouïes, mais la manipulation d’un quelque intellectualisme – intelligence séparée du corps vivant – nous accable toujours. Son suprématisme glisse de Dieu au chef de guerre, au philosophe. Comment douter de l’intellectualisme de Sartre qui dans sa vie n’a pas perdu une occasion pour faire toujours les mauvais choix après mûres réflexions idéologiques ? Ambigu face au fascisme, avant de devenir le philosophe nauséabond de la régression totalitaire maoïste, l’étiquette de libération qui dominait son itinéraire idéologique a fini par se noyer dans le confusionnisme.

Dans leur pensée séparée du corps individuel et social, les intellectuels inorganiques sont toujours confrontés aux vérités altérées par leurs mensonges opportunistes. Plus ils sont doués du discours, du stylo et aujourd’hui du clavier, mieux ils échafaudent des plaidoiries spectaculaires en trompant surtout tous ceux qui raffolent d’être trompés – les serviteurs volontaires de toutes les idéologies. Ils concourent ainsi au prix Nobel de la paix ou, éventuellement, au titre d’ennemi public spectaculaire numéro un, gourmands accaparateurs boulimiques de la gloire, de l’argent et des honneurs qui circulent dans les microcosmes du marché intellectuel global.

Certes, au temps du Mouvement des Occupations de Mai 68, dénoncer le piège à cons qui se cache derrière les élections était une alerte louable quand cela n’a pas servi à monter la mayonnaise d’un extrémisme gauchiste en décomposition, incapable de cette radicalité qui fut la poésie révolutionnaire d’une époque désormais révolue mais plus actuelle que jamais, dont certains intellectuels se remplissent encore la bouche pour mieux cracher dans la boîte de Pandore de la récupération.

Face à un vote destiné à élire l’ennemi du peuple qui prendra la place du précédant dans la pantomime d’une démocratie représentative où le citoyen n’a ni le kratos ni l’arkè, s’abstenir est la réponse immédiate qui vient à l’esprit. Arrêtons la mascarade ! Comment ne pas être d’accord ?

Dommage que la mascarade ne s’arrête pas, pour autant, même si les cons qui se déplacent pour voter se réduisent à peau de chagrin. Fidèles à leur nom, ils ne nécessitent pas d’être très lucides ni en grand nombre, mais ils sont les pestiférés les plus vindicatifs et les plus volontaires dans la servitude. Ainsi, une poignée d’électeurs suffit pour élire un lumineux ami du peuple imaginaire qui va marcher jusqu’au Panthéon pour assurer la population spectatrice de sa bienveillance, bardé de son savoir prétendu et de sa connaissance de tous les dossiers. Une fois 1968 refoulé, n’importe quel élu de la République post gaullienne, de Mitterrand à Macron, a assuré l’arnaque républicaine. Le prochain sera-t-il bio, à circuit court ? Ce serait un pied de nez supplémentaire à l’écologie dont tous se revendiquent, en s’en foutant royalement, entre un spray au glyphosate et quelques petites centrales nucléaires à la clé, question de rendre lumineux les futurs cimetières du vivant. Au nom de la lutte contre le réchauffement climatique, bien sûr ! Ou alors, est-ce que c’est le tour de celui qui veut imposer aux Français issus de l’immigration de changer leur nom barbare par un patronyme local qui sent bon la baguette et non pas le couscous ?

Ne pas voter soulage nos tristounettes consciences radicales qui ont longuement cru à la révolution sociale imminente, ignorant les abattoirs dont on dénonce maintenant les crimes contre l’animalité, tout en s’empiffrant toujours de viande souffrante et frelatée. Car le crime de lèse animalité n’est pas à l’ordre du jour et je ne suis pas certain qu’il le sera jamais pour une espèce omnivore qui a toujours été autant végétarienne que carnivore. On aura beau faire et surtout beau dire, les cons existeront toujours ainsi que l’envie de viande, du moins pour un bon nombre. Les tuer tous, ce serait ajouter le crime au crime sans changer la donne, car la vie est une contradiction que les intellectuels, les militants et les dévots prétendent faire dépasser aux autres pour mieux continuer à chérir la leur.

La contradiction est partout, mais la cohérence existe et l’humanité aussi, avec sa tendance à l’entraide, à la solidarité et à la magie naturelle de l’amour qui apprend à qui le découvre que le don est l’action révolutionnaire la plus agréable pour profiter de la vie – quand on n’est pas en manque, quand on ne se contente pas d’une misérable domination suprématiste qui frelate la puissance vitale en pouvoir social.

Que ce soit le don de soi pour le plaisir qu’il comporte, ou celui des biens dont on se réjouit quand on s’embrasse dans le partage, le don est le véritable équivalent général d’une économie humaine. Cependant, l’être humain est multiple et chacun est différent. Il faut donc une organisation acratique de la societé pour éviter que l’instinct prédateur ne prenne le dessus. Or, il n’y a que deux manières de s’y prendre : la logique suprématiste en quête de pouvoir pour dominer le monde, qui favorise toujours le patriarcat productiviste ; ou l’organisation acratique d’un monde pacifié par l’entraide où les différences soient respectées sans leur concéder aucun autre pouvoir que celui d’exister et d’être pratiquées dans le respect réciproque, sans domination. Voilà un raccourci essentiel de la démocratie directe. Qui dit mieux ?

En ce moment particulier, face à l’illusion et au leurre de la démocratie parlementaire qu’impose la continuité de son pouvoir par la liturgie électorale, ne pas voter ou voter suivant sa vertu idéologique c’est faire comme si nous étions déjà dans le monde de demain où les volontés et les différences de chacun seront effectivement respectées. Or, nous n’y sommes pas et il faudra lutter pour y arriver. Oui, mais comment, avec quelle stratégie qui ne reproduise pas les défaites et les erreurs du passé ? Dés son début, le parlementarisme a organisé la ghettoïsation des opinions par la perverse création binaire de la droite et de la gauche. Depuis, un pouvoir indifférencié se nourrit des différences idéologiques pour entretenir son uniformité intime et indiscutable. Ils ont coupé bien des têtes au nom des idées, ils n’ont pas pu éliminer les différences dans la pratique des jouissances sans éliminer la jouissance. Ils ont donc dévitalisé les idées en les séparant des corps vivants, en faisant de leur paix un désert émotionnel et de leurs guerres une confrontation tragique entre des masses de victimes (les peuples) et des hordes d’agresseurs meurtriers (les guerriers) au service de la domination et des docteurs Folamour en place.

Ainsi la rage du taureau populaire s’acharne contre la muleta du toréador capitaliste sans aucune chance d’échapper à la mise à mort. La magie noire de la corrida démocratique consiste en sa capacité à ghettoïser les conflits dans l’idéologie en manipulant un consensus fictif par le biais d’élections où le choix est réduit a priori entre le pareil et le même, avec l’unique option du pire ou du moins pire. Or, sur toute la planète, les véritables luttes pour l’émancipation prennent de plus en plus la direction de l’autogestion de la vie. C'est-à-dire, la tendance à la participation non pas au spectacle qui nous est imposé, mais au pari de son dépassement. Ce fut cela la partie radicale de ce mouvement des Gilets jaunes qui a porté dans sa chair tout et son contraire. Car il fut la réaction spontanée à une société dénaturée où les ronds-points, prévus pour y passer pendant une très courte unité de temps sans jamais s’y arrêter, sont devenus la dernière agora possible d’une civilisation productiviste aux abois. Ce stop convivial aux ronds-points et leur socialisation réinventée, furent un moment poétique particulièrement émouvant qui a redonné vie à la désobéissance civile. C’est pour cette raison que le pouvoir s’est tellement empressé de les combattre, de les interdire, de les supprimer avec un acharnement jamais employé contre les mythiques casseurs qui ont nourri sa propagande en faveur de la domestication généralisée.

Comme tout mouvement spontané, les Gilets jaunes ont inclus le meilleur et le pire, permettant à chacun d’y trouver ce qu’il cherchait. Les survivants et les héritiers de l’ancien Mouvement des Occupations de mai 68 (expression accomplie de la radicalité d’une époque) ont pu y reconnaître une sorte de renaissance, mais qui, sans illusions ni certitudes, a traversé et vécu de l’intérieur ce mouvement imprévu et imprévisible, a pu y retrouver ce qu’il cherchait autant que ce qu’il ne peut pas supporter : l’expérimentation sincère d’une autogestion généralisée de la vie quotidienne, un désir authentique d’émancipation, des échanges chaleureux, une véritable organisation horizontale acratique de démocratie directe, mais aussi des grenouilles de bénitier, des mystiques paranoïaques, des insurrectionalistes du dimanche, des staliniens, des fascistes et autres pathologies sociales. Cela est inévitable et pas étonnant, ni trop grave non plus, même si ce mélange confusionniste nourrit la propagande d’Etat contre la moindre volonté d’émancipation.

Maintenant que le mouvement d’origine, sans chefs ni porte-paroles autoproclamés, s’est dilué dans les dédales du spectacle politique, pandémique et guerrier, de rares brebis galeuses émergent à la solde de la liturgie électorale, porte-paroles méprisables d’un délire fascisant qui ressurgit de ses cendres moisies. Néanmoins, la vie est toujours là, et nous aussi. L’envie d’autogestion reste un projet concret et redoutable pour l’entière civilisation productiviste aux abois sur toute la planète, alors qu’on se prend en pleine figure le réchauffement climatique qui marquera d’une manière ou d’une autre la fin de la civilisation productiviste. En prime, sans avoir rien demandé, on a droit aussi à une belle guerre possiblement nucléaire, pendant que la pandémie est toujours là, même si on n’en parle presque plus.

Alors, élections piège à cons, sans doute. Mais, vu la situation, tout en refusant l’arnaque électoraliste, on peut, peut-être, pour ne pas mourir idiot, envisager de voter une dernière (ou première) fois pour le « monarque » le plus approprié afin de pouvoir ensuite gagner, sans la faire, la seule guerre qui est la nôtre : celle contre les souteneurs du vieux monde qui utilisent tout – l’économie politique, la pandémie, la guerre – pour continuer à exercer leur pouvoir comme si l’effondrement de la société marchande planétaire n’était qu’une crise passagère, alors qu’il est la fin d’un monde dont il est urgent de décider à quel dépassement le vouer.

Et si, dans des ronds-points ou ailleurs, on décidait d’être là pour choisir tous ensemble, en assemblées autogérées, qui faire élire comme dernier Président de la République afin d’archiver ensuite l’Etat au nom de la démocratie directe, des Conseils et de l’autogestion généralisée de la vie quotidienne, du local au national et au planétaire ? Est ce que c’est fou d’envisager que les cons de tous bords et de tous les pays qui vomissent toutes les idéologies, puissent se mettre d’accord pour déclarer la démoAcratie populaire contre tous les despotismes idéologiques propagés par les fascistes de tout bord, les libéraux de droite ou de gauches, les gauchistes qui ne conçoivent pas de société humaine acratique, organisée sans Etat ? On pourrait, alors, choisir de voter, pour une fois, avec cohérence. Non pas pour une absurde union de la gauche mais pour son dépassement, vigilant à ce que l’heureux élu ne trahisse pas la volonté acratique du peuple par des réflexes rétro-bolcheviques. On choisirait, alors, non pas un énième chef de « notre parti » inexistant, mais l’« ennemi » préférable pour la Commune à bâtir, le meilleur non pas pour gouverner un monde en ruine, mais pour faciliter l’abrogation de la démocratie spectaculaire et proclamer le début de la démoAcratie internationale par des Constitutions partageant le même esprit d’entraide, rédigées collectivement et de façon autonome sous le contrôle des assemblées citoyennes.

Voter Mélenchon ? La question se pose sérieusement, malgré la date !

1 avril 2022