giovedì 17 marzo 2022

Guerra nucleare e creepy pasta

 


 

I nostri antenati situazionisti ce l’avevano detto: “Tutta la vita delle società nelle quali regnano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli”.

L'inizio del XXI° secolo, vuoi del terzo millennio da quando il monoteismo cristiano ha imposto il dominio planetario del dio denaro (nipote del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo) è ormai decisamente avviato. I mercanti non si aggirano più solo intorno al tempio ma su tutto il pianeta e, da molto tempo, altri monoteismi sono implicati (un po' come la cola della Pepsi in guerra con quella della Coca) in questa impresa produttivista che celebra sette millenni di esistenza e di dominio imperialista in continua crescita, senza fine né limiti. Tuttavia, poiché lo spettacolo è diventato formalmente laico, non ha più realmente bisogno di religioni formali se non per il fascino della liturgia che gli è tanto essenziale. Il misticismo spettacolare è concreto come il cibo adulterato. Trasmette con il suo razionalismo morboso, un'alienazione e una reificazione che hanno trovato nel feticismo della merce il totem mistico materializzato di un irrazionalismo che ha fatto scendere dal cielo quelle paure della vita e della libertà che sono l'essenza del sacro.

Ben prima dell'invenzione del cinema, gli ideologi della civiltà produttivista, i suoi sacerdoti, i suoi signori e i suoi generali erano già i registi di un misticismo sacralizzato (patriottico perché patriarcale) destinato a trasformarsi in spettacolo nella vita quotidiana degli esseri umani di oggi. Tuttavia, perché tanti spettatori affascinati dall'orrore del dominio e così pochi disertori in nome del desiderio di vivere in pace, liberi e felici? Misteri dell'homo sapiens! L'unica civiltà umana emersa dall'evoluzione di questo sapiente autoproclamato è stata la civiltà produttivista. Mai e da nessuna parte è esistita un'altra civiltà eccettuata quella acratica a centralità femminile schiacciata nell' Europa antica e ovunque nel mondo dalle orde barbariche invadenti del patriarcato produttivista. Quasi ovunque vi è stata una vera e propria irruzione della morale sessuale patriarcale – antiorgastica – contro quest'altra civiltà orgastica e acratica, storicamente ridotta ovunque in schiavitù di classe e di genere e che un'opera d'arte collettiva potrebbe oggi reinventare.

Con diversi gradi di cinismo e di violenza, la civiltà produttivista ha sempre costretto gli esseri umani al fallimento globale della loro umanità acratica, fraterna e gaudente, umiliata e sconfitta dalla facilità omicida del suprematismo, dalla sua violenza cinica e opportunistica, dalla sua codardia egocentrica, dalla sua pestifera ignoranza. Indubbiamente, dunque, soltanto la civiltà produttivista si è veramente affermata nella storia dell'umanità, accompagnata da tutte le diverse ideologie culturali che ne hanno glorificato, giustificato, realizzato, facilitato l’inclinazione suprematista, predatrice e assassina che ha marcato un progresso umano e disumano insieme.

Perché, con buona pace degli utili idioti dello scontro di civiltà che strizzano l’occhio, allucinati, alla guerra totale, il loro scontro inventato maschera male la connotazione radicalmente incivile e barbara di una guerra civile di tutti contro tutti e dovunque. Senza contare che l'arma nucleare è oggi l'assoluta e definitiva Ostia pronta a liberarci dal peccato originale di aver voluto essere umani. Abbiamo assaggiato la mela biologica della conoscenza, l'hybris produttivista ci costringe ora a mangiare una torta di mele avvelenata dai pesticidi. Ecco il loro progresso che ricorda la strega di Biancaneve piuttosto che quello degli umani sperduti.

L'unico scontro in atto da tempo (sempre rivestito con ideologie diverse, una più stupida dell'altra, ma tutte molto efficaci per la circolazione della pandemia di peste emozionale che imperversa sul pianeta) è quello tra le diverse tribù composite di padroni e di schiavi che hanno fatto di ogni nazione uno Stato, di ogni pecora il proprio cane, di ogni essere umano uno schiavo o un carceriere, uno sfruttato o uno sfruttatore, un dominante intrinsecamente patriarcale o una dominata intrinsecamente femminile. Perché si dice di un debole e di un pacifista di ogni genere che è una femminuccia e di un guerriero forte, bastardo, aggressore e assassino (maschio o Thatcher che sia), che ha le palle!

Non è il colore della pelle, feticizzato in modo paranoico da tutti i fascismi, che ha contrapposto gli esseri umani, ma la loro ideologia religiosa o politica, la loro adesione o meno al progetto imperialista delle oligarchie guerriere di ogni tipo che il produttivismo ha vomitato. L'umanità degli esseri umani, dall'antica Europa di cui ci parla Marija Gimbutas all'Impero Romano, dalle città-Stato della Mesopotamia agli Stati-nazione dell’era moderna, fino allo Stato planetario globale del totalitarismo digitale (progetto in corso di cui la Cina è l'avanguardia controrivoluzionaria), si batte contro l'artificializzazione della vita che ne prepara la scomparsa. Che ci piaccia o no, che lo si sappia o no, siamo gli ultimi eredi di questa umanità senza patria, commossa e commovente figlia di un’internazionale di nazioni organiche che incarnano lo spazio tempo psicogeografico della comunità umana in cerca di un progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana. Dalle rivoluzioni tradite e dalle guerre mondiali del ventesimo secolo fino a quella attuale in Ucraina, siamo i depositari di una lotta per la civiltà umana contro la peste emozionale diffusa e i suoi doni velenosi nascosti nel cavallo di Troia del capitalismo.

Timeo Danaos et dona ferentes. Come i più lucidi troiani di una volta, temiamo tutti i liberatori suprematisti (dell'imperialismo dello Stato russo, dell'Europa degli Stati, degli Stati Uniti) e dei doni velenosi come l'energia nucleare militare o civile che ci scava la fossa. Gli ucraini tragicamente aggrediti sono vittime, come tutti noi, del produttivismo e delle sue orde barbariche che infestano il pianeta. Incastrati tra nemici spettacolari, gli ucraini sono in prima linea e pagano un pesante tributo, come tutti i poveri umani della civiltà produttivista, come i giapponesi di Hiroshima, come i vietnamiti e tanti altri popoli prima e dopo di loro. È terribile a dirsi ma necessario: se non usciamo dal produttivismo arriverà anche il nostro turno. L'umanità intera è oggi quel che furono i nativi americani al tempo della controversia di Valladolid e in seguito: potenziali schiavi e carne da cannone.

La specificità umana di saper produrre i beni e le condizioni necessarie per una vita umana gioiosa non ha nulla a che vedere con il produttivismo che ci soffoca da millenni. Siamo usciti dalla sopravvivenza animale per creare le condizioni per una vita umana e non per arricchire una minoranza di appestati che ci hanno preso in ostaggio e ci hanno resi schiavi. Questo è il punto di agopuntura da cui dobbiamo ripartire. L'umanità è antinomica al produttivismo e al suo ultimo modo di produzione, la sua vera soluzione finale definitivamente svelata: il capitalismo. L'umanità dell'essere umano è un'alternativa possibile, non certa, al meccanismo animale del suprematismo predatorio. Dipende da una scelta poetica, arcaica ma più moderna che mai, perché oggi siamo finalmente consapevoli che diventare umani è l'unica alternativa possibile alla rovina della specie che sprofonda nell'Antropocene/Capitalocene. Questa coscienza si esprime in mille modi spontanei attraverso tutte le arti dell'amore che esprimono l’energia vitale dei corpi viventi chiamando all'orgasmo, alla gioia, alla fraternità, alla sorellanza e al mutuo soccorso. Essa detesta la guerra e si rifiuta di farla, complice di tutti i gloriosi disertori della storia e del loro slogan di un tempo, purtroppo dimenticato: fate l’amore, non la guerra.

La guerra resta il retaggio sempre presente del primitivismo animale predatore che risale ai conflitti individuali e tribali più antichi. Essa è diventata una necessità vitale per gli Stati e qualche volta anche per le nazioni, costrette a difendersi e proteggersi da un'aggressione come quella subita oggi dall'Ucraina contemporaneamente Stato e nazione. Del resto, le poche nazioni senza Stato che, nonostante tutto, ancora sussistono sul pianeta, non hanno mai dichiarato la guerra imperialista a nessuno, mentre la guerra è prerogativa costante dello Stato-nazione. D'altra parte, l'insieme di tutte le nazioni organiche, acratiche e pacifiche, costituisce la base spontanea di un mondo di disuguali che si riconoscono, individualmente e collettivamente INTERNAZIONALMENTE uguali in diritto di vivere e di godere liberamente della vita.

L'umanizzazione ancora incompiuta dell'umano scaturisce dalla volontà animale di un godimento orgastico della vita che riguarda gli individui quanto le nazioni. Le quali, prima di essere violentate, letteralmente e figurativamente, dallo Stato produttivista in procinto di allargarsi dalla Città-Stato allo Stato-Nazione, erano storicamente dei raggruppamenti organici tanto diversi e vari quanto gli individui che li componevano. Nazione, Comune, Gemeinwesen o l’Haudenosaunee degli Irochesi, non importa quale nome scegliere per indicare la circolazione di godimento e pace e non di dominio gerarchico e guerra. Infatti, la stessa corazza muscolare rigida prodotta dalla peste emozionale produttivista che fa di un individuo libero e potente un fascista caratteriale, può ovviamente trasformare una nazione organica in una collettività politicamente impestata di nazionalismo e suprematismo: uno Stato-nazione. Che si definisca democratica o autoritaria, una nazione organica violentata dallo Stato e costretta a sposarlo suo malgrado resta sempre una donna battuta dal patriarcato statalista che sbandiera le sue insegne, le sue armi e le sue guerre.

Creata alla fine della seconda guerra mondiale, l'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), fu solo una mostruosa caricatura, un agglomerato di Stati bellicosi e assassini dove il concetto di nazione interviene come un ossimoro di stampo fascista, perché lo Stato è incompatibile con la democrazia intesa nella sua accezione radicale di demoAcrazia. Un’Internazionale di nazioni senza Stato, questa è l'ONU che dovrà inventare l'assemblea delle assemblee dei popoli liberi, organismo emancipato dall'inquinamento statale che fa dell'ONU attuale una farsa per democrazie illusorie e spettacolari e per vere dittature.

Abbiamo visto come il produttivismo si sia evoluto dalla teologia celeste delle divinità religiose alla teologia terrestre dell'economia politica misticismo materialistico senza capo né coda e soprattutto privo d’intelligenza sensibile. In una natura in cui l'uguaglianza tra le varie forme di vita (pietre, piante e animali) non è affatto evidente, il particolare contributo dell'essere umano è provvedere alla sua creazione. Tuttavia, questa commovente opera d'arte di un sognato ma possibile rinascimento rimane più incompiuta che mai e lo spettacolo che imperversa è la mostruosa caricatura di questo fallimento storico. Se le nostre coscienze non riusciranno a fermarlo, è la fine dell'essere umano che si profila ormai all'orizzonte.

La caratteristica distintiva della società dello spettacolo sopravvissuta alle critiche dei suoi accaniti denunciatori è la mostruosa e agghiacciante mancanza di empatia tra gli esseri umani che essa contagia con la sua peste emozionale. Siamo di fronte a un dittatore psicopatico (perfettamente integrato da decenni nello spettacolo democraticamente dominante) che sogna di passare alla storia come Cesare, Napoleone, Hitler o Stalin (a scelta, a seconda dell'ideologia preferita dagli spettatori impotenti e voyeur), attaccando l'Ucraina come altri hanno attaccato il Vietnam, l'Afghanistan o l'Iraq.

Stamattina, però, un’altra notizia mi ha sorpreso leggendo un giornale locale: nel sud della Francia due ragazzine di tredici anni hanno ucciso per gioco l'intera famiglia di una di loro, infatuate dal mondo virtuale che ha invaso le nostre vite. Ho letto che questo gioco morboso di un "viva la muerte" digitalizzato circola nella neolingua con il nome di creepy pasta. Non ne so nulla, se non che nello spettacolo la guerra vera passa attraverso la finzione digitale, il digitale passa attraverso la guerra: “Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso”. La morte è diventata un gioco morboso in una vita in cui non ci si diverte più per niente.

Tutto ciò è sconvolgente e l'omicidio al quotidiano, stupido più che surrealista, ci immerge senza fine e senza limiti nella guerra totale di una pandemia di civiltà che non risparmia più niente e nessuno. Dalla guerra al virus al riscaldamento climatico e ora alla carneficina ucraina, tutte le novità sono integrate nello spettacolo per schermo interposto, mescolandosi in una macabra relazione pericolosa tra la quotidianità che va in frantumi e la storia che rimanda alla profezia dei nostri antenati, i situazionisti. Non c'è niente da aggiungere per capire. Non da parte mia. C'è tutto da fare, tutti insieme, noi umani, per rifiutare il destino impostoci dalla nostra servitù volontaria: morte, follia, alienazione consumistica che si avvia alla carestia. Siamo solo noi – gli esseri reali, gli animali selvatici, gentili, affettuosi, a volte stupidi, ma non ancora addomesticati definitivamente dalla peste produttivista – a poter uscire dalla trappola storica che si sta chiudendo su di noi e sulla nostra volontà di vivere da esseri umani. Questo ci riguarda tutti, tra la finzione digitale, diventata ovunque una vera guerra, e la realtà artificiale che uccide davvero senza ragione umana a Kiev come a Montpellier o altrove.

Lo spettacolo continua, ma dobbiamo riuscire a fermarlo per ricominciare a vivere.

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 16 marzo 2022



 

Guerre nucléaire et creepy pasta

Guerre nucléaire et creepy pasta

Nos ancêtres, les situs, nous l’avaient bien dit : « Toute la vie des sociétés dans lesquelles règnent les conditions modernes de production s’annonce comme une immense accumulation de spectacles ».

Le début du vingt-unième siècle, voir du troisième millénaire depuis que le monothéisme chrétien a imposé la domination planétaire du dieu argent (petit fils du Père, du Fils et du Saint-Esprit) est désormais bien entamé. Les marchands ne rôdent plus uniquement autour du temple mais sur toute la planète et depuis longtemps d’autres monothéismes sont impliqués (un peu comme le cola de Pepsi en guerre avec Coca) dans cette entreprise productiviste qui fête sept millénaires d’existence et de domination impérialiste en croissance perpétuelle, sans fin ni limites. Cependant, le spectacle, étant devenu formellement laïque, n’a plus vraiment besoin de religions formelles sinon pour le charme de la liturgie qui lui est si indispensable. Le mysticisme spectaculaire est concret comme la nourriture frelatée. Il véhicule avec son rationalisme morbide, une aliénation et une réification qui ont trouvé dans le fétichisme de la marchandise le totem mystique matérialisé d’un irrationalisme qui a fait descendre du ciel ces peurs de la vie et de la liberté qui sont l’essence du sacré.

Bien avant l’invention du cinéma, les idéologues de la civilisation productiviste, ses prêtres, ses seigneurs et ses généraux étaient déjà les metteurs en scène d’un mysticisme sacralisé (patriotique parce que patriarcal) destiné à évoluer en spectacle dans la vie quotidienne des êtres humains d’aujourd’hui. Néanmoins, pourquoi autant de spectateurs fascinés par l’horreur de la domination et si peu de déserteurs au nom de la volonté de vivre en paix, libres et heureux ? Mystères d’homo sapiens ! La seule civilisation humaine sortie de l’évolution de cet homme autoproclamé savant, a été la civilisation productiviste. Jamais et nulle part il n’y a eu une autre civilisation sinon celle acratique à centralité féminine écrasée dans l’Europe ancienne et partout dans le monde par les hordes barbares déferlantes du patriarcat produttiviste. Partout ou presque, ce fut une véritable irruption de la morale sexuelle patriarcale anti orgastique contre cette autre civilisation orgastique et acratique, historiquement réduite partout en esclavage de classe et de genre et qu’une œuvre d’art collective pourrait aujourd’hui réinventer.

A des degrés différents de cynisme et de violence, la civilisation productiviste a toujours obligé l’humain à l’échec global de son humanité acratique, fraternelle et jouissive, humiliée et vaincue par la facilité meurtrière du suprématisme, par sa violence cynique et opportuniste, par sa lâcheté egocentrique, par son ignorance pestifère. Sans doute, donc, la seule civilisation productiviste s’est véritablement affirmée dans l’histoire de l’humanité, accompagnée par toutes les diverses idéologies culturelles qui ont glorifié, justifié, réalisé, facilité son penchant suprématiste, prédateur et meurtrier qui a marqué un progrès humain et inhumain en même temps.

Car, n’en déplaise aux idiots utiles du choc des civilisations qui font des clins d’œil hallucinés à la guerre totale, mais leur choc affabulé masque mal la connotation radicalement incivile et barbare d’une guerre civile de tous contre tous et partout. En y ajoutant que l’arme nucléaire est aujourd’hui l’Ostie absolue et finale prête à nous affranchir du péché originel d’avoir voulu être humains. On a gouté à la pomme biologique du savoir, l’hubris productiviste nous oblige maintenant à manger une tarte aux pommes empoisonnée de pesticides. Voilà leur progrès qui rappelle la sorcière de Blanche-Neige plutôt que celui des humains égarés.

Le seul choc en cours depuis belle lurette (adoubé toujours d’idéologies differentes, l’une plus débile que l’autre, mais toutes très performantes pour la circulation de la pandémie de peste émotionnelle qui sévit sur la planète) est celui entre les différentes tribus composites de patrons et d’esclaves qui ont fait de chaque nation un Etat, de chaque brebis son chien, de chaque être humain un esclave ou un geôlier, un exploité ou un exploiteur, un dominant intrinsèquement patriarcal ou une dominée intrinsèquement féminine. Car on dit bien d’un faible et d’un pacifiste en tous genres qu’il est une femmelette et d’un guerrier costaux, salopard, agresseur et meurtrier (mâle ou Thatcher qu’il soit), qu’il a des couilles !

Ce n’est pas la couleur de peau, fétichisée de façon paranoïaque par tous les fascismes, qui à opposé les humains, mais leur idéologie religieuse ou politique, leur adhésion ou pas au projet impérialiste des oligarchies guerrières de tous bords que le productivisme a vomi. L’humanité de l’être humain, de l’Europe ancienne dont nous parle Marija Gimbutas à l’Empire romain, des cités-État de la Mésopotamie aux États-nation de la modernité, jusqu’à l’État global planétaire du totalitarisme numérique (projet en voie de réalisation dont la Chine est l’avant-garde contre-révolutionnaire), se bat contre l’artificialisation de la vie qui en prépare la disparition. Qu’on le veuille ou non, qu’on le sache ou pas, nous sommes les derniers héritiers de cette humanité sans patrie, fille émue et émouvante d’une internationale de nations organiques qui incarnent l’espace-temps psychogeographique de la communauté humaine en quête d’un projet d’autogestion généralisée de la vie quotidienne. Depuis les révolutions trahies et les guerres mondiales du vingtième siècle jusqu’à l’actuelle en Ukraine, nous sommes les dépositaires d’une lutte pour la civilisation humaine contre la peste émotionnelle diffuse et ses cadeaux empoisonnés cachés dans le cheval de Troie du capitalisme.

Timeo Danaos et dona ferentes. Comme les troyens les plus lucides d’antan, on a peur de tous les libérateurs suprématistes (de l’impérialisme de l’État russe, de l’Europe des États, des États Unis) et des cadeaux empoisonnants comme l’énergie nucléaire militaire ou civile qui nous creuse le tombeau. Les ukrainiens tragiquement agressés sont victimes, comme nous tous, du productivisme et de ses hordes barbares qui infestent la planète. Coincés entre des ennemis spectaculaires, les ukrainiens sont sur le front et payent un lourd tribut, comme tous les pauvres humains de la civilisation productiviste, comme les japonais de Hiroshima, comme les vietnamiens e bien d’autres peuples avant et après eux. C’est terrible à dire, mais nécessaire : si on ne sort pas du productivisme, notre tour aussi va venir. L’humanité entière est aujourd’hui ce que furent les autochtones d’Amérique au moment de la controverse de Valladolid et par la suite : des esclaves potentiels et de la chair à canon.

La spécificité humaine de savoir produire les biens et les conditions nécessaires à une vie humaine joyeuse n’a rien à voir avec le productivisme qui nous étouffe depuis des millénaires. Nous sommes sortis de la survie animale pour créer les conditions d’une vie humaine et non pas pour enrichir une minorité de pestiférés qui nous a pris en otage et réduits en esclavage. Voilà le point d’acupuncture d’où on doit repartir. L’humanité est antinomique au productivisme et à son mode de production ultime, sa véritable solution finale définitivement dévoilée : le capitalisme. L’humanité de l’être humain est une alternative possible, et non pas certaine, au mécanisme animal du suprématisme prédateur. Elle dépend d’un choix poétique, archaïque mais plus moderne que jamais, car aujourd’hui on est enfin conscients que devenir humains est la seule alternative possible à la ruine de l’espèce en train de sombrer dans l’Anthropocène/Capitalocène. Cette conscience s’exprime de mille façons spontanées par toutes les arts de l’amour qui expriment l’énergie vitale des corps vivants poussant à l’orgasme, à la joie, à la fraternité, à la sororité et à l’entraide. Elle a horreur de la guerre et se refuse de la faire, complice de tous les glorieux déserteurs de l’histoire et de leur slogan d’antan, hélas oublié : faite l’amour pas la guerre.

La guerre est l’héritage toujours présent du primitivisme animal prédateur qui remonte aux conflits individuels et tribaux plus anciens. Elle est devenue une nécessité vitale pour les États et parfois pour les nations aussi, obligées à se défendre et se protéger d'une agression comme celle subie aujourd'hui par l'Ukraine – État et nation à la fois. D’ailleurs, les quelques nations sans État qui, malgré tout, existent encore sur la planète, n'ont jamais déclaré la guerre impérialiste à personne, alors que la guerre est l’apanage constant de l'État-nation. D'autre part, l'ensemble de toutes les nations organiques, acratiques et pacifiques, constitue la base spontanée d'un monde d’inégaux qui se reconnaissent, individuellement et collectivement – INTERNATIONALEMENT – égaux dans le droit de vivre et de jouir librement de la vie.

L’humanisation toujours inachevée de l’humain jaillit de la volonté animale d’une jouissance orgastique de la vie qui concerne autant les individus que les nations. Lesquelles, avant d’être violées, au propre et au figuré, par l’État productiviste en voie d’élargissement de la Cité-État à l’État-nation, ont été historiquement des groupements organiques aussi différents et variés que les individus les composant. Nation, Commune, Gemeinwesen ou l’Haudenosaunee des Iroquois, peu importe quel nom choisir pour désigner la circulation de la jouissance et de la paix et non celle de la domination hiérarchique et de la guerre. Car la même carapace musculaire rigide produite par la peste émotionnelle productiviste qui fait d’un individu libre et puissant un fasciste caractériel, peut évidemment transformer une nation organique en une collectivité politiquement empestée de nationalisme et suprématisme : un État-nation. Qu’elle se dise démocratique ou autoritaire, une nation organique violée par l’État et mariée de force reste toujours une femme battue par le patriarcat étatiste arborant ses drapeaux, ses armes et ses guerres.

Fondée à la fin de la seconde guerre mondiale, l’ONU (Organisation des Nations Unies) ne fut qu’une caricature monstrueuse, un agglomérat d’Etats belliqueux et meurtriers où le concept de nation intervient comme un oxymore fascisant, car l’État est incompatible avec la démocratie entendue dans son sens radicale de demoAcratie. Une Internationale des nations sans État, voilà l’ONU que l’assemblée des assemblées des peuples libres aura à inventer, organisme émancipé de la pollution étatique qui fait de l’ONU actuel un simulacre pour démocraties illusoires et spectaculaires et pour vraies dictatures.

On a vu comment le productivisme a évolué de la théologie céleste des divinités religieuses à la théologie terrestre de l’économie politique mysticisme matérialiste sans queue ni tète et surtout dépourvu d’intelligence sensible. Dans une nature où l’egalité entre les diverses formes de vie (les pierres, les plantes et les bêtes) n’est pas une évidence, l’apport particulier de l’humain est de pourvoir à sa création. Or, cette œuvre d’art émouvante d’une renaissance rêvée mais possible, reste plus inachevée que jamais et le spectacle qui déferle est la caricature monstrueuse de cet échec historique. Si nos consciences n’arriveront pas à l’arrêter, c’est la fin de l’humain qui se profile désormais à l’horizon.

La caractéristique essentielle de la société du spectacle qui a survécu aux critiques de ses dénonciateurs acharnés est le monstrueux, glaçant manque d’empathie parmi les êtres humains qu’elle contamine de sa peste émotionnelle. Aujourd’hui on est face à un dictateur psychopathe (parfaitement intégré depuis des décennies dans le spectacle démocratiquement dominant) qui rêve da passer à l’histoire comme César, Napoléon, Hitler ou Staline (au choix, selon l’idéologie préférée par les spectateurs impuissants et voyeurs), en attaquant l’Ukraine comme d’autres ont attaqué le Vietnam, l’Afghanistan ou l’Irak.

Ce matin, toutefois, une autre nouvelle m’a étonné en lisant un journal local : dans le sud de la France deux gamines de treize ans ont tué l’entière famille d’une d’elles par jeu, infatuées par le monde virtuel qui a envahi nos vies. J’ai lu que ce jeu morbide d’un « viva la muerte » numérisé circule dans la novlangue avec l’appellation de creepy pasta. Je n’en sais rien, sinon que dans le spectacle la guerre réelle passe par la fiction numérique, le numérique passe par la guerre : « Dans le monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux ». La mort est devenue un jeu morbide dans une vie où on ne s’amuse plus du tout.

Tout ça est bouleversant et le meurtre au quotidien, débile plus que surréaliste, nous plonge sans fin et sans limites dans la guerre totale d’une pandémie civilisationnelle qui n’épargne plus rien ni personne. De la guerre au virus au réchauffement climatique et maintenant à la boucherie ukrainienne, toutes les nouveautés sont intégrées au spectacle par écran interposé, se mêlant dans une macabre liaison dangereuse entre le quotidien qui s’effrite et l’histoire qui renvoie à la prophétie de nos ancêtres, les situationnistes. Il n’y a rien à ajouter pour comprendre. Pas de ma part. Il y a tout à faire, tous ensemble, nous les humain, pour refuser le destin qui nous est imposé par notre servitude volontaire : la mort, la folie, l’aliénation consumériste qui vire à la famine. Il n’y a que nous – les êtres réels, les animaux sauvages, gentils, affectueux, cons parfois, mais pas encore définitivement domestiqués par la peste productiviste – pour se sortir du piège historique qui se referme sur nous et sur notre volonté de vivre en humains. Cela nous concerne tous, entre la fiction numérique, devenue partout une guerre réelle et la réalité artificielle qui tue vraiment sans raison humaine à Kiev comme à Montpellier ou ailleurs. Le spectacle continue, mais on doit pouvoir l’arrêter pour recommencer à vivre.       SGS