L’attuale
decisione francese, macronista ma non solo, di rilanciare il nucleare[1] non è più soltanto un
gravissimo errore storico e sociale dell’ormai piccolissima grandeur di un
paese manipolato a piacere dall’oligarchia finanziaria planetaria del
suprematismo produttivista.
Nel
momento in cui l’epidemia di Covid – che la natura aggredita dal Capitalocene ci
impone dappertutto (grandeur nature,
appunto), aggiungendola all’ormai irreversibile crisi climatica – mostra l’impotenza
umana a superare i danni dell’Antropocene, la scelta reiterata del nucleare è
un folle ed egocentrico crimine contro l’umanità. Non c’è dubbio che se l’umanità
riuscirà a sopravvivere ai pericoli che incombono, come tale questa questione sarà
trattata.
Anche
la scelta francese dei primi anni settanta del secolo scorso d’instaurare il
nucleare civile come prolungamento di quello militare già esistente, era una
scelta perfettamente napoleonica. In Francia e nel mondo, l’imperatore bassotto
incarna perfettamente il delirio di onnipotenza di quasi tutti gli sfigati che
annusino il potere. I vari Nosferatu di Murnau che riappaiono ciclicamente
nella storia macabra del produttivismo planetario (mostri di tutte le
ideologie, da Hitler a Stalin, da Pinochet a Pol Pot e chi meno ne ha più ne
metta, fino ai loro miserabili emuli mediatici attuali) trovano nella bassezza
di un vampiruccio postgiacobino della rivoluzione francese incompiuta (il
piccolo opportunista Corso Bonaparte) l’immagine mostruosamente adorabile di un
potere suprematista che porta in sé tutti i peggiori mali della storia.
Nel
periodo in cui le prospettive umaniste
del dopo sessantotto non erano ancora state definitivamente sconfitte dalla
restaurazione capitalistica liberalfinanziaria in via di digitalizzazione, la
scelta del nucleare civile (trenta anni dopo Hiroshima e Nagasaki) ha
affascinato quasi tutti gli Stati capitalisti di una civiltà produttivista in
crisi di mutazione. Tuttavia, solo la Francia postgaullista (appena orfana
anche di quest’altro più recente mito francese di grandeur) ha portato lo
stendardo nucleare fino a oggi, oltre le catastrofi di Chernobyl e Fukushima
(per non citare che la parte visibile di un iceberg atomico che rappresenta
oggi il “morbo gallico” di una pericolosissima sifilide energetica).
Prima
dei due eventi tragici e terribili (Chernobyl 1986, Fukushima 2011) che hanno
contrassegnato l’obsolescenza dell’uomo legata all’energia atomica che ha
marcato indelebilmente la storia dalla fine della seconda guerra mondiale, si
poteva ancora considerare un folle errore affidarsi all’energia nucleare per
produrre elettricità. Fino a questa doppia prova provata e vissuta della
catastrofe irreversibile che il nucleare comporta ineluttabilmente – prima più
che poi, secondo il calcolo delle probabilità – si è potuto scommettere
irresponsabilmente sull’atomo senza neppure curarsi delle scorie semieterne che
già oggi impestano il pianeta senza soluzioni sostenibili né sufficienti[2].
Smessa
la divisa militare, il dottor Stranamore si è trovato un impiego umanitario nel nucleare civile con il
sostegno di politicanti di destra e sinistra incuranti del pericolo e della catastrofe
a termine inevitabile. Oggi, però, l’Ucraina e il Giappone nascondono senza
farla dimenticare la mostruosa demenza produttivista di cui il nucleare è il
segno farneticante. L’umanità sta già pagando questo eco crimine contro di essa
a caro prezzo con le malattie (tumori e altre patologie devastanti) [3] che ne derivano e che uccidono
molto di più del Covid 1984.
Sensatamente, l’allarme
Covid avrebbe dovuto spingere il principio di precauzione oltre lo spettacolo
autoritario con cui si è gestita e si gestisce ancora la pandemia. Invece, no!
Mentre ci si arrabatta ancora con un vaccino poco sicuro pur se abbastanza
efficiente nel ridurre gli effetti mortiferi di un virus pericoloso e fuori
controllo, ci si prepara a reintrodurre e sviluppare il nucleare con un
ottimismo fondato unicamente sulla rimozione criminale della sua pericolosità
incommensurabile.
Ugualmente,
la crisi climatica è subita senza risposte radicali – antiproduttiviste – che
la società produttivista dominante si rifiuta di dare; si usa, anzi, l’inquietante
preoccupazione climatica crescente per riproporre il delirio nucleare come parte
della soluzione. Guardateli i pretonzoli mercenari del dottor Stranamore parlare
del nucleare come energia pulita. Pulita, certo, come la morte dopo la quale
non c’è più alcun rischio di morire.
I
progressisti danzano di fronte all’abisso deridendo la decrescita che stiamo
già subendo, anziché organizzarla per renderla sopportabile e razionale. Questi
drogati del progresso verso l’orrore – orrore che non avanza perché siamo noi che gli marciamo incontro speditamente
esorcizzandone l’esistenza con il discorso – non vogliono rendersi conto che la
decrescita è già in atto con maschere, confinamenti, canicole, malattie,
impoverimento e crisi economica. In una società artificiale, finanziarizzata e
digitalizzata, la decrescita sarà sempre peggio senza bisogno di suoi militanti
che la sostengano se non ci decideremo a gestirla con coscienza umana.
Coscienza di specie. La questione non è più se decrescere o no, ma se possiamo
gestire razionalmente tutte le decrescite ineluttabili che già s’impongono e
che s’imporranno sempre di più, senza rinunciare alla vita più umana e più
felice possibile.
Si
tratta di anticipare i problemi affrontandoli con intelligenza sensibile e non
opponendo loro un delirio produttivista che ci spinge contro il muro insormontabile
della natura. Per fare questo non si tratta di teorizzare la decrescita
facendone una nuova stupida religione. Si tratta di gestire la decrescita
inevitabile in un progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana
che sottragga ogni potere pseudo democratico all’oligarchia dominante e ai suoi
servi. Questa rivoluzione è l’unica alternativa alla fine della specie umana.
Pacificamente, se si esclude la violenza del potere suprematista la cui impotenza
si rifiuta di abdicare, essa porterà al superamento del produttivismo per
reintrodurre una produzione funzionale all’essere umano organico e non al
consumatore psicotico di una civiltà finita nel capitalismo nichilista.
Su
questo non c’è scelta: o gestiremo la transizione o subiremo la situazione,
come subiamo lo sfruttamento, il lavoro forzato, le maschere, i confinamenti e
la loro versione burocratica odiosamente incarnata dal pass sanitario. Invito i
ribelli alle ingiunzioni odiose del potere che si limitano a fare i capricci e
a gettare in terra le maschere che sono obbligati a portare, di andare oltre
queste opposizioni spettacolari che il sistema gestisce con subdolo paternalismo,
per dedicarsi invece alla necessaria rivoluzione organica della vita quotidiana
che il sistema ormai digitale potrà sempre meno sopportare.
Non lasciatevi mai più digitalizzare!
Ecco un primo slogan possibile di un bel maggio 2022 auspicabile e urgente. Smetteremo
maschere, veli, pass sanitari e le umiliazioni digitali di una sopravvivenza
artificiale, smettendo di dare fiducia alla barbarie della civiltà
produttivista, al suo consumismo nevrotico, al suo mito di una crescita
reificata e alienante, al suo benessere fittizio, ai suoi arcaismi religiosi e
alla schiavitù economicista che inquina e uccide più di qualunque virus. Solo
la decrescita di tutto ciò, senza capi, ideologie e oscurantismi – nucleare
compreso – innescherà il ritorno della vita organica e la crescita della gioia
di vivere.
Sergio Ghirardi
Sauvageon, 11 novembre 2021
[1]
Coltivando il mito di un’autonomia
energetica inesistente, l’esagono transalpino è costellato di 59 reattori nucleari
(ormai meno uno) in funzione quasi da un mezzo secolo con l’oggettivo pericolo
del loro invecchiamento e i costi allucinanti che la loro costruzione,
manutenzione o smantellamento comportano.
[2]
L’Italia che grazie ai suoi
cittadini ha il merito umanitario di aver rifiutato consecutivamente due volte
per referendum l’energia nucleare, pur non avendo mai messo in funzione
produttiva nessuna centrale ha tuttavia il problema delle scorie da smaltire
dovute ai primi esperimenti nucleari, per esempio nella centrale sperimentale e
ormai chiusa di Caorso. Insieme alle altre nazioni pro nucleari esistenti, la
Francia ha da risolvere comunque, in prospettiva, l’accumulazione di scorie
pericolosissime per centinaia di migliaia di anni. Non c’è altra soluzione se
non quella di seppellire quel che non si deve vedere, seguendo l’esempio della
Camorra che ha sepolto per anni e per lucro nei campi del napoletano i rifiuti
tossici e talvolta radioattivi d’industrie e ospedali di tutta Italia che
dovevano disfarsene. Si naviga in pieno delirio mafioso quando qualche lobbista
nucleare ci parla sorridendo del nucleare come energia pulita.
[3] Se mi riferisco qui, in
particolare, alle patologie cancerogene legate al nucleare, non dimentico,
tuttavia, che esse sono altrettanto alimentate dall’inquinamento del cibo,
dell’aria e della vita in una civiltà produttivista dal nichilismo intrinseco e
morboso.
[A travers le cauchemar, en rêvant d’un joli mai 2022
A travers le cauchemar, en rêvant d’un joli mai 2022
L'actuelle décision française,
macroniste mais pas seulement, de relancer le nucléaire[1] n'est plus
seulement une très grave erreur historique et sociale de la grandeur désormais
infime d'un pays manipulé à volonté par l'oligarchie financière planétaire du
suprématisme productiviste.
Au moment où l'épidémie de Covid – que la nature attaquée
par le Capitalocène nous impose partout (grandeur nature, justement), en
l’ajoutant au réchauffement climatique désormais irréversible – montre l'impuissance
humaine à surmonter les dégâts de l'Anthropocène, le choix réitéré de l'énergie
nucléaire est un crime contre l'humanité fou et égocentrique. Nul doute que si
l'humanité parviendra à survivre aux dangers qui se profilent, cette question
sera traitée comme telle.
Même le choix français du début des années
soixante-dix du siècle dernier d'introduire le nucléaire civil dans le
prolongement du nucléaire militaire déjà existant, était un choix parfaitement
napoléonien. En France et dans le monde, l'empereur teckel incarne parfaitement
le délire de toute-puissance de presque tous les perdants qui reniflent le
pouvoir. Les divers Nosferatu de Murnau qui réapparaissent cycliquement dans
l'histoire macabre du productivisme planétaire (monstres de toutes idéologies,
d'Hitler à Staline, de Pinochet à Pol Pot jusqu’à leurs misérables émules
médiatiques actuels) trouvent dans la bassesse d'un micro vampire post-jacobin
de la Révolution française inachevée (le petit opportuniste corse Bonaparte)
l'image monstrueusement adorable d'un pouvoir suprématiste qui porte en lui
tous les pires maux de l'histoire.
A l'époque où les perspectives humanistes
de l'après-soixante-huit n'avaient pas encore été définitivement vaincues par
la restauration capitaliste-libérale-financière en voie de numérisation, le
choix du nucléaire civil (trente ans après Hiroshima et Nagasaki) fascinait
presque tous les États capitalistes d'une civilisation productiviste en crise
de mutation. Cependant, seule la France post-gaulliste (depuis peu orpheline de
cet autre mythe français plus récent de sa grandeur) a porté jusqu'à présent
l'étendard du nucléaire au-delà des catastrophes de Tchernobyl et de Fukushima
(pour ne citer que la partie visible d'un iceberg atomique qui est aujourd'hui
le « morbus gallicus » d'une syphilis énergétique très dangereuse).
Avant les deux événements tragiques et
terribles (Tchernobyl 1986, Fukushima 2011) qui ont pointé l'obsolescence de
l'homme liée à l'énergie atomique qui a marqué l'histoire de manière indélébile
depuis la fin de la Seconde Guerre mondiale, il pouvait encore être considéré
comme une erreur stupide de s'appuyer sur l'énergie nucléaire pour produire
électricité.
Jusqu'à cette double preuve prouvée et
vécue de la catastrophe irréversible que l'énergie nucléaire va entraîner
inévitablement – tôt plutôt que tard, selon le calcule des
probabilités –, il était possible de parier de manière
irresponsable sur l'atome sans même se soucier des déchets semi-éternels qui
affligent déjà aujourd'hui la planète, dépourvus de solutions durables ni
suffisantes[2].
Une fois retiré son uniforme militaire, le Dr Folamour
s'est trouvé un emploi humanitaire
dans l'énergie nucléaire civile avec le soutien des politiciens de gauche et de
droite, insouciants du danger et de la catastrophe à terme inévitable.
Aujourd'hui pourtant, l'Ukraine et le Japon cachent sans la faire oublier la
monstrueuse démence productiviste dont le nucléaire est le signe délirant. Pour
cet éco-crime perpétré à son encontre, l'humanité paie déjà le prix fort par les
maladies qui en découlent (cancers et autres affections dévastatrices) [3] et qui tuent bien
plus que le Covid 1984.
Sensiblement, l'alarme Covid aurait dû
pousser le principe de précaution au-delà du spectacle autoritaire par lequel
la pandémie a été gérée et l’est toujours. Pas du tout ! Alors que nous
sommes toujours aux prises avec un vaccin très relativement fiable même si
suffisamment efficace pour réduire les effets mortels d'un virus dangereux et
incontrôlable, nous nous préparons à réintroduire et développer l'énergie
nucléaire avec un optimisme basé uniquement sur le refoulement criminel de sa
dangerosité sans commune mesure.
Egalement, la crise climatique est subie
sans réponses radicales – anti-productivistes – que la société productiviste
dominante se refuse de donner. Au contraire : l’inquiétante préoccupation
climatique croissante est utilisée pour reproposer le délire nucléaire comme une
partie de la solution. Regardez les petits prêtres mercenaires du Dr Folamour parler du nucléaire en tant
qu'énergie propre. Propre, bien sûr, comme la mort après laquelle il n'y a plus
aucun risque de mourir.
Les progressistes dansent devant l'abîme,
se moquant de la décroissance que nous subissons déjà, plutôt que de
l'organiser pour la rendre supportable et rationnelle. Ces drogués du progrès
vers l'horreur – horreur qui n'avance pas car c'est nous qui marchons hâtivement vers elle en
exorcisant son existence par le discours – ne veulent pas se
rendre compte que la décroissance est déjà en cours avec les masques, les confinements,
les canicules, les maladies, la paupérisation et la crise économique. Dans une
société financiarisée et numérisée, la décroissance sera toujours pire sans
besoin de décroissants militants pour la soutenir, si nous ne décidons pas de
la gérer avec une conscience humaine. Conscience d’espèce. La question n'est
plus de savoir s'il faut décroître ou pas, mais si l'on peut gérer
rationnellement toutes les décroissances inévitables qui s'imposent déjà et qui
s'imposeront de plus en plus, sans renoncer à la vie la plus humaine et la plus
heureuse possible.
Il s'agit d'anticiper les problèmes en les
affrontant avec une intelligence sensible et non en leur opposant un délire
productiviste qui nous pousse contre le mur incontournable de la nature. Pour
ce faire, il ne s'agit pas de théoriser la décroissance en faisant d’elle une
nouvelle religion stupide. Il s'agit de gérer l'inévitable décroissance dans un
projet d'autogestion généralisée de la vie quotidienne qui enlève tout pouvoir
pseudo-démocratique à l'oligarchie dominante et à ses serviteurs. Cette
révolution est la seule alternative à la fin de l'espèce humaine. Pacifiquement,
si l'on exclut la violence du pouvoir suprématiste dont l’impuissance refuse
d'abdiquer, elle conduira au dépassement du productivisme pour réintroduire une
production fonctionnelle à l'être humain organique et non au consommateur
psychotique d’une civilisation finie dans le capitalisme nihiliste.
Il n'y a pas le choix là-dessus : soit
on va gérer la transition, soit on va subir la situation, comme on subit l’exploitation,
le travail forcé, les masques, les confinements et leur version bureaucratique
haineusement incarnée par le pass sanitaire. J'invite les rebelles aux
injonctions haineuses du pouvoir qui limitent leurs combats à des crises de
colère et au rejet des masques qu'ils sont obligés de porter, à dépasser ces
oppositions spectaculaires que le système gère avec un paternalisme retors,
pour se concentrer plutôt sur la nécessaire révolution organique de la vie
quotidienne que le système désormais digitalisé pourra supporter de moins en
moins.
Ne vous laissez jamais plus numériser ! Voilà un premier slogan
possible d’un joli mai 2022 souhaitable et urgent.
Nous arrêterons les masques, les voiles,
les pass sanitaires et les humiliations numériques d'une survie artificielle,
en cessant de faire confiance à la barbarie de la civilisation productiviste, à
son consumérisme névrotique, à son mythe d'une croissance réifiée et aliénante,
à son bien-être fictif, à ses archaïsmes religieux et à l'esclavage économiste
qui pollue et tue plus que n’importe quel virus. Seule la décroissance de tout
cela, sans chefs, idéologies et obscurantismes – nucléaire inclus – déclenchera le
retour de la vie organique et la croissance de la joie de vivre.
Sergio Ghirardi Sauvageon, l’11 novembre 2021
[1] Cultivant le mythe d’une autonomie énergétique
inexistante, l’hexagone français est parsemé de 59 réacteurs nucléaires (désormais
moins un) qui fonctionnent depuis presque un demi-siècle avec le danger
objectif de leur vieillissement et les hallucinants coûts que leur
construction, leur entretien ou leur démantèlement entraînent.
[2] L'Italie, qui grâce à ses citoyens a le mérite humanitaire d'avoir
consécutivement refusé l'énergie nucléaire à deux reprises par référendum,
alors qu'elle n'a jamais mis en production aucune centrale, a cependant le
problème des déchets nucléaires à éliminer en raison des premiers essais, par
exemple dans l'usine expérimentale maintenant fermée de Caorso. Avec les autres
nations pro-nucléaires existantes, la France doit encore résoudre
l'accumulation de déchets très dangereux pour des centaines de milliers
d'années en perspective. Il n'y a pas d'autre solution que d'enterrer ce qu'il
ne faut pas voir, à l'instar de la Camorra qui, pendant des années et pour
profit, a enfoui dans les champs de la région napolitaine les déchets toxiques et
parfois radioactifs d'industries et d'hôpitaux de toute l’Italie qui devaient
s'en débarrasser. Nous naviguons en plein délire mafieux lorsqu'un lobbyiste du
nucléaire nous parle avec le sourire du nucléaire comme d’une énergie propre.
[3] Si je me réfère ici en particulier aux maladies cancéreuses liées au nucléaire,
je n'oublie pas pour autant qu'elles sont également alimentées par la pollution
de la nourriture, de l'air et de la vie dans une civilisation productiviste au
nihilisme intrinsèque et morbide.