“Meno si conosce un soggetto più si asseriscono certezze in
merito”.
Mentre nulla
cambia strutturalmente nei rapporti di potere se non l’intensità, la continuità
e l’intimità del dominio imposto e subìto, tutto appare, oggi, improvvisamente
mutato nel rapporto intrinseco tra l’umano e la vita, tra gli individui umani
tra loro, tra la specie e la biosfera da cui tutti i viventi, e in particolare
i mammiferi, dipendono.
Da un lato l’irruzione
della pandemia di coronavirus 1984 non ha fatto che accentuare, accelerare,
instaurare un cambiamento che era già nell’ordine delle cose del mondo e nel
disordine imperante del mondo delle cose. Ha, però, accelerato e fragilizzato visibilmente
il processo di artificializzazione della vita che la civiltà produttivista ha“complottato”
di realizzare fin dalle sue origini.
Complottismo e
anticomplottismo. Il Mercato demenziale della rete virtuale dato in pasto alla
pazza folla e la cinica propaganda massmediatica controllata dai miliardari di
Stato partecipano entrambi all’orgia perversa del potere: quello già
solidamente in esercizio e quello cercato, in fieri, alternativo, ancora
fragile e isterico. Entrambi contano sull’imbecillità coltivata dei loro spettatori,
deuteragonisti involontari che subiscono la stupida ma ben rodata e funzionante
logica del potere assoluto.
Più l’umanità
residua rivolge la sua confusione rabbiosa contro i vari drappi rossi, neri,
verdi o gialli agitati dal potere e dall’antipotere, più i toreador di una
corrida planetaria hanno facilità nell’addomesticare i diversi greggi e le
diverse mandrie in cui gli esseri umani sono confinati, animali servili o cavie
di ideologie di rivolta senza rivoluzione, individui le cui pur potenti corna
sociali sono state rese inoffensive.
Questa semplice
constatazione spazza via l’idea imbarazzante (non perché impensabile o insensata,
ma perché chiaramente paranoica) che la pandemia sia stata programmata e
voluta. In verità, tutta la storia del dominio produttivista sull’umano – cioè
la storia scritta e propagandata nei millenni dai dominanti – ha sempre utilizzato
il progresso con l’appetito divorante e cannibale di un vampiro adialettico,
stupratore del tempo ciclico come dell’umanità organica.
Conseguenza
irrazionale ma logica della civiltà esistente e operante, la pandemia di
coronavirus ha complicato il programma di annichilimento dell’umano organico
che la civiltà produttivista ha come obiettivo strutturale da sempre. Il virus –
prevedibile ma inatteso perché rimosso come tutte le tragedie che l’Antropocene[1] ha
aggiunto alle difficoltà naturali della vita sul pianeta e nel cosmo – è esploso
come una bomba a frammentazione nel quotidiano di una specie pigramente confrontata
con i danni in parte già irreversibili del suo rapporto sempre più artificiale
con la natura del vivente.
Di fronte a
questo scoglio, il sistema non ha avuto altra scelta che manipolare i dati per
renderli compatibili con il suo dominio. E questo ha fatto e continua a fare, proteggendo
malamente e appena la sopravvivenza dei suoi schiavi salariati e non, ma continuando
a rendere impossibile la vita come e più di prima perché la paura – sia di chi
esprime il timore del virus che di chi l’esorcizza con odiosi e mistici proclami
negazionisti – è cattiva consigliera e produttrice d’idiozia.
Da secoli,
ormai, sotto la guida dell’industrializzazione capitalista che da tempo ha
preso in mano le redini della civiltà produttivista inventandone e asservendone
la modernità, l’artificializzazione della vita è progredita a passi da gigante,
ignorando e violentando la struttura organica del vivente.
Ebbene, proprio
l’organicità della vita che la natura, la centralità femminile acratica e la
genitalità diffondono fin dalle origini come antidoto all’alienazione e alla
reificazione crescenti, è stata il bersaglio privilegiato e odiato di un
progresso asservito al produttivismo che ha sempre usato le capacità umane e gli
effettivi miglioramenti della vita quotidiana per accentrare e accumulare
potere e con esso una ricchezza consumistica non consumabile in maniera vitale,
cioè umana, organica, genitale[2].
Una nuova
coscienza di specie o il perpetuarsi micidiale della follia di un’incoscienza
programmata e diffusa tra le cavie di un ormai galoppante delirio transumanista,
sono le due opzioni destinate a determinare il seguito dell’avventura umana sul
pianeta o la sua fine ormai concretamente ipotizzabile.
Tanto le masse
ottenebrate dalla servitù volontaria che le minoranze insoddisfatte
dell’addomesticamento crescente sono ormai obbligate dalla forza ineluttabile
della natura a cercare disperatamente di ridare un senso a una sopravvivenza già
reificata e alienata prima di essere stata gravemente fragilizzata da questo ennesimo
trauma pandemico planetario, ciliegina avvelenata sulla torta mostruosa di una civiltà
fondata sulla distruzione della biodiversità, sull’inquinamento strutturale di
pesticidi, plastica e nucleare e sulla crisi climatica ormai irreversibile.
Incredibilmente,
tutti gli attori di questo spettacolo nichilista, con motivazioni opposte ma
coincidenti per impotenza, confusione e misticismo hanno cercato e cercano
tuttora di esorcizzarne gli effetti con reazioni demenziali, falsando, negando
e manipolando la realtà in tutte le direzioni, adoperando tutti i sensi e soprattutto
i non sensi.
È diventato particolarmente
difficile tenere il timone di una critica radicale del sistema planetario
quando tutti gli ominidi in fibrillazione si sono messi a produrre, tra
confinamenti e controlli sempre più invasivi e guerre spettacolari senza
prospettive umane, una realtà artificiale che s’impone proponendo tonnellate di
risposte ideologiche all’avanzare della peste, dei suoi profeti e dei suoi untori[3].
Stanco e intristito
ma non idiotizzato all’ombra di nessuna cappella, trovo personalmente difficile
immaginare una via di salvezza prima che la catastrofe si avveri compiutamente,
mentre ho perso energia per battermi contro i mulini a vento del progresso
nucleare in marcia da Hiroshima a Fukushima, passando per Chernobyl,
inesorabilmente intenzionato a diffondere questo “male francese”, questa
sifilide energetica che sta già invadendo il mondo inquinandolo per centinaia
di millenni con le sue scorie.
L’ottimismo è una
fede che non condivido pur senza aderire minimamente alla schiera dei
pessimisti che sperano il peggio per arricchirsi e morirne. Mi appoggio, invece,
sulla realtà ma con sempre più scarsa fiducia, sperando soltanto di sbagliare. Ecco
il mio residuo ottimismo: come la Comune, il progetto di emancipazione non è
morto, ma è probabilmente destinato a riapparire con le minoranze di
sopravvissuti che potrebbero ricostituire, in un ipotetico futuro, una società
umana organica danzante gioiosamente sulle rovine di una civiltà destinata a
scomparire con i suoi attori, le sue vittime ei suoi orribili signori.
Proletarizzati,
gli esseri umani hanno soltanto sognato per secoli qualcosa che la loro
ottusità, la loro cattiveria e insensibilità hanno reso impossibile, impedendo
alla coscienza umana d’inventarla e realizzarla oltre e contro tutte le
ideologie. Tuttavia, l’umano sopravvivrà, forse, agli umanoidi degeneri del
produttivismo, del capitalismo, del suprematismo di ogni genere, educato dai
propri tragici errori e contraddizioni catastrofiche.
Difficilmente noi
lo vedremo, ma il messaggio in bottiglia di una coscienza di specie lanciato
negli oceani inquinati di un mondo in rovine sta sbocciando un po’ dovunque e potrebbe
esortare i mammiferi a sopravvivere a se stessi e alla loro stupidità come
milioni di anni fa sono sopravvissuti ai dinosauri.
Sergio Ghirardi
Sauvageon, 2 novembre 2021
[1]
Ho deciso di utilizzare questa controversa definizione dell’epoca moderna
perché identifica il periodo in cui l’umanità è diventata capace di intervenire
strutturalmente sulla natura intima del vivente accentuandone, modificandone o
distruggendone le dinamiche anche sul piano geologico, ambientale, climatico e
sanitario oltre che sociale.
[2]
Il concetto reichiano di genitalità comporta la critica radicale del fallicismo
con cui il patriarcato giustifica da millenni i suoi stupri di genere, di
classe e ormai di specie. Vedi in proposito, di Wilhelm Reich: Psicologia di massa del fascismo e Analisi del carattere, (Sugar editore)
entrambi pubblicati nel 1933, annus
horribilis annunciatore di possibili futuri i cui déjà-vu sono oggi più
attuali che mai.
[3]
Ai moderni untori e
antiuntori di manzoniana memoria ricordo che una lucidità radicale è più che mai necessaria alla
coscienza umana che sola può emanciparci dalla scimmia artificiale, perversa,
narcisista e nichilista che siamo diventati, limitando i danni e le patologie, superando
la logica binaria e rovesciando la prospettiva sociale.
La conscience
d’espèce et le nouveau vieux monde
« Moins on a de connaissances sur une question, plus on a de
certitudes à son sujet. » ”
Alors que rien ne
change structurellement dans les rapports de pouvoir si ce n’est l’intensité,
la continuité et l’intimité de la domination imposée et endurée, tout apparaît, aujourd'hui,
subitement transformé dans le rapport intrinsèque entre l'humain et la vie,
entre les individus humains, entre l’espèce humaine et la biosphère dont
dépendent tous les êtres vivants, et en particulier les mammifères.
D'une part, l'irruption de la pandémie de coronavirus 1984 n'a fait
qu'accentuer, accélérer, établir un changement qui était déjà dans l'ordre des
choses du monde et dans le désordre ambiant du monde des choses. Cependant,
elle a visiblement accéléré et affaibli le processus d'artificialisation de la
vie que la civilisation productiviste a « comploté » de réaliser depuis ses
origines.
Complotisme et anticomplotisme. Le marché insensé du réseau virtuel donné
en pâture à la foule déchaînée et la propagande médiatique cynique contrôlée
par les milliardaires aux commandes de l’État, participent tous deux à l'orgie
perverse du pouvoir : celui déjà solidement en place et celui recherché, en
devenir, alternatif, encore fragile et hystérique. Tous deux s'appuient sur
l'imbécillité cultivée de leurs spectateurs, deutéragonistes involontaires qui
subissent la logique stupide mais bien établie et fonctionnelle du pouvoir
absolu.
Plus l'humanité résiduelle dirige sa confusion rageuse contre les divers
drapeaux rouges, noirs, verts ou jaunes agités par le pouvoir et
l'anti-pouvoir, plus les toréadors de la corrida planétaire apprivoisent avec
aisance les différents troupeaux dans lesquels les êtres humains sont confinés,
animaux serviles ou cobayes des idéologies de révolte sans révolution,
individus dont les puissantes cornes sociales ont été rendues inoffensives.
Ce simple constat balaie l'idée embarrassante (non pas parce que impensable
ou insensée, mais parce que clairement paranoïaque) que la pandémie a été
planifiée et voulue. En vérité, toute l'histoire de la domination productiviste
sur l'humain – c'est-à-dire
l'histoire écrite et propagée au fil des millénaires par les dominants – a toujours utilisé le progrès avec
l'appétit dévorant et cannibale d'un vampire adialectique, violeur du temps
cyclique autant que de l'humanité organique.
Conséquence irrationnelle mais logique de la civilisation existante et
opérante, la pandémie de coronavirus a compliqué le programme d'anéantissement
de l'humain organique que la civilisation productiviste a toujours eu comme
objectif structurel. Le virus – prévisible mais inattendu car refoulé comme toutes les tragédies que
l'Anthropocène[1] a ajoutées aux
difficultés naturelles de la vie sur la planète et dans le cosmos – a explosé comme une bombe à fragmentation
dans le quotidien d'une espèce paresseusement confrontée aux dommages déjà en
partie irréversibles causés par son rapport de plus en plus artificiel avec la
nature du vivant.
Face à cet écueil le système n'a eu d'autre choix que de manipuler les
données pour les rendre compatibles avec sa domination. Et cela, il l'a fait et
continue de le faire, protégeant maladroitement et à peine la survie de ses
esclaves salariés et non salariés, mais continuant à rendre la vie impossible
comme et plus qu'avant parce que la peur – à la fois de ceux qui expriment la crainte
du virus et de ceux qui l’exorcisent par des proclamations négationnistes,
haineuses et mystiques – est mauvaise conseillère et productrice d'idiotie.
Depuis des siècles, désormais, sous la houlette de l'industrialisation
capitaliste qui depuis longtemps a pris les rênes de la civilisation productiviste
en inventant et en asservissant sa modernité, l'artificialisation de la vie a
progressé à pas de géant, ignorant et violant la structure organique du vivant.
Eh bien, c’est précisément l'organicité de la vie – que la nature, la centralité féminine acratique
et la génitalité répandent depuis les origines comme antidote à l'aliénation et
à la réification croissantes – qui a été la cible privilégiée et haïe d'un progrès asservi par le
productivisme qui a toujours utilisé les capacités humaines et les
améliorations réelles de la vie quotidienne pour concentrer et accumuler
pouvoir et une richesse consumériste qui ne peut être consommée de manière
vitale, c'est-à-dire humaine, organique, génitale[2].
Une nouvelle conscience d'espèce ou la folle perpétuation mortifère du
manque de conscience programmé et généralisé chez les cobayes d'un délire
transhumaniste désormais galopant, sont les deux options destinées à déterminer
la suite de l'aventure humaine sur la planète ou sa fin désormais concrètement
envisageable.
Tant les masses aveuglées par la servitude volontaire que les minorités
insatisfaites de la domestication croissante sont désormais contraintes par la
force inéluctable de la nature à tenter désespérément de redonner du sens à une
survie déjà réifiée et aliénée avant d'être sévèrement fragilisée par cet
énième traumatisme pandémique planétaire, cerise empoisonnée sur le gâteau
monstrueux d'une civilisation fondée sur la destruction de la biodiversité, sur
la pollution structurelle des pesticides, du plastique et du nucléaire et sur
la crise climatique désormais irréversible.
Incroyablement, tous les acteurs de ce spectacle nihiliste, aux motivations
opposées mais coïncidentes par l'impuissance, la confusion et le mysticisme,
ont essayé et tentent encore d'exorciser ses effets par des réactions démentielles,
falsifiant, niant et manipulant la réalité dans tous les sens, en utilisant
surtout les non-sens.
Il est devenu particulièrement difficile de tenir la barre d'une critique
radicale du système planétaire alors que tous les hominidés en fibrillation ont
commencé à produire, entre confinements et contrôles de plus en plus
envahissants et guerres spectaculaires sans perspectives humaines, une réalité
artificielle qui s'impose en proposant des tonnes de réponses idéologiques à
l'avancée de la peste, de ses prophètes et de ses « untori »[3].
Fatigué et attristé mais pas idiotisé à l'ombre d'une quelconque chapelle,
j'ai personnellement du mal à imaginer un chemin vers le salut avant que la
catastrophe ne se matérialise pleinement, alors que j’ai moins d'énergie pour
lutter contre les moulins à vent du progrès nucléaire en marche d'Hiroshima à
Fukushima, en passant par Tchernobyl, inexorablement déterminé à répandre ce « mal
français », cette syphilis énergétique qui envahit déjà le monde en le
polluant ppour des centaines de millénaires par ses déchets.
L'optimisme est une foi que je ne partage pas même si je n’adhère pas aux
rangs des pessimistes qui espèrent le pire pour s'enrichir et en mourir. Au
lieu de cela, je m'appuie sur la réalité mais avec une confiance de plus en
plus réduite, espérant uniquement me tromper. Voici mon optimisme
résiduel : comme la Commune, le projet d'émancipation n'est pas mort, mais
il est probablement destiné à réapparaître avec les minorités survivantes qui
pourraient reconstituer, dans un futur hypothétique, une société humaine
organique dansant joyeusement sur les ruines d'une civilisation vouée à
disparaître avec ses acteurs, ses victimes et ses horribles seigneurs.
Prolétarisés, les êtres humains ont rêvé pendant des siècles de quelque
chose que leur stupidité, leur méchanceté et leur insensibilité ont rendu
impossible, en empêchant la conscience humaine de l'inventer et de le réaliser
au-delà de toutes les idéologies et contre elles. Cependant, l'humain survivra,
peut-être, aux humanoïdes dégénérés du productivisme, du capitalisme, du
suprémacisme en tous genres, éduqué par ses propres erreurs tragiques et ses contradictions
catastrophiques.
Le verrons-nous ? C’est peu probable, mais le message embouteillé
d'une conscience d'espèce lancé dans les océans pollués d'un monde en ruine bourgeonne
un peu partout et pourrait exhorter les mammifères à survivre à eux-mêmes et à
leur stupidité comme ils ont survécu aux dinosaures il y a des millions
d'années.
Sergio Ghirardi
Sauvageon, 2 novembre 2021
[1] J'ai décidé d'utiliser cette définition controversée de l'ère moderne car
elle définit la période où l'humanité est devenue capable d'intervenir
structurellement sur la nature intime du vivant, accentuant, modifiant ou
détruisant ses dynamiques sur un plan géologique, environnemental, climatique
et sanitaire et non plus uniquement social.
[2] Le concept reichien de génitalité implique la critique radicale du phallicisme
avec lequel le patriarcat, pendant des millénaires, a justifié ses viols de
genre, de classe puis d'espèce. Voir à ce propos, par Wilhelm Reich : Psychologie de masse du fascisme et L’Analyse caractérielle, (Payot éditeur),
tous deux publiés en 1933, annus
horribilis annonçant des futurs possibles dont le déjà-vu est aujourd'hui
plus actuel que jamais.
[3] Aux « untori » et « antiuntori » modernes, fantômes pestifères
évoqués par Manzoni pendant la peste, à l’époque des « Promessi sposi », je rappelle
qu'une lucidité radicale est plus que jamais nécessaire à la conscience humaine
qui seule peut nous émanciper du singe artificiel, pervers, narcissique et
nihiliste que nous sommes devenus, en limitant les dégâts et les pathologies,
en surmontant la logique binaire et renversant la perspective sociale.