lunedì 28 novembre 2022

Fratelli del libero spirito - Raoul Vaneigem

 



Preferisco il cammino che mi apro a quello che trovo. Solo le bandiere si accontentano dei sentieri tracciati.

 

Nessuna epoca ha avuto quanto la nostra delle possibilità di liberare l'uomo dall'oppressione e mai una tale mancanza di coscienza ha diffuso tanta rassegnazione, apatia, fatalismo. Schiavo, da millenni, di un'economia che sfrutta il suo lavoro, l'uomo ha puntato così poco sulla sua autonomia e sulle sue facoltà creative che rischia di lasciarsi trascinare dalla rivolta impotente, dal risentimento e da quella peste emozionale così pronta ad accecare l'intelligenza sensibile e tuffarsi nella barbarie. Quanti un tempo sfidavano l'esercito, la polizia, le mitragliatrici e i carri armati si indignano manifestando a date fisse senza mai osare affrontare i propri padroni per paura di perdere un posto di lavoro che il collasso del sistema sta loro togliendo. Non viene loro neppure in mente l'idea di occupare fabbriche che sono i soli in grado di far funzionare, mentre l'incompetenza degli uomini d’affari li liquida giocandoli in borsa, perdendoli, licenziando i lavoratori e spingendo il cinismo fino a far loro rimborsare le somme frodate.

Come confermano ovunque le elezioni cosiddette “libere”, la stupidità dei governi non ha altro sostegno che la crescente stupidità delle folle che si esauriscono in un'amara rassegnazione e in collere senza prospettiva. La società dei consumi ha trasformato i cittadini in democratici da supermercato, il cui godimento fittizio è assunto a breve termine e per paura di non avere, alla lunga, di che pagarlo. Il pensiero si è fatto larvale. Si nutre d’idee ricevute, ridicolizzate da decenni. Si vedono riapparire i detriti di un nazionalismo causa d’innumerevoli guerre e massacri. Si va fino alle religioni in rotta che tentano di risollevarsi affidandosi alla moda di un maomettanesimo la cui fede religiosa è sempre più cancellata dal populismo.

Siamo circondati da pecore che sognano di diventare macellai. È nella morte e nel declino che credono con maggiore fermezza. Sono innamorati dei loro terrori. Più sanno che sprofonderanno nel solco e che raggiungeranno solo vicoli ciechi, più si ostinano a deperire nel conforto della decrepitezza cui si dedica la loro scienza.

Comunque dovranno pure svegliarsi, ora che il capitalismo sta crollando, implodendo come quell’impero detto “comunista”, ancora ieri ritenuto invincibile. Dovranno pure lasciare la presa, quelli che vi si aggrappavano consumandolo e quelli che vi s’invischiavano in una critica rabbiosa e sterile. Dovranno pure riapprendere a raddrizzarsi, a camminare, a rifiutare le stampelle imposte da un potere che, da secoli, li convince della loro incapacità ad autogovernarsi. Non è forse il momento di ricordare le parole di Loustalot, che proclamava durante la Rivoluzione francese: “I grandi sono grandi solo perché siamo in ginocchio. Alziamoci!” Non è forse il momento di ripristinare l'autonomia degli individui e gettare le basi per una società autogestita?

Rievocando un passato di oppressione, riscopriamo il corso dell'emancipazione che, come un fiume sotterraneo, non ha mai smesso di scalzare le stratificazioni della barbarie. La Comune di Parigi, i consigli degli operai, dei contadini e dei soldati nella Russia nel 1917, i soviet dei marinai a Cronstadt nel 1921, le collettività libertarie dell'Andalusia, della Catalogna e dell'Aragona nel 1936-1937 rimettono in luce un'esperienza psicologica e sociale che, interrotta prematuramente da una repressione spietata, non ha fatto che accennarsi e aspirare a continuare e affinarsi. Ciò che è stato accuratamente occultato dalla storia ufficiale riappare oggi nella sua insolente modernità. Se riaffiorano dal passato i pionieri della libertà individuale e collettiva, non è forse perché il nostro presente ha bisogno del loro esempio per ripristinare un desiderio di emancipazione sopito da decenni?

All'incrocio dei nostri cammini sorgono esseri diversi come Jörg Ratgeb, Jöst Fritz, Sébastien Castellion, La Boétie, Cyrano de Bergerac, Jean Meslier, Henri Joseph Du Laurens, Robert Misson, Matthias Knützen, Twistelwood, Blake, Hölderlin, John Brown, Claire Démar, Tahiri (noto come Qurratu'l-Ayn), Ernest Cœurderoy, Ravachol, Louise Michel, Bonnot, Mecislas Goldberg, Marius Jacob, Flores Magón, Pouget, Albert Libertad, Zo d'Axa, i soldati che si ammutinarono contro il grande macello del 1914-1918, Anton Ciliga, Victor Serge, Jan Valtin, Vassili Grossmann, Ret Marut dit Traven, Sabaté, Ascaso, Durruti, Constant Malva, Manouchian, Armand Robin, Joe Hill, Frank Little, Jean Malaquais, Maurice Blanchard, Arthur Koestler, Walter Benjamin, Ödön von Horváth, Victor Kravchenko e tanti altri che, in una indicibile solitudine, si sono sollevati contro l'oppressione e contro l'impostura delle libertà mercantili. Come non salutare di sfuggita i combattenti ebrei del Bund che hanno lottato sia contro l'antisemitismo sia contro la porcheria religiosa inculcata fin dall'infanzia, perché combattevano innanzitutto lo sfruttamento dell'uomo da parte dell’uomo?

Riportando alla luce il Movimento del Libero Spirito, che la storia adulterata del cristianesimo s’impegnava nascondere, ho mostrato che, contrariamente alla menzogna comunemente accettata di una religiosità onnipresente nel Medioevo, la resistenza alla pregnanza cristiana non ha mai smesso, dal dodicesimo secolo al Cinquecento, di opporre all'ipocrita puritanesimo della Chiesa e al suo disprezzo per la natura umana e terrena la libertà dei desideri, del godimento amoroso, dell’emancipazione individuale e della solidarietà.

Dobbiamo ad Abu Tahir, che nel 930 si era impadronito della Mecca, saccheggiando la città, massacrando i pellegrini e impossessandosi della Pietra Nera, questo proposito: "In questo mondo, tre individui hanno corrotto gli uomini: un pastore [Mosè], un medico [Gesù] e un cammelliere [Maometto]. E questo cammelliere è stato il peggior imbroglione, il peggior imbonitore dei tre”. Non ha solo ispirato Averroè che dichiara: “La religione giudaica è una legge dei bambini, quella cristiana una legge dell'impossibilità e quella maomettana una legge di porcelli”. Ha anche accreditato l'esistenza del Libro dei tre impostori, o Dell'inanità delle religioni, che tormenta l'immaginazione del Medioevo senza che se ne sia mai trovata traccia (fu attribuito a Federico II o al suo cancelliere, Pierre de La Vigne, ma la sua unica versione conosciuta, predatata 1598, fu composta intorno al 1753). Se ne trova eco, però, nel portoghese Tommaso Scoto, professore alla Scuola delle Decretali di Lisbona, processato nel 1344 dall'Inquisizione per aver negato i dogmi, assicurato che il mondo sarebbe stato governato meglio dai filosofi che dai teologi e dichiarato: "Tre impostori hanno ingannato il mondo. Mosè ha ingannato gli ebrei, Gesù i cristiani e Maometto i saraceni”. Bruciato all'Aia nel 1512, Herman de Rijswijck affermava: "Il mondo esiste da tutta l'eternità e non è cominciato con la creazione, che è un'invenzione dello stupido Mosè", "Cristo era un imbecille e il seduttore degli uomini semplici", "Credo che la nostra fede sia una favola come dimostrano le buffonate della nostra Scrittura, le leggende bibliche e il delirio del Vangelo".

L'approccio dei sostenitori del Libero Spirito professa meno il rifiuto della religione che il suo superamento. Dio è negato nel senso che, essendo presente in tutti, basta prenderne coscienza per liberarsi dagli ostacoli e dalle leggi del potere spirituale e temporale.

Raggruppati attorno al filosofo Amaury de Bène, gli Amauriciani furono giustiziati nel 1209 perché negavano il peccato e sostenevano la preminenza del desiderio. Stessa sorte subì nel 1310 la beghina piccarda Marguerite Porète per aver individuato Dio e le libertà di natura nel suo libro Lo specchio delle anime semplici (il testo ci è pervenuto con evidenti interpolazioni, mirate a dargli un significato puramente mistico). Nella stessa epoca, Blœmardinne di Bruxelles (circa 1250-1335) identifica l'amore carnale con la perfezione del Dio che ognuno porta dentro. Il suo irradiamento fu tale che l'Inquisizione non osò reprimerla, nonostante gli attacchi del mistico Jan Ruysbroeck. Le sue idee sono state riprese e praticate dagli Homines intelligentiae, gli Uomini d'Intelligenza, processati a Bruxelles nel 1411 e che rifiutano tutti i comandamenti della Chiesa, difendono le libertà dell'amore, propugnano il diritto di seguire i propri desideri e rigettano i divieti promulgati dalle istituzioni clericali e secolari. Sono i loro seguaci che, sfuggendo alla repressione ed entusiasti delle notizie provenienti dalla Boemia, si unirono ai partigiani di Jan Zizka, il cui collettivismo aveva conquistato buona parte degli ussiti. I quali combattevano contro i cattolici, responsabili della morte sul rogo, a Costanza, nel 1415, del predicatore Jan Hus, ostile alla corruzione papale. Di fronte alla corrente libertaria degli adamiti, Zizka, di cui gli stalinisti fecero un eroe nazionale ceco, si comportò non meno crudelmente degli inquisitori e mandò in massa al rogo, nel 1421, uomini e donne il cui unico crimine era di voler vivere in un'innocenza edenica.

Si ritrova la dottrina del Libero Spirito in Isabel de la Cruz, condannata a Toledo nel 1529. Per lei e per coloro che saranno chiamati gli alumbrados, l'illuminazione che rivela la presenza di Dio porta a una tale perfezione che nessuno può più peccare, né venialmente né mortalmente. L'illuminazione rende liberi e sdogana da ogni autorità. Fare l'amore è unirsi con Dio. A Canillas, presso Salamanca, Francisca Hernandez (intorno al 1520) avrebbe raggiunto un tale grado di santità che la continenza non le era più necessaria. Nonostante le persecuzioni, un gruppo di alumbrados apparve ancora a Llerena intorno al 1578. Resi impeccabili dall'estasi orgasmica, sostenevano una vita di libertà e amore, agli antipodi del puritanesimo e del culto della carogna propagato dal cristianesimo (uno di loro, deridendo la Passione di Cristo, diceva: “A che scopo preoccuparsi ogni giorno della morte di quest'uomo!”).

Éloi Pruystinck di Anversa fa parte del movimento della corrente libertaria ostile al cattolicesimo e al protestantesimo. Di mestiere riparatore di tetti, fu uno degli ingannati dagli attacchi di Lutero contro Roma. Nel 1525 attraversa la Germania per andare, con candore, a esporre le sue idee libertarie a colui che aveva appena raccomandato ai nobili di sterminare i contadini stimolati dal suo spirito di rivolta. Lutero si affrettò a denunciare ai magistrati di Anversa "un serpente scivolato tra le anguille". Arrestato nel febbraio 1526 con nove suoi amici, è condannato a una pena lieve: la pubblica penitenza e l'uso di un cartello che lo designasse come eretico. Attorno a lui si forma un gruppo in cui dei ricchi mercanti si affiancano a poveri lavoratori, uniti dal desiderio di godere dei piaceri della vita, di stabilire tra loro legami di solidarietà, di ricercare la propria felicità stando attenti a non nuocere a nessuno. Tra i Loisti, i poveri accedono a un'esistenza senza preoccupazioni pecuniarie, grazie a una consapevolezza per cui i ricchi si abbandonano ai piaceri, senza dover temere né il rimorso né il peccato né le angosce dei possidenti né il risentimento dei diseredati. Non si direbbe forse un primo abbozzo del progetto di Fourier, o dell’abbazia di Thélème immaginata da Rabelais? La repressione si è abbattuta sui Loisti nel 1544. Diversi furono decapitati. Éloi è stato bruciato il 24 ottobre.

Tuttavia, si diffondono a Lilla, con un certo Coppin, a Rouen, su iniziativa di Claude Perceval, e fino alla corte di Marguerite di Navarra, a Nérac, le idee di coloro che Calvino fustigherà con il nome di "libertini spirituali". Nel 1546 il dittatore di Ginevra denuncia ai magistrati di Tournai il sarto Quintin Thiery, che si fa beffe delle Scritture, rifiuta il peccato e la colpa e conduce una vita gioiosa proponendo a tutti di seguire i propri desideri senza preoccuparsi delle favole evangeliche. Quintin e i suoi amici saranno giustiziati a Tournai nel 1546.

Si dovrebbe anche ricordare Noël Journet, bruciato a Metz (1582) dai protestanti per aver evidenziato le incongruenze, le assurdità e gli orrori della Bibbia; Geoffroy Vallée, giustiziato a Parigi nel 1574 perché, rifiutando ogni credenza, redigeva quest’osservazione: «Tutte le religioni si sono preoccupate di togliere all'uomo la felicità del corpo in Dio per renderlo sempre più miserabile».

“Noi neghiamo Dio e lo precipitiamo dalle sue altezze, rigettando il tempio con tutti i suoi sacerdoti. Ciò che basta, a noi coscienziosi, è la scienza non di uno solo ma del maggior numero. Questa coscienza che la natura, madre benevola degli umili, ha concesso a tutti gli uomini, al posto delle Bibbie”. Queste parole sono di Thomas Knutzen (1646-1674?). Ovunque vada, il giovane agitatore diffonde i suoi opuscoli contro la religione, i concistori e l'aristocrazia. Accrediterà l'esistenza del movimento internazionale dei "coscienziosi" dove si è fatto portavoce di tutti i sostenitori della libertà individuale e della distruzione di ogni autorità. Infatti, i suoi scritti, pubblicati clandestinamente da suoi emuli, passarono per la Francia dove Naigeon li fece conoscere all'amico Diderot. Si perdono le tracce, nel 1674, di questo poeta della libertà la cui vita fu un vagabondaggio e una lotta permanente.

Non voglio aggiungere passaggi collaterali ai percorsi ufficiali della storia. Non voglio che un tribunale culturale anatemizzi i monarchi sanguinari, i generali guerrafondai, gli inquisitori di ogni genere, gli assassini ingiustamente onorati di statue e celebrati nei pantheon della memoria: Bonaparte, responsabile di milioni di morti; Luigi XIV, persecutore dei protestanti e del libero pensiero; Lutero, massacratore dei contadini; Calvino, assassino di Jacques Gruet e Michel Servet; Leopoldo II del Belgio, uno dei criminali più cinici del diciannovesimo secolo, la cui pratica del “caoutchouc rouge"[1] non ha finora scosso le coscienze. Esprimo solo l'auspicio che al repertorio dei loro ripugnanti panegirici si aggiunga l'elenco dei loro delitti, la menzione delle loro vittime, il ricordo di chi li ha affrontati. Perché è bene che sia insegnata la conoscenza degli esseri che, in nome della generosità umana, li hanno denunciati. In questi tempi di servitù volontaria, è salutare ricordare l'audacia dei resistenti alla tirannia, perché è da quest’audacia che va oggi a dipendere il destino degli Uomini e della Terra.

 

 

Raoul VANEIGEM Offensiva, n° 28, dicembre 2010. Questo testo è apparso su Dias rebeldes. Crónicas de insumisión, opera collettiva in spagnolo, Octaedro, 2009.

 



[1] Schiavismo, lavori forzati, torture e mutilazioni subite dagli autoctoni del Congo colonizzato dal Belgio di Leopoldo II (NdT).




Frères du libre esprit

Je préfère le chemin que je fraie à celui que je trouve. Seuls les drapeaux s’accommodent des voies tracées.

 

Aucune époque n’a disposé comme la nôtre des possibilités d’affranchir l’homme de l’oppression et jamais un tel manque de conscience n’a propagé autant de résignation, d’apathie, de fatalisme. Esclave, depuis des millénaires, d’une économie qui exploite son travail, l’homme a si peu misé sur son autonomie et sur ses facultés créatrices qu’il risque de se laisser emporter par la révolte impuissante, le ressentiment et cette peste émotionnelle si prompte à aveugler l’intelligence sensible et à se jeter dans la barbarie. Ceux qui jadis bravaient l’armée, la police, la mitraille et les tanks s’indignent en manifestant à date fixe mais n’osent pas affronter leurs patrons de peur de perdre un emploi que l’effondrement du système est en train de leur ôter. L’idée ne leur vient même pas d’occuper des usines qu’ils sont seuls capables de faire marcher, alors que l’incompétence des hommes d’affaires les liquide en les jouant en Bourse, en les perdant, en licenciant les travailleurs et en poussant le cynisme jusqu’à leur faire rembourser les sommes escroquées.

Comme le confirment partout les élections dites « libres », la débilité des gouvernements n’a d’autre support que la débilité croissante des foules, s’épuisant en résignation amère et en colères sans lendemain. La société de consommation a transformé les citoyens en démocrates de supermarché, dont la jouissance fictive s’assume à court terme et dans la crainte de n’avoir pas, à long terme, de quoi la payer. La pensée s’est faite larvaire. Elle se nourrit d’idées reçues, ridiculisées depuis des décennies. On voit ressurgir les détritus de ce nationalisme, cause d’innombrables guerres et de massacres. Il n’est pas jusqu’aux religions en déroute qui ne tentent de se relever en prenant appui sur la vogue d’un mahométisme où la foi religieuse s’efface de plus en plus au profit du populisme.

Nous sommes environnés de moutons qui rêvent de devenir bouchers. C’est à la mort et au déclin qu’ils croient le plus fermement. Ils sont épris de leurs terreurs. Plus ils savent qu’ils s’enliseront dans l’ornière et n’atteindront qu’à des impasses, mieux ils s’obstinent à dépérir dans le confort de la décrépitude auquel leur science se consacre.

Pourtant il faudra bien qu’ils se réveillent, maintenant que le capitalisme s’effondre, implose comme cet empire dit « communiste », hier encore réputé invincible. Il faudra bien qu’ils lâchent prise, ceux qui s’y accrochaient en le consommant et ceux qui s’y engluaient dans une critique rageuse et stérile. Il faudra bien qu’ils réapprennent à se redresser, à marcher, à rejeter les béquilles imposées par un pouvoir qui, depuis des siècles, les persuade de leur incapacité de se gouverner eux-mêmes. N’est-ce pas le moment de rappeler les mots de Loustalot, proclamant lors de la Révolution française : « Les grands ne sont grands que parce que nous sommes à genoux. Levons-nous ! » N’est-ce pas le moment de restaurer l’autonomie des individus et de jeter les bases d’une société autogérée ?

En révoquant un passé d’oppression, nous redécouvrons le cours de l’émancipation qui, tel un fleuve souterrain, n’a jamais cessé de saper les stratifications de la barbarie. La Commune de Paris, les conseils d’ouvriers, de paysans et de soldats dans la Russie de 1917, les soviets de marins à Cronstadt en 1921, les collectivités libertaires d’Andalousie, de Catalogne et d’Aragon de 1936-1937 remettent en lumière une expérience psychologique et sociale qui, interrompue prématurément par une impitoyable répression, n’a fait que s’esquisser et aspire à se poursuivre et à s’affiner. Ce qui a été soigneusement occulté par l’histoire officielle reparaît aujourd’hui dans son insolente modernité. Si les pionniers de la liberté individuelle et collective ressurgissent du passé, n’est-ce pas que notre présent a besoin de leur exemple pour restaurer une volonté d’émancipation, ensommeillée depuis des décennies ?

À la croisée de nos chemins surgissent des êtres aussi divers que Jörg Ratgeb, Jöst Fritz, Sébastien Castellion, La Boétie, Cyrano de Bergerac, Jean Meslier, Henri Joseph Du Laurens, Robert Misson, Matthias Knützen, Twistelwood, Blake, Hölderlin, John Brown, Claire Démar, Tahiri (dite Qurratu’l-Ayn), Ernest Cœurderoy, Ravachol, Louise Michel, Bonnot, Mecislas Goldberg, Marius Jacob, Flores Magón, Pouget, Albert Libertad, Zo d’Axa, les soldats qui se mutinèrent contre la grande boucherie de 1914-1918, Anton Ciliga, Victor Serge, Jan Valtin, Vassili Grossmann, Ret Marut dit Traven, Sabaté, Ascaso, Durruti, Constant Malva, Manouchian, Armand Robin, Joe Hill, Frank Little, Jean Malaquais, Maurice Blanchard, Arthur Koestler, Walter Benjamin, Ödön von Horváth, Victor Kravchenko et tant d’autres qui, dans une indicible solitude, se dressèrent contre l’oppression et contre l’imposture des libertés marchandes. Comment ne pas saluer au passage les combattants juifs du Bund qui luttèrent à la fois contre l’antisémitisme et contre la cochonnerie religieuse inculquée dès l’enfance, parce qu’ils combattaient avant tout l’exploitation de l’homme par l’homme ?

En ramenant au grand jour le Mouvement du Libre-Esprit, que l’histoire frelatée du christianisme s’employait à dissimuler, j’ai montré qu’à l’encontre du mensonge, communément reçu, d’une religiosité omniprésente au Moyen Âge, la résistance à la prégnance chrétienne n’a cessé, du XIIe au XVIe siècle, d’opposer au puritanisme hypocrite de l’Église et à son mépris de la nature humaine et terrestre la liberté des désirs, de la jouissance amoureuse, de l’affranchissement individuel et de la solidarité.

On doit au Karmate Abou Tahir, qui, en 930, s’était emparé de La Mecque, pillant la ville, massacrant les pèlerins et s’emparant de la Pierre Noire, le propos : « En ce monde, trois individus ont corrompu les hommes : un berger [Moïse], un médecin [Jésus] et un chamelier [Mohammed]. Et ce chamelier a été le pire escamoteur, le pire prestidigitateur des trois. » Il a non seulement inspiré Averroès qui déclare : « La religion judaïque est une loi d’enfants, la chrétienne une loi d’impossibilité et la mahométane une loi de pourceaux. » Il a aussi accrédité l’existence du Livre des trois imposteurs, ou De l’inanité des religions, qui hante l’imagination du Moyen Âge sans que l’on n’ait jamais trouvé sa trace (il a été attribué à Frédéric II ou à son chancelier, Pierre de La Vigne, mais sa seule version connue, antidatée 1598, a été composée vers 1753). On en retrouve pourtant des échos chez le Portugais Thomas Scoto, professeur à l’école des Décrétales de Lisbonne, poursuivi en 1344 par l’Inquisition pour avoir nié les dogmes, assuré que le monde serait mieux gouverné par les philosophes que par les théologiens et déclaré : « Trois imposteurs ont trompé le monde. Moïse a trompé les juifs, Jésus les chrétiens et Mahomet les sarrasins ». Brûlé à La Haye en 1512, Herman de Rijswijck affirmait : « Le monde a été de toute éternité et n’a pas commencé par la création, qui est une invention du stupide Moïse », « le Christ fut un imbécile et le séducteur des hommes simples », « j’estime que notre foi est une fable comme le prouvent les bouffonneries de notre Écriture, les légendes bibliques et le délire évangélique ».

La démarche des partisans du Libre-Esprit professe moins le refus de la religion que son dépassement. Dieu est nié en ce sens qu’étant présent en chacun il suffit d’en prendre conscience pour s’affranchir des entraves et des lois du pouvoir spirituel et temporel.

Groupés autour du philosophe Amaury de Bène, les amauriciens seront exécutés en 1209 parce qu’ils niaient le péché et prônaient la prééminence du désir. La béguine picarde Marguerite Porète subira le même sort en 1310 pour avoir identifié Dieu et les libertés de nature dans son livre Le Miroir des simples âmes (le texte nous est parvenu avec d’évidentes interpolations, visant à lui prêter un sens purement mystique). À la même époque, la Bruxelloise Blœmardinne (vers 1250-1335) identifie l’amour charnel à la perfection du Dieu que chacun porte en soi. Son rayonnement était tel que l’Inquisition n’osa sévir contre elle, en dépit des attaques du mystique Jan Ruysbroeck. Ses idées sont reprises et pratiquées par les Homines intelligentiae, les Hommes de l’intelligence, poursuivis à Bruxelles en 1411 et qui rejettent tous les mandements de l’Église, défendent les libertés de l’amour, prônent le droit de suivre ses désirs et rejettent les interdits promulgués par les institutions cléricales et laïques. Ce sont leurs adeptes qui, fuyant la répression et enthousiasmés par les nouvelles venues de Bohème, rejoignirent les partisans de Jan Zizka dont le collectivisme avait séduit une bonne partie des hussites. Ceux-ci menaient la guerre aux catholiques, responsables de la mort sur le bûcher, à Constance, en 1415, du prédicateur Jan Hus, hostile à la corruption papale. Confronté au courant libertaire des Pikarti ou adamites, Zizka, dont les staliniens firent un héros national tchèque, ne se comporta pas moins cruellement que les inquisiteurs et envoya massivement au bûcher, en 1421, des hommes et des femmes dont le seul crime était de vouloir vivre dans une innocence édénique.

On retrouve la doctrine du Libre-Esprit chez Isabel de la Cruz, condamnée à Tolède en 1529. Pour elle et ceux que l’on appellera les alumbrados, l’illumination qui révèle la présence de Dieu conduit à une telle perfection que nul ne peut plus pécher, ni véniellement ni mortellement. L’illumination rend libre et délie de toute autorité. Faire l’amour, c’est s’unir avec Dieu. À Canillas, près de Salamanque, Francisca Hernandez (vers 1520) passe pour avoir atteint un tel degré de sainteté que la continence ne lui est plus nécessaire. Malgré les persécutions, un groupe d’alumbrados se manifesta encore à Llerena vers il 1578. Rendus impeccables par l’extase orgasmique, ils prônaient une vie de liberté et d’amour, aux antipodes du puritanisme et du culte de la charogne propagé par le christianisme (l’un d’eux, raillant la Passion du Christ, disait : « À quoi bon se préoccuper chaque jour de la mort de cet homme ! »).

Éloi Pruystinck d’Anvers s’inscrit dans la mouvance du courant libertaire hostile au catholicisme et au protestantisme. Couvreur de son métier, il est de ceux qu’illusionnent les attaques de Luther contre Rome. En 1525, il traverse l’Allemagne pour aller, dans sa candeur, exposer ses idées libertaires à celui qui venait de recommander aux nobles d’exterminer les paysans stimulés par son esprit de révolte. Luther s’empressa de dénoncer aux magistrats d’Anvers « un serpent qui s’est glissé parmi les anguilles ». Arrêté en février 1526 avec neuf de ses amis, il est condamné à un châtiment léger : la pénitence publique et le port d’un signe le désignant comme hérétique. Autour de lui se constitue un groupe où de riches marchands côtoient de pauvres ouvriers, unis par le désir de jouir des plaisirs de la vie, d’établir entre eux des liens de solidarité, de rechercher leur bonheur dans le souci de ne nuire à personne. Parmi les loïstes, les pauvres accèdent à une existence sans souci pécuniaire, à la faveur d’une prise de conscience où les riches se livrent aux plaisirs, sans avoir à redouter ni les remords ni le péché ni les angoisses des possédants ni le ressentiment des dépossédés. Ne croirait-on pas à une première esquisse du projet de Fourier, voire de la Thélème imaginée par Rabelais ? La répression s’abattit sur les loïstes en I544. Plusieurs furent décapités. Éloi fut brûlé le 24 octobre.

Cependant se propagent à Lille, avec un nommé Coppin, à Rouen, à l’initiative de Claude Perceval, et jusqu’à la cour de Marguerite de Navarre, à Nérac, les idées de ceux que Calvin fustigera du nom de « libertins spirituels ». En 1546, le dictateur de Genève dénonce aux magistrats de Tournai le tailleur Quintin Thiery, qui raille les Écritures, rejette le péché et la culpabilité et mène joyeuse vie en proposant à chacun de suivre ses désirs sans se préoccuper des fables évangéliques. Quintin et ses amis seront exécutés à Tournai en 1546.

Il faudrait citer encore Noël Journet, brûlé à Metz (1582] par les protestants pour avoir relevé les incohérences, les absurdités et les horreurs de la Bible ; Geoffroy Vallée, exécuté à Paris en 1574 parce que, rejetant toutes les croyances, il dressait ce constat : « Toutes les religions ont observé d’ôter à l’homme la félicité du corps en Dieu afin de le rendre toujours plus misérable. »

« Nous nions Dieu et nous le précipitons de ses hauteurs, rejetant le temple avec tous ses prêtres. Ce qui nous suffit à nous, conscientaires, c’est la science non d’un seul mais du plus grand nombre. Cette conscience que la nature, mère bienveillante des humbles, a accordé à tous les hommes, à la place des Bibles. » Ces mots sont de Thomas Knutzen (1646-1674 ?). Partout où il passe, le jeune agitateur essaime ses pamphlets contre la religion, les consistoires et l’aristocratie. Il accréditera l’existence du mouvement international des « conscientaires » où il se faisait le porte-parole de tous les partisans de la liberté individuelle et de la destruction de toute autorité. De fait, ses écrits, publiés clandestinement par des émules, passèrent en France où Naigeon les fit connaître à son ami Diderot. On perd la trace, en 1674, de ce poète de la liberté dont la vie fut une errance et un combat permanent.

Je ne souhaite pas ajouter des contre-allées aux voies officielles de l’histoire. Je ne veux pas qu’un tribunal culturel anathématise les monarques sanguinaires, les généraux fauteurs de guerre, les inquisiteurs en tout genre, les tueurs incongrûment statufiés et célébrés dans les panthéons de la mémoire : Bonaparte, responsable de millions de morts ; Louis quatorzième, persécuteur des protestants et de la libre-pensée ; Luther, massacreur des paysans ; Calvin, assassin de Jacques Gruet et de Michel Servet ; Léopold II de Belgique, un des plus cyniques criminels du XIXe siècle, dont la pratique du « caoutchouc rouge » n’a guère ému jusqu’à présent les consciences. J’émets seulement le vœu qu’au répertoire de leurs répugnants panégyriques viennent s’ajouter la liste de leurs forfaits, la mention de leurs victimes, le souvenir de ceux qui les affrontèrent. Car il est bon que soit enseignée la connaissance des êtres qui, au nom de la générosité humaine, les ont dénoncés. En ces temps de servitudes volontaire, il est salutaire de rappeler l’audace des résistants à la tyrannie, car c’est de cette audace-là que va dépendre aujourd’hui le sort des Hommes et de la Terre.

Raoul VANEIGEM Offensive, n° 28, décembre 2010. Ce texte a paru dans Dias rebeldes. Crónicas de insumisión, ouvrage collectif en espagnol, Octaedro, 2009.