Sergio
Ghirardi Sauvageon
LA
NUOVA ANORMALITÀ
[Questo testo, molto riassunto, è stato pubblicato in
Francia da La Décroissance]
La catastrofe non è
soltanto la promessa del malessere annunciato dalla civiltà industriale; è già il nostro presente immediato, quel
che conferma l’allarmismo degli esperti di fronte alla possibilità annunciata
ai quattro venti di un crollo del sistema sanitario. Decretando la fine del
primo confinamento, i governanti hanno tentato di evitare l’aggravarsi della
crisi economica. Tuttavia, l’urgente necessità che c’era di fare uscire
l’economia da una forma di restrizione poco propizia al consumo ha ottenuto l’effetto
contrario: le risorgenze del virus non hanno tardato a manifestarsi, o almeno è
quanto dicono le statistiche degli studi scientifici ufficiali. Come lasciano
intravvedere, nonostante tutto, i media di disinformazione, la gestione della pandemia
è stata umanamente disastrosa. Affinché fosse altrimenti, si sarebbe dovuto
uscire dalla logica e dalla formattazione tecnocratiche e interessarsi più agli
umani che alla loro funzione consumistica: una società dei consumi non può
svilupparsi con un’economia semiparalizzata, deve dunque imperativamente
occuparsi dei suoi consumatori. Il loro grado di disponibilità per il lavoro e
la spesa, vale a dire quel che sotto il capitalismo si chiama la salute,
dev'essere soddisfacente. Più chiaramente: non potendo fare un passo in avanti
in un controllo sociale abbastanza consistente, i dirigenti sono stati
costretti a fare un passo indietro, proclamando un nuovo stato d’urgenza per
rifarsi alle disposizioni coercitive anteriori, preparate con limitazioni
inutili alle “attività non essenziali”, coprifuoco e confinamento à la carte. Non è certo che ci si trovi di fronte a una “seconda ondata”
ma quel che è certo è che siamo di fronte a un colpo di Stato dolce. Tuttavia un secondo capitolo si apre
nell’installazione di una dittatura sanitaria destinata a durare tramite la via dello stato
d’eccezione. L’uccello dello sviluppo cova l’uovo della tirannia con l’aiuto
del virus mediatico.
In verità, le condizioni
di vita nella società di crescita infinita fanno pesare una seria minaccia
sulla salute reale delle popolazioni. Di fronte a ciò i dirigenti e i loro
consiglieri non propongono altro se non soluzioni tecniche dirette
essenzialmente nel senso degli interessi dominanti che sono contradditori. Dei
conflitti esistono tra le diverse potenze mondiali quanto al loro interno. Le
strutture di potere stanno ristrutturandosi su scala mondiale di fronte alle
innumerevoli crisi a venire. Gli Stati, il capitalismo e la tecno scienza – la mega macchina –,
si rinforzano con un nuovo assemblaggio carico di conseguenze maligne e
prevedibili per le popolazioni, una parte crescente delle quali è già inutile
per il sistema. Si tratta di gestire quelli di troppo, tecnicamente, meno per
mezzo dell’economia marginale che per la guerra o le malattie infettive. Poiché
il fine perseguito è l’ubbidienza incondizionata, si ricorrerà agli utensili
necessari per governare: la paura e nei casi gravi, il terrore. Nel caso
concreto della pandemia, si tratterebbe di adattare la salute all’economia
trasformandola in un’opportunità di digitalizzazione e di sviluppo. La costosa
salute pubblica sarebbe lasciata tale e quale, cioè quasi in rovina. Il primo
obiettivo dell’industria più corrotta – quella
farmaceutica – e, ovviamente, dei governi,
sarà la produzione e la distribuzione di onerosi farmaci e di vaccini
miracolosi. Tutto ciò, accompagnato dal commercio on line e da un insieme di
misure profilattiche (lavaggio delle mani, pagamento per carta di credito,
maschera, distanza, ventilazione, silenzio e presto certificato d’immunità), aprirà
la via al Grande Controllo generale. Tuttavia, affinché la popolazione ubbidisca
ai consigli della farmacopea dello spettacolo, è urgente che la sottomissione aumenti
ancora di un grado, e là sta il problema: nessuno accetta di buon grado di
cambiare le sue abitudini sociali a profitto
di un isolamento insensato, anche su ordine delle autorità. Delle situazioni
dichiarate sempre più allarmanti esigono dunque dosi più potenti di
catastrofismo e una distribuzione più importante di tutte le forze dell’ordine.
Il dominio deve innanzitutto utilizzare la paura, poi ricorrere alla forza, se
la paura non basta. Politicamente, ciò significa la soppressione non soltanto
delle briciole di libertà che restano a ciascuno, ma anche delle apparenze
democratiche del parlamentarismo a vantaggio dell’autoritarismo tipico della
dittatura, la cui efficacia dipende ormai da un controllo numerico assoluto. In
effetti la soppressione delle libertà formali (di circolazione, di riunione, di
manifestazione, di fissazione del luogo di residenza, ecc.) che si pretendono
garantite dalle costituzioni degli Stati, il “tracciamento”, le multe e
l’incoraggiamento alla delazione, hanno molto poco a che vedere con il diritto
alla salute e molto con la nuova modernizzazione dei poteri e la perdita di
fiducia dei governati, i quali, in risposta a quello che è sentito come un’incapacità
e un’irresponsabilità da parte dei governanti, si permettono una disobbedienza
disinvolta. E poiché la pretesa sovranità popolare nei paesi in cui regna la
mondializzazione non appartiene veramente al popolo, considerato come un essere
irrazionale che bisogna neutralizzare, ma allo Stato, fedele esecutore dei
disegni dell’alta finanza, il dispotismo è la risposta naturale alla perdita di
legittimità del potere. Separando la governance
e il diritto con dei decreti ad hoc di una legalità discutibile, lo Stato fa
pagare alla popolazione il bilancio di una crisi che pretende di non essere
riuscito a scongiurare a causa del “comportamento incivile” di certe categorie,
principalmente i giovani. Se non ci fosse resistenza a tanti abusi, la vita
sociale sarebbe confinata allo spazio virtuale e la sola democrazia ancora in
piedi sarebbe quella del contagio.
L’ultimo libro di Raoul
Vaneigem comincia così: “Fino ai giorni
bui illuminati dalla notte dei tempi, non si trattava che di morire. Si tratta
ormai di vivere. Vivere finalmente, c’è tutto un mondo da ricostruire”. Il
che potrebbe cominciare da una reazione collettiva contro la privatizzazione,
l’artificializzazione e la burocratizzazione nel nome della difesa della vita,
strettamente legata a una difesa della libertà. Quel che uccide uno (lo Stato,
il Capitale), uccide l’altro di modo che questa difesa comincia dalla
disobbedienza civile ai loro diktat. Sono molto più pericolosi del virus. La
reazione di disobbedienza contro la dismisura degli obblighi costituisce
attualmente l’asse della lotta sociale, ma disubbidire non basta: di fronte
alla confusione alimentata dal potere si deve rivendicare la verità. Conviene
evitare a ogni costo che la protesta sia screditata dalle allucinazioni del complottismo e del negazionismo. Le fessure che appaiono
nel consenso scientifico devono contribuirvi. Quanto alla pandemia, la prima
regola di autodifesa consisterebbe nel mantenere delle distanze igieniche dallo
Stato e andare verso l’autogestione della salute. La salute detta pubblica non
ha per criterio principale l’interesse generale perché dipende dallo Stato,
usurpatore di questo stesso interesse. Si tratterebbe piuttosto di rimettere il
sistema di sanità nelle mani di medici, infermieri, personale sanitario,
utilizzatori e malati. La questione è meno di creare delle cliniche alternative
nell’orbita dell’economia sociale, scelta che non va comunque scartata, quanto
di ritirare allo Stato la gestione di una medicina che si vorrebbe a misura
umana, fuori dal tecnicismo, decentralizzata e prossima. Niente sarà possibile
senza manifestazioni decise a mettere in movimento masse refrattarie in collera
e stanche di subire le arroganti manipolazioni delle autorità e i loro stupidi
confinamenti. Meglio affrontare le conseguenze della propria insubordinazione
che vivere sotto il giogo di quadri morbosi e di tecnocrati bugiardi. In un
mondo determinato dal lavoro morto e divorato da una psicosi mediaticamente
coltivata, è indispensabile che un numero crescente di persone sensate prenda
partito per la natura, la libertà, la verità e la vita.
La borsa o la vita! O il
caos economico e sanitario, o la fine del dominio. O il comfort ingannevole e
sempre più limitato di un’economia assassina, o l’avventura di un’esistenza
sovrana, questa è la questione. Le proteste coscienti nate da una vita
quotidiana mutilata devono avere per orizzonte un mondo antiproduttivista, non
patriarcale, senza inquinamento, senza cibi industriali, senza tempo libero
prefabbricato, senza montagne di spazzatura, un mondo de-globalizzato
purificato dallo Stato. Se ritorniamo alla salute, ricordiamoci che per
propagarsi i virus hanno bisogno di una popolazione numerosa, densa e in
perpetuo movimento. Per contro, i piccoli gruppi soffrono meno di malattie
epidemiche. La sovrappopolazione e l’iperattività favoriscono la trasmissione –
condizioni ottimali nelle metropoli - cosi come gli spostamenti di massa dovuti
alla fame, alle guerre, al turismo. Ragione di più perché il mondo da
ricostruire sia un insieme di Comuni pacifiche e autonome, un mondo in
maggioranza rurale, demotorizzato, disurbanizzato e demilitarizzato.
Miquel Amoros, 12
novembre 2020
Conversazione con Miquel Amoros sulla
pandemia nella trasmissione di
« Toccata e fuga »
del 12 dicembre 2020
Nei tuoi testi che la riguardano, metti l’accento sul fatto che la crisi del coronavirus è stata un altro giro di vite del controllo statale nel senso dello sviluppo capitalista. Tu dici che “stiamo partecipando come massa di manovra a una prova generale di difesa dell’ordine dominante di fronte a una crisi globale”, un processo apparentemente scatenato dalla pandemia che avrebbe potuto esserlo per qualunque altro tra i molti effetti nocivi della “società della crescita infinita”. Potresti ampliare un poco questa prospettiva?
La
pandemia esiste e sappiamo che la sua letalità è bassa, che è trattabile con i
mezzi abituali e che il ritmo dei contagi evolve in modo simile ad altre
infezioni respiratorie come l’influenza. D’altra parte, sorprendentemente,
nessuno sembra preoccuparsi per il numero di morti nel mondo per cancro, fame,
contaminazioni, diabete, infarto, tubercolosi, malaria,
aids, epatite, suicidio o incidenti stradali. Se tanta sofferenza non ha mai
imposto misure eccezionali come la maschera, la distanza, il tracciamento, il
coprifuoco o il confinamento, qual è, dunque, la base medica che le giustifica
nel caso del Covid 19? Problemi di sicurezza associati? Non sembra sia il caso.
Il virus ha semplicemente evidenziato lo stato malandato della salute pubblica
e dell’assistenza agli anziani, saturando ospedali e cimiteri. La reazione
sproporzionata da parte del governo ubbidisce a una strategia dello choc che
approfitta di una supposta crisi settoriale per introdurre cambiamenti involutivi. I
regimi che s’intrattengono con formalismi democratici si sanno deboli per
affrontare una situazione critica con dibattiti pubblici e optano per la
medicalizzazione, scelgono cioè di affrontarla come se fosse un serio problema
medico risolvibile soltanto con mezzi d’emergenza che vanno molto al di là
della medicina. Per imporli ricorrono alla paura. Grazie alla comunicazione
unilaterale si è potuto diffondere una psicosi di panico con risultati orribili
per la convivenza, ma eccellenti per il modello autoritario posto in atto dallo
stato di allarme.
Quali
sono, secondo te, le vere cause?
Ce
ne sono di vario tipo. Per primo, un misto di ignoranza, inerzia e timore di
misure controproducenti da parte del governo. Secondo, la crisi generale del
modo di vita capitalista, il lato oscuro dell’insostenibile industrializzazione
del vivere. Il sovraffollamento, l’iperattività, l’ipermobilità, la distruzione
del territorio (luogo degli habitat delle specie animali), l’alimentazione
industriale, l’inquinamento e un sistema di protezione sanitaria sicuramente
inefficiente sono i veri responsabili della pandemia. Il capitalismo ha
raggiunto il picco ed è diventato totalmente insalubre. Terzo, la
digitalizzazione di tutte le attività...
A
che cosa ti riferisci quando parli di choc d’interessi dominanti contradditori?
Tra
le élites planetarie ci sono differenze enormi sul modo di evitare la crisi
globale, o per dirlo in forma più attuale, la pandemia economica. Gli uni si
preoccupano per il mutamento climatico o per la mano d’opera dei rifugiati;
sono dunque, sostenitori di un governo mondiale e di mantenere l’armamentario
democratico del capitalismo verde. Gli altri negano l’importanza del
riscaldamento globale e alzano muri contro l’immigrazione; sono favorevoli a un
arrocco nazionalista, a un modello cinese di Stato e a uno sviluppo senza
colore.
Tu
parli di amministrazione della catastrofe e di riarticolazione della
megamacchina. Parli di una svolta in profondità e in ampiezza per sostituire lo
“Stato sociale” con lo Stato
poliziesco, di smantellamento della sanità pubblica, di medicalizzazione e di
una crescita ancora maggiore del potere delle multinazionali farmaceutiche. Di
dittatura sanitaria.
Il
potere (la megamacchina) si sta riconfigurando a livello statale, finanziario e
tecnologico e se sul terreno medico si manifesta con l’espansione
dell’industria privata della salute e la crescita delle grandi corporazioni
chimico-farmaceutiche, sul terreno amministrativo equivale a uno sviluppo
dell’area poliziesca e a una regressione nella politica. Oggi si può parlare di
una dittatura legittimata da supposte urgenze sanitarie la cui causa è
attribuita a un temibile nemico microscopico dal quale solo i vaccini delle
multinazionali possono salvarci.
Descrivi
grandi progressi dell’alienazione: digitalizzazione sociale, impero indiscusso della
menzogna spettacolare, catastrofismo, governo della paura, statistiche
manipolate, studi scientifici interessati; spostamento della sovranità a
istituzioni sempre più incontrollabili; gestione tecnica degli eccedenti di
popolazione...
I
rapidi cambiamenti prodotti dall’inizio dell’anno con i mezzi restrittivi hanno
alterato sensibilmente le relazioni sociali con un aumento ulteriore della
pressione sulla popolazione eccedente, sulla gente esclusa dal mercato del
lavoro che diventa sempre più costosa da assistere. Si è anche diffusa, in
certi settori conformisti, una mentalità sottomessa e isterica, incapace di
ragionare, propensa all’obbedienza cieca e alla delazione, tipica dei sistemi
totalitari. La digitalizzazione, i mezzi di comunicazione subordinati, la
scienza subornata e la polizia onnipresente sono gli strumenti di questa forma
di alienazione per cui i governati cedono di buon grado la loro sovranità
nominale allo Stato e alle istituzioni superiori che ne determinano le
decisioni.
Questi
cambiamenti nel regime mondiale di dominio e sfruttamento sono dunque
irreversibili? È finita quella che si usava chiamare “democrazia”? Si sta
producendo un salto qualitativo nella mondializzazione del mercato e nel suo
intreccio con il sistema tecnologico? Che cosa pensi che succeda?
Il
potere non può più tornare indietro, tutte le mosse imminenti punteranno nella
stessa direzione, quella della barbarie. Quella che chiamano “democrazia” e non
lo è, nella misura in cui risponde al salto qualitativamente autoritario della
globalizzazione, sarà visibilmente quel che era già nell’essenza, una dittatura
soavemente golpista e tecnologicamente ben equipaggiata.
Cospirazione
e negazionismo, collaborazionismo di sinistra, sottomissione servile e
dipendenza dichiarata della popolazione, approfondimento del ciclo
lavoro-consumo, comportano un’obbedienza incondizionata ai diktat dei
dirigenti. Gallerie di uno stesso labirinto?
In
effetti, l’informazione verticale, la menzogna generalizzata, la demagogia
dirigente e i suoi frutti avvelenati – le fake news, la negazione geek e l’ossessione
complottista –, sono collegati alla servitù volontaria, al controllo
disciplinare e al consumismo accentuati, caratteristiche principali del
panorama attuale.
Prospettive
reali di resistenza e autodifesa.
La
profonda sfiducia delle masse verso i vaccini improvvisati, la violazione
rilassata delle misure imposte, l’indignazione del personale sanitario, la
dissidenza tra ricercatori e l’insediamento degli abitanti delle città in
piccoli centri, sono sintomi che la sottomissione agli imperativi della
sopravvivenza metropolitana non è generale e ancora meno automatica. L’attendibilità
di chi ci governa non vive un buon momento e la sua capacità di manovra è
piuttosto limitata. Certamente manca un’alternativa civile attiva che porti
alla trasformazione radicale del modo di vivere, ossia l’uscita dal
capitalismo. Deve essere chiaro che è necessario alla società autogovernarsi.
La disobbedienza già abbondante, la protesta che non manca, l’autonomia e il
gusto della verità quasi assenti, sono soltanto i primi passi di una possibile
rivolta che reinventi la salute, la cura, l’insegnamento, i trasporti,
l’urbanismo, la vita quotidiana, l’amministrazione, la politica...
La nouvelle anormalité
Miquel Amorós, le
12 novembre 2020.
La
catastrophe n'est pas seulement la promesse du malheur annoncé par la
civilisation industrielle; elle est déjà notre présent
immédiat, ce que confirme l’alarmisme des experts devant la possibilité
annoncée aux quatre vents d’un effondrement du système de santé. En décrétant
la fin du premier confinement, les gouvernants ont essayé d’éviter l’aggravation
de la crise économique. Cependant, l’urgente nécessité qu’il y avait à sortir
l’économie d’une forme de restriction peu propice à la consommation, a conduit
au contraire: les résurgences du virus n’ont pas tardé à venir, ou du moins
c’est ce que disent les statistiques des études scientifiques officialisées.
Comme le laissent malgré tout entrevoir les médias de désinformation, la
gestion de la pandémie a été humainement désastreuse. Pour qu’il en soit
autrement il eût fallu sortir de la logique et du formatage technocratiques et
s’intéresser plus aux humains qu’à leur fonction consumériste: une société de
consommation ne peut se développer avec une économie semi-paralysée, elle doit
donc impérativement s’occuper de ses consommateurs. Leur degré de disponibilité
pour le travail et la dépense, c’est-à-dire ce que sous le capitalisme l’on
appelle la santé, doit être satisfaisant. Plus clairement: faute de faire un
pas en avant dans un contrôle social d’envergure suffisante, les dirigeants ont
été contraints de faire un pas en arrière, en proclamant un nouvel état
d’urgence afin de se prévaloir des dispositions coercitives antérieures,
préparées avec des restrictions inutiles aux «activités non essentielles»,
couvre-feux et confinement à la carte. Il n’est pas certain que nous soyons
face à une "deuxième vague", mais ce qui est certain c’est que nous
sommes face à un coup d’État mou. Cependant, un second chapitre s’ouvre dans
l’implantation d’une dictature sanitaire destinée à perdurer par la voie de
l’état d’exception. L’oiseau du développement couve l’œuf de la tyrannie à
l’aide du virus médiatique.
En
vérité, les conditions de vie dans la société de croissance infinie font peser
une sérieuse menace sur la santé réelle des populations. Face à cela, les
dirigeants et leurs conseillers ne proposent que des solutions techniques
allant essentiellement dans le sens des intérêts dominants et ces
derniers sont contradictoires. Des conflits existent entre les différentes
puissances mondiales ainsi qu’en leur sein. Les structures de pouvoir sont en
train de se réaménager à l’échelle mondiale face aux innombrables crises à
venir. Les États, le capitalisme et la techno science – la Méga machine –, se
renforcent dans un nouvel assemblage lourd de conséquences mauvaises et prévisibles
pour les populations, dont une part croissante est déjà inutile pour le
système. Il s’agit de gérer les excédents, techniquement, moins par l'économie
marginale que par la guerre ou par des maladies infectieuses. Et, comme le but
poursuivi est l’obéissance inconditionnelle, on aura recours aux outils
indispensables pour gouverner: la peur et dans les cas graves, la terreur. Dans
le cas concret de la pandémie, il s’agirait d’adapter la «santé» à l’économie
en la transformant en une opportunité de numérisation et de développement. La
coûteuse santé publique serait laissée telle qu’elle, c’est-à-dire à moitié en
ruine. Le premier objectif de la plus corrompue des industries: l’industrie
pharmaceutique, et bien sûr, des gouvernements sera la production et la
distribution d’onéreux médicaments et de vaccins miraculeux. Cela accompagné du
commerce online et d’un lot de mesures prophylactiques: lavage des mains,
paiement par carte, masque, distanciation, ventilation, silence et bientôt
carte d’immunité, ouvrira la voie au Grand Contrôle général. Mais pour que la
population obéisse aux conseils de la pharmacopée du spectacle, il est urgent
que la soumission augmente encore d’un cran, et là est le problème: personne
n’accepte de bon gré de changer ses habitudes sociales au profit d’un isolement insensé, même sur ordre des autorités. Des
situations proclamées de plus en plus alarmantes exigent donc des doses plus
élevées de catastrophisme et un déploiement plus important de toutes les forces
de l’ordre. La domination doit d’abord utiliser la peur, puis recourir à la
force, si cela ne suffit pas. Politiquement, cela
signifie la suppression non seulement des bribes de liberté qu’il restait à
tout un chacun mais aussi des apparences démocratiques du parlementarisme au
profit de l'autoritarisme typique de la dictature, dont l'efficacité dépend
désormais d'un contrôle numérique absolu. En effet, la suppression des libertés
formelles (de circulation, de réunion, de manifestation, de fixation du lieu de
résidence, etc.) prétendument garanties par les constitutions des États, le «
traçage », les amendes et l’encouragement à la dénonciation, ont très peu à
voir avec le droit à la santé mais beaucoup avec la nouvelle modernisation des
pouvoirs et la perte de confiance des gouvernés qui, en réponse à ce qui est
ressenti comme de l’ineptie et de l'irresponsabilité de la part des
gouvernants, se permettent une désobéissance désinvolte. Et puisque la
prétendue souveraineté populaire dans les pays où règne la mondialisation n’appartient
pas vraiment au peuple, considéré comme un être irrationnel qu'il faut
neutraliser, mais à l'État, fidèle exécuteur des desseins de la haute finance,
le despotisme est la réponse naturelle à la perte de légitimité du pouvoir. En
séparant la gouvernance et le droit par des décrets ad hoc d'une légalité discutable, l'État fait payer à la population
le bilan d'une crise qu’il prétend n’avoir pas réussi à conjurer, à
cause du «comportement incivique» de certaines catégories, principalement les
jeunes. S’il n’y avait pas de résistance à tant d’abus, la vie sociale serait
confinée dans l’espace virtuel et la seule démocratie qui resterait debout
serait celle de la contagion.
Le dernier livre de
Raoul Vaneigem commence ainsi: «Jusqu'aux jours sombres qu'illuminait la
nuit des temps, il ne s'agissait que de mourir. Il s'agit désormais de vivre.
Vivre enfin, c'est tout un monde à reconstruire». Et cela pourrait
commencer par une réaction collective contre la privatisation, l’artificialisation
et la bureaucratisation au nom d’une défense de la vie, étroitement liée à une
défense de la liberté. Ce qui tue l’une (l’État, le Capital), tue l’autre, de
sorte que cette défense commence par la désobéissance civile à leur diktats.
Ils sont bien plus dangereux que le virus. La réaction de désobéissance contre
la démesure des contraintes constitue actuellement l’axe de la lutte sociale,
mais désobéir n’est pas suffisant: face à la confusion alimentée par le
pouvoir, il faut revendiquer la vérité. Il convient d’éviter à tout prix que la
protestation soit discréditée par les hallucinations du complotisme et du
négationnisme. Les fissures qui apparaissent dans le consensus scientifique
doivent y contribuer. Quant à la pandémie, la
première règle d'autodéfense consisterait à garder des distances hygiéniques
avec l'État et à aller vers l'autogestion de la santé. La santé dite publique
n’a pas pour critère principal l’intérêt général car elle dépend de l'État,
usurpateur de ce même intérêt. Il s’agirait plutôt de remettre le système de
santé aux mains des médecins, infirmières, employés sanitaires, usagers et
malades. La question est moins de créer des cliniques alternatives dans l'orbite de
l'économie sociale, option qui n’est cependant pas à écarter, que de retirer à
l'État la gestion d'une médecine que l’on voudrait à taille humaine, hors
technicisme, décentralisée et proche. Rien ne sera possible sans des
manifestations déterminées qui mettent en mouvement des masses insoumises en
colère et fatiguées de subir les arrogantes manipulations des autorités et
leurs stupides confinements. Mieux vaut affronter les conséquences de son
insubordination que de vivre sous la férule de cadres morbides et de
technocrates menteurs. Dans un monde déterminé par le travail mort et dévoré
par une psychose médiatiquement entretenue, il est indispensable que de plus en
plus de gens sensés prennent parti pour la nature, la liberté, la vérité et la
vie.
La bourse ou la vie! Ou
le chaos économique et sanitaire, ou la fin de la domination. Ou le confort
trompeur et de plus en plus limité d’une économie meurtrière, ou l’aventure
d’une existence souveraine, telle est la question. Les protestations
conscientes nées d’une vie quotidienne mutilée doivent avoir pour horizon un
monde anti productiviste, non patriarcal, sans pollution, sans nourriture
industrielle, sans loisirs fabriqués, sans montagnes de déchets, déglobalisé et désétatisé. Si
nous revenons à la santé, rappelons-nous que pour se propager, les virus ont
besoin d’une population nombreuse, dense et en perpétuel mouvement. En
revanche, les petits groupes souffrent moins de maladies épidémiques. La
surpopulation et l'hyperactivité favorisent la transmission – conditions optimales dans les métropoles – ainsi que les déplacements massifs dus aux famines, aux
guerres et au tourisme. Raison de plus pour que le monde à reconstruire
soit un ensemble de communes pacifiques et autonomes, majoritairement rural, dé
motorisé, désurbanisé et démilitarisé.
Charla con Miquel Amorós sobre
la pandemia en la emisión de «Tokata y Fuga» del 12 de diciembre de 2020
En tus textos sobre ella, cargas el acento en el hecho de
que la crisis del coronavirus ha supuesto una vuelta más de la tuerca del
control social estatal en el tornillo del desarrollismo capitalista. Dices que “estamos participando como
masa de maniobra en un ensayo general de defensa del orden dominante frente a
una crisis global”, un proceso
aparentemente desencadenado por la pandemia que podría haberlo sido por
cualquier otro entre los muchos efectos nocivos de la “sociedad del
crecimiento infinito”. ¿Nos podrías
ampliar un poco esa perspectiva?
La pandemia existe y sabemos
que su letalidad es baja, que es tratable por los medios habituales y que el
ritmo de los contagios evoluciona de forma similar a otras enfermedades
infecciosas respiratorias como la gripe. Por otra parte, sorprendentemente, a
nadie parece alarmar el saldo de muertes en el mundo por cáncer, hambre,
contaminación, diabetes, infartos, tuberculosis, paludismo, sida, hepatitis,
suicidios o accidentes de tráfico. Entonces, si tanta dolencia nunca ha forzado
medidas de excepción como la mascarilla, la distancia, el rastreo, el toque de
queda o el confinamiento, ¿cuál es la base médica que las justifica en el caso
de la Covid 19? ¿Problemas de seguridad asociados? No parece que sea el caso.
El virus simplemente evidenció el mal estado de la salud pública y de la
asistencia a mayores saturando hospitales y funerarias. La reacción
desproporcionada por parte del gobierno obedece a una estrategia de choque que
aprovecha una supuesta crisis sectorial para introducir cambios involutivos. Los regímenes
que se entretienen con formalismos democráticos se saben débiles para afrontar
una situación crítica con debates públicos y se decantan por la medicalización,
o sea, por encararla como si fuera un grave problema médico solucionable
únicamente con medidas de emergencia que van más allá de la medicina. Para
imponerla recurren al miedo. Gracias a la comunicación unilateral, ha sido
factible la expansión de una psicosis de páníco con resultados horribles para
la convivencia, pero excelentes para el modelo autoritario entronizado por el
estado de alarma.
¿Cuáles son
para tí las verdaderas causas?
Las hay de varios tipos.
Primero, una combinación de ignorancia, inercia y temor gubernamental a medidas
contraproducentes. Segundo, la crisis general del modo de vida capitalista, el
lado oscuro de la insostenible industrialización del vivir. El hacinamiento, la
hiperactividad, la hipermovilidad, la destrucción del territorio (luego de los
hábitats de las especies animales), la alimentación industrial, la polución y
un muy deficiente sistema de protección sanitaria, son los verdaderos
responsables de la pandemia. El capitalismo ha tocado techo y se ha vuelto
totalmente insalubre. Tercero, la digitalización de toda actividad ...
¿A qué te
refieres cuando hablas de choque de intereses dominantes contradictorios?
Entre las elites planetarias hay
diferencias enormes sobre el modo de conjurar la crisis global, o por decirlo
de forma más actual, la pandemia económica. Unas confiesan su preocupación por
el cambio climático o por la mano de obra refugiada y son partidarias de un
gobierno mundial, de mantener la parafernalia democrática y del capitalismo
verde. Las otras niegan la importancia del calentamiento global y levantan
barreras contra la inmigración; están a favor de un enroque nacionalista, de un
modelo chino de Estado y de un desarrollismo sin color.
Hablas de
administración de la catástrofe y rearticulación de la megamáquina. De un gran
avance en profundidad y extensión de la sustitución del “Estado social” por el Estado policial. De desmantelamiento
de la sanidad pública, de medicalización y aún mayor crecimiento del poder de
las multinacionales farmaceúticas. De dictadura sanitaria.
El poder (la megamáquina) se está
reconfigurando a nivel estatal, financiero y tecnológico, y si en el terreno
médico eso se manifiesta en la expansión de la industria privada de la salud y
el avance de las grandes corporaciones químico-farmacéuticas, en el el terreno
administrativo equivale a un desarrollo del área policial y una regresión en la
política. Hoy podemos hablar de una dictadura legitimada por supuestas urgencias
sanitarias cuya causa se atribuye a un temible enemigo microscópico del que
solo las vacunas de las multinacionales nos pueden salvar.
Describes
grandes progresos de la alienación: digitalización social, imperio indiscutido
de la mentira espectacular, catastrofismo, gobierno del miedo, estadísticas
manipuladas, estudios científicos interesados; desplazamiento de la soberanía a
instancias cada vez más incontrolables; gestión técnica de los excedentes de
población…
Los rápidos cambios producidos
desde principios de año por las medidas restrictivas han alterado
considerablemente las relaciones sociales y aumentado todavía más la presión
sobre la población excedentaria, la gente excluida del mercado laboral, que
cada vez resulta más costosa de asistir. También ha expandido en ciertos
sectores conformistas una mentalidad sumisa e histérica, incapaz de razonar,
propensa a la obediencia ciega y a la delación, típica de los sistemas
totalitarios. La digitalización, los medios de comunicación subordinados, la
ciencia sobornada y la policía omnipresente son las herramientas de esa forma
extrema de alienación, debido a la cual los gobernados ceden gustosamente su
soberanía nominal al Estado y a las instancias superiores que determinan sus
decisiones.
¿Esos cambios
en el régimen mundial de dominación y explotación son, entonces, irreversibles?
¿Se ha acabado lo que se solía llamar “democracia”? ¿Se está produciendo un salto cualitativo en la mundialización del
mercado y su imbricación con el sistema tecnológico? ¿Qué es lo que tú ves
venir?
El poder ya no puede dar marcha atrás. Todas las
mudanzas venideras apuntarán en la misma dirección, la de la barbarie. Lo que
dicen «democracia» y no lo es, en la medida responda al salto cualitativamente
autoritario de la globalización, será visiblemente lo que ya era en esencia,
una dictadura suavemente golpista y tecnológicamente bien equipada.
Conspiranoia y negacionismo, colaboracionismo
izquierdista, sumisión servil y dependencia declaradas de la población, profundización
en el ciclo trabajo-consumo, entrega a los dictados de los dirigentes,
obediencia incondicional. ¿Galerías de un mismo laberinto?
La información vertical, la mentira generalizada,
la demagogia dirigente y sus frutos emponzoñados -las fake news, la negación
friki y la obsesión complotista-, son en efecto, junto con la servidumbre
voluntaria, el control disciplinario y el consumismo acentuados, las
características principales del panorama actual.
Perspectivas
reales de resistencia y autodefensa.
La profunda desconfianza de las masas ante las improvisadas vacunas, el
incumplimiento relajado de las medidas impuestas, la indignación del personal
sanitario, la disidencia entre investigadores y la instalación de urbanitas en
los pueblos, son síntomas de que la sumisión a los imperativos de la
supervivencia metropolitana no es general y ni mucho menos automática. La
credibilidad de quienes nos gobiernan no está en su mejor momento y su
capacidad de maniobra es más bien limitada. Falta, eso sí, una alternativa
civil activa que lleve a plantear la transformación radical del modo de vida, o
sea, la salida del capitalismo. Ha de quedar claro que es necesario para la
sociedad autogobernarse. La desobediencia, que ya es
abundante, la protesta, que no escasea, la autonomía y el gusto por la verdad,
casi ausentes, son únicamente los primeros pasos de una revuelta posible que
reinvente la salud, los cuidados, la enseñanza, los transportes, el urbanismo,
la vida cotidiana, la administración, la política...