domenica 31 gennaio 2021

Per un’internazionale del genere umano: due scritti da Miguel Amoros

 





Ho ricevuto questi due scritti da Miquel Amoros che si uniscono al coro di una volontà di emancipazione acratica che cresce, mentre il vecchio mondo si sgretola sotto i colpi delle sue contraddizioni, minacciando di portarci via insieme con lui. Eccoli tradotti in italiano, aggiungendo un poco di castellano al transalpino abituale.

Sergio Ghirardi Sauvageon

 

LA NUOVA ANORMALITÀ

[Questo testo, molto riassunto, è stato pubblicato in Francia da La Décroissance]

 

La catastrofe non è soltanto la promessa del malessere annunciato dalla civiltà industriale; è già il nostro presente immediato, quel che conferma l’allarmismo degli esperti di fronte alla possibilità annunciata ai quattro venti di un crollo del sistema sanitario. Decretando la fine del primo confinamento, i governanti hanno tentato di evitare l’aggravarsi della crisi economica. Tuttavia, l’urgente necessità che c’era di fare uscire l’economia da una forma di restrizione poco propizia al consumo ha ottenuto l’effetto contrario: le risorgenze del virus non hanno tardato a manifestarsi, o almeno è quanto dicono le statistiche degli studi scientifici ufficiali. Come lasciano intravvedere, nonostante tutto, i media di disinformazione, la gestione della pandemia è stata umanamente disastrosa. Affinché fosse altrimenti, si sarebbe dovuto uscire dalla logica e dalla formattazione tecnocratiche e interessarsi più agli umani che alla loro funzione consumistica: una società dei consumi non può svilupparsi con un’economia semiparalizzata, deve dunque imperativamente occuparsi dei suoi consumatori. Il loro grado di disponibilità per il lavoro e la spesa, vale a dire quel che sotto il capitalismo si chiama la salute, dev'essere soddisfacente. Più chiaramente: non potendo fare un passo in avanti in un controllo sociale abbastanza consistente, i dirigenti sono stati costretti a fare un passo indietro, proclamando un nuovo stato d’urgenza per rifarsi alle disposizioni coercitive anteriori, preparate con limitazioni inutili alle “attività non essenziali”, coprifuoco e confinamento à la carte. Non è certo che ci si trovi di fronte a una “seconda ondata” ma quel che è certo è che siamo di fronte a un colpo di Stato dolce. Tuttavia un secondo capitolo si apre nell’installazione di una dittatura sanitaria destinata a durare tramite la via dello stato d’eccezione. L’uccello dello sviluppo cova l’uovo della tirannia con l’aiuto del virus mediatico.

In verità, le condizioni di vita nella società di crescita infinita fanno pesare una seria minaccia sulla salute reale delle popolazioni. Di fronte a ciò i dirigenti e i loro consiglieri non propongono altro se non soluzioni tecniche dirette essenzialmente nel senso degli interessi dominanti che sono contradditori. Dei conflitti esistono tra le diverse potenze mondiali quanto al loro interno. Le strutture di potere stanno ristrutturandosi su scala mondiale di fronte alle innumerevoli crisi a venire. Gli Stati, il capitalismo e la tecno scienza la mega macchina , si rinforzano con un nuovo assemblaggio carico di conseguenze maligne e prevedibili per le popolazioni, una parte crescente delle quali è già inutile per il sistema. Si tratta di gestire quelli di troppo, tecnicamente, meno per mezzo dell’economia marginale che per la guerra o le malattie infettive. Poiché il fine perseguito è l’ubbidienza incondizionata, si ricorrerà agli utensili necessari per governare: la paura e nei casi gravi, il terrore. Nel caso concreto della pandemia, si tratterebbe di adattare la salute all’economia trasformandola in un’opportunità di digitalizzazione e di sviluppo. La costosa salute pubblica sarebbe lasciata tale e quale, cioè quasi in rovina. Il primo obiettivo dell’industria più corrotta quella farmaceutica e, ovviamente, dei governi, sarà la produzione e la distribuzione di onerosi farmaci e di vaccini miracolosi. Tutto ciò, accompagnato dal commercio on line e da un insieme di misure profilattiche (lavaggio delle mani, pagamento per carta di credito, maschera, distanza, ventilazione, silenzio e presto certificato d’immunità), aprirà la via al Grande Controllo generale. Tuttavia, affinché la popolazione ubbidisca ai consigli della farmacopea dello spettacolo, è urgente che la sottomissione aumenti ancora di un grado, e là sta il problema: nessuno accetta di buon grado di cambiare le sue abitudini sociali a profitto di un isolamento insensato, anche su ordine delle autorità. Delle situazioni dichiarate sempre più allarmanti esigono dunque dosi più potenti di catastrofismo e una distribuzione più importante di tutte le forze dell’ordine. Il dominio deve innanzitutto utilizzare la paura, poi ricorrere alla forza, se la paura non basta. Politicamente, ciò significa la soppressione non soltanto delle briciole di libertà che restano a ciascuno, ma anche delle apparenze democratiche del parlamentarismo a vantaggio dell’autoritarismo tipico della dittatura, la cui efficacia dipende ormai da un controllo numerico assoluto. In effetti la soppressione delle libertà formali (di circolazione, di riunione, di manifestazione, di fissazione del luogo di residenza, ecc.) che si pretendono garantite dalle costituzioni degli Stati, il “tracciamento”, le multe e l’incoraggiamento alla delazione, hanno molto poco a che vedere con il diritto alla salute e molto con la nuova modernizzazione dei poteri e la perdita di fiducia dei governati, i quali, in risposta a quello che è sentito come un’incapacità e un’irresponsabilità da parte dei governanti, si permettono una disobbedienza disinvolta. E poiché la pretesa sovranità popolare nei paesi in cui regna la mondializzazione non appartiene veramente al popolo, considerato come un essere irrazionale che bisogna neutralizzare, ma allo Stato, fedele esecutore dei disegni dell’alta finanza, il dispotismo è la risposta naturale alla perdita di legittimità del potere. Separando la governance e il diritto con dei decreti ad hoc di una legalità discutibile, lo Stato fa pagare alla popolazione il bilancio di una crisi che pretende di non essere riuscito a scongiurare a causa del “comportamento incivile” di certe categorie, principalmente i giovani. Se non ci fosse resistenza a tanti abusi, la vita sociale sarebbe confinata allo spazio virtuale e la sola democrazia ancora in piedi sarebbe quella del contagio.

L’ultimo libro di Raoul Vaneigem comincia così: “Fino ai giorni bui illuminati dalla notte dei tempi, non si trattava che di morire. Si tratta ormai di vivere. Vivere finalmente, c’è tutto un mondo da ricostruire”. Il che potrebbe cominciare da una reazione collettiva contro la privatizzazione, l’artificializzazione e la burocratizzazione nel nome della difesa della vita, strettamente legata a una difesa della libertà. Quel che uccide uno (lo Stato, il Capitale), uccide l’altro di modo che questa difesa comincia dalla disobbedienza civile ai loro diktat. Sono molto più pericolosi del virus. La reazione di disobbedienza contro la dismisura degli obblighi costituisce attualmente l’asse della lotta sociale, ma disubbidire non basta: di fronte alla confusione alimentata dal potere si deve rivendicare la verità. Conviene evitare a ogni costo che la protesta sia screditata dalle allucinazioni del complottismo e del negazionismo. Le fessure che appaiono nel consenso scientifico devono contribuirvi. Quanto alla pandemia, la prima regola di autodifesa consisterebbe nel mantenere delle distanze igieniche dallo Stato e andare verso l’autogestione della salute. La salute detta pubblica non ha per criterio principale l’interesse generale perché dipende dallo Stato, usurpatore di questo stesso interesse. Si tratterebbe piuttosto di rimettere il sistema di sanità nelle mani di medici, infermieri, personale sanitario, utilizzatori e malati. La questione è meno di creare delle cliniche alternative nell’orbita dell’economia sociale, scelta che non va comunque scartata, quanto di ritirare allo Stato la gestione di una medicina che si vorrebbe a misura umana, fuori dal tecnicismo, decentralizzata e prossima. Niente sarà possibile senza manifestazioni decise a mettere in movimento masse refrattarie in collera e stanche di subire le arroganti manipolazioni delle autorità e i loro stupidi confinamenti. Meglio affrontare le conseguenze della propria insubordinazione che vivere sotto il giogo di quadri morbosi e di tecnocrati bugiardi. In un mondo determinato dal lavoro morto e divorato da una psicosi mediaticamente coltivata, è indispensabile che un numero crescente di persone sensate prenda partito per la natura, la libertà, la verità e la vita.

La borsa o la vita! O il caos economico e sanitario, o la fine del dominio. O il comfort ingannevole e sempre più limitato di un’economia assassina, o l’avventura di un’esistenza sovrana, questa è la questione. Le proteste coscienti nate da una vita quotidiana mutilata devono avere per orizzonte un mondo antiproduttivista, non patriarcale, senza inquinamento, senza cibi industriali, senza tempo libero prefabbricato, senza montagne di spazzatura, un mondo de-globalizzato purificato dallo Stato. Se ritorniamo alla salute, ricordiamoci che per propagarsi i virus hanno bisogno di una popolazione numerosa, densa e in perpetuo movimento. Per contro, i piccoli gruppi soffrono meno di malattie epidemiche. La sovrappopolazione e l’iperattività favoriscono la trasmissione – condizioni ottimali nelle metropoli - cosi come gli spostamenti di massa dovuti alla fame, alle guerre, al turismo. Ragione di più perché il mondo da ricostruire sia un insieme di Comuni pacifiche e autonome, un mondo in maggioranza rurale, demotorizzato, disurbanizzato e demilitarizzato.

 

Miquel Amoros, 12 novembre 2020

 

Conversazione con Miquel Amoros sulla pandemia nella trasmissione di « Toccata e fuga »

del 12 dicembre 2020

Nei tuoi testi che la riguardano, metti l’accento sul fatto che la crisi del coronavirus è stata un altro giro di vite del controllo statale nel senso dello sviluppo capitalista. Tu dici che “stiamo partecipando come massa di manovra a una prova generale di difesa dell’ordine dominante di fronte a una crisi globale”, un processo apparentemente scatenato dalla pandemia che avrebbe potuto esserlo per qualunque altro tra i molti effetti nocivi della “società della crescita infinita”. Potresti ampliare un poco questa prospettiva?

La pandemia esiste e sappiamo che la sua letalità è bassa, che è trattabile con i mezzi abituali e che il ritmo dei contagi evolve in modo simile ad altre infezioni respiratorie come l’influenza. D’altra parte, sorprendentemente, nessuno sembra preoccuparsi per il numero di morti nel mondo per cancro, fame, contaminazioni, diabete, infarto, tubercolosi, malaria, aids, epatite, suicidio o incidenti stradali. Se tanta sofferenza non ha mai imposto misure eccezionali come la maschera, la distanza, il tracciamento, il coprifuoco o il confinamento, qual è, dunque, la base medica che le giustifica nel caso del Covid 19? Problemi di sicurezza associati? Non sembra sia il caso. Il virus ha semplicemente evidenziato lo stato malandato della salute pubblica e dell’assistenza agli anziani, saturando ospedali e cimiteri. La reazione sproporzionata da parte del governo ubbidisce a una strategia dello choc che approfitta di una supposta crisi settoriale per introdurre cambiamenti involutivi. I regimi che s’intrattengono con formalismi democratici si sanno deboli per affrontare una situazione critica con dibattiti pubblici e optano per la medicalizzazione, scelgono cioè di affrontarla come se fosse un serio problema medico risolvibile soltanto con mezzi d’emergenza che vanno molto al di là della medicina. Per imporli ricorrono alla paura. Grazie alla comunicazione unilaterale si è potuto diffondere una psicosi di panico con risultati orribili per la convivenza, ma eccellenti per il modello autoritario posto in atto dallo stato di allarme.

Quali sono, secondo te, le vere cause?

Ce ne sono di vario tipo. Per primo, un misto di ignoranza, inerzia e timore di misure controproducenti da parte del governo. Secondo, la crisi generale del modo di vita capitalista, il lato oscuro dell’insostenibile industrializzazione del vivere. Il sovraffollamento, l’iperattività, l’ipermobilità, la distruzione del territorio (luogo degli habitat delle specie animali), l’alimentazione industriale, l’inquinamento e un sistema di protezione sanitaria sicuramente inefficiente sono i veri responsabili della pandemia. Il capitalismo ha raggiunto il picco ed è diventato totalmente insalubre. Terzo, la digitalizzazione di tutte le attività...

A che cosa ti riferisci quando parli di choc d’interessi dominanti contradditori?

Tra le élites planetarie ci sono differenze enormi sul modo di evitare la crisi globale, o per dirlo in forma più attuale, la pandemia economica. Gli uni si preoccupano per il mutamento climatico o per la mano d’opera dei rifugiati; sono dunque, sostenitori di un governo mondiale e di mantenere l’armamentario democratico del capitalismo verde. Gli altri negano l’importanza del riscaldamento globale e alzano muri contro l’immigrazione; sono favorevoli a un arrocco nazionalista, a un modello cinese di Stato e a uno sviluppo senza colore.

Tu parli di amministrazione della catastrofe e di riarticolazione della megamacchina. Parli di una svolta in profondità e in ampiezza per sostituire lo “Stato sociale” con lo Stato poliziesco, di smantellamento della sanità pubblica, di medicalizzazione e di una crescita ancora maggiore del potere delle multinazionali farmaceutiche. Di dittatura sanitaria.

Il potere (la megamacchina) si sta riconfigurando a livello statale, finanziario e tecnologico e se sul terreno medico si manifesta con l’espansione dell’industria privata della salute e la crescita delle grandi corporazioni chimico-farmaceutiche, sul terreno amministrativo equivale a uno sviluppo dell’area poliziesca e a una regressione nella politica. Oggi si può parlare di una dittatura legittimata da supposte urgenze sanitarie la cui causa è attribuita a un temibile nemico microscopico dal quale solo i vaccini delle multinazionali possono salvarci.

Descrivi grandi progressi dell’alienazione: digitalizzazione sociale, impero indiscusso della menzogna spettacolare, catastrofismo, governo della paura, statistiche manipolate, studi scientifici interessati; spostamento della sovranità a istituzioni sempre più incontrollabili; gestione tecnica degli eccedenti di popolazione...

I rapidi cambiamenti prodotti dall’inizio dell’anno con i mezzi restrittivi hanno alterato sensibilmente le relazioni sociali con un aumento ulteriore della pressione sulla popolazione eccedente, sulla gente esclusa dal mercato del lavoro che diventa sempre più costosa da assistere. Si è anche diffusa, in certi settori conformisti, una mentalità sottomessa e isterica, incapace di ragionare, propensa all’obbedienza cieca e alla delazione, tipica dei sistemi totalitari. La digitalizzazione, i mezzi di comunicazione subordinati, la scienza subornata e la polizia onnipresente sono gli strumenti di questa forma di alienazione per cui i governati cedono di buon grado la loro sovranità nominale allo Stato e alle istituzioni superiori che ne determinano le decisioni.

Questi cambiamenti nel regime mondiale di dominio e sfruttamento sono dunque irreversibili? È finita quella che si usava chiamare “democrazia”? Si sta producendo un salto qualitativo nella mondializzazione del mercato e nel suo intreccio con il sistema tecnologico? Che cosa pensi che succeda?

Il potere non può più tornare indietro, tutte le mosse imminenti punteranno nella stessa direzione, quella della barbarie. Quella che chiamano “democrazia” e non lo è, nella misura in cui risponde al salto qualitativamente autoritario della globalizzazione, sarà visibilmente quel che era già nell’essenza, una dittatura soavemente golpista e tecnologicamente ben equipaggiata.

Cospirazione e negazionismo, collaborazionismo di sinistra, sottomissione servile e dipendenza dichiarata della popolazione, approfondimento del ciclo lavoro-consumo, comportano un’obbedienza incondizionata ai diktat dei dirigenti. Gallerie di uno stesso labirinto?

In effetti, l’informazione verticale, la menzogna generalizzata, la demagogia dirigente e i suoi frutti avvelenati – le fake news, la negazione geek e l’ossessione complottista –, sono collegati alla servitù volontaria, al controllo disciplinare e al consumismo accentuati, caratteristiche principali del panorama attuale.

Prospettive reali di resistenza e autodifesa.

La profonda sfiducia delle masse verso i vaccini improvvisati, la violazione rilassata delle misure imposte, l’indignazione del personale sanitario, la dissidenza tra ricercatori e l’insediamento degli abitanti delle città in piccoli centri, sono sintomi che la sottomissione agli imperativi della sopravvivenza metropolitana non è generale e ancora meno automatica. L’attendibilità di chi ci governa non vive un buon momento e la sua capacità di manovra è piuttosto limitata. Certamente manca un’alternativa civile attiva che porti alla trasformazione radicale del modo di vivere, ossia l’uscita dal capitalismo. Deve essere chiaro che è necessario alla società autogovernarsi. La disobbedienza già abbondante, la protesta che non manca, l’autonomia e il gusto della verità quasi assenti, sono soltanto i primi passi di una possibile rivolta che reinventi la salute, la cura, l’insegnamento, i trasporti, l’urbanismo, la vita quotidiana, l’amministrazione, la politica...

 


La nouvelle anormalité

 

Miquel Amorós, le 12 novembre 2020.

 

La catastrophe n'est pas seulement la promesse du malheur annoncé par la civilisation industrielle; elle est déjà notre présent immédiat, ce que confirme l’alarmisme des experts devant la possibilité annoncée aux quatre vents d’un effondrement du système de santé. En décrétant la fin du premier confinement, les gouvernants ont essayé d’éviter l’aggravation de la crise économique. Cependant, l’urgente nécessité qu’il y avait à sortir l’économie d’une forme de restriction peu propice à la consommation, a conduit au contraire: les résurgences du virus n’ont pas tardé à venir, ou du moins c’est ce que disent les statistiques des études scientifiques officialisées. Comme le laissent malgré tout entrevoir les médias de désinformation, la gestion de la pandémie a été humainement désastreuse. Pour qu’il en soit autrement il eût fallu sortir de la logique et du formatage technocratiques et s’intéresser plus aux humains qu’à leur fonction consumériste: une société de consommation ne peut se développer avec une économie semi-paralysée, elle doit donc impérativement s’occuper de ses consommateurs. Leur degré de disponibilité pour le travail et la dépense, c’est-à-dire ce que sous le capitalisme l’on appelle la santé, doit être satisfaisant. Plus clairement: faute de faire un pas en avant dans un contrôle social d’envergure suffisante, les dirigeants ont été contraints de faire un pas en arrière, en proclamant un nouvel état d’urgence afin de se prévaloir des dispositions coercitives antérieures, préparées avec des restrictions inutiles aux «activités non essentielles», couvre-feux et confinement à la carte. Il n’est pas certain que nous soyons face à une "deuxième vague", mais ce qui est certain c’est que nous sommes face à un coup d’État mou. Cependant, un second chapitre s’ouvre dans l’implantation d’une dictature sanitaire destinée à perdurer par la voie de l’état d’exception. L’oiseau du développement couve l’œuf de la tyrannie à l’aide du virus médiatique.

En vérité, les conditions de vie dans la société de croissance infinie font peser une sérieuse menace sur la santé réelle des populations. Face à cela, les dirigeants et leurs conseillers ne proposent que des solutions techniques allant essentiellement dans le sens des intérêts dominants et ces derniers sont contradictoires. Des conflits existent entre les différentes puissances mondiales ainsi qu’en leur sein. Les structures de pouvoir sont en train de se réaménager à l’échelle mondiale face aux innombrables crises à venir. Les États, le capitalisme et la techno science – la Méga machine –, se renforcent dans un nouvel assemblage lourd de conséquences mauvaises et prévisibles pour les populations, dont une part croissante est déjà inutile pour le système. Il s’agit de gérer les excédents, techniquement, moins par l'économie marginale que par la guerre ou par des maladies infectieuses. Et, comme le but poursuivi est l’obéissance inconditionnelle, on aura recours aux outils indispensables pour gouverner: la peur et dans les cas graves, la terreur. Dans le cas concret de la pandémie, il s’agirait d’adapter la «santé» à l’économie en la transformant en une opportunité de numérisation et de développement. La coûteuse santé publique serait laissée telle qu’elle, c’est-à-dire à moitié en ruine. Le premier objectif de la plus corrompue des industries: l’industrie pharmaceutique, et bien sûr, des gouvernements sera la production et la distribution d’onéreux médicaments et de vaccins miraculeux. Cela accompagné du commerce online et d’un lot de mesures prophylactiques: lavage des mains, paiement par carte, masque, distanciation, ventilation, silence et bientôt carte d’immunité, ouvrira la voie au Grand Contrôle général. Mais pour que la population obéisse aux conseils de la pharmacopée du spectacle, il est urgent que la soumission augmente encore d’un cran, et là est le problème: personne n’accepte de bon gré de changer ses habitudes sociales au profit d’un isolement insensé, même sur ordre des autorités. Des situations proclamées de plus en plus alarmantes exigent donc des doses plus élevées de catastrophisme et un déploiement plus important de toutes les forces de l’ordre. La domination doit d’abord utiliser la peur, puis recourir à la force, si cela ne suffit pas. Politiquement, cela signifie la suppression non seulement des bribes de liberté qu’il restait à tout un chacun mais aussi des apparences démocratiques du parlementarisme au profit de l'autoritarisme typique de la dictature, dont l'efficacité dépend désormais d'un contrôle numérique absolu. En effet, la suppression des libertés formelles (de circulation, de réunion, de manifestation, de fixation du lieu de résidence, etc.) prétendument garanties par les constitutions des États, le « traçage », les amendes et l’encouragement à la dénonciation, ont très peu à voir avec le droit à la santé mais beaucoup avec la nouvelle modernisation des pouvoirs et la perte de confiance des gouvernés qui, en réponse à ce qui est ressenti comme de l’ineptie et de l'irresponsabilité de la part des gouvernants, se permettent une désobéissance désinvolte. Et puisque la prétendue souveraineté populaire dans les pays où règne la mondialisation n’appartient pas vraiment au peuple, considéré comme un être irrationnel qu'il faut neutraliser, mais à l'État, fidèle exécuteur des desseins de la haute finance, le despotisme est la réponse naturelle à la perte de légitimité du pouvoir. En séparant la gouvernance et le droit par des décrets ad hoc d'une légalité discutable, l'État fait payer à la population le bilan d'une crise qu’il prétend n’avoir pas réussi à conjurer, à cause du «comportement incivique» de certaines catégories, principalement les jeunes. S’il n’y avait pas de résistance à tant d’abus, la vie sociale serait confinée dans l’espace virtuel et la seule démocratie qui resterait debout serait celle de la contagion.

Le dernier livre de Raoul Vaneigem commence ainsi: «Jusqu'aux jours sombres qu'illuminait la nuit des temps, il ne s'agissait que de mourir. Il s'agit désormais de vivre. Vivre enfin, c'est tout un monde à reconstruire». Et cela pourrait commencer par une réaction collective contre la privatisation, l’artificialisation et la bureaucratisation au nom d’une défense de la vie, étroitement liée à une défense de la liberté. Ce qui tue l’une (l’État, le Capital), tue l’autre, de sorte que cette défense commence par la désobéissance civile à leur diktats. Ils sont bien plus dangereux que le virus. La réaction de désobéissance contre la démesure des contraintes constitue actuellement l’axe de la lutte sociale, mais désobéir n’est pas suffisant: face à la confusion alimentée par le pouvoir, il faut revendiquer la vérité. Il convient d’éviter à tout prix que la protestation soit discréditée par les hallucinations du complotisme et du négationnisme. Les fissures qui apparaissent dans le consensus scientifique doivent y contribuer. Quant à la pandémie, la première règle d'autodéfense consisterait à garder des distances hygiéniques avec l'État et à aller vers l'autogestion de la santé. La santé dite publique n’a pas pour critère principal l’intérêt général car elle dépend de l'État, usurpateur de ce même intérêt. Il s’agirait plutôt de remettre le système de santé aux mains des médecins, infirmières, employés sanitaires, usagers et malades. La question est moins de créer des cliniques alternatives dans l'orbite de l'économie sociale, option qui n’est cependant pas à écarter, que de retirer à l'État la gestion d'une médecine que l’on voudrait à taille humaine, hors technicisme, décentralisée et proche. Rien ne sera possible sans des manifestations déterminées qui mettent en mouvement des masses insoumises en colère et fatiguées de subir les arrogantes manipulations des autorités et leurs stupides confinements. Mieux vaut affronter les conséquences de son insubordination que de vivre sous la férule de cadres morbides et de technocrates menteurs. Dans un monde déterminé par le travail mort et dévoré par une psychose médiatiquement entretenue, il est indispensable que de plus en plus de gens sensés prennent parti pour la nature, la liberté, la vérité et la vie.

La bourse ou la vie! Ou le chaos économique et sanitaire, ou la fin de la domination. Ou le confort trompeur et de plus en plus limité d’une économie meurtrière, ou l’aventure d’une existence souveraine, telle est la question. Les protestations conscientes nées d’une vie quotidienne mutilée doivent avoir pour horizon un monde anti productiviste, non patriarcal, sans pollution, sans nourriture industrielle, sans loisirs fabriqués, sans montagnes de déchets, déglobalisé et désétatisé. Si nous revenons à la santé, rappelons-nous que pour se propager, les virus ont besoin d’une population nombreuse, dense et en perpétuel mouvement. En revanche, les petits groupes souffrent moins de maladies épidémiques. La surpopulation et l'hyperactivité favorisent la transmission conditions optimales dans les métropoles ainsi que les déplacements massifs dus aux famines, aux guerres et au tourisme. Raison de plus pour que le monde à reconstruire soit un ensemble de communes pacifiques et autonomes, majoritairement rural, dé motorisé, désurbanisé et démilitarisé.


 

Charla con Miquel Amorós sobre la pandemia en la emisión de «Tokata y Fuga» del 12 de diciembre de 2020

 

En tus textos sobre ella, cargas el acento en el hecho de que la crisis del coronavirus ha supuesto una vuelta más de la tuerca del control social estatal en el tornillo del desarrollismo capitalista. Dices que “estamos participando como masa de maniobra en un ensayo general de defensa del orden dominante frente a una crisis global”, un proceso aparentemente desencadenado por la pandemia que podría haberlo sido por cualquier otro entre los muchos efectos nocivos de la “sociedad del crecimiento infinito”. ¿Nos podrías ampliar un poco esa perspectiva?

 

La pandemia existe y sabemos que su letalidad es baja, que es tratable por los medios habituales y que el ritmo de los contagios evoluciona de forma similar a otras enfermedades infecciosas respiratorias como la gripe. Por otra parte, sorprendentemente, a nadie parece alarmar el saldo de muertes en el mundo por cáncer, hambre, contaminación, diabetes, infartos, tuberculosis, paludismo, sida, hepatitis, suicidios o accidentes de tráfico. Entonces, si tanta dolencia nunca ha forzado medidas de excepción como la mascarilla, la distancia, el rastreo, el toque de queda o el confinamiento, ¿cuál es la base médica que las justifica en el caso de la Covid 19? ¿Problemas de seguridad asociados? No parece que sea el caso. El virus simplemente evidenció el mal estado de la salud pública y de la asistencia a mayores saturando hospitales y funerarias. La reacción desproporcionada por parte del gobierno obedece a una estrategia de choque que aprovecha una supuesta crisis sectorial para introducir cambios involutivos. Los regímenes que se entretienen con formalismos democráticos se saben débiles para afrontar una situación crítica con debates públicos y se decantan por la medicalización, o sea, por encararla como si fuera un grave problema médico solucionable únicamente con medidas de emergencia que van más allá de la medicina. Para imponerla recurren al miedo. Gracias a la comunicación unilateral, ha sido factible la expansión de una psicosis de páníco con resultados horribles para la convivencia, pero excelentes para el modelo autoritario entronizado por el estado de alarma.

 

¿Cuáles son para tí las verdaderas causas?

 

Las hay de varios tipos. Primero, una combinación de ignorancia, inercia y temor gubernamental a medidas contraproducentes. Segundo, la crisis general del modo de vida capitalista, el lado oscuro de la insostenible industrialización del vivir. El hacinamiento, la hiperactividad, la hipermovilidad, la destrucción del territorio (luego de los hábitats de las especies animales), la alimentación industrial, la polución y un muy deficiente sistema de protección sanitaria, son los verdaderos responsables de la pandemia. El capitalismo ha tocado techo y se ha vuelto totalmente insalubre. Tercero, la digitalización de toda actividad ...

 

¿A qué te refieres cuando hablas de choque de intereses dominantes contradictorios?

 

Entre las elites planetarias hay diferencias enormes sobre el modo de conjurar la crisis global, o por decirlo de forma más actual, la pandemia económica. Unas confiesan su preocupación por el cambio climático o por la mano de obra refugiada y son partidarias de un gobierno mundial, de mantener la parafernalia democrática y del capitalismo verde. Las otras niegan la importancia del calentamiento global y levantan barreras contra la inmigración; están a favor de un enroque nacionalista, de un modelo chino de Estado y de un desarrollismo sin color.

 

Hablas de administración de la catástrofe y rearticulación de la megamáquina. De un gran avance en profundidad y extensión de la sustitución del “Estado social” por el Estado policial. De desmantelamiento de la sanidad pública, de medicalización y aún mayor crecimiento del poder de las multinacionales farmaceúticas. De dictadura sanitaria.

 

El poder (la megamáquina) se está reconfigurando a nivel estatal, financiero y tecnológico, y si en el terreno médico eso se manifiesta en la expansión de la industria privada de la salud y el avance de las grandes corporaciones químico-farmacéuticas, en el el terreno administrativo equivale a un desarrollo del área policial y una regresión en la política. Hoy podemos hablar de una dictadura legitimada por supuestas urgencias sanitarias cuya causa se atribuye a un temible enemigo microscópico del que solo las vacunas de las multinacionales nos pueden salvar.

 

Describes grandes progresos de la alienación: digitalización social, imperio indiscutido de la mentira espectacular, catastrofismo, gobierno del miedo, estadísticas manipuladas, estudios científicos interesados; desplazamiento de la soberanía a instancias cada vez más incontrolables; gestión técnica de los excedentes de población…

 

Los rápidos cambios producidos desde principios de año por las medidas restrictivas han alterado considerablemente las relaciones sociales y aumentado todavía más la presión sobre la población excedentaria, la gente excluida del mercado laboral, que cada vez resulta más costosa de asistir. También ha expandido en ciertos sectores conformistas una mentalidad sumisa e histérica, incapaz de razonar, propensa a la obediencia ciega y a la delación, típica de los sistemas totalitarios. La digitalización, los medios de comunicación subordinados, la ciencia sobornada y la policía omnipresente son las herramientas de esa forma extrema de alienación, debido a la cual los gobernados ceden gustosamente su soberanía nominal al Estado y a las instancias superiores que determinan sus decisiones.

 

¿Esos cambios en el régimen mundial de dominación y explotación son, entonces, irreversibles? ¿Se ha acabado lo que se solía llamar “democracia”? ¿Se está produciendo un salto cualitativo en la mundialización del mercado y su imbricación con el sistema tecnológico? ¿Qué es lo que tú ves venir?

 

El poder ya no puede dar marcha atrás. Todas las mudanzas venideras apuntarán en la misma dirección, la de la barbarie. Lo que dicen «democracia» y no lo es, en la medida responda al salto cualitativamente autoritario de la globalización, será visiblemente lo que ya era en esencia, una dictadura suavemente golpista y tecnológicamente bien equipada.

 

Conspiranoia y negacionismo, colaboracionismo izquierdista, sumisión servil y dependencia declaradas de la población, profundización en el ciclo trabajo-consumo, entrega a los dictados de los dirigentes, obediencia incondicional. ¿Galerías de un mismo laberinto?

 

La información vertical, la mentira generalizada, la demagogia dirigente y sus frutos emponzoñados -las fake news, la negación friki y la obsesión complotista-, son en efecto, junto con la servidumbre voluntaria, el control disciplinario y el consumismo acentuados, las características principales del panorama actual.

Perspectivas reales de resistencia y autodefensa.

 

La profunda desconfianza de las masas ante las improvisadas vacunas, el incumplimiento relajado de las medidas impuestas, la indignación del personal sanitario, la disidencia entre investigadores y la instalación de urbanitas en los pueblos, son síntomas de que la sumisión a los imperativos de la supervivencia metropolitana no es general y ni mucho menos automática. La credibilidad de quienes nos gobiernan no está en su mejor momento y su capacidad de maniobra es más bien limitada. Falta, eso sí, una alternativa civil activa que lleve a plantear la transformación radical del modo de vida, o sea, la salida del capitalismo. Ha de quedar claro que es necesario para la sociedad autogobernarse. La desobediencia, que ya es abundante, la protesta, que no escasea, la autonomía y el gusto por la verdad, casi ausentes, son únicamente los primeros pasos de una revuelta posible que reinvente la salud, los cuidados, la enseñanza, los transportes, el urbanismo, la vida cotidiana, la administración, la política...