Cari esseri umani
sopravvissuti di cui faccio parte,
credo
che abbiamo superato il punto di non ritorno all’interno della società
produttivista che s’impone e ci manipola da millenni e sento forte il bisogno
di provare a fare il punto restando fuori da tutti i militantismi e da tutte le
isterie dogmatiche che danzano confusamente nei nostri corpi e nelle nostre
teste tra dubbi, titubanze, rabbie e deliri che umiliano profondamente la lucidità.
L’umano
é ormai un resto prezioso ma incredibilmente svalutato in un mondo costellato e
pervaso di disumanità e nessuno di noi è in grado di ristabilire pienamente una
verità assoluta da cui partire per spiccare il volo verso un mondo umano. Quel
che è certo è che una società fondata sulla schiavitù di massa educa i propri
paria (che chiama cittadini quando
ubbidiscono supinamente mentre li bolla come selvaggi – nel macabro senso
implicito di untermenchen – quando resistono in qualche modo al
dominio e al sopruso) a produrre merci e a consumarle miseramente all’interno
di una gerarchia ferrea, appunto schiavistica, in cui il lavoro coatto è la
regola unica e multiforme.
Il
ricatto economicista dirige il mondo da quando le società organiche degli
albori dell’umanità sono state attaccate dall’irruzione di una morale
produttivista che ha corrotto fino al midollo una comunità umana molteplice e
varia (le cui opzioni possono essere diverse e incompatibili, matricentriche o
patriarcali) in divenire lento e contradditorio. Di questa comunità organica originaria
non si può che costatare la distruzione che rischia oggi di diventare definitiva.
Improvvisamente
ma prevedibilmente, circa settemila anni dopo l’innescarsi della civiltà
produttivista diventata nel frattempo planetaria e globale, un piccolo virus
tra i molti che la natura produce da sempre[1] e dai quali gli esseri
umani hanno dovuto difendersi spesso di secolo in secolo, è venuto a scardinare
i delicati equilibri schiavistici del capitalismo produttivista planetario,
fase terminale di una lunga malattia umana dai sintomi inequivocabili e ormai
noti: alienazione e reificazione[2].
La
più grande novità del coronavirus 19/84 non riguarda, infatti, la gravità della
pandemia (tutt’altro che banale, ma se ne sono viste e se ne vedranno
certamente di peggiori) né l’impotenza umana a eliminarne rapidamente le cause
e le disgrazie, quanto l’assenza morbosa di un approccio organico alla
situazione, tanto sul piano individuale che sociale. L’irruzione del virus ha
accentuato l’autismo dell’homo economicus di fronte alla natura, dimostrando
la debolezza strutturale della società globale e accentuando radicalmente la
diffidenza nei confronti del sistema sociale che domina la specie umana,
costretta di colpo a confrontarsi con l’artificialità ormai palese e diffusa
della società.
Quest’artificialità
produttivista spiega in gran parte le contraddizioni del potere nella gestione
della pandemia. La mancanza di maschere, di respiratori, di ossigeno e di letti,
carenza che resta grave un anno e mezzo dopo l’apparizione del virus, non può
essere imputata all’imprevedibilità e all’ignoranza ma all’assenza della minima
generosità empatica da parte del sistema. Ciò che resta immutato nei miserabili
eredi virtuali della borghesia reale che ha storicamente fondato il capitalismo[3], è la logica ferrea del
risparmio che nessun umanesimo deve disturbare. I diritti dell’uomo su cui il
capitalismo parlamentare è formalmente fondato, si evaporano come nebbia al
sole appena il profitto è intaccato. Business
is business e non c’è davvero altro da aggiungere se non che la danza
macabra dinanzi al vaccino testimonia invece, tragicamente ed evidentemente, di
una confusione patologica condizionata dal pericolo. Tanto i pro che gli anti riproducono l’opposizione binaria che la storia recente ha
particolarmente manifestato nel ventesimo secolo: destra e sinistra, fascismo e
antifascismo sono stati i prodotti di una stessa ideologia suprematista al
cuore del produttivismo e del suo modo di produzione finale capitalista.
Scandalosamente
ma lucidamente, in pieno ventennio fascista, il comunista Bordiga dichiarava che
l’antifascismo era il peggior prodotto del fascismo. La democrazia totalitaria gli
sta dando di nuovo – vichianamente – ragione. Oggi, quasi un secolo dopo il
ventennio fascista, in piena controrivoluzione digitale, l’anticomplottismo appare
come il peggior prodotto del complottismo, entrambi al lavoro, come Caino e
Abele, per la paranoia universale e per il dominio incontrastato di oligarchie,
plutocrazie e totalitarismi vari che cavalcano tutte le allucinazioni con
paternalismo e autoritarismo.
Quel
che m’inquieta ben più del virus è, infatti, il misticismo di molte posizioni
che emergono di fronte alla pandemia. Mai come ora mi sono sentito così solo, abbandonato,
perduto in un dipinto di Bosch, ogni volta che guardo i volti e ascolto le
parole dei diversi deuteragonisti dello spettacolo dominante[4], sprovvisto, come sono,
del conforto percepibile di un’ampia e cosciente lucidità collettiva. Mai come
ora ho avuto l’impressione ambivalente di ascoltare circostanziate denunce che potrebbero
essere allarmi preziosi, fiori di una nuova coscienza radicale nascente, ma che
si corrompono troppo spesso in razionalismi morbosi e deliranti, impotenze rimosse
che si affermano come lucidità paranoiche.
Certamente
non si possono rimuovere senza attenta riflessione testimonianze come quelle
che seguono perché si presentano come rigorose e disinteressate (cioè senza
conflitti narcisisti d’interesse economico o psichico) ma la loro veridicità
resta largamente inverificabile, obbligando a prendere o lasciare emotivamente:
https://odysee.com/@TheMagicWhispers:3/Jean-Bernard-Fourtillan-Grand-Format_1
Poco
di tutto quello che è dato per certo a parole dette o scritte, è sicuro e credo
sia assolutamente necessario evitare ogni atto di fede anche impercettibile[5]. Dubito ergo sum, proprio a causa dell’importanza di capire la
verità. Da entrambi i lati di barricate di cartapesta destinate a sciogliersi
come la calotta polare di fronte al cambiamento climatico, si affermano
certezze non meno dubbie della verginità della madonna o dell’esistenza degli
extraterrestri. Al fascismo sanitario
conformista che s’inginocchia di fronte ai diktat di un potere totalitario ottuso
che non merita la minima fiducia, né alcun sostegno, si oppone uno stalinismo sanitario virtuale e
inconscio che non vuole vedere i rischi della pandemia, così come i militanti del
partito non volevano, un tempo, vedere il fascismo rosso del piccolo padre dei
popoli e dei suoi adepti.
I
popoli organici della terra sopravvissuti sono nelle mani dei dominanti produttivisti,
ridotti a masse di servitori volontari malati di una sindrome di Stoccolma o a
rivoltosi senza rivoluzione la cui rabbia spontanea è sensibile alle manipolazioni
possibili di suprematisti deliranti. Rompere con questa logica binaria che fa
gli affari del Leviatano, è la conditio
sine qua non per la necessaria rivoluzione sociale libertaria che sola può
ricostituire la base organica della socialità umana. Il più imbarazzante è che
tutto, compreso il peggio, è effettivamente possibile, ma poco è davvero verificabile
da parte dei diretti interessati che siamo noi, semplici individui del
quotidiano.
La
miseria dei tifosi di calcio che imperversa in ogni ghetto, spinge a opporre la
squadra del cuore a tutte le altre (tutte patrie altrettanto putride di
suprematismo patriarcale) esprimendo l’orrenda logica binaria di ogni schiavitù
materiale o virtuale. I promotori del vaccino ne vantano le qualità ma non
sanno granché di chiaro e definitivo sui suoi possibili effetti secondari né
sulla sua efficacia di fronte a varianti in continua mutazione. I vaccinisti non possono parlare che in
termini economici, statistici, di rischi e/o benefici dello shoot sanitario, incitando a una presa
di rischio assolutamente fuori controllo. Gli antivaccinisti, anche quando non cadono nella credenza mistica in
qualche guru che appare sulla rete profetizzando l’apocalisse causata dai vaccini,
non hanno da opporre alla vaccinazione che una fobia e un’attesa impotente
fondata su una speranza contemplativa che contribuisce alla confusione.
Lo
Stato è un prosseneta che tratta i cittadini come prostitute: o questi ultimi
battono il marciapîede produttivista supini e sottomessi o vi sono costretti a
pugni e schiaffi dalla violenza legale monopolizzata dai loro sfruttatori. Inaccettabile.
Nessuno, per nessuna ragione può arrogarsi il diritto di decidere per gli altri
imponendo, di fatto, la sua volontà. Se la vita è sempre e comunque un rischio,
qui come sempre la questione è chiara: chi ha diritto di decidere sui rischi
che lo riguardano se non l’individuo che subisce le conseguenze della decisione
in questione? Anche la risposta è semplice: no alla vaccinazione obbligatoria
dissimulata nel pass sanitario!
D’altro
lato, come conciliare il bene individuale e il bene comune relativi alla
diffusione o no del vaccino? Senza garanzie assolute, la vaccinazione di massa può
contribuire a ridurre il rischio di nuove varianti resistenti al vaccino. In
una società individualista in cui l’individuo non conta nulla se non come
soggetto/oggetto economico, la questione radicalmente individuale di una
puntura da farsi o da rifiutare è chiaramente psicodrammatica perché è in
realtà contemporaneamente individuale e collettiva, dunque tipicamente e
profondamente umana. Diventa allora fondamentale stabilire che non è il vaccino
che va imposto né combattuto (eventualmente, semmai, quelli che si
arricchiscono vendendolo). Si tratta di valutare con una sensibilità organica,
in piena autonomia, i rischi del vaccinarsi e del non farlo, restando
assolutamente liberi di fronte alla scelta, tanto più quando i pro e i contro restano
di difficile valutazione. Tale impasse pone tragicamente l’accento, invece, sull’urgenza
di combattere soprattutto e immediatamente l’artificialità del sistema sociale dominante
fondato sull’appropriazione privativa che imponendo l’impasse attuale ha
sconvolto l’organicità umana altrettanto individuale che collettiva, storicamente
materializzata nella Comune il cui spirito profondo non è né individualista né
collettivista, ma l’uno e l’altro indissolubilmente.
Mezzo
secolo fa, un certo numero d’insoddisfatti della società produttivista, non
potendo rovesciare il mondo dominante come infinitamente e confusamente desideravano,
si sono spesso rivolti a droghe diverse tuffandosi in un mondo artificiale in
cui sentirsi liberi. I benpensanti aborrono i drogati e viceversa poiché i “normali”
drogano sempre il loro superio di conformismo, di noia, d’ipocrisia e di
violenza sociale, mentre la ricerca alternativa di paradisi artificiali non fa
che alleviare, con un anticonformismo tragicamente nichilista, la mancanza di rivoluzione
sociale rimpiazzandola con sostanze stupefacenti che il sistema proibisce con
il suo solito riflesso proibizionista. La droga feticizzata come magica merce
di consumo è l’ultimo stadio dell’artificialità che invade e perverte la
convivialità alla base della socialità.
Essendo
allora mille leghe lontano dagli antivax attuali che profetizzano rischi
apocalittici conseguenti a una semplice doppia dose di vaccino, chi si drogava per
mancanza di rivoluzione non faceva certo caso alla composizione e alla qualità
delle sostanze che il business della droga metteva a disposizione incitando a iniettarle
nel braccio d’oro dei propri adepti. Certo non era lo Stato a imporre quelle punture
ma il suo miglior nemico. Era, infatti, il Mercato – l’altra faccia del
Leviatano produttivista – a spingere al consumo illegale come un primo passo
verso una fantasmatica libertà. Come tutti i mercati più succosi, quello della
droga è stato e resta nelle mani delle mafie che sono uno Stato liberato da
ogni responsabilità e dovere verso i quaquaraqua[6]. Il buon cittadino è un
servitore volontario che può drogarsi di lavoro e di altre sostanze banalizzate
dalla civiltà produttivista ma non di eroina o di qualche altro oppio dei
popoli venuti a sostituire, temporaneamente e solo parzialmente, un’alienazione
religiosa indebolita dal materialismo consumistico diffuso. Oggi è il sistema dominante
che incita a bucarsi due volte con il vaccino in attesa di altre punture ineluttabilmente
a venire per prolungare la libertà di fare la coda nei supermercati, negli
stadi, nei luoghi di vacanza e nei ghetti lavorativi. Dai paradisi artificiali
al purgatorio consumistico, la convivialità, qualità tipica dell’organicità del
vivente, si trasforma in una misera rivendicazione da schiavi che negano i
rischi di una pandemia sotto gli occhi di tutti, ribellandosi contro la
maschera al bar ma subendo senza la minima reazione il loro quotidiano lavoro
da schiavi.
Tuttavia,
che il rifiuto di portare la maschera nei luoghi chiusi finché il virus circola
abbondantemente testimoni di una scarsa empatia, non può giustificare
un’imposizione legale che obblighi a iniettarsi il vaccino. Non ho mai subito
il ricatto di una droga di mafia o di Stato (né eroina né lavoro salariato) e
mi sono sempre considerato libero di tutte le scelte volute. Ho dunque deciso
di vaccinarmi appena in tempo, prima che il pass sanitario introducesse un’intollerabile
imposizione dal sapore chiaramente totalitario. Ora che il vaccino sta diventando
una discriminante sociale tra gli esseri umani, per solidarietà non mi sentirei
più di vaccinarmi, pur continuando a pensare – senza alcuna certezza, sia
chiaro – che i rischi reali ed eventuali del vaccino siano meno immediati e importanti
di quelli di un virus che può provocare un fin di vita da incubo, soprattutto
agli anziani con comorbilità.
La
linea di demarcazione tra libertà e totalitarismo è definitivamente varcata se
il corpo di un individuo non è più protetto da un’autonomia totale. Altrimenti
perché scandalizzarsi dell’infibulazione, della castrazione chimica? Non si
tratta, in fondo, che di “soluzioni finali” diverse, fondate sullo stesso
principio: non riconoscere che a se stessi e al proprio suprematismo schifoso
il diritto di vita e di morte. L’ipocrita scandalo dei servitori volontari di
fronte alle provocazioni degli antipass (che per denunciare il sopruso in atto inalberano,
con il cattivo gusto tipico del militantismo, la stella gialla della tragedia
umana subita dagli ebrei e dalle minoranze finite nel mirino dei nazisti)
dimentica le coperte al vaiolo date dai bianchi civilizzatori agli autoctoni
americani per eliminarli di soppiatto. Davvero senza fine è la serie di crimini
contro l’umanità che ha marcato tutto il produttivismo di cui il nazismo è
effettivamente un macabro fiore all’occhiello, ma non l’unico esempio.
La
più grande novità ancora rimossa ma ormai evidente è che il vecchio mondo è
moribondo e stiamo comportandoci come se avessimo deciso di morire con lui. Lo
stiamo facendo, ignorando le urgenze climatiche, ecologiche e sociali che
emergono lampanti e sempre più urgenti. Ogni anno la data in cui l’uomo giunge
a consumare l’intera ricchezza annuale della terra arriva sempre prima rispetto
agli anni precedenti: nel 1970 il giorno era il 29 dicembre; il 4 novembre nel
1980; l’11 ottobre nel 1990; il 23 settembre nel 2000 e il 7 agosto nel 2010. Nel
2020 questa data è arrivata il 29 luglio! Tutto ciò è risaputo, denunciato e
ripetuto, eppure continua imperterrito in nome della crescita, della crescita,
della crescita. Basta con i discorsi, il tempo non è più agli opportunismi né
alle titubanze, ma non sono molto ottimista di fronte alla balordaggine con cui
l’homo economicus si lascia cuocere nell’acqua ancora tiepida, destinata a
diventare rapidamente bollente. O si rompe con il progresso alienato e lo
sfruttamento, alleandosi decisamente con la natura nel suo incedere ormai
chiaramente antiproduttivista, o si finirà ineluttabilmente nell’artificialità
nichilista di un capitalismo in fase terminale la cui peste emozionale è la
peggiore di tutte le pandemie possibili.
Sergio
Ghirardi Sauvageon, 2 agosto 2021
[1] Con l’Antropocene l’uomo è
diventato capace d’imitare la natura inventando eventualmente virus di
laboratorio.
[2] Noti ma non per questo davvero
conosciuti perché dissimulati dall’orgia di propaganda religiosa e politica con
cui la civiltà dominante ha avvolto i suoi sudditi di millennio in millennio.
Il Leviatano produttivista composto di Stato e Mercato (complici e competitori)
gestisce storicamente la manipolazione delle coscienze dosandola come l’altro
aspetto della violenza materiale necessaria ad addomesticare i dominati e
imporre le gerarchie di potere. Tra i molti esseri umani dedicatisi storicamente
a denunciare i disastri della civiltà, risvegliando le coscienze inquinate e
corrotte, spicca il nome di Karl Marx che ci ha permesso di capire i nessi
strutturali fondamentali tra la merce e il Capitale in una critica
dell’economia politica alla quale ha dedicato una vita. Né Machiavelli né Marx
possono essere esorcizzati come complottisti per la loro descrizione precisa e
profonda dei meccanismi del potere. Purtroppo il marxismo, fondato sulla
componente ideologica delle ricerche marxiane, ha confuso le carte contribuendo
a sua volta – ideologicamente appunto – alla perdita d’identità sociale (alienazione)
e alla riduzione dell’essere umano a una “cosa” (reificazione) – due patologie consustanziali al
feticismo della merce e alla libera circolazione mercantile della forza-lavoro
di produzione e consumo.
[3] Perché, non dispiaccia ai filosofi che intasano da commessi
viaggiatori il marciume dei mass media e la fogna populista che è la rete, il
capitalismo ha solo qualche secolo di vita storicamente precisa, mentre
l’economia di mercato è una realtà intrinseca dell’umano innescatasi
anticamente sull’economia domestica delle società organiche per essere prima
sacralizzata dalla religione poi materializzata attraverso la politica,
costituendo sempre e comunque il nervo onnipresente della lotta di classe e di
genere.
[4] Nella società dello spettacolo non
ci sono protagonisti perché la vita soggettiva ne risulta vampirizzata. Ricchi
o indigenti, ci sono solo poveri in canna che soffrono tra rabbia e umiliazione,
masse di liberti zombizzati e un’oligarchia di miliardari che gestiscono il
ghetto collettivo dall’alto delle loro torri di guardia concentrazionarie. Le
donne e gli uomini liberi possono esistere solo in una natura organica che si
presta a essere piacevolmente trasformata acraticamente, rispettandola nella
consapevolezza di farne parte.
[5] Come orizzontarsi per proteggere
la propria intelligenza sensibile dalla fabbrica ormai industriale di menzogne
sibilline e teleguidate da innumerevoli strateghi virtuali che la novlingua
chiama fake news? M’interroga e m’inquieta
l’affermazione categorica che Bill Gates non sia vaccinato. Chi può davvero saperlo?
Sembrerebbe che i miliardari e i privilegiati del sistema si siano piuttosto vaccinati
per primi. O mentono tutti, adepti di una setta diabolica che non avrebbe allora
alcun bisogno di paradisi fiscali? Così, nella barbarie colonialista del Far
West produttivista, i vigilantes impiccavano senza processo ipotetici ladri di
cavalli. Non dobbiamo essere ingenui: gli uomini di potere sono capaci di
tutto, la storia lo dimostra ampiamente e per questo è giusto combatterli
radicalmente, ma con simili affermazioni categoriche ci si prepara ai processi
sommari e al linciaggio non alla rivoluzione. Un’altra mia perplessità riguarda
il numero di morti attribuibili al vaccino che restano altrettanto misteriosi e
discutibili di quelli attribuiti al virus dalle versioni ufficiali fortemente contestate
sulla rete. Io non sono in grado di stabilire nessuna verità in proposito. Solo
è certo che, almeno finora, il virus uccide incomparabilmente di più che il
vaccino. O mi sbaglio?
[6] Quaquaraqua è il nome dato dai mafiosi ai cittadini disprezzabili e
succubi della loro gerarchia schifosa e terrorizzante che colloca al vertice
della piramide mafiosa gli uomini d’onore,
seguiti e serviti dai picciotti che
ne sono la guardia armata, gli assassini mercenari di una comunità disumana e
intimamente patriarcale.
Chers êtres humains survivants
Chers êtres humains
survivants dont je fais partie,
L'humain est désormais un vestige précieux mais incroyablement dévalué dans un monde parsemé et imprégné d'inhumanité et aucun de nous n'est capable de rétablir pleinement une vérité absolue à partir de laquelle décoller pour s'envoler vers un monde humain. Ce qui est certain, c'est qu'une société fondée sur l'esclavage de masse éduque ses parias (qu'elle appelle citoyens lorsqu'ils obéissent en position couchée tout en les qualifiant de sauvages – au sens implicitement macabre d'untermenchen – lorsqu'ils résistent d'une manière ou d'une autre à la domination et à l'oppression) à produire des marchandises et à les consommer misérablement au sein d'une hiérarchie de fer, précisément esclavagiste, dans laquelle le travail forcé est la règle unique et multiforme.
Le chantage économiste règne sur le monde depuis que les sociétés organiques de l'aube de l'humanité ont été attaquées par l'irruption d'une morale productiviste qui a corrompu jusqu’à la moelle une communauté humaine multiple et variée (dont les options peuvent être différentes et incompatibles, matri centriques ou patriarcales) en évolution lente et contradictoire. De cette communauté organique originelle, on ne peut que constater la destruction qui risque de s'achever définitivement aujourd'hui.
Du coup, mais de manière prévisible, environ sept mille ans après le déclenchement de la civilisation productiviste devenue entre-temps planétaire et globale, un petit virus parmi les nombreux que la nature a toujours produit[1] et contre lesquels les êtres humains ont dû se défendre souvent d’un siècle à l’autre, est venu rompre le délicat équilibre esclavagiste du capitalisme productiviste planétaire, phase terminale d'une longue maladie humaine aux symptômes sans équivoque et bien connus : l'aliénation et la réification[2].
La plus grande nouveauté du coronavirus 19/84 ne concerne, en effet, ni la gravité de la pandémie (loin d'être anodine, mais on a vu et on verra certainement de pire) ni l'impuissance humaine à éliminer rapidement ses causes et malheurs, mais plutôt l'absence morbide d'une approche organique de la situation, tant sur le plan individuel que social. L'irruption du virus a accentué l'autisme de l'homo economicus face à la nature, démontrant la faiblesse structurelle de la société globale et accentuant radicalement la méfiance envers le système social qui domine l'espèce humaine, soudainement obligée d'affronter l’artificialité désormais évidente et répandue de la société.
Scandaleusement mais lucidement, au cœur de vingt ans de fascisme, le communiste Bordiga a déclaré que l'antifascisme était le pire produit du fascisme. Comme pour confirmer la théorie des cours et recours historiques de Vico, la démocratie totalitaire lui donne à nouveau raison. Aujourd'hui, près d'un siècle après la période fasciste, en pleine contrerévolution numérique, l'anticomplotisme apparaît comme le pire produit du complotisme car tous les deux travaillent, comme Caïn et Abel, pour la paranoïa universelle et la domination incontestée des oligarchies, ploutocraties et totalitarismes divers qui chevauchent toute hallucination avec paternalisme et autoritarisme.
Ce qui m'inquiète bien plus que le virus, c'est, en fait, le mysticisme de nombreuses positions qui émergent face à la pandémie. Jamais auparavant je ne me suis senti aussi seul, abandonné, perdu dans un tableau de Bosch, à chaque fois que je regarde les visages et j’écoute les paroles des différents deutéragonistes du spectacle dominant[4], privé que je suis du confort perceptible d’une lucidité collective large et consciente. Jamais auparavant je n'avais eu l'impression ambivalente d'entendre des dénonciations ponctuelles qui pourraient être de précieuses alertes, fleurs d'une nouvelle conscience radicale naissante, mais qui se corrompent trop souvent en rationalismes morbides et délirants, impuissances refoulées qui s'affirment comme une lucidité paranoïaque.
Certes, des témoignages tels que les suivants ne peuvent être écartés sans mûre réflexion car ils se présentent comme rigoureux et désintéressés (c'est-à-dire sans conflits narcissiques d'intérêt économique ou psychique) mais leur véracité reste largement invérifiable, obligeant à prendre ou à laisser émotionnellement :
https://odysee.com/@TheMagicWhispers:3/Jean-Bernard-Fourtillan-Grand-Format_1
Les peuples organiques survivants de la terre sont aux mains des productivistes dominants, réduits à des masses de serviteurs volontaires atteints du syndrome de Stockholm ou à des émeutiers sans révolution dont la colère spontanée est sensible aux manigances possibles de suprémacistes délirants. Rompre avec cette logique binaire qui fait le bonheur du Léviathan est la condition sine qua non de la nécessaire révolution sociale libertaire qui seule peut reconstituer la base organique de la socialité humaine. Le plus embarrassant, c'est que tout, y compris le pire, est en réalité possible, mais peu est vraiment vérifiable par les directement concernés que nous sommes, simples individus du quotidien.
La misère des tifosi du football qui sévit dans chaque ghetto, pousse à opposer son équipe chérie à toutes les autres (toutes des patries aussi putrides de suprématisme patriarcal) exprimant l’horrible logique binaire de tout esclavage matériel ou virtuel. Les promoteurs du vaccin vantent ses qualités mais ne savent pas grand-chose de clair et définitif sur ses possibles effets secondaires ou sur son efficacité face à des variantes en constante évolution. Les vaccinistes ne peuvent s'exprimer qu'en termes économiques, statistiques, sur les risques et/ou les bénéfices du shoot sanitaire, incitant à une prise de risque absolument incontrôlable. Les anti-vaccinistes, même lorsqu'ils ne tombent pas dans la croyance mystique en quelque gourou qui apparaît sur le net prophétisant l'apocalypse causée par les vaccins, n'ont à opposer à la vaccination qu'une phobie et une attente impuissante fondée sur un espoir contemplatif qui participe à la confusion.
L'Etat est un proxénète qui traite les citoyens comme des prostituées : soit ces derniers battent le trottoir productiviste couchés et soumis, soit ils y sont contraints par les coups de poing et les gifles de la violence légale monopolisée par leurs exploiteurs. Inacceptable. Personne, pour quelque raison que ce soit, ne peut s'arroger le droit de décider pour les autres en imposant effectivement sa volonté. Si la vie est toujours et en tout cas un risque, ici comme toujours la question est claire : qui a le droit de décider des risques qui l'affectent sinon l'individu qui subit les conséquences de la décision en question ? La réponse aussi est simple : non à la vaccination obligatoire dissimulée dans le pass sanitaire !
La ligne de partage entre liberté et totalitarisme est définitivement franchie si le corps d'un individu n'est plus protégé par une autonomie totale. Sinon pourquoi se scandaliser de l'infibulation, de la castration chimique ? En fin de compte, il ne s'agit que de "solutions finales" différentes, basées sur le même principe : reconnaître le droit de vie et de mort à soi même et à son propre suprémacisme dégoûtant. Le scandale hypocrite des serviteurs volontaires face aux provocations des antipass (qui pour dénoncer les abus en cours arborent, avec le mauvais goût typique du militantisme, l'étoile jaune de la tragédie humaine subie par les juifs et par les minorités ciblées par les nazis) oublie les couvertures contaminées par la variole données par les civilisateurs blancs aux natifs américains pour les éliminer en douce. Vraiment interminable est la série de crimes contre l'humanité qui a marqué tout le productivisme dont le nazisme est en réalité un macabre fleuron, mais pas le seul exemple.
Sergio Ghirardi Sauvageon, le 2 août 2021
[4] Dans la société du spectacle, il n'y a pas de protagonistes car la vie subjective y est vampirisée. Riches ou démunis, il n'y a que des pauvres en canne qui souffrent entre colère et humiliation, des masses de zombies affranchis et une oligarchie de milliardaires qui dirigent le ghetto collectif du haut de leurs miradors concentrationnaires. Les hommes et les femmes libres ne peuvent exister que dans une nature organique qui se prête à être transformée agréablement de façon acratique, en la respectant dans la conscience d'en faire partie.
[5] Comment s'orienter pour protéger son intelligence sensible de la fabrique désormais industrielle de mensonges sibyllins et télécommandés par d’innombrables stratèges virtuels que la novlangue appelle fake news ? L'affirmation catégorique que Bill Gates n'est pas vacciné me questionne et m'inquiète. Qui peut vraiment le savoir ? Il semblerait que les milliardaires et les privilégiés du système se soient plutôt vaccinés en premier. Ou mentent-ils tous, adeptes d'une secte diabolique qui n'aurait alors aucun besoin de paradis fiscaux ? Ainsi, dans la barbarie colonialiste du Far West productiviste, les vigilantes pendaient sans procès des hypothétiques voleurs de chevaux. Il ne faut pas être naïf : les hommes de pouvoir sont capables de tout, l'histoire le démontre amplement et c'est pour cela qu'il est juste de les combattre radicalement, mais avec des propos aussi catégoriques on se prépare à des procès sommaires et au lynchage, pas à la révolution. Une autre de mes perplexités concerne le nombre de décès attribuables au vaccin car ils restent aussi mystérieux et discutables que ceux attribués au virus par les versions officielles fortement contestées sur le net. Je suis incapable d'établir la vérité à ce sujet. L’unique certitude, du moins jusqu'à présent, est que le virus tue incomparablement plus que le vaccin. Ou ai-je tort?