mercoledì 4 agosto 2021

NO PASS-ARAN

 




[Testo pubblicato in Francia da Le Monde, Liberation e Mediapart]

Il popolo – perché di lui si tratta – si risveglia contro le attuali nuove misure della casta: contro le misure mirate di obbligo di vaccinazione di alcune professioni, l’imposizione di un controllo sociale digitale generalizzato e presentato come un male minore, l’ipocrisia di una politica i cui “elementi di linguaggio” pretendono di non imporre nulla ma che in verità obbligano a tutto, contro la banalizzazione di un pass sanitario che include la messa al bando programmata di molte persone, dei lavoratori e degli studenti.

Ci saranno da un lato i buoni doppiamente vaccinati; dall’altro i cattivi non ancora o non abbastanza vaccinati, oppure semplicemente diffidenti nei confronti del vaccino, convinti o non ancora. Per i primi il flusso; per gli altri il riflusso salvo presentando un test che diventerà pagante, quindi discriminatorio.

La causa del montare della collera è semplice. E pure giusta, a condizione di attenersi alle ragioni che la motivano. Inutile cercare altri motivi raschiando il barile delle passioni tristi e dei delitti di opinione, complottando sul complottismo supposto – e a volte verificato – dei manifestanti. Come per i Gilets jaunes, ogni movimento di massa in formazione comporta le sue contraddizioni. Il popolo è quello che è, mai quello che alcuni vorrebbero che fosse. Come al tempo dei Gilets jaunes, il meccanismo politico del discredito ricomincia a fremere con la stessa aggressività, instaurandosi come garante della morale pubblica, la stessa che pur tuttavia calpesta ogni giorno.

La destra dura ed estrema vuole impadronirsi della piazza sul tema della “libertà”... Tuttavia questi devoti abituali dell’autorità hanno un solo obiettivo: imporre la loro diventando califfi al posto del califfo. I nostri principi sono opposti: sono la responsabilità e la solidarietà. La nostra causa è quella di un popolo che vuole autodeterminarsi, seriamente e consapevolmente informato dai fatti scientifici, guidato dalla dura esperienza del personale ospedaliero ieri celebrato come eroico oggi minacciato come traditore.

Jupiter confonde consciamente vaccinazione e pass sanitario. Sono, però, due cose diverse. Il pass non è un semplice carnet di vaccinazione, non ha soltanto la vocazione di “proteggere” com’è annunciato, ma anche “informare”.

Dai primi giorni di marzo 2020, il governo impone una politica sanitaria/securitaria sul modo dell’obbligo, della coercizione simile a quanto è avvenuto nell’ambito sociale. Esso postula che la popolazione è in maggioranza irresponsabile e che solo delle misure autoritarie sono in grado di permettere il controllo della situazione.
Al contrario, una vera politica sanitaria deve rifiutare l'infantilismo e l'autoritarismo. Deve basarsi sulla pedagogia e sulla deliberazione. L’obbligatorietà e la decisione di uno solo, in un contesto di stato di emergenza quasi permanente suscitano, invece, diffidenza e alimentano il sospetto creando un terreno fertile per teorie assurde. Ognuno dovrebbe poter giudicare da sé grazie alla disponibilità pubblica di un’informazione completa, precisa e onesta sui vantaggi di ciascuna opzione.
La logica richiederebbe di concentrare gli sforzi sulle "persone a rischio", quelle che dovrebbero essere vaccinate in via prioritaria o essere confinate. Invece, si sta facendo il contrario. Se lo Stato prendesse sul serio le sue argomentazioni, dovrebbe anche essere già in modalità "open source" per il vaccino, con licenza libera, in modo che tutti i paesi in grado di produrlo, come la Tunisia o il Senegal, ad esempio, possano svilupparlo e usarlo. Gli Stati che non hanno esitato a finanziare Big Pharma e ad assumersi i rischi del fallimento della ricerca non esitano a bloccare il processo di rilascio dei vaccini ottenuti in gran parte con fondi pubblici.
La logica in gioco, ancora una volta, è la sottomissione a una decisione autoritaria e non concertata, che è già un buon motivo per non sottomettersi a essa. L'obiettivo è anche quello di sperimentare tecniche di controllo delle popolazioni la loro fattibilità, il loro costo, la loro accettazione al fine di metterle a punto e abituare le popolazioni ad accettarle usando la tecnica del piede nella porta.
Il primo lockdown ha permesso all'esecutivo di sperimentare lo stato di emergenza generalizzato abituando la popolazione a un dispiegamento finora inimmaginabile di polizia, di militari e di robot di sorveglianza. Il consenso all'auto autorizzazione di uscita sotto pena di multe esorbitanti spesso ribattezzato “ausweis” in ricordo dell'occupazione tedesca è stato il preludio all'accettazione forzata dell'autorizzazione ora statale a frequentare questo o quel luogo pubblico, per alcuni vitale, come l'ospedale.
La tecnologia utilizzata unisce sorveglianza e controllo tramite il telefono cellulare. L'applicazione TousAntiCovid contiene un "quaderno digitale" che memorizza i dati personali. I promotori di questa tecnologia possono giurare la loro buona fede nel sostenere che le informazioni necessarie per leggere i test e i vaccini disponibili sul dispositivo verranno cancellate da tre a sei mesi dopo; è ragionevole dubitarne.
Sono quindi sia la tecnologia che le modalità di applicazione del pass sanitario che devono essere rifiutate. Più che un abbandono delle libertà, ci viene chiesto di non tener conto di tutte le minacce di ingerenza e sorveglianza contenute in questo dispositivo. Certo, questo ci viene chiesto in nome del bene comune, per salvare vite umane. Come rifiutare questo modesto sacrificio in nome di una causa così nobile, se non sentendosi in colpa?
Tuttavia, gli ultimi decenni appena trascorsi sono già gravidi di tante battute d'arresto e concessioni ottenute di legge in legge dai poteri successivi. Questo pass può essere controllato da un gruppo notevolmente allargato e globalmente dedicato al controllo sociale. La nuova dottrina della politica interna, pubblicata in primavera, mira quindi a costituire un numero sempre maggiore di "personale di sicurezza", includendo militari di professione e riservisti, polizia nazionale, polizia municipale, polizie private e società di sorveglianza. Ognuno con il proprio ruolo e le proprie armi, ma tutti uniti in una missione rafforzata.
Ognuno di loro potrà controllare i pass, anche quelli non giurati. L'implementazione includerà in questa coorte i responsabili di gran parte dei luoghi pubblici (cinema, ristoranti ...), trasformati volenti o nolenti multe esorbitanti previste in ausiliari di polizia.
Se questi progressi possono avvenire così rapidamente, è perché a un momento dato le tecnologie sono pronte. Il pass sanitario annuncia il sistema già in atto in Cina sotto forma di Credito Sociale che è un'estensione dell'American Credit Score, sviluppato da una ditta d’intelligenza artificiale, che sintetizza molti dati personali in una nota utilizzata per concedere o rifiutare un prestito.
Un giorno, dei furbetti della Startup nation troveranno tutto ciò "cool" e loderanno i vantaggi della loro nuova vita connessa, del tempo risparmiato... Il mondo delle startup sta già organizzando degli happening auto-chipping. Le masse, gradualmente mobilitate con incentivi di "spinta", seguiranno. A breve i refrattari si vedranno rifiutare molti accessi, come sta già cominciando a capitare a quanti non possiedono telefoni “smart”.


Il precipizio è davanti a noi, la società del Grande Fratello Pass è “In marcia”.

 

Serge Aumeunier (ingegnere), Pierre Bance (giurista), Virginie Collomb (giurista), Franck David (scrittore), Pauline Couteau (politica), Alain Éludut (disegnatore), Nicolas Éprendre (regista documentarista), Véronique Fau-Vincenti (storica), Freddy Gomez (scrittore), Hélène Hernandez (femminista), Wenceslas Lizé (sociologo), Patrick Moreno (informatico), Philippe Pelletier (geografo), Annick Stevens (filosofa)

01/08/2021


NO PASS-ARAN

 

Le peuple — car il s’agit de lui — se réveille contre les dernières mesures en date de la caste : contre les mesures ciblées d’obligation de vaccination de certaines professions, l’imposition d’un contrôle social digital généralisé et présenté comme un moindre mal, l’hypocrisie d’une politique dont les « éléments de langage » prétendent ne rien imposer, mais qui en vérité contraint à tout, contre la banalisation d’un « passe sanitaire » entraînant la mise au ban programmée de nombreuses personnes, des travailleurs ou des élèves.
D’un côté, il y aura les bons, doublement vaccinés ; de l’autre, les mauvais, pas encore ou pas assez vaccinés, ou simplement méfiants vis-à-vis du vaccin, pas convaincus ou pas encore. Pour les premiers, le flux ; pour les autres, le reflux, sauf à présenter un test bientôt payant et donc discriminatoire.

La cause de la levée des colères est simple. Elle est juste aussi. À condition de s’en tenir aux raisons qui la motivent. Il est inutile de chercher d’autres motifs en puisant au fond des passions tristes et du délit d’opinion, en complotant sur le complotisme supposé — et parfois avéré — des manifestants. Comme pour les Gilets jaunes, tout mouvement de masse en formation charrie ses contradictions. Le peuple est comme il est, jamais comme certains voudraient qu’il soit. Comme au temps des Gilets jaunes, l’appareil politique du discrédit recommence à frémir avec la même hargne, en s’instaurant garant de la morale publique, celle qu’il piétine pourtant chaque jour.
La droite dure et extrême veut s’emparer de la rue sur le thème de la « liberté »… Mais ces dévots habituels de l’autorité n’ont qu’un seul objectif : imposer la leur en devenant calife à la place du calife. Nos principes sont à l’opposé : ils sont la responsabilité et la solidarité. Notre cause est celle d’un peuple qui veut s’autodéterminer, éclairé sérieusement et en conscience par les faits scientifiques, guidé par la dure expérience des personnels hospitaliers hier célébrés comme des héros, aujourd’hui menacés comme des traîtres.
Mais Jupiter confond sciemment vaccination et passe sanitaire. Ce sont pourtant deux choses différentes. Le passe n’est pas un simple carnet de vaccination, il n’a pas seulement vocation à « protéger » comme on nous l’annonce, mais aussi à « renseigner ».
Depuis les premiers jours de mars 2020, le gouvernement impose une politique sanitaire/sécuritaire sur le mode de l’obligation, de la coercition, à l’image de ce qui s’est passé dans le domaine social. Il postule que la population est majoritairement irresponsable et que seules des mesures autoritaires sont à même de permettre le contrôle de la situation.
Bien au contraire, une authentique politique sanitaire doit refuser l’infantilisation et l’autoritarisme. Elle doit s’appuyer sur la pédagogie et la délibération. La contrainte et la décision d’un seul, dans un contexte d’État d’urgence quasi permanent, suscite en revanche la méfiance, alimente la suspicion et crée un terrain propice aux théories abracadabrantesques. Chacun doit pouvoir juger par lui-même grâce à la disposition publique d’une information complète, précise et honnête sur les avantages de chaque option.
La logique demanderait de faire porter les efforts sur les « personnes à risque », celles qui devraient être vaccinées en priorité ou bien être confinées. Or c’est le contraire qui est mis en œuvre. Si l’État prenait ses arguments au sérieux il devrait en outre être déjà en mode « open source » pour le vaccin, avec une licence libre pour que tous les pays à même de le produire, comme par exemple la Tunisie ou le Sénégal, puissent le développer et l’utiliser. Les États qui n’ont pas hésité à financer les Big Pharmas et à prendre sur eux les risques d’échec de la recherche n’hésitent pas à bloquer le processus de libération des vaccins obtenus en bonne partie sur fonds publics.
La logique à l’œuvre, une fois encore, est la soumission à une décision autoritaire et non concertée, ce qui est déjà une bonne raison de ne pas s’y soumettre. Le but est en outre d’expérimenter des techniques de contrôle des populations – leur faisabilité, leur coût, leur acceptation – afin de les mettre au point et, conformément à la technique du pied dans la porte, d’habituer les populations à les accepter.
Le premier confinement a permis à l’exécutif d’expérimenter l’état d’urgence généralisé en accoutumant la population à un déploiement jusqu’alors inimaginable de policiers, militaires et robots de surveillance. Le consentement sous peine d’amende exorbitante à l’auto-autorisation de sortie – souvent renommée « ausweis » en mémoire de l’occupation allemande – fut le prélude à l’acceptation contrainte de l’autorisation – maintenant étatique – à fréquenter tel ou tel lieu public, pour certains vitaux, comme l’hôpital.
La technologie utilisée allie surveillance et contrôle via le téléphone portable. L’application TousAntiCovid contient un « carnet numérique » qui stocke des données personnelles. Les promoteurs de cette technologie ont beau jurer de leur bonne foi en arguant que les informations nécessaires à la lecture des tests et vaccins accessibles sur l’appli seront effacées trois à six mois après, il est raisonnable d’en douter.
C’est donc tout à la fois la technologie, et les modalités d’application du passe sanitaire qu’il faut refuser. Plus qu’un abandon de libertés, on nous demande de donner quitus de toutes les menaces d’ingérences, de surveillances que recèle ce dispositif. Bien sûr cela nous est demandé au nom du bien commun, pour sauver des vies. Comment se refuser à ce modeste sacrifice au nom d’une cause si noble, sinon se sentir coupable ?
Mais les quelques décennies qui viennent de s’écouler sont déjà lourdes des nombreux reculs et concessions obtenus de lois en lois par les pouvoirs successifs. Ce passe pourra être contrôlé par un groupe fortement élargi et globalement dédié au contrôle social. La nouvelle doctrine de l’Intérieur publiée au printemps veut ainsi mettre en place un gradient des « personnels sécuritaires » toujours plus nombreux, intégrant militaires professionnels et réservistes, police nationale, police municipale, polices privées et sociétés de gardiennage. Chacun son rôle et son armement, mais tous unis au sein d’une mission renforcée.
Chacun d’entre eux sera autorisé à contrôler les passes, même ceux qui ne sont pas assermentés. La mise en application intégrera à cette cohorte les responsables d’une grande partie des lieux publics (cinémas, restaurants...), transformés bon gré mal gré – amendes exorbitantes à la clef – en auxiliaires de police.
Si ces avancées peuvent se faire si rapidement, c’est parce qu’à un moment donné, les technologies sont prêtes. Le passe sanitaire annonce le système déjà en place en Chine sous la forme du Crédit Social qui est une extension du Credit Score américain, développé par une boite d’intelligence artificielle et synthétisant de nombreuses données personnelles en une note utilisée pour attribuer ou refuser un crédit. 
Un jour, des petits malins de la Startup nation trouveront ça « cool » et vanteront les avantages de leur nouvelle vie connectée, du temps gagné... Le milieu des startups organise déjà des happenings d’auto-puçage. Peu à peu mobilisée à coup d’incitations « nudge », la masse suivra. Bientôt les réfractaires verront des accès se fermer, comme cela commence déjà à être le cas pour les non possesseurs de téléphones « smart ».

Le précipice est devant nous, la société du Pass Big Brother est « En marche ».

 

 
Serge Aumeunier (ingénieur), Pierre Bance (juriste), Virginie Collomb (juriste), Franck David (écrivain), Pauline Couteau (politiste), Alain Éludut (dessinateur-projeteur), Nicolas Éprendre (réalisateur documentariste), Véronique Fau-Vincenti (historienne), Freddy Gomez (écrivain), Hélène Hernandez (féministe), Wenceslas Lizé (sociologue), Patrick Moreno (informaticien), Philippe Pelletier (géographe), Annick Stevens (philosophe), 01/08/21.