martedì 7 marzo 2023

Pensiero selvaggio e nuovo disordine mondiale

 









La caratteristica del potere in democrazia è di lasciare simbolicamente vuoto il posto del potere”.

Claude Lefort, L’invention démocratique, Fayard, Paris 1994.

 

Qualche secolo di capitalismo ha permesso al produttivismo multi millenario d’instaurarsi come progetto globale definitivo dell’umanità disumanizzata. I re e i signori delle prime città-stato hanno lasciato il posto al coacervo di oligarchie finanziarie tutte infiltrate da un’insopportabile vocazione autoritaria ma suddivise secondo le situazioni in democrazie parlamentari o autocrazie totalitarie.

La truffa che le religioni hanno imposto agli umani per millenni indicando con un dito il cielo e impugnando nell’altra mano il bastone dello sfruttamento e del terrore, si è trasformata in un ben terrestre raggiro perpetuato dall’inganno ideologico chiamato economia politica. La modernità è consistita essenzialmente in questo, ma ha smesso ormai di essere moderna. Del resto, questo potere apparentemente materialista non ha mai smesso di essere una teologia e come in tutte le religioni, il suo clero ha lavorato alacremente per far credere ai dominati che il dominio che subivano era il loro bene più prezioso da difendere con le unghie, con i denti, poi con il portafoglio e infine con la carta di credito (e soprattutto sempre in ginocchio) contro tutti i diavoli predicatori di un’emancipazione bollata come diabolica. In cielo o in terra, gli dei e i loro apostoli non hanno mai smesso di giocare ai gendarmi dello Stato e del Mercato.

Oggi, tuttavia, mentre lo spettacolo politico-sociale si sforza inutilmente di mostrare che tutto continua come prima[1], la realtà dei fatti continua a peggiorare visibilmente e uno sconcerto sempre più inquieto s’insinua nel cuore e nelle teste degli spettatori e delle comparse di una miserevole sopravvivenza in pericolo. Nel frattempo gli attori principali dello spettacolo sociale recitano ormai nel vuoto, inascoltati e umanamente impotenti, capaci solo di incarnare il potere con spot pubblicitari fuori tempo e fuori luogo. La propaganda del sistema vigente continua, infatti, imperterrita, come la pubblicità della merce sacralizzata che essa sottende. Il capitalismo verde è solo una fuga in avanti nello sviluppo suicida del produttivismo. Del resto, siamo tutti merce per la logica sistemica del dominio reale del Capitale sul lavoro forzato degli esseri umani. Siamo il capitale umano. La pubblicità ti fa comprare lo yogurt che lava più bianco come ti fa votare Meloni o Macron, concependo sempre nuove merci ideologiche di sostituzione per rinnovare lo spettacolo del cambiamento e garantire la continuità reale del dominio. Quando poi la nausea ti scuote le viscere e non voti più, il voto degli altri decide per te. Tutto è programmato, diretto, previsto come un funesto “incidente” nucleare catastrofico (Hiroshima ou Fukushima, quien sabe !), statisticamente ineluttabile a forza di giocare cupidamente con l’energia atomica.

Il popolo si è abituato a non contare niente fino al momento in cui, come per magia in realtà per coscienza di specie , finirà per decidere di essere tutto. Se un tempo impugnava rapidamente i forconi per battersi contro la gabella, oggi si piega, depresso, al destino, anche se gli levi gli spaghetti dalla bocca raddoppiandone il prezzo. Il popolo addomesticato chiede solo di poter continuare a ricevere il messaggio subliminale che questo è il migliore dei mondi possibili, anzi l’unico possibile al di fuori della catastrofe e dell’apocalisse. Sì, ma fino a quando?

Perché la catastrofe e l’apocalisse si stagliano morbose sopra la civiltà produttivista. Il formicaio è sconvolto, le formiche non rispondono più agli ordini. Non che la lucidità imperi. I peggiori servitori volontari sono quelli che sbraitano immaginando dei complotti per spiegare il marcio e la sua puzza diventata insopportabile. Aggrappati al portatile che li controlla al lavoro, nel letto e persino nel cesso (come direbbe il repellente diavoletto Putin), denunciano il complotto degli “illuminati”, degli extraterrestri o altre malevole chimere come ai primordi si temevano gli spiriti e i folletti e come, più tardi, per secoli, la borghesia ha denunciato i misfatti di un comunismo mai esistito. In realtà, i misfatti c’erano davvero e ci sono ancora, sia chiaro, e la nomenclatura pseudo sovietica si è mostrata altrettanto cinica e assassina che la borghesia cristiana moderna, coloniale e industriale. Dei sedicenti comunisti corazzati di fascismo caratteriale hanno effettivamente imitato e forse superato la mostruosità prefascista dell’inquisizione cattolica, ma quelli che li denunciavano in nome del mondo libero e democratico erano, e sono ancora, più che mai, i servitori volontari o i kapò di quella società mercantile spettacolare che, dopo aver sterminato, bruciato e sgozzato dovunque popoli interi nel sacro nome del produttivismo predatore e bigotto, sta oggi distruggendo democraticamente la vita stessa della specie.

Opporre stalinisti e fascisti di altro tipo è una spettacolare trappola binaria funzionale alla società di classe morente; un inganno devastatore il cui effetto è oggi passato dalla tragedia alla farsa, per esempio con i provax e i no-vax[2]. L’importante per il potere reale è spingere sempre gli schiavi alla batracomiomachia[3] per distoglierli dall’idea di un incendio del ghetto globale. Non nego affatto l’esigenza concreta e inevitabile per ognuno, di fronte alla realtà pandemica, di scegliere tra i rischi del vaccinarsi e i pericoli del virus. Ognuno si è inevitabilmente confrontato alla propria paura e ignoranza, con il proprio principio di precauzione. Dall’ipocondriaco al mistico, le patologie si scontrano, si mescolano e si moltiplicano, ma la peggiore di tutte, la più devastatrice, è quella che spinge a scaricare le proprie paure soggettive sull’altro senza riconoscerle come proprie, delirando qui sugli untori[4] che non si vaccinano, là sui milioni di morti causati dalla puntura vaccinale.

Tutto questo mi sconforta, mi è insopportabile perché è il segno che l’essere umano più è disumanizzato più è mistico; più rinuncia a vivere non capendoci nulla più dà lezioni di vita e vuole imporre la sua verità sacra e sovrumana, mentre nulla è sacro, tutto deve potersi dire ed essere scelto senza mai essere imposto agli altri con il sopruso e la forza.

Per questo il pass sanitario obbligatorio è un crimine contro l’umanità quanto l’incendio dei luoghi di vaccinazione; delirare sulla pericolosità dei non vaccinati è una stupida menzogna dal sapore razzista altrettanto che la denuncia dell’inoculazione di agenti di controllo attraverso il vaccino è una paranoia delirante. Non che i manipolatori della servitù volontaria siano insospettabili di tali azioni, figuriamoci, ma pur supponendo che ne avessero la capacità, non ne hanno bisogno. L’universo virtuale è già un campo di concentramento planetario dove il lavoro sulla tastiera rende liberi e il telefono portatile liberamente consentito è una stella di Davide dissimulata nella tasca di prigionieri che si credono liberi.

Non ho niente contro l’uso del telefono, intendiamoci. Non sono un primitivista, non aderisco a quest’ennesima tribù di mistici cugini di uno spirito sospettoso ma non libero; tuttavia non amo neppure i credenti del consumismo spettacolare la cui croce è il portatile. Mi ribello a un’alienazione introiettata in cui il rapporto tra l’umano e l’utensile è rovesciato dal feticismo della merce al punto che il selfie ha sostituito l’erotismo alienato e artificiale dell’immagine fissata all’erotismo affettuoso vissuto nell’abbracciarsi. A proposito della fobia autistica così veicolata, preciso, in questi tempi di crescente conflittualità di genere, che mi riferisco a un abbraccio libero, consentito e desiderato da donne e uomini dalla sensibilità gilanica[5], non suprematista, né patriarcale, né produttivista.

In questo quadro indigente la novità che non sfugge alla maggior parte dei dominati è che il meccanismo su cui si fonda la civiltà produttivista si è inceppato e non funziona praticamente più. La proletarizzazione crescente dell’essere umano, intrinseca al funzionamento del capitale, si traduce ormai direttamente nella distruzione della vita sociale nella sua integralità. Se fino a ieri era possibile bombardare le coscienze con l’ideologia del progresso collettivo nascondendo e banalizzando le ingiustizie sociali per molti e i privilegi per pochi, la carota rinsecchita della ricchezza immaginaria a venire non giustifica più la povertà reale per quelli che ne sono e ne saranno sempre più le vittime. Intere popolazioni sopravvivono già negli stenti, lavorando incessantemente, mentre una ricchezza monetaria smisurata si accumula in paradisi fiscali garantiti dagli inferni produttivisti in cui si sfruttano gli umani.

Perché mai lavorare per una povertà non più soltanto economica ma vitale? Il sistema che continua ad ammalare e uccidere i suoi schiavi non garantisce più neppure le cure né le sepolture. Lo spettacolo macabro dei cadaveri di malati accumulati intorno agli ospedali di Bergamo all’inizio della pandemia di Covid è un esempio patente tra i tanti di una tragedia che sconvolge il mondo intero da anni e che è destinata a ripetersi.

Mentre alcuni cercavano le origini del prevedibile ma inatteso misfatto pandemico tra Wuhan, il pangolino e il presunto complotto della mafia farmaceutica, il capitalismo planetario ha continuato imperterrito, a Wuhan e nel resto del mondo, il suo processo globalmente mafioso di artificializzazione del vivente (di cui la vaccinazione fa parte come ogni elemento manipolabile, utile o inutile che sia). Nel business planetario c’è posto per tutti, compresi quelli che denunciano la cospirazione deviando la rabbia e soprattutto le critiche del capitalismo verso i vespasiani ideologici del complottismo.

Lo spettacolo integrato si nutre di fascisti rossi cinesi, oligarchie russe, americane, tedesche, parigine, siciliane o di altrove, dei Bolsonaro, dei trumpisti e delle masse di democratici virginali di un mondo globalizzato in cui il lavoro rende liberi senza nemmeno bisogno di scriverlo all’ingresso del carcere quotidiano. Tutti questi macabri utili idioti perpetuano, con un’accentuazione costante, l’espropriazione dell’umano, strutturale per il capitalismo. Nessuna cospirazione è alle radici della mostruosità, ma la coerente avanzata del dominio della merce sull’essere umano. Nessuna morale rivoluzionaria ci salverà. Soltanto l’autogestione generalizzata delle nostre vite in nome della volontà di vivere e dell’aiuto reciproco potrà salvare i sopravvissuti di una specie in pericolo, sottraendoli alla civiltà produttivista e al capitalismo che ne è la soluzione finale.

Il fatto che un po’ dappertutto un numero importante di persone abbia cominciato a rifiutare il lavoro in seguito al trauma della pandemia planetaria non è ancora preso in considerazione in tutta la sua importanza. Si tratta di abbandonare in qualunque modo praticabile e vivibile questo mondo in rovina. È questione d’identificare in ogni luogo le zone da difendere e quelle da abbandonare al nemico che avanza senza neppure preoccuparsi di dissimulare la sua tendenza mortifera. Il solo diritto che il potere ci concede, sempre e comunque, è lavorare per produrre valore, sempre più sfruttati, ristretti, artificializzati. Produrre, consumare e produrre ancora per consumare di nuovo, senza altro godimento che la sopravvivenza, nonostante il pianeta che langue, nonostante la distruzione del vivente che continuiamo a operare, nonostante il peggio che ci attende dopo il male che ci ha colpito. La logica concentrazionaria non ha più gran bisogno di lager, gli schermi sono sufficienti.

Guardateli i nostri dirigenti continuare ad adorare la crescita economica come una prostituta che li eccita, dopo aver detto e ripetuto che essa è la causa di tutti i mali. Vestiti di verde con i piedi nel petrolio, le mani nei pesticidi e la testa nel nucleare, continuano a teorizzare la crescita economica imponendo al contempo ai popoli una decrescita forzata. Il potere è ormai schizofrenico. Peggio che cattivo, è folle. Non lo riguardano le nostre morti, le nostre sofferenze, le nostre malattie se non per comporre dei necrologi ipocritamente umanisti. Esse non hanno importanza purché i sopravvissuti continuino a produrre valore. Solo importa l’istante presente per un capitalismo cocainomane in cui il plusvalore che cresce è tutta la storia che conta per i decisionisti della preistoria contemporanea.

Qualcosa però, ha rotto l’incantesimo che riduce l’umano a cavie manipolate. Non la pandemia, ma la distruzione dell’umano che il sistema ha prodotto durante la pandemia è stata un sintomo molto sentito del fallimento finale di una civiltà tutta intera, marcando un punto cruciale del nostro presente. Molti individui hanno cominciato a percepirlo e capirlo. I più pazzi al potere, invece, non si accorgono di niente e continuano il loro lavoro di vampiri dell’umano. I servitori più volontari del capitalismo finanziario hanno addirittura deciso di dichiarare esplicitamente la nostra schiavitù come un bene comune condivisibile

Oggi stesso la Francia e il suo ancien regime postmoderno si spingono fino a imporre, senza la minima dissimulazione, il dovere di lavorare ancora di più per continuare ad arricchire un paese formale i cui cittadini reali s’impoveriscono fino alla fame, così come la maggior parte dei cittadini di un mondo in istanza di fallimento. I maggiordomi del capitalismo finanziario sono talmente deliranti che non tengono il minimo conto del fatto che la gente si vede morire di malattie e di stenti, di guerre e di calore, di penuria d’acqua e di fame. Di quale civiltà ci parlano? A quale vita si riferiscono? Nessun dialogo è ormai possibile, concepibile con questi zombi virtuali.

Non c’è dubbio che la Francia sia stata spesso all’avanguardia del meglio e del peggio. Tuttavia, dovunque nel mondo, la retorica provocatrice del capitalismo ci esorta ora a soffrire e morire per una patria produttivista che non è mai esistita se non ideologicamente e che oggi è sparita dai radar della sopravvivenza. Siamo alla fine di una civiltà planetaria moribonda. Abbiamo da salvare ovunque le nostre vite umane reali, difendere i nostri spazi ancora vitali con l’aiuto reciproco et la solidarietà di esseri umani senza soldi, senza dio e senz’altra patria che il mondo intero strettamente connesso al cortile della propria comunità locale in cui si pratica la vita quotidiana.

La famiglia umana tornerà probabilmente di nuovo, come alle origini, a riconoscersi in piccoli gruppi che difendono la propria zona di vita sopravvissuta al crollo sistemico, ma quest’apparente regressione sarà ricca di una novità rivoluzionaria che mancava alle prime comunità umane della preistoria. L’animale primitivo da cui è scaturito l’umano diffida da sempre della concentrazione del potere in poche o uniche mani ma gli mancava l’esperienza fallimentare del produttivismo e dei suoi opportunismi suprematisti pericolosamente seducenti e ingannevoli. Gli mancava la coscienza a venire della sua hubris mortifera. Ora ne subisce i danni nel suo quotidiano e la vede su tutti gli schermi. Contro la legge del più forte nella predazione economica, la coscienza storica attuale ci insegna tragicamente ma chiaramente che l’umanità è la stessa su tutto il pianeta e che i suoi membri possono darsi un aiuto reciproco per vivere umanamente coltivando un’etica gaudente per sé e per gli altri, mentre il potere sta morendo facendo morire.

Questa coscienza di specie emergente è legata al fallimento ormai visibile del produttivismo. Scegliere l’umano rifiutando il conflitto suprematista che ha gettato l’umanità sugli scogli in cui la barca della sua civiltà sta affondando, può sembrare un impossibile ritorno indietro mentre è invece il riemergere di un vero progresso gilanico che l’umanità ha rimosso per millenni sotto il peso opprimente della peste produttivista e patriarcale. Di fronte al peggio che si profila solo il meglio è pensabile e auspicabile: l’autogestione acratica di una vita quotidiana che rispetti se stessi, i propri simili, la natura, il vivente e le gioie condivisibili dell’esistenza.

Sergio Ghirardi Sauvageon, 7 marzo 2023



[1] Ciò nonostante la guerra posthiroshima in Europa e nel mondo, la crisi climatica planetaria, le pandemie a ripetizione e il deperimento catastrofico della biosfera, per limitarsi all’essenziale del macrosociale, senza scordare gli effetti non meno importanti nel micro sociale.

[2] Nello psicodramma collettivo della peste emozionale mescolata a quella virale, la puntura anticovid ha avuto il ruolo delicato e centrale di pharmakos (dal greco antico φαρμακός) che è trasversale a tre significati distinti: rimedio, veleno e capro espiatorio. Il primo e il secondo senso si riferiscono al senso quotidiano della farmacologia, il terzo senso si riferisce al rito del sacrificio umano. “Il pharmakos rappresenta il male, il male introiettato e proiettato. Benefico in quanto guarisce – e quindi venerato, circondato da cure – nocivo in quanto incarna le potenze del male – e quindi temuto, circondato da precauzioni. Angosciante e tranquillizzante. Sacro e maledetto”. (Jacques Derrida, La dissémination, Seuil, Paris 1995, P. 166/67). Rileggendo oggi questa citazione, che cosa viene in mente? Nella tragedia pandemica, il vaccino è apparso contemporaneamente come salvatore e come male assoluto. Pur se al prezzo di danni collaterali più o meno importanti e difficilmente valutabili, ha ridotto i rischi gravi per i più deboli, consolidando, però, il potere dominante in preda alle sue contraddizioni visibili e all'impasse insormontabile della sua alienazione produttivista. Arricchendo oscenamente i felici capitalisti che ne detengono il copyright, è stato frettolosamente commercializzato e bollato dell’anatema di omicida cannibalistico o diabolico veleno dai suoi detrattori mistici alla ricerca ossessiva di un capro espiatorio di sostituzione del dominio reale del capitale sull'uomo al lavoro, schiavo spettacolare che ignora la sua condizione ma non ne può più.

[3] Termine parodistico greco per l’epopea comica della battaglia tra rane e topi.

[4] Nella storia della peste a Milano di Alessandro Manzoni gli untori sono gli individui accusati dalla folla di diffondere la peste.

[5] Vedi il ricco lavoro di ricerca archeologica e gli studi di Marija Gimbutas sulla civiltà gilanica (società dell’Europa antica e di altrove strutturate attorno al femminile in cui la donna era libera senza matriarcato né strutturali conflitti di genere).

Pensée sauvage et nouveau désordre mondial


« Le propre du pouvoir en démocratie est de laisser symboliquement vide la place du pouvoir ».

Claude Lefort, L’invention démocratique, Fayard, Paris 1994.

 

Quelques siècles de capitalisme ont permis au productivisme multimillénaire de s'imposer comme le projet global définitif de l'humanité déshumanisée. Les rois et les seigneurs des premières cités-États ont cédé la place à l'amalgame d'oligarchies financières, toutes infiltrées par une insoutenable vocation autoritaire, mais partagées, selon les situations, en démocraties parlementaires ou en autocraties totalitaires.

L'escroquerie que les religions ont imposée aux humains pendant des millénaires en pointant un doigt vers le ciel et en tenant le bâton de l'exploitation et de la terreur dans l'autre main, s'est transformée en une arnaque bien terrestre perpétuée par la fumisterie idéologique qu’on dénomme économie politique. La modernité consistait essentiellement en cela, mais elle a maintenant cessé d'être moderne. D’ailleurs, ce pouvoir apparemment matérialiste n'a jamais cessé d'être une théologie et comme dans toutes les religions, son clergé a travaillé avec acharnement pour faire croire aux dominés que la domination qu'ils subissaient était leur bien le plus précieux à défendre avec les griffes, avec les dents, puis avec le portefeuille et enfin avec la carte bleue (et surtout toujours à genoux) contre tous les démons prêcheurs d'une émancipation stigmatisée comme diabolique. Au ciel ou sur terre, les dieux et leurs apôtres n'ont jamais cessé de jouer aux gendarmes de l'État et du Marché.

Aujourd'hui pourtant, alors que le spectacle sociopolitique cherche en vain de montrer que tout continue comme avant[1], la réalité ne cesse de s'aggraver à vue d'œil et un désarroi de plus en plus troublé s'insinue dans les cœurs et les esprits des spectateurs et des figurants d'une misérable survie en péril. Pendant ce temps, les principaux acteurs du spectacle social jouent désormais dans le vide, inécoutés et humainement impuissants, capables seulement d'incarner le pouvoir dans des spots publicitaires hors du temps et hors de sens. En fait, la propagande du système établi se poursuit sans relâche, comme la publicité de la marchandise sacralisée qu'elle sous-tend. Le capitalisme vert n'est qu'une fuite en avant dans le développement suicidaire du productivisme. Après tout, nous sommes tous des marchandises pour la logique systémique de la domination réelle du Capital sur le travail forcé des humains. Nous sommes le capital humain. La publicité vous fait acheter le yaourt qui lave plus blanc de même qu’elle vous pousse à voter Meloni ou Macron, concevant sans arrêt des nouvelles marchandises idéologiques de remplacement pour renouveler le spectacle du changement et garantir la continuité réelle de la domination. Quand enfin la nausée secoue vos entrailles et que vous ne votez plus, le vote des autres décide pour vous. Tout est programmé, dirigé, prévu comme un néfaste « accident » nucléaire catastrophique (Hiroshima ou Fukushima, quien sabe !), statistiquement inéluctable à force de jouer avidement avec l'énergie atomique.

Le peuple s’est habitué à compter pour rien et continuera à s’y résoudre jusqu'au moment où, comme par magie en fait par conscience d'espèce , il finira par décider d’être tout. Si auparavant il s'emparait rapidement des fourches pour lutter contre la gabelle, aujourd'hui, déprimé, il se plie à son destin même si on lui retire les spaghettis de la bouche en en doublant le prix. Le peuple domestiqué ne demande qu'à pouvoir continuer à recevoir le message subliminal que nous sommes dans le meilleur des mondes possibles, voire dans le seul possible en dehors de la catastrophe et de l'apocalypse. Soit, mais jusqu'à quand ?

Car la catastrophe et l'apocalypse s’approchent et planent, morbides, sur la civilisation productiviste. La fourmilière est chamboulée, les fourmis ne répondent plus aux ordres. Non que la lucidité règne. Les pires serviteurs volontaires sont ceux qui rouspètent en imaginant des complots pour expliquer la pourriture et sa puanteur devenue intolérable. Accrochés à l'ordinateur portable qui les surveille au travail, au lit et même dans les chiottes (comme dirait le repoussant petit diable Poutine), ils dénoncent le complot des "illuminati", des extraterrestres ou autres chimères malveillantes, tout comme les génies et les lutins étaient redoutés aux temps anciens et comme, plus tard, pendant des siècles, la bourgeoisie a dénoncé les crimes d'un communisme qui n'a jamais existé. Les méfaits, eux, ont vraiment existé et existent toujours, soyons clairs, et la nomenclature pseudo-soviétique s'est révélée tout aussi cynique et meurtrière que la bourgeoisie chrétienne moderne, coloniale et industrielle. Les soi-disant communistes cuirassés par un caractère fascisant ont effectivement imité et peut-être devancé la monstruosité préfasciste de l'inquisition catholique mais ceux qui les ont dénoncés au nom du monde libre et démocratique ont été, et sont encore, plus que jamais, les serviteurs volontaires ou les kapos d’une société marchande spectaculaire qui, après avoir exterminé, brûlé et égorgé partout des populations entières au nom sacré du productivisme prédateur et bigot, détruit aujourd'hui démocratiquement la vie même de l'espèce.

Opposer les staliniens aux fascistes d'un autre type est un piège binaire, spectaculaire fonctionnel à la société de classe mourante ; une tromperie dévastatrice dont l'effet est passé aujourd'hui de la tragédie à la farce, par exemple avec les provax et les no-vax[2]. L'important pour le pouvoir réel est toujours de pousser les esclaves à la batrachomyomachie[3] plutôt qu'à l'incendie du ghetto mondial. Je ne nie pas du tout la nécessité concrète et inévitable pour chacun, face à la réalité pandémique, de choisir entre les risques de la vaccination et les dangers du virus. Chacun a inévitablement été confronté à sa propre peur et  sa propre ignorance, avec son propre principe de précaution. De l'hypocondriaque au mystique, les pathologies se télescopent, s’emmêlent et se multiplient, mais la pire de toutes, la plus dévastatrice, est celle qui pousse à décharger ses peurs subjectives sur l'autre sans les reconnaître en tant que siennes, délirant ici sur les « untori »[4] qui refusent de se faire vacciner, là sur les millions de morts dus à la piqûre vaccinale.

Tout cela me rebute, m'est insupportable car c'est le signe que plus l'être humain est déshumanisé, plus il est mystique ; plus il renonce à vivre sans rien y comprendre plus il donne des leçons de vie et veut imposer sa vérité sacrée et surhumaine, alors que rien n'est sacré, tout doit pouvoir se dire et se choisir sans jamais être imposé aux autres par la violence et la force.

En vertu de quoi, le pass sanitaire obligatoire est un crime contre l'humanité au même titre que l'incendie de lieux de vaccination ; délirer sur la dangerosité des non-vaccinés est un mensonge stupide  aux relents racistes autant que la dénonciation de l'inoculation d’agents de contrôle par le vaccin est une paranoïa délirante. Non que les manipulateurs de la servitude volontaire soient insoupçonnables de procédés de ce genre, loin de là, mais à supposer qu’ils en aient la capacité, ils n'en ont pas besoin. L’univers virtuel est déjà un camp de concentration planétaire où le travail au clavier rend libre et où le téléphone portable librement autorisé est une étoile de David déguisée dans la poche de prisonniers qui se croient libres.

Je n'ai rien contre l'utilisation du téléphone, entendons-nous. Je ne suis pas primitiviste, je n'appartiens pas à cette énième tribu de cousins mystiques d'un esprit méfiant mais pas libre ; toutefois je n’aime pas non plus les croyants en la consommation spectaculaire dont le crucifix est le portable. Je m'insurge contre une aliénation intériorisée où la relation entre l'humain et l'outil est renversée par le fétichisme de la marchandise au point que le selfie a remplacé l'érotisme affectueux vécu dans l'étreinte par l'érotisme aliéné et artificiel de l'image figée. Concernant la phobie autistique ainsi véhiculée, je précise, en ces temps de conflits de genre croissants, que je fais référence à une étreinte libre, consentie et désirée par des femmes et des hommes ayant une sensibilité gylanique[5], non suprématiste, ni patriarcale, ni productiviste.

Dans ce tableau indigent, la nouveauté qui n'échappe pas à la majorité des dominés est que le mécanisme sur lequel repose la civilisation productiviste est bloqué et ne fonctionne pratiquement plus. La prolétarisation croissante de l'être humain, intrinsèque au fonctionnement du capital, se traduit désormais directement par la destruction de la vie sociale dans son intégralité. Si jusqu'à hier, il était possible de bombarder les consciences avec l'idéologie du progrès collectif en masquant et en banalisant les injustices sociales pour le plus grand nombre et les privilèges pour un petit nombre, la carotte flétrie de la richesse imaginaire à venir ne justifie plus la pauvreté réelle pour ceux qui en sont et en seront de plus en plus les victimes. Des populations entières survivent déjà dans la misère, travaillant sans relâche, tandis que des richesses monétaires démesurées s'accumulent dans des paradis fiscaux garantis par des enfers productivistes où l'humain est exploité.

Pourquoi travailler pour une pauvreté qui n'est plus seulement économique mais vitale aussi ? Le système qui continue de rendre malades et de tuer ses esclaves ne garantit même plus les soins ni les enterrements. Le spectacle macabre des cadavres de patients accumulés autour des hôpitaux de Bergame au début de la pandémie de Covid est un exemple frappant parmi d'autres d'une tragédie qui choque le monde entier depuis des années et qui est destinée à se répéter.

Alors que certains cherchaient les sources du méfait pandémique, prévisible mais inattendu, entre Wuhan, le pangolin et le prétendu complot de la mafia pharmaceutique, le capitalisme planétaire a continué imperturbablement, à Wuhan et dans le reste du monde, son processus globalement mafieux d’artificialisation du vivant (dont la vaccination fait partie comme toute donnée manipulable, qu’elle soit utile ou inutile). Dans le business planétaire il y a de la place pour tout le monde, y compris pour ceux qui dénoncent la conspiration en détournant la colère et surtout les critiques du capitalisme vers les toilettes idéologiques publiques du complotisme.

Le spectacle intégré se nourrit des fascistes rouges chinois, des oligarchies russes, américaines, allemandes, parisiennes, siciliennes ou d’ailleurs, des Bolsonaro, des trumpistes autant que des masses de démocrates virginaux d'un monde globalisé dans lequel le travail rend libre sans même qu’il faille l'écrire à l'entrée de la prison quotidienne. Tous ces macabres idiots utiles perpétuent, avec une accentuation constante, l'expropriation de l'humain structurelle au capitalisme. Aucune conspiration n'est à l'origine de la monstruosité, mais l'avancée cohérente de la domination de la marchandise sur l'être humain. Aucune morale révolutionnaire ne nous sauvera. Seule l'autogestion généralisée de nos vies au nom de la volonté de vivre et de l'entraide pourra sauver les survivants d’une espèce en danger, en les soustrayant à la civilisation productiviste et au capitalisme qui est sa solution finale.

Le fait qu'un nombre important de personnes refuse un peu partout de travailler suite au traumatisme de la pandémie planétaire n'est pas encore mesuré dans toute son importance. Il s'agit d'abandonner ce monde en ruine par toutes les manières praticables et vivables. Il est question d'identifier partout les zones à défendre et celles à abandonner à l'ennemi qui avance sans même se soucier de dissimuler son penchant mortifère. Le seul droit que le pouvoir nous consente, toujours et en tout cas, c'est de travailler à produire de la valeur, de plus en plus exploités, rétrécis, artificialisés. Produire, consommer et produire encore pour consommer à nouveau, sans autre plaisir que de survivre, malgré la planète dépérissante, malgré la destruction du vivant que nous continuons à causer, malgré le pire qui nous attend après le mal qui nous a frappés. La logique concentrationnaire n'a plus trop besoin de camps de concentration, les écrans suffisent.

Regardez-les nos dirigeants continuer à chérir la croissance économique comme une prostituée qui les excite, après avoir dit et répété qu'elle est la cause de tous les malheurs. Vêtus de vert avec les pieds dans le pétrole, les mains dans les pesticides et la tête dans le nucléaire, ils continuent à théoriser la croissance économique tout en imposant aux peuples une décroissance forcée. Le pouvoir est désormais schizophrène. Pire que méchant, il est fou. Il ne se soucie de nos morts, de nos souffrances, de nos maladies que pour composer des nécrologes hypocritement humanistes. Elles n’ont pas d’importance pourvu que les survivants continuent à produire de la valeur. Seul l'instant présent compte dans un capitalisme cocaïnomane où la plus-value qui s'accroît est toute l'histoire qui intéresse les décideurs de la préhistoire contemporaine.

Cependant, quelque chose a interrompu le conditionnement qui réduit les humains à des cobayes manipulés. Non pas la pandémie, mais la destruction de l'humain que le système a produite pendant la pandémie a été un symptôme fortement ressenti de l'échec final d'une civilisation entière, marquant un point crucial de notre présent. De nombreuses personnes ont commencé à ressentir et comprendre cela. Les plus fous au pouvoir, en revanche, ne s'aperçoivent de rien et continuent leur travail de vampires de l'humain. Les serviteurs les plus consentants du capitalisme financier ont même décidé de déclarer explicitement notre esclavage comme un bien commun partageable.

Aujourd’hui même, la France et son ancien régime postmoderne vont jusqu'à imposer, sans la moindre dissimulation, le devoir de travailler encore plus pour continuer à enrichir un pays formel dont les citoyens réels sont appauvris jusqu’à la faim, comme la plupart des citoyens d'un monde en faillite. Les majordomes du capitalisme financier sont tellement délirants qu'ils ne tiennent pas compte le moins du monde du fait que les gens se voient mourir de maladie et de misère, de guerre et de chaleur, de pénurie d’eau et de faim. De quelle civilisation parle-t-on ? À quelle vie font-ils référence ? Aucun dialogue n'est désormais possible, concevable avec ces zombies virtuels.²

Il ne fait aucun doute que la France a souvent été à la pointe du meilleur et du pire. Pourtant, partout dans le monde, la rhétorique provocatrice du capitalisme nous exhorte désormais à souffrir et mourir pour une patrie productiviste qui n'a jamais existé qu'idéologiquement et qui aujourd'hui a disparu du radar de la survie. Nous sommes à la fin d'une civilisation planétaire moribonde. Partout, nous devons sauver nos vraies vies humaines, défendre nos espaces encore vitaux par l'entraide et la solidarité des êtres humains sans argent, sans Dieu et sans autre patrie que le monde entier en liaison étroite avec l’arrière-cour de sa propre communauté locale où se pratique la vie quotidienne.

La famille humaine en reviendra probablement, comme à ses origines, à se reconnaître en petits groupes défendant leur propre zone de vie rescapée de l’effondrement systémique, mais cette apparente régression sera riche d'une nouveauté révolutionnaire qui manquait aux premières communautés humaines de la préhistoire. L'animal primitif dont sont issus les humains s’est toujours méfié de la concentration du pouvoir entre quelques mains ou en un seul individu, mais il lui manquait l'expérience ratée du productivisme et de son opportunisme suprématiste, dangereusement séduisant et trompeur. Il lui manquait la conscience à venir de son hybris mortifère. Désormais il en subit les dégâts dans son quotidien et la voit sur tous les écrans. Contre la loi du plus fort dans la prédation économique, la conscience historique actuelle nous apprend tragiquement mais clairement que l’humanité est la même sur toute la planète et que ses membres peuvent s’entraider pour vivre humainement en cultivant une éthique jouissive pour eux-mêmes et pour les autres, alors que le pouvoir se meurt en faisant mourir.

Cette conscience d'espèce émergente est liée à l'échec désormais visible du productivisme. Choisir l'humain en rejetant le conflit suprématiste qui a projeté l'humanité sur les récifs où coule la barque de sa civilisation peut apparaître comme un impossible retour en arrière, alors que c'est la réémergence d’un véritable progrès gylanique que l'humanité a refoulé pendant des millénaires sous le poids oppressant de la peste productiviste et patriarcale. Face au pire qui se dessine, seul le meilleur est concevable et souhaitable : l'autogestion acratique d'une vie quotidienne respectueuse de soi, de ses semblables, de la nature, du vivant et des joies partageables de l'existence.

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, le 7 mars 2023



[1] Ceci malgré la guerre post Hiroshima en Europe et dans le monde, la crise climatique planétaire, les pandémies à répétition et la dégradation catastrophique de la biosphère, pour ne citer que l'essentiel du macro social, sans oublier les effets non moins importante dans le microsocial.

[2] Dans le psychodrame collectif de la peste émotionnelle et de la peste virale mélangées, la piqûre antiCovid a eu le rôle délicat et capital de pharmakos (du grec ancien φαρμακός) qui revêt trois sens distincts : remède, poison et bouc émissaire. Les premier et deuxième sens font référence au sens quotidien de la pharmacologie, le troisième sens concerne le rituel de sacrifice humain. « Le pharmakos représente le mal, le mal introjecté et projeté. Bienfaisant en tant qu’il guérit – et par là vénéré entouré de soins – malfaisant en tant qu’il incarne les puissances du mal – et par là redouté, entouré de précautions. Angoissant et apaisant. Sacré et maudit. » (Jacques Derrida, La dissémination, Seuil, Paris 1995, P. 166/67). En relisant cette citation aujourd’hui, qu’est-ce qui vous vient à l’esprit ? Dans la tragédie pandémique, le vaccin est apparu en même temps comme sauveur et comme mal absolu. Au prix de dommages collatéraux plus ou moins importants, quoique difficilement évaluables, il a réduit les risques graves pour les plus faibles, tout en confortant le pouvoir dominant en proie à ses contradictions visibles et à l’impasse insurmontable de son aliénation productiviste. Enrichissant de façon obscène les heureux capitalistes propriétaires de son copyright, il a été commercialisé à la hâte et frappé d’anathème comme tueur cannibale ou poison diabolique par ses détracteurs mystiques en quête obsessionnelle d’un bouc émissaire à la place de la domination réelle du capital sur l’homme au travail, cet esclave spectaculaire qu’ignore sa condition mais qu’il en peut plus.

[3] Terme grec parodique concernant l’épopée comique de la bataille entre les grenouilles et les rats.

[4] Dans l’histoire de la peste à Milan d’Alessandro Manzoni, les untori sont les individus accusés par la foule de répandre la peste.

[5] Voir le riche travail de recherche archéologique et les études de Marija Gimbutas sur la civilisation gylanique (sociétés de la vieille Europe et d'ailleurs structurées autour du féminin dans lesquelles les femmes étaient libres, sans matriarcat ni conflits structurels de genre).