giovedì 20 aprile 2023

Appropriazione privativa e violenza illegittima


 


 

Il tragico episodio di Sainte-Soline dimostra a grandezza naturale snaturata la manipolazione di un terrorismo di Stato che giustifica la sua violenza con l'invenzione di un ecoterrorismo la cui evocazione malevola, fabbricata per l’occasione al fine di legittimarsi ideologicamente, rischia, peraltro, di creare le condizioni per l’effettiva apparizione di una violenza fuori controllo.

Piuttosto spesso, infatti, la peste emozionale che semina il disprezzo e il terrore finisce per raccogliere la tempesta e l'odio disperato di una variante opposta speculare alla sua peste mutilante e omicida. Il che arrangerebbe non poco, in fondo, un potere in crisi cui non resta che la gestione della paura e la repressione per imporsi.

È un dato di fatto che le oligarchie dominanti preferiscono il rischio tragico di una guerra civile all’emergere di una società egualitaria basata sull'autonomia individuale e preoccupata della condivisione dei beni comuni. Non c'è mai lotta armata popolare, per delirante che sia, se lo Stato non ne produce le condizioni attraverso la repressione e lo sfruttamento del popolo.

 La famosa favola di Esopo ripresa in francese da La Fontaine, quella del lupo e dell'agnello, ci ha mostrato fin dall'antichità la logica viziosa e manipolatrice dei rapporti di potere inerenti alla predazione. In questo gioco perverso e narcisistico, le parole hanno sempre avuto un'importanza cruciale. Più vicino a noi, Fourier ha rilevato a sua volta la persistenza moderna di questo fenomeno di falsificazione: “Ne testimoniano le parole felicità, libertà, virtù, morale, destino, natura, e tante altre vane dottrine sulle quali le nostre teorie ci portano costantemente all'opposto dell’obiettivo” (C. Fourier, Armonie poligame in amore, Rivages Poche, Parigi 2003).

Poi, all'avvicinarsi del maggio '68, l'Internazionale Situazionista ha opportunamente ricordato che “nulla più del linguaggio, in quanto realtà viva, è manifestamente soggetto alla dialettica. Così ogni critica del vecchio mondo è stata fatta con la lingua di questo mondo e tuttavia contro di lui, quindi automaticamente in un'altra lingua” (M. Khayati, Le parole prigioniere, I.S. n.°10, 1966).

Nella società dello spettacolo integrato, il divenire-mondo della falsificazione è diventato una sistematica falsificazione del mondo. Le parole vi giocano un ruolo importante, permettendo ai sostenitori della società dello spettacolo di raggiungere un picco senza precedenti di perversione manipolatrice.

In un mondo sempre più artificiale, le parole prigioniere sono ampiamente utilizzate dai dominanti per ingannare i dominati e rafforzare, quando serve, la loro servitù volontaria. Mai quanto oggi la manipolazione dei concetti ha fabbricato falsificazioni ideologiche che la neolingua virtuale chiama fake news.

 

Tra le varie parole prigioniere, il concetto di radicalità è stato sistematicamente svuotato di significato e ridotto a sinonimo del concetto di estremismo. A forza di chiamare radicalizzazione l'adesione di minoranze fanatiche a un estremismo islamista che imperversa come un arcaismo funzionale al dominio globale, definire qualcuno radicale nel linguaggio pubblicitario dello spettacolo sociale significa denunciarlo come terrorista.

Radicale, estremista, terrorista si mescolano in un cocktail perverso. Eppure, nel pensiero critico plurisecolare, essere radicali significa precisamente andare alla radice delle cose, cioè, per un essere umano, andare alla ricerca dell'umanità stessa nel suo ambiente vitale. Nulla a che vedere con estremismi di alcun tipo né, a fortiori, con la violenza fanatica. La radicalità si preoccupa dell'umano indistintamente e senza gerarchie, occupandosi soprattutto di qualsiasi fenomeno che rischi di ostacolare la vita, facendola precipitare. Invece, nella propaganda politico-mediatica il terrorista non è più precisamente qualcuno che terrorizza degli esseri viventi aggredendo le loro vite, ma si affibbia quest’accusa a chi si batte contro l’appropriazione privativa delle cose feticizzate in merce, fosse pure per salvare delle vite.

 

L'appropriazione privativa e la violenza illegittima sono le due mammelle che nutrono la civiltà produttivista e il suo modo di produzione capitalista che ne segna la fase terminale. La civiltà spettacolare mercantile basata sullo Stato e sul Mercato domina il pianeta senza governare il mondo, pretendendo di distinguere la violenza legittima (la propria) dalla violenza illegittima (quella di tutti gli altri). Tuttavia, è evidente che nessuna violenza è legittima per chi la subisce. L'unica violenza assolutamente legittima è quella esercitata da chiunque per difendersi da un’aggressione alla sua autonomia individuale, alla sua libertà collettiva.

In Francia e altrove, durante l'occupazione nazista, la legalità imposta dall’imperialismo psicotico del Terzo Reich consisteva nell'esecuzione sommaria dei partigiani della resistenza con la motivazione delle loro azioni "terroristiche".

L'accusa di terrorismo era allora una postura esemplare dell'ideologia fascista al potere a Vichy, in Italia, in Germania e altrove. Che pensare oggi della legittimità di un'accusa di ecoterrorismo che il potere applica a una situazione in cui due attivisti ecologisti sono finiti tra la vita e la morte e, pur compatendo tutti i feriti, nessuno escluso, si contano a Sainte-Soline più di duecento feriti, spesso molto seriamente, tra i manifestanti e una quarantina tra le forze dell'ordine costituito? Come non vedere che la resistenza in questione si presenta come una protesta radicale e non estremista? Una lotta che rivendica una difesa della vita e non un'apologia della morte?

 

La criminalizzazione del concetto di ZAD (in francese zona da difendere) coagula ormai una rinnovata, fanatica caccia alle streghe. L'esistenza stessa di questa nascente coscienza di specie che difende ogni forma di ZHAD (dal francese zone humaine à défendre) segna l’inizio di una lotta contro il nichilismo della civiltà produttivista. Questo fenomeno spontaneo di resistenza umana, diffuso in tutta la civiltà produttivista planetaria, con o senza gilet jaune, non a caso è lo spauracchio di tutti i post-fascisti in caccia di potere. Ovviamente nessuna ZHAD, nessuna comunità umana in fieri è immune a priori dal rischio di diventare un luogo di odioso e inaccettabile potere suprematista da combattere come tutti i fascismi. Né più né meno che un partito politico, un governo, una fabbrica, una famiglia, un villaggio. Ma non è la sua natura, non è il suo scopo, non è il suo destino. I partigiani della più piccola zona da difendere sono incaricati dalla loro coscienza pratica, consiliare ed egualitaria, di agire collettivamente per rendere il potere condiviso e chiaramente visibile, evitando sbagli, violenze, dominio, ovunque e sempre. Esattamente come dovrebbe accadere in un gruppo, una comunità, una nazione autogestita da individui liberi e autonomi.

 

Stalin, Hitler, Pol-Pot, Pinochet e tutto il sordido marciume del mondo di ieri e di oggi sono i simboli storici del mostruoso disastro dei totalitarismi di cui il progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana è la critica radicale che si fa beffe dei burocrati comunisti quanto dei fascisti, dei liberali e di tutti gli ideologi della storia confiscata dalla peste emozionale della civiltà produttivista e patriarcale.

Senza risalire più lontano nel tempo (ma lo potremmo e lo abbiamo fatto spesso), cito come esempi tra i tanti la Comune di Parigi, la Spagna della resistenza antifranchista e del suo progetto libertario, il movimento delle Occupazioni del maggio 68, il Chiapas zapatista, il comunalismo del Rojava, ma anche il fiorire di qualsiasi luogo di vita, per quanto minuscolo, dove degli individui difendono meglio che possono il loro diritto di vivere come esseri umani contro l'orco nichilista dell'economia politica che distrugge la natura e gli esseri viventi in nome del profitto.

Tutte queste avventure della vita umana sono state, sono e saranno ZHAD riuscite o fallite di occupazione della vita contro i parassiti opportunisti e sfruttatori di ogni genere. Non rinunceremo alla felicità condivisa da tutti permettendo a qualche arrivista caratteriale di violentare senza scrupoli le folle in nome di una repubblica immaginaria di cui s’immagina il dittatore democratico. Offriamo a tutti questi lupi malati di potere una vacanza senza fine al Club Med dell'isola di Sant'Elena.

 

Il vecchio mondo funziona secondo una concezione autoritaria dell'ordine e del disordine.

Per accedere a un mondo nuovo non ci si può accontentare di fare il disordine senza amarlo. Bisogna arrivare a comprendere l’utilità necessaria di un ordine mobile condiviso con gli altri, un ordine acratico, collettivamente autogestito, senza polizia militarizzata né teppisti, un ordine che non è stabilito e che non intende diventarlo perché sa che nessuna violenza inflitta è legittima; un ordine acratico che si reinventa continuamente attraverso la non violenza e che muta secondo l'evolversi delle situazioni e della loro psicogeografia. Questo potere condiviso ha la pace come arma formidabile e l'autodifesa di ciascuno e di tutti come unica legge repressiva contro la violenza altrui.

Sono i valori che lo fondano che non mutano mai: libertà, uguaglianza, fraternità. Questi valori concreti del godimento della vita sono un patrimonio dell’umanità che la dominazione riduce a gadget di una morale mistica imposta dall’alto da un potere suprematista che non dice il suo nome.

Purtroppo questa preziosa ricchezza comune è stata storicamente confiscata dalla classe borghese, giunta in Francia al potere politico tagliando la testa del re, poi tagliando le teste dei membri refrattari delle sezioni parigine opposte al suo potere di classe e infine anche quelle di un buon numero dei suoi capi aspiranti all’investitura suprema. Il Terrore. Lo stesso riapparso a ogni rivoluzione sociale tradita, a ogni repressione del popolo da parte dei suoi signori, al minimo segno di disobbedienza civile al consenso spettacolare, come a Sainte-Soline.

Ai tre valori simbolo di una rivoluzione incompiuta (libertà, uguaglianza, fraternità) se ne possono aggiungere altri o meno, ma basta tradirne uno per tradirli tutti. Così hanno fatto tutte le rivoluzioni fallite e tutti i reazionari cinici e opportunisti che le hanno confiscate. Perché non possiamo cambiare il mondo riproducendo i rapporti di forza del vecchio mondo. NON SARANNO I NUOVI DOMINANTI AD ABOLIRE IL DOMINIO. Non è il riposo dei guerrieri che dobbiamo auspicare, ma il loro ritiro definitivo, la loro trasformazione in poeti senza dei, né padroni né schiavi.

Invece di aderire a qualche nuova ideologia, artificiale e postumanista, è urgente abbandonare il cannibalismo del corpo e della mente che ci ha spinto per millenni a nutrirci della carne e del lavoro dei nostri simili ridotti in schiavitù.

Il lavoro salariato è un moderno travestimento dell'antico schiavismo, la riforma totalitaria delle pensioni in gioco in Francia lo dimostra una volta di più in modo spettacolare al mondo intero.

D'altra parte, mentre l'acqua verrà crudelmente a mancare e il caldo torrido cuocerà le nostre alienazioni, il cibo adulterato dei supermercati venduto sempre più caro ai salariati/schiavi che siamo, è il frutto avvelenato di un cannibalismo autofago di cui i tumori sono i testimoni, sintomi del declino auto programmato di una specie in via di estinzione.

Il patriarcato produttivista fa la guerra al vivente. Disertiamo. Difendiamo la vita e cambiamo il mondo prima che sia troppo tardi!

 

  

Sergio Ghirardi Sauvageon, 20 aprile 2023

  

Appropriation privative et violence illégitime

 


L’épisode tragique de Sainte-Soline démontre – grandeur nature dénaturée – la manipulation d’un terrorisme d’État qui justifie sa violence par l’invention d’un éco terrorisme dont l’évocation malveillante, affabulée pour la besogne de se légitimer idéologiquement, risque, d’ailleurs, de créer les conditions d’éclosion réelle d’une violence incontrôlée.

Bien souvent, en effet, la peste émotionnelle qui sème le mépris et la terreur finit par récolter la tempête et la haine désespérée d’une variante spéculaire opposée à sa peste mutilante et meurtrière. Ce qui arrangerait bien, finalement, un pouvoir aux abois qui n’a plus que la gestion de la peur et la répression pour s’imposer.

C’est un fait que les oligarchies dominantes préfèrent le risque tragique d’une guerre civile à l’émergence d’une société égalitaire fondée sur l’autonomie individuelle et soucieuse du partage des biens communs. Il n’y a jamais de lutte armée populaire, pour délirante qu’elle soit, si l’État n’en produit pas les conditions par la répression et l’exploitation du peuple.

La fameuse fable d’Ésope reprise en français par La Fontaine, celle du loup et de l’agneau, nous montre depuis l’antiquité la logique vicieuse et manipulatrice des relations de pouvoir inhérentes à la prédation. Dans ce jeu perverse et narcissique, les mots ont depuis toujours une importance cruciale. Plus près de nous, Fourier remarqua à son tour la persistance moderne de ce phénomène de falsification : « Témoin le mot bonheur, liberté, vertu, morale, destinée, nature et tant d’autres vaines doctrines sur lesquelles nos théories nous mènent constamment à l’opposé du but » (C. Fourier, Des harmonies polygames en amour, Rivages Poche, Paris 2003).

Puis, alors que mai 68 s’approcha, l’Internationale situationniste rappela pertinemment que rien n’est manifestement plus soumis à la dialectique que le langage, en tant que réalité vivante. Ainsi toute critique du vieux monde s’est elle faite avec le langage de ce monde et pourtant contre lui, donc automatiquement dans un langage autre (M. Khayati, Les mots captifs, I.S. n.°10, 1966).

Dans la société du spectacle intégré, le devenir-monde de la falsification est devenu une falsification systématique du monde. Les mots y participent bigrement permettant aux tenants de la société du spectacle de toucher un sommet inouï de perversion manipulatrice.

Dans un monde de plus en plus artificiel, des mots captifs sont abondement utilisés par les dominants pour embobiner les dominés et en conforter, au cas échéant, la servitude volontaire. Jamais autant qu’aujourd’hui la manipulation des concepts a fabriqué des falsifications idéologiques que la novlangue virtuelle appelle fake news.

 

Parmi les diverses mots captifs, le concept de radicalité a été systématiquement vidé de son sens et réduit à un synonyme du concept d’extrémisme. A force de nommer radicalisation l’adhésion de minorités fanatiques à un extrémisme islamiste qui déferle comme un archaïsme fonctionnel à la domination globale, traiter quiconque de radical signifie dans le langage publicitaire du spectacle social le dénoncer comme terroriste.

Radical, extrémiste, terroriste se mélangent dans un cocktail pervers. Or, dans la pensée critique pluriséculaire, être radical signifie précisément aller à la racine des choses, c’est à dire, pour les êtres humains, aller à la recherche profonde de l’humanité elle même dans son environnement vital. Rien à voir avec un quelconque extrémisme ni, a fortiori, avec une violence fanatique. La radicalité se préoccupe de l’humain sans distinctions ni hiérarchies, s’occupant avant tout des phénomènes qui risquent d’entraver la vie, de la faire péricliter. En revanche, dans la propagande politico-médiatique, le terroriste n’est plus précisément celui qui terrorise des êtres vivants en s’en prenant à leur vie, mais on colle cette accusation à celui qui s’en prend à l’appropriation privative des choses fétichisées en marchandise, fusse-t-il pour sauver des vies.

 

Appropriation privative et violence illégitime sont les deux mamelles qui nourrissent la civilisation productiviste et son mode de production capitaliste qui en marque la phase terminale. La civilisation spectaculaire marchande fondée sur l’État et le Marché, domine la planète prétendant de distinguer la violence légitime (la sienne) de la violence illégitime (celle de tous les autres). Or c’est une évidence qu’aucune violence n’est légitime pour ceux qui la subissent. La seule violence absolument légitime est celle exercée par quiconque pour se défendre d’une agression à son autonomie individuelle, à sa liberté collective.

En France et ailleurs, pendant l’occupation nazie, la légalité imposée par l’impérialisme psychotique du Troisième Reich consista dans l’exécution sommaire des résistants au motif de leurs actions « terroristes ».

L’accusation de terrorisme était alors une posture exemplaire de l’idéologie fasciste au pouvoir à Vichy, en Italie, en Allemagne et ailleurs. Que penser aujourd’hui de la légitimité d’une accusation d’écoterrorisme que le pouvoir applique à une situation dans laquelle deux militants écologistes se sont retrouvés entre la vie et la mort et, tout en compatissant tous les blessés sans exception, on compte à Sainte-Soline plus de deux cent blessés, souvent graves, parmi les manifestants et une quarantaine parmi les forces de l’ordre établi ? Comment ne pas voir que la résistance en question se présente comme une contestation radicale et non pas extrémiste ? Comme une lutte qui revendique une défense de la vie et non pas une apologie de la mort ?

 

La criminalisation du concept de ZAD (zone à défendre) coagule désormais une renouvelée, fanatique chasse aux sorcières. L’existence même de cette conscience d’espèce naissante qui défend toute sorte de ZHAD (zone humaine à défendre) marque le début d’une lutte contre le nihilisme de la civilisation productiviste. Ce phénomène spontané de résistance humaine, répandu partout dans la civilisation productiviste planétaire, avec ou sans gilet jaune, n’est pas par hasard l’épouvantail de tous les postfascistes aux aguets du pouvoir. Évidemment aucune ZHAD, aucune communauté humaine in fieri n’est à l’abri à priori du risque de se transformer en un lieu de pouvoir suprématiste odieux et inacceptable à combattre comme tous les fascismes. Ni plus ni moins qu’un parti politique, un gouvernement, une usine, une famille, un village. Mais ce n’est pas sa nature, ce n’est pas son but, ce n’est pas son destin. Les partisans de la moindre zone à défendre sont chargés par leur conscience pratique, conseilliste et égalitaire, d’agir collectivement pour rendre le pouvoir partagé et bien visible, évitant les dérapages, la violence, la domination, partout et toujours. Exactement comme devrait arriver dans un groupe, une communauté, une nation autogérée par des individus libres et autonomes.

 

Staline, Hitler, Pol Pot, Pinochet et toute la pourriture sordide du monde de hier et d’aujourd’hui sont les symboles historiques du désastre monstrueux de tous les totalitarismes dont le projet d’autogestion généralisée de la vie quotidienne est la critique radicale qui se moque des bureaucrates communistes autant que des fascistes, des libéraux et de tous les idéologues de l’histoire confisquée par la peste émotionnelle de la civilisation productiviste et patriarcale.

Sans remonter plus loin dans le temps (mais on le pourrait et on l’a déjà fait souvent) je cite en vrac la Commune de Paris, l’Espagne de la résistance antifranquiste et de son projet libertaire, le mouvement des occupations de mai 68, le Chiapas zapatiste, le communalisme du Rojava, mais aussi la floraison de n’importe quel lieu de vie, pour minuscule qu’il soit, où des individus défendent mieux qu’ils le peuvent leurs droit de vivre en humains contre l’ogre nihiliste de l’économie politique qui détruit la nature et le vivant au nom du rentable.

Toutes ces aventures d’une vie humaine en danger ont été, sont et seront des ZHAD réussies ou ratées d’occupation de la vie contre les parasites opportunistes et exploiteurs de tout acabit. On ne va pas renoncer au partage du bonheur pour tous en consentant à un quelconque arriviste caractériel de violer sans scrupule les foules au nom d’une république imaginaire dont il se voit le dictateur démocrate. Offrons à tous ces loups malades du pouvoir une vacance sans fin au Club Med de l’île de Sainte Hélène.

 

Le vieux monde fonctionne selon une conception autoritaire de l’ordre et du désordre.

Pour accéder à un monde nouveau on ne peut pas se contenter de faire le désordre sans l’aimer. Il faut arriver à comprendre l’utilité nécessaire d’un ordre mouvant partagé avec les autres, un ordre acratique, autogéré collectivement, sans police militarisée ni voyous, un ordre qui n’est pas établi et qui ne veut pas le devenir car il sait qu’aucune violence infligée est légitime ; un ordre acratique qui se réinvente constamment par la non violence et qui mute selon l’évolution des situations et de leur psychogéographie. Ce pouvoir partagé a la paix comme arme redoutable et la légitime défense de chacun et de tous comme seul loi répressive de la violence d’autrui.

Ce sont les valeurs qui le fondent à ne jamais changer : liberté, égalité, fraternité. Ces valeurs concrètes de la jouissance de la vie sont un patrimoine de l’humanité que la domination réduit à gadgets d’une morale mystique octroyée par un pouvoir suprématiste qui ne dit pas son nom.

Hélas, cette précieuse richesse commune a été historiquement confisquée par la classe bourgeoise, arrivée, en France, au pouvoir politique en coupant la tête du roi, puis coupant les têtes des réfractaires des Sections parisiennes opposées à son pouvoir de classe et enfin aussi celles d’un bon nombre de ses chefs aspirant à l’investiture suprême. La Terreur. La même réapparue à chaque révolution trahie, à chaque répression du peuple par ses seigneurs, au moindre signe de désobéissance civile au consensus spectaculaire comme à Sainte-Soline.

Aux trois valeurs symboles d’une révolution inachevée (liberté, égalité, fraternité) on peut en ajouter ou pas, mais ça suffit d’en trahir une pour les trahir toutes. C’est ce qu’on fait toutes les révolutions ratées et tous les réactionnaires cyniques et opportunistes qui les ont confisquées. Car on ne peut pas changer de monde en reproduisant les rapports de pouvoir de l’ancien monde. CE NE SERONT PAS DES NOUVEAUX DOMINANTS QUI ABOLIRONT LA DOMINATION. Ce n’est pas le repos des guerriers qu’il faut souhaiter, mais leur retraite définitive, leur transformation en poètes sans dieux, ni maîtres, ni esclaves.

Plutôt que adhérer à une quelconque idéologie nouvelle, artificielle et post-humaniste, est urgent l’abandon du cannibalisme du corps et de l’esprit qui nous pousse depuis des millénaires à nous nourrir de la chair et du travail de nos semblables réduits en esclavage.

Le travail salarié est un déguisement moderne de l’esclavage ancien, la reforme totalitaire des retraites qui agite la France le prouve spectaculairement une fois de plus au monde entier.

En revanche, pendant que l’eau va cruellement nous manquer et la chaleur torride va cuir nos aliénations, la nourriture frelatée des supermarchés vendue de plus en plus chère aux salariés/esclaves que nous sommes, est le fruit empoisonné d’un cannibalisme autophage dont les cancers sont les témoins, symptômes de la déchéance auto programmée d’une espèce en voie d’extinction.

Le patriarcat productiviste fait la guerre au vivant. Désertons. Défendons la vie et changeons le monde avant qu’il ne soit trop tard !

 

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 20 avril 2023