Aggiungo il mio caloroso
benvenuto a quello di Raoul Vaneigem che vi ho tradotto in italiano e che segue.
Sergio Ghirardi Sauvageon
Queste contrade non si distinguono a prima vista in niente dal resto del mondo poiché – nessuno lo ignora – la vecchia Europa è stata la sorgente avvelenata che ha propagato alla terra intera il suo inquinamento e le sue tecniche di oppressione.
Niente! Escluso che la repressione e l’oscurantismo non sono riusciti a soffocare le rivolte sempre rinascenti. Lungo tutto il corso della storia, il cuore di un’irreprimibile volontà di vivere ha pulsato al ritmo dell’umano.
Compagne e compagni zapatisti, riconoscerete facilmente quelle e quelli che vi vengono incontro e vi salutano dal fondo del passato: le donne e gli uomini del dodicesimo e tredicesimo secolo in lotta per l’emancipazione delle Comuni e per la libertà nascente; i filosofi del Rinascimento e dell’Illuminismo; gli insorti (uomini e donne) della Rivoluzione francese, della Comune di Parigi, di Cronstadt, delle collettività libertarie che furono il fulcro radicale della rivoluzione spagnola.
Io non aderisco a nessun partito, alcuna fazione, alcuna setta, alcuna tendenza o movimento. Non mi riconosco in nessuna bandiera, stendardo o sigla che ne sono simbolo.
La sola importanza che mi attribuisco è di aver fatto della mia vita una lotta incessante affinché la mia emancipazione sia inseparabilmente quella di tutte e di tutti. Per quanto maldestra essa sia, la danza della vita fertilizza la terra.
L’emergere del movimento zapatista, l’apparizione dei Gilet jaunes in Francia, la guerra combattuta dai Curdi del Rojava hanno suscitato ondate d’insurrezioni; le quali sconvolgono un pianeta che credevamo tetanizzato dai morsi del capitalismo. Ciò non è forse nella natura di fortificare la fiducia nella poesia fatta da tutti, da tutte e da ciascuno? Una tale poesia è quella d’individui che si liberano dell’individualismo e scommettono sull’aiuto reciproco per bandire il calcolo egoista e la servitù volontaria che ne è l’immondizia.
Compagne e compagni, la vostra invasione pacifica soffia l’aria fresca del vivente su una società confinata dalla morte.
Siete stati i primi a spezzare il giogo dell’impossibile. La vostra rivolta improbabile ha dimostrato che l’audacia di un piccolo gruppo di gente poteva sradicare la credenza deleteria in un’impotenza nativa dell’uomo e della donna, in una debolezza originale che li renderebbe dipendenti dal Potere tutelare di un signore.
Oggi un’insurrezione inseparabilmente esistenziale e sociale guadagna il mondo intero. Essa revoca il comunitarismo, il populismo, le messe in scena delle alternanze politiche alle quali ricorrono tutti i Poteri preoccupati di manipolare le folle.
Il compito è gigantesco perché con il pretesto di un’epidemia di cui nessuno nega la reale pericolosità, i governi hanno propagato una paura isterica che serve innanzitutto gli interessi degli organismi repressivi e dei grandi gruppi farmaceutici.
Come avete potuto permettere, si domanderanno le generazioni future, che un pugno di ritardati mentali, incompetenti persino nelle loro menzogne, imponessero i loro decreti arbitrari e le loro follie imbecilli?
Quale isteria ha ottenuto – colmo dell’assurdità – che rinunciaste a vivere per proteggervi dal rischio di morire? Ci spiegherete i motivi di quest’urgenza a ritornare alla cuccia come cani ai quali si abbaiano degli ordini e che urlano alla luna delle defunte libertà? La questione non ha nulla di nuovo, è stata posta nel sedicesimo secolo da Etienne de La Boétie. Che sia rimasta senza risposta mostra che si trattava meno di una questione che di un nodo gordiano che nessuno ha pensato di sciogliere.
Se questo è il nostro nodo gordiano, la spada non è forse la pulsione di vita che risorge qui e ora? Il suo vigore insospettato ravviva nella donna, nell’uomo, nel bambino quell’intelligenza sensibile che fa parte dell’essere e non dell’avere, del vivente e non dell’oggetto digitale e mercantile cui ci riducono.
La minima boccata d’aria in cui si respira la vita porta il soffio del mare aperto. Tutto si apre. L’irresistibile attrazione delle passioni che ci animano cancella con un colpo di spugna i reclutatori della morte redditizia.
Non è forse probabile che la gioia ritrovata del vivere insieme manifesti il suo disgusto per i comportamenti sclerotizzati, del puritanesimo, del cinismo statale che avendo fatto un mercato della salute, elimina le nostre immunità con la scusa di preservarle?
Siamo sull'orlo di un cambiamento enorme. Paradossalmente, esso deriva da un lento risveglio che sensibilizza gli individui alla ricchezza della loro soggettività creativa. Coloro che non hanno altra realtà tangibile se non un’esistenza che la glaciazione capitalista impoverisce di giorno in giorno, scoprono come un’arma segreta quella volontà di vivere irreprimibile che li tiene in piedi. Siamo troppo preoccupati da una vita da costruire per sottometterci alle ingiunzioni del mercato.
Come dite voi zapatisti “ non siamo un modello, siamo un’esperienza”. Quel che è vero per un popolo attaccato alla propria specificità, è altrettanto vero per gli individui specifici che siamo, con la nostra storia familiare e universale, con le nostre particolarità personali, sollecitate dallo sforzo costante di riequilibrarci in una società in cui tutto è fatto per farci vacillare e cadere in ginocchio.
L’esercito nazionale di liberazione zapatista non combatte una guerra sulla grande scacchiera mondiale degli interessi privati. Entra nel gioco di una vita che sconvolge le regole tattiche e strategiche delle potenze decise ad annientarci.
L’autonomia individuale e collettiva sarà la base di un’internazionale del genere umano. La semplicità dell’autorganizzazione ci offre la capacità di annullare la complessità delle società burocratiche.
Il caotico ordine mondiale poggia su tre o quattro evidenze scellerate che governano nazioni e continenti tagliandoli fuori dalla loro realtà vivente, trattandoli in modo astratto. Quali sono questi meccanismi, tanto rudimentali quanto efficaci, che determinano la nostra mentalità e il nostro comportamento? Predazione, guerra concorrenziale del profitto e identificazione della libertà vitale con le libertà mercantili.
L'attuale cambiamento implica un ritorno alla base che mina e sradica la struttura gerarchica. Annulla la scala dell’alto e del basso cui le generazioni si aggrappano da moltissimo tempo con l'incerta convinzione di salire o scendere.
La diversità delle insurrezioni mondiali è dovuta a una comune esperienza poetica: vivere insieme in cerca di un’armonia sempre improbabile eppure possibile.
La semplicità del nostro approccio dipende da qualche banalità di base: priorità assoluta all’essere umano, rifiuto dei capi e dei rappresentanti autoproclamati, rigetto degli apparati burocratici, politici e sindacali.
Il mandato imperativo dei decreti decisi dall’assemblea di democrazia diretta è una verticalità sottomessa a un’orizzontalità che salvaguarda i diritti della minoranza. Premunisce contro i rischi di recupero e contro gli scontri di gladiatori matamori che si svolgono – fatto che si dimentica – nelle arene della messa in scena spettacolare. Non saremo più intrappolati in questi tradizionali scontri tra conservatorismo e progressismo che ci allontanano dalla vera lotta, quella della vita quotidiana contro lo sfruttamento della natura terrena e umana. Almeno abbiamo imparato che la domanda preliminare da porre a chi ci offre i propri servizi è: a chi giova?
Noi siamo, invece, nello spazio e nel tempo di una vita che rinasce, siamo alle porte del rinascimento di una storia che si scrolla di dosso il suo deplorevole passato. "Siamo qui”. Questa silenziosa evidenza è comune agli zapatisti, ai gilet jaunes e all'insurrezione che divampa dal Cile alla Thailandia, evocando il disturbo di una guerriglia dove la vita colpirebbe a singhiozzo i nemici di una società che vuole vivere e non sfasciarsi e perire.
La moltitudine di persone anonime che portano dentro di loro la rivolta è notevole. Tuttavia, avrà solo il valore di un numero finché non irradierà la forza costituita dalla coscienza umana, la coscienza che ognuno prende della propria umanità, la coscienza di essere sia una manciata sia dei milioni che vogliono vivere in un mondo in cui non saremo mai più trattati come oggetti.
Più la donna affermerà la sua preminenza acratica (senza potere), più diventerà visibile che ciò che è maschile nella donna e femminile nell’uomo offre al desiderio amoroso una gamma in cui la libertà di modulare dispensa dal dover giustificare il proprio comportamento e dallo sbriciolarsi in categorie manipolabili dal Potere in cerca di capri espiatori.
Lo Stato non è più che un ingranaggio della macchina mondiale che trae profitto dalla distruzione della vita. In questo senso è finito, ma quello che viene dopo di esso è anche peggio. Non vogliamo che la liquidazione delle autorità statali segni il trionfo di una reificazione che neppure i peggiori dispotismi hanno mai raggiunto. Ormai, non è più la fine dello Stato che rivendichiamo in nome della libertà oppressa, ma il suo superamento, la sua conservazione e la sua negazione. Questa res publica ha venduto a interessi privati quel bene pubblico che avevamo acquisito con una dura lotta. Che cosa resta dell'istruzione, dei trasporti, della sanità, dell'alloggio, degli aiuti ai più deboli? Non spetta a micro società federate in via di umanizzazione ripristinare e sviluppare il benessere cui ogni essere ha diritto fin dalla nascita?
Infine, non è superfluo ricordarlo: il capitalismo è solo una forma relativamente recente dell'antico e permanente sfruttamento della natura terrestre e della natura umana. "L'uomo è la natura che prende coscienza di sé" diceva Elisée Reclus. Il sistema mercantile rompe il fragile equilibrio che solo una nuova alleanza con la natura ristabilirà. Questo è ciò che dà alle nostre lotte il loro vero significato.
La libertà è la vita, vivere è essere liberi. Ciò che garantisce l'autenticità di quest’affermazione, evitandole di scadere nella formula vuota, è l'esperienza vissuta di microsocietà in cui il governo del popolo si esercita direttamente da sé.
Ve ne ringrazio!
Raoul Vaneigem 15 giugno 2021
BIENVENUE AUX ZAPATISTES
C’est à titre personnel que je souhaite à la délégation zapatiste un heureux périple dans les régions qu’elle va parcourir.
Ces contrées, rien à première vue ne
les distingue du reste du monde puisque - nul ne l’ignore - la vieille Europe a
été la source empoisonnée qui a propagé à la terre entière sa pollution et ses
techniques d’oppression.
Rien ! Si ce
n’est que ni la répression ni l’obscurantisme n’ont réussi à étouffer les
révoltes sans cesse renaissantes. Tout au long de l’histoire le coeur d’une
irrépressible volonté de vivre a battu au rythme de l’humain.
Compagnes et compagons zapatistes,
vous reconnaîtrez sans peine celles et ceux qui viennent à votre rencontre et
vous saluent du fond du passé : les hommes et les femmes des XIIe et XIIIe
siècles en lutte pour l’émancipation des Communes et pour la liberté naissante;
les philosophes de la Renaissance et des Lumières; les insurgés et les
insurgées de la Révolution française, de la Commune de Paris, de Cronstadt, des
collectivités libertaires, qui furent le noyau radical de la révolution
espagnole.
Je n’adhère à aucun parti, à aucune
faction, à aucune secte, à aucune tendance ni mouvement. Je ne me rallie à
aucun drapeau, à aucun étendard ni sigle qui en tienne lieu.
La seule importance que je m’attribue
est d’avoir fait de ma vie une lutte incessante pour que mon émancipation soit
inséparablement celle de toutes et de tous. Si maladroite que soit la danse de
la vie, elle fertilise la terre.
L’émergence du mouvement zapatiste,
l’apparition des gilets jaunes en France, la guerre menée par les Kurdes du
Rojava ont suscité des vagues d’insurrections ; elles bouleversent une planète
que l’on croyait tétanisée par les morsures du capitalisme. N’est-ce pas de
nature à fortifier la confiance en la poésie faite par tous, par toutes et par
chacun ? Cette poésie-là est celle d’individus qui se libèrent de
l’individualisme et misent sur l’entraide pour bannir le calcul égoïste et la
servitude volontaire, qui en est l’immondice.
Compagnes et compagnons, votre
pacifique invasion insuffle l’air frais du vivant à une société confinée par la
mort.
Vous avez été les premiers à briser le
joug de l’impossible. Votre révolte improbable a démontré que l’audace d’un
petit nombre pouvait éradiquer la croyance délétère en une impuissance native
de l’homme et de la femme, en une faiblesse originelle qui les rendrait dépendants du Pouvoir
tutélaire d’un maître.
Aujourd’hui, une insurrection
inséparablement existentielle et sociale gagne le monde entier. Elle révoque le
communautarisme, le populisme, la mises en scène des alternances politiques à
laquelle recourent tous les Pouvoirs soucieux de manipuler les foules.
La
tâche est gigantesque car au prétexte d’une épidémie
dont personne ne nie la dangereuse réalité, les gouvernements ont propagé une
peur hystérique qui sert avant tout les intérêts des organismes répressifs et des grands groupes pharmaceutiques.
Comment,
se demanderont les générations à venir, avez-vous pu tolérer qu’une poignée de
retardés mentaux, incompétents jusque dans leurs mensonges, vous imposent leurs
décrets arbitraires et leurs foucades imbéciles?
Quelle
hystérie a obtenu – comble de
l’absurdité ! - que vous renonciez à vivre pour parer au risque de
mourir ? Nous donnerez-vous les motifs de cette hâte à regagner la niche comme des chiens
auxquels on aboie des ordres et qui hurlent à la lune des défuntes libertés ?
La question n’a rien de nouveau, elle a été posée au XVIe siècle par Etienne de
La Boétie. Qu’elle soit restée sans réponse montre qu’il s’agissait moins d’une
question que d’un nœud gordien, que personne n’a songé à trancher.
L’intrusion
zapatiste dans notre monde sclérosé nous remet opportunément en mémoire le
propos de Marx : les philosophes n’ont fait qu’interpréter le monde, il s’agit
maintenant de le transformer.
Si
tel est notre nœud gordien, le glaive n’est-il pas la pulsion de vie qui
resurgit ici et maintenant ? Sa vigueur insoupçonnée ravive chez la femme,
chez l’homme, chez l’enfant cette intelligence sensible qui est celle de l’être
et non de l’avoir, celle du vivant et non de l’objet numérique et marchand à
quoi l’on nous réduit.
La
moindre bouffée où la vie se respire apporte le souffle du grand large. Tout
s’ouvre. L’irrésistible attrait des passions qui nous animent efface d’un coup
de serpillière les recruteurs de la mort rentabilisée.
N’est-il
pas probable que la joie retrouvée du vivre ensemble manifeste son dégoût des
comportements sclérosés, du puritanisme, du cynisme étatique qui, ayant fait de
la santé un marché, tue nos immunités sous couvert de les préserver ?
Nous
sommes à l’orée d’un gigantesque basculement. Il résulte paradoxalement d’une
lente prise de conscience qui sensibilise les individus à la richesse de leur
subjectivité créatrice. Celles et ceux qui n’ont plus d’autre réalité tangible
qu’une existence chaque jour appauvrie par la glaciation capitaliste découvrent
telle une arme secrète cette volonté de vivre irrépressible qui les tient
debout. Nous avons trop à nous préoccuper d’une vie à construire pour nous
soumettre aux injonctions du marché.
Comme
vous dites, vous les zapatistes, « nous ne sommes pas un modèle, nous
sommes une expérience ». Ce qui est vrai pour un peuple attaché à sa
spécificité est également vrai pour les individus spécifiques que nous sommes,
avec notre histoire familiale et universelle, avec nos particularités
personnelles, sollicités par l’effort constant de nous rééquilibrer dans une
société où tout est entrepris pour nous faire vaciller et tomber à genoux.
L’Armée
nationale de libération zapatiste ne mène
pas une guerre sur le grand échiquier mondial des intérêts privés. Elle entre dans le jeu d’une vie qui bouleverse les règles tactiques et stratégiques
des puissances résolues à nous anéantir.
L’autonomie individuelle et collective sera la base d’une internationale
du genre humain. La simplicité de l’auto-organisation nous offre la capacité
d’annuler la complexité des sociétés bureaucratiques.
L’ordre chaotique mondial repose sur
trois ou quatre évidences crapuleuses qui gèrent nations et continents en les
coupant de leur réalité vivante, en les tratant de manière abstraite. Quelles
sont ces mécanismes, aussi rudimentaires qu’efficaces, qui déterminent nos
mentalités et nos comportements? La prédation, la guerre concurrentielle du
profit et l’identification de la liberté vitale aux libertés marchandes.
Le basculement en cours implique un retour
à la base qui sape et éradique la structure hiérarchique. Il rend caduque
l’échelle du
haut et du bas où les générations se cramponnent depuis si longtemps avec
l’incertaine conviction de s’élever ou de déchoir.
La
diversité des insurrections mondiales est issue d’une expérience commune et
poétique : vivre ensemble en quête d’une harmonie toujours improbable et
néanmoins possible.
La
simplicité de notre démarche tient à quelques banalités de base : priorité
absolue à l’être humain, refus des chefs et des mandataires autoproclamés,
rejet des appareils bureaucratiques, politiques et syndicaux.
Le
mandat impératif des décrets pris par l’assemblée de démocratie directe est une
verticalité soumise à une horizontalité qui sauvegarde les droits de la
minorité. Elle prémunit contre les risques de récupération et contre les joutes
de gladiateurs matamoresques dont on oublie qu’elles se déroulent dans les
arènes de la mise en scène spectaculaire. On ne nous prendra plus au piège de
ces affrontements traditionnels entre conservatisme et progressisme qui nous
éloignent du vrai combat, celui de la vie quotidienne contre l’exploitation de
la nature terrestre et humaine. Au moins avons-nous appris que la question
préliminaire à poser à qui nous propose ses services est : à qui cela
profite-t-il ?
La
mise en œuvre de microsociétés autonomes, solidaires et fédérées est la réalité
qui va supplanter à plus ou moins longue échéance le délabrement étatique et
mondial. Le Pouvoir est plongé dans l’urgence du profit à grappiller. Son
espace monétaire se rétracte.
Nous
sommes, nous, dans l’espace et dans le temps d’une vie qui renaît, nous sommes
au seuil d’une renaissance, celle d’une histoire s’ébrouant de son passé
déplorable. « Nous sommes là. » Cette tranquille évidence est commune
aux zapatistes, aux gilets jaunes et à l’insurrection qui s’embrase du Chili à
la Thaïlande. Elle évoque le harcèlement
d’une guérilla où la vie frapperait par à coups les ennemis d’une société qui
veut vivre et non se déliter et périr.
La
multitude des anonymes qui portent en eux la révolte est considérable. Mais
elle n’aura que la valeur d’un chiffre tant qu’elle ne rayonnera pas de cette
force qu’est la conscience humaine, la conscience que chacune et chacun prend
de son humanité, la conscience d’être à la fois une poignée et des millions à vouloir
vivre dans un monde où plus jamais nous ne serons traités comme des objets.
Plus
la femme affirmera sa prééminence acratique (sans pouvoir), plus il apparaîtra
que ce qu’il y a de masculin chez la femme et de féminin chez l’homme offre au
désir amoureux une gamme où la liberté de moduler dispense d’avoir à justifier
son comportement et de s’émietter dans des catégories manipulables par le
Pouvoir en quête de boucs émissaires.
L’État
n’est plus qu’un rouage de la machine mondiale qui tire profit de la
destruction de la vie. En ce sens, il est fini mais ce qui lui succède est
pire. Or, nous ne voulons pas que la liquidation des instances étatiques marque
le triomphe d’une réification à laquelle n’ont jamais atteint les pires
despotismes. Désormais, ce n’est plus la fin de l’État que nous revendiquons au
nom de la liberté opprimée, c’est son dépassement – sa conservation et sa
négation. Cette res publica, ce bien public que nous avions acquis
de haute lutte, il l’a vendue aux intérêts privés. Que reste-t-il de
l’éducation, des transports, du secteur sanitaire, du logement, de l’aide aux
plus faibles ? N’est-ce pas à des micros sociétés fédérées et en voie
d’humanisation qu’il appartient de restaurer et de développer le bien-être
auquel chaque être a droit dès sa naissance ?
Enfin, il n’est pas superflu de le rappeler : le capitalisme n’est qu’une
forme relativement récente de la vieille et permanente exploitation de la
nature terrestre et de la nature humaine. « L’homme est la nature prenant
conscience d’elle-même » disait Elisée Reclus. Le système marchand brise
le fragile équilibre que seule rétablira une nouvelle alliance avec la nature.
C’est ce qui donne son véritable sens à nos luttes.
La liberté c’est la vie, vivre c’est être libre. Ce
qui garantit l’authenticité du propos et lui évite de tourner à la formule
creuse, c’est l’expérience vécue de microsociétés où le gouvernement du peuple
est exercé directement par lui-même.
Amis et amies zapatistes, amies et amis gilets jaunes, je
n’ai rien énoncé que vous ne sachiez déjà. Ce que vous nous faites savoir en
revanche, c’est que sans l’audace et sans l’obstination que confère le simple
attrait de la vie, rien ne changera.
Soyez-en remerciés !
Raoul Vaneigem
15 juin 2021