martedì 21 febbraio 2023

Note sulla rivoluzione sociale in un clima di malinconia collettiva

 



Come Bordiga aveva previsto in maniera lungimirante in piena società dello spettacolo trionfante ma non ancora integrato, il ritorno della crisi economica – rimossa, negli ultimi anni di vita del compagno Amadeo (1889-1970), in seguito al trionfo del consumismo che la pretendeva a torto essenzialmente sotto controllo se non in via di superamento – sta oggi ricreando a livello mondiale le condizioni per una crisi rivoluzionaria dalle connotazioni antiche ma finalmente modernissima di fronte alle categorie desuete pur se storicamente importanti del movimento operaio.

In questa crisi attuale i conflitti di classe e di genere si mescolano indissolubilmente come radici comuni della guerra dichiarata da millenni dal patriarcato produttivista all’autodeterminazione degli esseri umani. Un tale sconfinato conflitto sociale si è poi evoluto nei tempi moderni fino allo sviluppo del dominio reale del Capitale sul lavoro umano. Il consumo è diventato allora, per l’economia politica, ben più indispensabile della produzione, al punto che i galoppini del sistema ne martellano l’importanza secondo i dettami della pubblicità di cose feticizzate in merce continuando, però, ad accompagnare e giustificare lo sfruttamento del lavoro produttivo con la propaganda d’idee astratte più reazionarie che mai.

Il festino dell’alienazione è, però, ormai alla fine. La costituzione mancata da parte del dominio capitalista di un nuovo ordine mondiale dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell’opposizione spettacolare tra capitalismo liberale e capitalismo di Stato pseudo sovietico, anziché realizzare come sperato dal potere dominante un addomesticamento definitivo dell’essere umano alla merce, ha aperto la strada a una nuova coscienza sociale umana oltre le classi che hanno caratterizzato tutta la storia del produttivismo fino alla sua fase terminale. La quale è cominciata nel ventesimo secolo e sta boccheggiando all’inizio del successivo nato all’insegna di un mondo virtuale e di un capitalismo totalmente finanziarizzato.

Mad Max non è lo scenario di una distopia futura ma l’anticipo del presente con i primi rifugiati climatici, i disperati in fuga dalla guerra e gli sventurati colpiti dalla penuria che avanza, si amplifica e peggiora come uno tsunami. Voluto dall'economia politica questo terremoto multifattoriale sta imponendo una decrescita non voluta che taglia l'erba ideologica sotto i piedi dei sostenitori di una decrescita economica scelta per sobrietà e non per carestia di cibo, di acqua, di energia, di medicine e di quasi tutto quello che conta davvero.

Con le sue tragedie quotidiane crescenti la crisi economico-ecologico-sociale spinge già, pur se in maniera ancora confusa, qualche gruppo di donne e di uomini verso la radicalizzazione e l’autonomia locale (e più essa avanzerà più spingerà oggettivamente verso la rivolta masse intere di dannati di una terra sempre più sterile e di una società decomposta e artificiale). Tale tendenza si tradurrà nella costituzione di piccoli gruppi spontanei di autogestione della vita quotidiana all’interno di disparate e imprevedibili zone di vita (e addirittura di sopravvivenza) da difendere, micro società sopravvissute al crollo generalizzato della gestione statalista/economicista/suprematista della civiltà produttivista. Lungi dall’essere una profezia apocalittica e catastrofista, questo crollo è ormai in atto e visibile anche se è solo all’inizio. Il peggio della crisi deve ancora venire e spingerà ancor più lontano la resistenza del vivente e la sua coscienza anti ideologica.

Sottomessa a un regime capitalistico planetario sprovvisto di senso perché sopprime ogni voluttà e ogni desiderio autenticamente umano, la sopravvivenza organica della specie è messa in pericolo sempre più grave e imminente[1] dal concatenarsi ineluttabile della devastazione della biosfera, del riscaldamento climatico e del montare della guerra[2] tra Stati mercantili al cuore di una civiltà produttivista la cui progressione annichilisce il progresso umano.

L’autodifesa biologica e caratteriale che accompagna spontaneamente l’istinto di vita restante, obbligherà una coscienza di specie[3] ancora timida ma già affiorante a incaricarsi degli obiettivi di civiltà storicamente mancati a causa dalla sconfitta della coscienza di classe e delle sue lotte sociali. Nessun riflesso di morte intrattenuto dalla peste emozionale imperversante potrà far tacere l’istinto di vita se non martoriandolo a morte, se non ricorrendo a quella soluzione finale che accompagna morbosamente il produttivismo da quando la rivoluzione industriale ha spinto l’hubris capitalista fino alla predazione assoluta, fino al suprematismo omicida incarnato dai fascismi caratteriali di qualunque colore ideologico.

La crisi economica, sociale e antropologica farà nascere dappertutto, dove possibile, piccoli gruppi di sopravvivenza organica sorti in difesa della vita che federandosi tra loro ricostituiranno il tessuto umano distrutto dal capitalismo e dall’industrialismo produttivista. Chissà se basterà? Comunque nessuna emancipazione scenderà dal cielo di nessun misticismo. Nessuna credenza per quanto appassionata ci salverà, soltanto la lotta per la difesa della vita organica e sociale. La loro macabra e minacciosa soluzione finale, (minacciosa, omicida, suicida) è, infatti, una fine senza soluzione! La federazione progressiva e probabilmente rapida di tutte le zone locali da difendere contro il nichilismo di Stato e di Mercato sarà un primo segno del consolidarsi nel vissuto degli esseri umani della loro coscienza di specie in fieri come autodifesa spontanea, lotta finale della volontà di vivere sopravvissuta a una civiltà suicida.

Una società comunista, mai davvero realizzata storicamente, è rimasta utopicamente e ideologicamente impigliata nell’ambivalenza originaria tra istinto animale primario (predatore meccanicista per difesa e facilità) e istinto di specie affinato (la cui intelligenza sensibile spinge all’aiuto reciproco tra i viventi per il vivente). Nel progetto di una riconciliazione globale con la natura e il vivente è evidentemente prima verso i propri simili che si rivolgerà l’essere umano. La volontà di specie di realizzare tale riconciliazione troverà nel crollo imminente della civiltà produttivista e nell’erosione delle condizioni della vita organica l’occasione per un ulteriore slancio consapevole e spontaneo verso la voglia di vivere. Potrà così, forse, sormontare i danni ingenti ma non irreversibili provocati dell’hubris della civiltà produttivista e del suo modo di produzione micidiale.

1848,1871,1917-21, 1936-38, 1968-71. Come il mondo in cui viviamo, siamo i figli delle lotte sociali, delle loro vittorie effimere e delle loro sconfitte vittoriose. Nonostante che la rivoluzione sociale resti tuttora irrealizzata, “il partito dell’anarchia, del socialismo, del comunismo[4] riappare a singhiozzo ma costantemente nella storia incompiuta dell’emancipazione umana come un partito preso, un partito storico e non un partito politico, non un partito formale. Nel ventesimo secolo, le idee consiliari, bordighiste, situazioniste hanno costituito la base contemporanea di una teoria rivoluzionaria nemica di tutte le ideologie. Il capitalismo trionfante ma al contempo declinante per la sua intrinseca predisposizione a creare una proletarizzazione senza fine, ha imparato dalle lotte che l’hanno combattuto e si è strutturato per sconfiggerle. Ogni volta, il suo unico scopo è riportare le pecore all’ovile, cioè alla cattedrale/fabbrica/supermercato in cui esse producono e consumano, libere di perdere la propria vita a guadagnarsela lavorando in un'orgia mercantile senza fine.

Ed è appunto mossi dal senso intimo della libertà che quanti continuano a inginocchiarsi di fronte alla sacralità del lavoro[5] facendone la cinica apologia ipocrita dovrebbero riflettere sul perché “il lavoro rende liberi” era scolpito sul frontone all’entrata del campo di Auschwitz. Senza necessariamente ricorrere alla provocazione leggermente ambigua e un po’ settaria del “non lavorate mai!” debordista, faccio notare che confondere il lavoro coatto di qualunque lager, stabilimento, fabbrica o supermercato (produzione, vendita e acquisto uniti in un unico processo di reificazione della vita quotidiana nel feticismo della merce e del denaro che ne definisce il valore) con la libera attività umana produttrice di ricchezza condivisa e di benessere, creatrice di oggetti utili, di cibo e di miglioramenti vari della gioia di vivere, è un crimine ideologico contro l’umanità in cui le camere a gas rappresentano concretamente la soluzione finale implicita in ogni schiavitù, in ogni suprematismo. Il lavoro forzato produttivista, poco importa se sul luogo di lavoro o in telelavoro, nuoce radicalmente alla salute. Una salute che l’attività libera, creativa e solidale coltiva per piacere e cura in nome della felicità perseguita per tutti e tutte, con tutte e con tutti. Un’altra umanità è possibile ed esiste già pur se sfruttata e alienata da millenni. La rivoluzione sociale che si prospetta ha il compito delicato e incombente di ricreare coscientemente le condizioni per la sua emancipazione.

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, fine febbraio 2023

 

 

PS Queste brevi note rinviano al mio scritto recente “2084 DemoAcrazia o soluzione finale”, tigre di carta dai modesti ma franchi artigli tuttora in attesa che un editore italiano e/o francese finisca per interessarsi alla coscienza di specie.



[1] Secondo Thomas Guénolé, la globalizzazione, in quanto sistema planetario di produzione e distribuzione delle risorse, è responsabile di 400 milioni di morti dal 1992 al 2017.

[2] Guerra guerreggiata o di cobelligeranza che direttamente o indirettamente coinvolge tutti gli Stati, tutti i mercati e tutte le ideologie unificate nell’obsolescenza assoluta dell’umano di fronte a un conflitto nucleare che non è più presentato come unicamente dissuasivo ma è ormai concretamente ipotizzato e banalizzato come un’escalation implicitamente volta a un eventuale suicidio collettivo.

[3] Intendo la coscienza di specie non come portatrice di un ideale da realizzare, ma come uno stato d'animo eco-sociale diffuso (razionale, intelligente e sensibile), deciso ad avviare il movimento reale necessario per porre fine allo stato attuale delle cose.

[4] Karl Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, Feltrinelli reprint, Milano, pag. 20.

[5] Soprattutto se lavorano davvero, perché molto spesso sono quelli che lavorano poco o niente che fanno l’apologia del lavoro altrui, così come i parlamentari francesi che decidono cinicamente e senza ambasce di aumentare l’età pensionabile dei lavoratori a sessantaquattro anni, mentre per quel che li riguarda beneficiano di una confortevole pensione garantita a vita alla fine di pochi anni di legislatura, alla faccia dell’abolizione dei privilegi decretata nella notte ormai dimenticata del 4 agosto 1789!

Notes sur la révolution sociale

dans une atmosphère de mélancolie collective



https://www.facebook.com/confederationpaysanne/videos/960623718637053/


Comme Bordiga l'avait prévu de manière clairvoyante en pleine société du spectacle triomphant mais pas encore intégré, le retour de la crise économique – refoulée, pendant les dernières années de vie du camarade Amadeo (1889-1970), à cause du triomphe du consumérisme qui la prétendait à tort comme essentiellement maîtrisée sinon en voie de dépassement – rétablit maintenant au niveau mondial les conditions d'une crise révolutionnaire aux connotations anciennes mais finalement très modernes face aux catégories obsolètes – et pourtant historiquement importantes – du mouvement ouvrier.

Dans cette crise actuelle, les conflits de classe et de genre se mêlent inextricablement comme les racines communes de la guerre déclarée depuis des millénaires par le patriarcat productiviste à l’autodétermination des humains. Cet interminable conflit social a évolué dans les temps modernes jusqu’au développement de la domination réelle du Capital sur le travail humain. La consommation est devenue alors pour l’économie politique plus indispensable encore que la production au point que les souteneurs du système martèlent partout son importance selon les diktats de la publicité des choses fétichisées en marchandise tout en continuant d'accompagner et justifier l'exploitation du travail productif par la propagande d'idées abstraites plus réactionnaires que jamais.

Le festin de l'aliénation touche cependant à sa fin. La constitution ratée d'un nouvel ordre mondial par la domination capitaliste après la chute du mur de Berlin et la fin de l'opposition spectaculaire entre capitalisme libéral et capitalisme d'État pseudo-soviétique, au lieu d'aboutir à une domestication définitive de l'être humain à la marchandise comme l'espérait le pouvoir dominant, a ouvert la voie d'une nouvelle conscience sociale humaine au-delà des classes qui ont caractérisé toute l'histoire du productivisme jusqu'à sa phase terminale. Celle-ci a commencé dans le XXe siècle et s'essouffle au début du siècle suivant né sous la bannière d’un monde virtuel et d’un capitalisme totalement financiarisé.

Mad Max n’est pas le scenario d’une dystopie future mais l’avant-gout du présent avec les premiers réfugiés climatiques, les désespérés échappés à la guerre et les malheureux frappés par la pénurie en marche qui s’élargit et empire comme un tsunami. Voulu par l’économie politique, ce séisme multifactoriel est en train d’imposer une décroissance non choisie qui coupe l’herbe idéologique sous le pied des partisans d’une décroissance économique choisie pour la sobriété et non par manque de nourriture, d’eau, d’énergie, de médicaments et presque de tout ce qui compte vraiment.

Avec ses drames quotidiens grandissants, la crise économique-écologique-sociale pousse déjà, même si c’est de manière encore confuse, quelques groupes d'hommes et de femmes vers la radicalisation et l’autonomie locale (et plus elle avance, plus elle poussera objectivement à la révolte des masses entières de damnés d’une terre de plus en plus stérile et d’une société décomposée et artificielle). Une telle tendance se traduira dans l'établissement de petits groupes spontanés d'autogestion de la vie quotidienne au sein de disparates et imprévisibles zones de vie (et même de survie) à défendre, microsociétés rescapées de l'effondrement généralisé de la gestion étatiste/économiste/suprématiste de la civilisation productiviste. Loin d'être une prophétie apocalyptique et catastrophiste, cet effondrement est désormais en cours et visible même s'il n'en est qu'à ses débuts. Le pire de la crise est encore à venir, qui poussera encore plus loin la résistance du vivant et sa conscience anti-idéologique.

Soumise à un régime capitaliste planétaire dépourvu de sens car il bannit toute volupté et tout désir authentiquement humain, la survie organique de l'espèce est menacée de plus en plus gravement et de manière imminente[1] par l'inéluctable enchaînement de la dévastation de la biosphère, du réchauffement climatique et de la montée de la guerre[2] entre États marchands au cœur d’une civilisation productiviste dont la progression anéantit le progrès humain.

L’autodéfense biologique et caractérielle qui accompagne spontanément l'instinct de vie résiduel obligera une conscience d'espèce[3] encore timide mais déjà émergeante à prendre en charge les objectifs civilisationnels historiquement manqués du fait de la défaite de la conscience de classe et de ses luttes sociales. Aucun réflexe de mort entretenu par la peste émotionnelle qui fait rage ne pourra faire taire l'instinct de vie sinon en le tourmentant à mort, sinon en recourant à cette solution finale qui accompagne maladivement le productivisme depuis que la révolution industrielle a poussé l’hybris capitaliste à la prédation absolue, au suprématisme meurtrier incarné par les fascismes caractériels de toute couleur idéologique.

La crise économique, sociale et anthropologique fera donc naître partout, là où c'est possible, de petits groupes de survie organique surgis pour la défense de la vie qui, en se fédérant, reconstitueront le tissu humain détruit par le capitalisme et l'industrialisme productiviste. Qui sait si cela suffira ? Quoi qu’il en soit, aucune émancipation ne descendra du ciel d'aucun mysticisme. Aucune croyance aussi passionnée qu’elle soit ne nous sauvera, hormis la lutte pour la défense de la vie organique et sociale. Car leur macabre solution finale (menaçante, meurtrière, suicidaire) est en fait une fin dépourvue de solution ! La fédération progressive et probablement rapide de tous les territoires locaux à défendre contre le nihilisme de l'État et du Marché sera un premier signe de la consolidation dans le vécu des êtres humains de leur conscience d'espèce in fieri comme autodéfense spontanée, lutte finale de la volonté de vivre rescapée d’une civilisation suicidaire.

Une société communiste, historiquement jamais vraiment réalisée, est restée utopique et idéologiquement empêtrée dans l'ambivalence originelle entre l'instinct animal primaire (prédateur mécaniste par défense et facilité) et l'instinct d'espèce affiné (dont l'intelligence sensible porte à l'entraide entre les vivants, pour le vivant). Dans le projet d'une réconciliation globale avec la nature et le vivant c’est évidemment d’abord vers ses semblables que se tournera l’être humain. La volonté d’espèce de réaliser cette réconciliation trouvera dans l'effondrement imminent de la civilisation productiviste et dans l’érosion des conditions de la vie organique l’occasion d’un nouveau bond conscient et spontané vers l’envie de vivre. Elle pourra ainsi, peut-être, surmonter les dommages profondes mais pas irréversibles causés par l'hybris de la civilisation productiviste et de son mode de production meurtrier.

1848,1871,1917-21, 1936-38, 1968-71. Comme le monde dans lequel nous vivons, nous sommes les enfants des luttes sociales, de leurs victoires éphémères et de leurs défaites victorieuses. Malgré le fait que la révolution sociale reste toujours inachevée, "le parti de l'anarchie, du socialisme, du communisme"[4] réapparaît par à-coups mais constamment dans l'histoire de l'émancipation humaine comme un parti pris, un parti historique et non un parti politique, non un parti formel. Au XXe siècle, les idées conseillistes, bordiguistes et situationnistes ont formé la base contemporaine d'une théorie révolutionnaire ennemie de toutes les idéologies. Le capitalisme triomphant, mais en même temps déclinant en raison de sa prédisposition intrinsèque à créer une prolétarisation sans fin, a appris des luttes qui l'ont combattu et s'est structuré pour les vaincre. A chaque fois, son seul but est de ramener les brebis au bercail, c'est-à-dire à la cathédrale/usine/supermarché où elles produisent et consomment, libres de perdre leur vie à la gagner en travaillant dans une orgie marchande sans fin.

Et c'est précisément mus par le sens intime de la liberté que ceux qui s’agenouillent devant la sacralité du travail[5] et en font la cynique apologie hypocrite devraient réfléchir à la raison pour laquelle « le travail rend libre » a été gravé sur le fronton du portail d'entrée du camp d'Auschwitz. Sans forcément recourir à la provocation un peu ambiguë et un peu sectaire du « ne travaille jamais ! » debordiste, il faut souligner que confondre le travail forcé de n’importe quel camp de concentration, firme, usine ou supermarché (production, vente et achat réunis dans un même processus de réification de la vie quotidienne en un fétichisme de la marchandise et de l'argent qui en définit la valeur) avec la libre activité humaine productrice de richesse partagée et de bien-être, créatrice d'objets utiles, de nourriture et d'améliorations diverses de la joie de vivre, est un crime idéologique contre l'humanité dans lequel les chambres à gaz représentent concrètement la solution finale implicite à tout esclavage, à tout suprématisme. Le travail forcé productiviste, sur le lieu de travail ou en télétravail (peu importe), nuit radicalement à la santé. Une santé que l'activité libre, créative et solidaire cultive par plaisir et dont elle prend soin au nom du bonheur poursuivi pour tous et toutes, avec toutes et tous. Une autre humanité est possible et existe déjà même si elle est exploitée et aliénée depuis des millénaires. La révolution sociale qui s'annonce a la tâche délicate et immédiate de recréer consciemment les conditions de son émancipation.

Sergio Ghirardi Sauvageon, fin février 2023

 

 

 

PS Ces brèves notes font référence à mon écrit récent « 2084 DémoAcratie ou solution finale », tigre de papier aux griffes modestes mais franches en attente qu’un éditeur italien et/ou français s’intéresse finalement à la conscience d’espèce.



[1] Selon Thomas Guénolé, la mondialisation, en tant que système planétaire de production et de répartition des ressources, est responsable de 400 millions de morts de 1992 à 2017.

[2] Guerre menée ou co-belligérance qui implique directement ou indirectement tous les États, tous les marchés et toutes les idéologies unifiées dans l'obsolescence absolue de l'humanité face à un conflit nucléaire qui n'est plus présenté uniquement comme un moyen de dissuasion mais est désormais concrètement envisagé et banalisé comme une escalade visant implicitement un éventuel suicide collectif.

[3] J’entends la conscience d’espèce non  pas comme porteuse d’un idéal à réaliser, mais comme un état d’âme éco-social répandu (rationnel, intelligent et sensible), décidé à amorcer le mouvement réel nécessaire pour mettre fin à l’état des choses présent.

[4] Karl Marx, Le 18 Brumaire de Louis Bonaparte, éditions sociales, Paris 1976, page 25.

[5] Surtout s'ils travaillent vraiment, car bien souvent ce sont ceux qui travaillent peu ou pas qui prônent le travail des autres, comme le font les parlementaires français qui décident cyniquement et sans gêne d'augmenter l'âge de la retraite des travailleurs à 64 ans, alors qu’ils bénéficient, en ce qui les concerne, d’une retraite confortable garantie à vie au bout de quelques années de mandat, faisant fi de l'abolition des privilèges décrétée dans la nuit désormais oubliée du 4 août 1789 !