Nel capitalismo finanziarizzato e digitale di cui
subiamo il totalitarismo, soprattutto il lavoro salariato, ma anche le
professioni liberali e ogni altra azione umana, sono attività tributarie di
quell’economia politica che ha trasformato mirabilmente la maggior parte delle
schiavitù in servitù volontarie, miserie addobbate di una sopravvivenza più o
meno privilegiata ma sempre più effimera e comunque frustrante e liberticida.
Nessuna specialità è esclusa dalla sempre più artificiale deriva di tutti i
rapporti sociali. Così, da tempo, si è constatato empiricamente che parecchi
dottori al vertice della piramide sanitaria sono diventati dei garagisti della
salute. Gli apprendisti stregoni che un tempo abusavano del salasso, oggi
riempiono di pillole e vaccini ben più redditizi.
Il virus covid 19/84 ha reso visibile quest’aspetto
meccanicistico ormai dominante in tutti gli ambiti sociali, legato all'alienazione e alla reificazione, termini complessi ma destinati a diventare usuali e
necessari per la comprensione della fase terminale del feticismo della merce al
cuore del capitalismo. Siamo tutti degli
alienati spossessati della propria soggettività addomesticata e ridotti a cose (res, rei, in latino: cosa)
che si scambiano facendo circolare il valore economico come unica linfa vitale
riconosciuta.
Questo comportamento, abituale tra gli schiavi
moderni del produttivismo che sono i lavoratori/consumatori (dove finiscono gli
uni, dove cominciano gli altri?), è decisamente opposto allo slancio originario
d’amore per la vita che il giuramento d’Ippocrate sottolinea sul piano
sanitario: salvare delle vite costi quel che costi (anche a prezzo della
propria vita di fronte alla pandemia). E questo, appunto, ha fatto esemplarmente
il personale medico di base donandosi a fondo, per tutto quest’anno orribile di
confinamenti, di paura del morbo, di ricoverati e di morti.
La solidarietà tra esseri umani in difficoltà è
diventata un umanesimo appariscente nel mondo disumano del calcolo redditizio e
della competizione egoista, scuotendo il tran-tran di un business della salute
in mano alle industrie farmaceutiche. L’aiuto reciproco prodigato spontaneamente
nella realtà quotidiana da molti medici e dottoresse, infermiere e infermieri, ha
talmente sorpreso l'alienato medio, abituato al cinismo sociale diffuso, che
durante il primo confino, molti servitori volontari hanno inscenato sui loro
poggioli la pantomima del ringraziamento serale del personale medico, mentre il
potere ne cauzionava la retorica simulando la messa ridicola della medaglia al
merito per questi lavoratori malpagati (salvo se al soldo diretto o indiretto
di Big Pharma), maltrattati e
sistematicamente ignorati nella loro denuncia dell'imbarbarimento mercantile delle
cure e dell'abbandono programmato del sistema ospedaliero in quanto bene
comune.
La psicodrammatizzazione ideologica di una
pandemia dalle conseguenze letali relativamente modeste – se confrontate dal punto di vista statistico e non umano agli altri
disastri della civiltà produttivista, patriarcale, industriale e capitalista – ha prodotto due effetti concomitanti solo apparentemente opposti e in
realtà collegati: il posizionamento del potere politico dominante e quello
subdolo e caratterialmente suprematista dei suoi falsi nemici operanti
nell’invadente universo digitale.
Da un lato la menzogna falsamente umanitaria del
potere che si preoccupa formalmente delle vite in pericolo mentre non fa nulla
per proteggerle; che quasi vieta le maschere di protezione quando ne manca
colpevolmente per poi imporle di forza a credenti e agnostici come una panacea
dogmatica che assomiglia a un mistico velo sanitario per i sedicenti cittadini.
Che i cittadini ubbidiscano, dunque, ai diktat di una casta politico-clerical-sanitaria
che dà l'impressione di mantenere un controllo autoritario sulla situazione quando,
invece, le sfugge completamente di mano. Bisogna soprattutto che non decidano liberamente,
in maniera responsabile, con uno spirito di autogestione della loro vita
quotidiana – dunque anche sanitaria –, di rispettare il principio di
precauzione e proteggere minimamente se stessi e gli altri con i gesti barriera
qualora necessari. Attenzione, una tale autonomia solidale potrebbe dar loro
delle idee sovversive!
I governanti sono in continua fibrillazione, decisi
a far correre rischi a un certo numero di lavoratori indispensabili per
permettere il funzionamento essenziale del sistema dominante (un buon numero di
medici o operatori economici ha già perso la vita, come le squadre di “liquidatori”
intervenuti a Chernobyl senza protezione). Nello stesso tempo impongono, loro
malgrado, con malcelato imbarazzo e continuando a sacralizzare a parole l’economia
politica di cui sono i maggiordomi, uno "sciopero generale" di cui si
tace il nome e un'interdizione dei consumi totalmente contraddittoria con la
pubblicità della merce che continua schizofrenicamente a imperversare sugli
schermi, nelle teste e nei portafogli.
Ecco un motivo per ridere un po’ oltre la
malinconia claustrofobica dei successivi confinamenti: la similitudine paradossale
della crisi attuale dell’economia politica (con la piccola peste virale e la
prigionia del confinamento in più) con quel maggio 68 che, per tutto quel bel mese indimenticabile, aveva praticato
liberamente lo sciopero generale contro la peste emozionale e sociale capitalista,
con una gioia di vivere che gli schiavisti moderni di allora, sorpresi da tanta
audacia, non potevano sopportare né impedire.
Mezzo secolo dopo, ricucita superficialmente dai dominanti
questa “ferita” rivoluzionaria, la crisi del covid 19/84 dimostra in pratica l'inutilità
sociale di una gran parte dell'attività lavorativa "normale" di cui
stiamo facendo a meno e la fattibilità di una società della decrescita
economica necessaria all'uscita dalla società produttivista per salvare la
specie umana dai danni di un Antropocene sempre più nichilista.
Eccoci dunque ripiombati nel nostro triste
presente per ascoltare il messaggio che si propaga come una marea nera nell’universo
virtuale: i morti del covid 19/84 sono effettivamente una piccola quantità in
più se comparata alla catastrofe sanitaria che la civiltà produttivista sta
ormai producendo da decenni con tutte le malattie opportuniste legate al
progresso del business planetario. Sono, però, milioni di morti reali, delle
vere vite spezzate quelle cifre che i burocrati alternativi dei socials riducono nei loro capricci
computerizzati a quantità trascurabili. Per alcuni, il fatto che siano
soprattutto i più vecchi ad andarsene, sembra una ragione di più per non
preoccuparsene. Niente potrebbe meglio rendere chiaro che questi ribelli senza
rivoluzione sono anch’essi degli individui disumanizzati che tempestano su una
tastiera insensibile la loro impotenza a reagire contro un mondo senz’anima né
corpi gaudenti.
Altrove è la luna che le nostre dita critiche continuano a indicare:
che la presenza del virus diminuisca considerevolmente il tasso d’inquinamento
provocato dalle attività umane, è un aspetto dell’attualità interessante e molto
pericoloso per il totalitarismo mercantile nella sua fase terminale
digitalizzata. Tuttavia, per la struttura
caratteriale rigida di ogni perversione narcisista, tratto di carattere
particolarmente diffuso dal dominio reale del Capitale sul lavoro, l’obiettivo
è rinforzare (ristabilendole o rinnovandole) le gerarchie suprematiste che
permettono di consumare gli esseri e le cose. Così un'isteria negazionista denuncia
le manipolazioni di un’oligarchia fantasmatica anziché lo sfruttamento sistemico
e totalitario dell'esistente perché per i predatori in agguato di ogni bordo ideologico
il nemico da abbattere è sempre la critica radicale del produttivismo piuttosto
che lo Stato e il Mercato che sono i pilastri della società dominante.
Mentre lo spettacolo del dominio e quello della
rivolta virtuale continuano il loro paso
doble in un tango grottesco e macabro, le multinazionali farmaceutiche
continuano a curare i loro interessi miliardari nell'industria della salute. Il
loro affarismo senza scrupoli si serve di luminari
della medicina la cui pertinenza è spenta dai loro mastodontici conflitti
d’interesse.
Una scienza in gran parte asservita all’economia
politica secerne, infatti, svariate malattie che sono la materia prima della
sua commercializzazione forsennata di cure e di farmaci. La medicina
capitalista cura i sintomi e migliora la sopravvivenza (sempre meno, del resto)
contribuendo, però, grandemente ad assassinare la vita fisica, psichica e
sociale.
La pandemia attuale ne è l'esempio assoluto. Essa
è un prodotto della civiltà tanto nel meccanismo del suo apparire che nella
gestione della crisi che essa ha provocato. Per un Sabin che ha fatto dono all'umanità del suo
prezioso vaccino contro la polio, quanti affaristi virali si battono sul
mercato osceno della morte redditizia per produrre vaccini macdonald contro il coronavirus di passaggio? Pro vaccino o anti
vaccino, via dalla pazza folla; ancora una volta l’antifascismo è il peggior
prodotto del fascismo. La pantomima tragica si ripete da quasi un secolo e la
saggezza da rivendicare è sempre la stessa, qualunque esempio si prenda: anziché
minacciare di macellare i macellai, sarebbe bene stabilire come priorità il
divieto umanitario di qualunque allevamento concentrazionario dovunque sul
pianeta. Ecco un’esigenza politica altrettanto urgente che l’arresto planetario
delle centrali nucleari destinate, prima o poi, a fare di ogni Fukushima, di
ogni Chernobyl un cimitero della vita. Il lavoro non rende liberi né nei campi
di concentramento né nelle fattorie industriali e nei loro mattatoi.
La mal-bouffe
è anche mala salute. Come non
diffidare di quei farmacisti macdonald che ci rimpinguano di medicine
che guariscono un pneumatico rovinando il motore (in attesa di un transumanismo
che sogna d’introdurre nella “macchina umana” un’antiobsolescenza programmata
che seppellirebbe definitivamente il mammifero umano organico)? La loro voglia
di vita eterna, pagabile a rate come
tutto il resto nel mercato delle illusioni concrete, è preoccupante e risibile
quanto un hamburger industriale il cui valore nutritivo equivale a un bicchiere
di grassi saturi bevuto di un fiato.
Come tutti gli operatori economici, i medici
meccanicisti del capitalismo finanziarizzato hanno perso il contatto con la
loro umanità di base che faceva scegliere gli studi di medicina come un
approccio olistico al vivente per curare i malati e salvare delle vite. La facciata pubblicitaria di
presentazione è sempre la stessa, ma dietro l'immagine appetitosa di un
nutrimento salutare, funziona un inquinamento tecnocratico che uccide in
quantità industriali, ma lentamente e in modo molto redditizio (vedi l’amianto,
i pesticidi, l’energia nucleare, ecc.).
Uscire dalla crisi radicale attuale del rapporto
tra la specie e se stessa, tra la specie e la natura, passerà necessariamente
per l’abbandono del produttivismo e della sua fase terminale capitalista. Nessun
delirio primitivista[1] ma
la reinvenzione di una nuova vita umana organica che apprenda a rispettare gli
esseri usando la tecnica padroneggiata dall’intelligenza sensibile collettiva,
i beni e le cose per il loro valore d’uso che ha come priorità l’attenzione per
la qualità della vita. Un uso, dunque, emancipato dal giogo dell’alienazione e
della reificazione.
L’ideologia anti tecnologica primaria sostituisce,
infatti, in modo fraudolento, la tecnologia al capitalismo, mettendo nell’ombra
l’accumulazione del capitale e lo sfruttamento del lavoro che sono all’origine
dell’economia politica, dunque della crescita economica, delle catastrofi
ambientali e dell’uso reificante e alienante di una tecnologia giunta al
parossismo con la rivoluzione digitale. Un altro mondo possibile è ormai
l’ultima possibilità per una vita umana.
Stabilire i modi di un tale progetto
oggettivamente rivoluzionario, più che i suoi tempi ormai pericolosamente ridotti,
sarà il primo compito dei gruppi d’affinità locali pronti a federarsi tra loro in
totale autonomia fino al livello internazionale con i metodi della democrazia
diretta rimessa in grado di funzionare. La loro coscienza di specie, affinandosi
nell’azione, costituirà lo storico superamento dialettico della coscienza di
classe e dunque la sua realizzazione radicale.
Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 marzo 2021
[1] “Che dei pretesi anarchici si facciano gli avvocati di un primitivismo
confinante con la bestialità e che è un’esortazione appena velata
all’adattamento e alla passività, significa insultare secoli di pensiero,
d’ideali e di pratiche rivoluzionarie e denigrare gli sforzi memorabili
compiuti dall’umanità per liberarsi dello spirito sciovinista, del misticismo e
della superstizione e per cambiare il mondo”. M. Bookchin, Changer sa vie sans changer le monde,
page 85, Agone, Marseille 2019.
Notes
de positionnement dans ce qui reste de l’archipel occidental
(plus
que jamais Goulag numérique)
Dans le capitalisme financiarisé et numérique dont on
subit le totalitarisme, surtout le travail salarié, mais aussi les professions
libérales et toute autre action humaine, sont des activités tributaires de
cette économie politique qui a merveilleusement transformé le plus grand nombre
d’esclavages en servitudes volontaires, misères adoubées d’une survie plus ou
moins privilégiée mais toujours plus éphémère et de toute façon frustrante et
liberticide. Aucune spécialité n’est exclue de la dérive constante de tous les
rapports sociaux vers l’artificialité. Ainsi, depuis un moment, on constate
empiriquement, que beaucoup de médecins au sommet de la pyramide sanitaire sont
devenus des garagistes de la santé. Les apprentis sorciers qui autrefois
abusaient de la saignée, aujourd’hui gavent de pilules et de vaccins bien plus
rentables.
Le virus covid 19/84 a rendu visible cet aspect
mécaniciste désormais dominant dans tous les contextes sociaux, lié à l’aliénation et à la réification – termes complexes mais destinés à devenir usuels et
nécessaires pour la compréhension de la phase terminale du fétichisme de la
marchandise au cœur du capitalisme. Nous sommes tous des aliénés dépossédés de leur subjectivité et réduits à des choses (res,
rei, en latin : chose) qui s’échangent en faisant circuler la valeur
économique comme la seule lymphe vitale reconnue.
Ce comportement, habituel parmi les esclaves modernes du
productivisme que sont les travailleurs/ consommateurs (où finissent les uns,
où commencent les autres ?), est décidemment opposé à l’élan originaire
d’amour pour la vie que le serment d’Hippocrate souligne sur le plan
sanitaire : sauver des vies, coûte que coûte, même au prix de sa propre
vie face à la pandemie). Et cela, justement, a fait le personnel de santé de
base en se donnant à fond, pendant cette année horrible de confinements, de
peur de la maladie, d’hospitalisés et de morts.
La solidarité entre êtres humains en difficulté est
devenue un humanisme voyant dans le monde inhumain du calcul rentable et de la
compétition égoïste, secouant le ronronnement d’un business de la santé aux
mains des industries pharmaceutiques. L’aide réciproque spontanément prodigué
dans la réalité quotidienne par beaucoup de médecins, infermières et
infirmiers, a tellement surpris l’aliéné moyen, habitué au cynisme social
répandu, que pendant le premier confinement, beaucoup de serviteurs volontaires
ont mis en scène sur leurs balcons la pantomime du remerciement du soir au
personnel médical, alors que le pouvoir en cautionnait la rhétorique en
simulant la messe ridicule de la médaille au mérite pour ces travailleurs mal
payés (sauf si à la solde directe ou indirecte de Big Pharma), maltraités et systématiquement ignorés dans leur
dénonciation de la barbarie marchande des soins et de l’abandon programmé du
système hospitalier en tant que bien commun.
La psycho dramatisation idéologique d’une pandemie aux
conséquences létales relativement modestes – si confrontées du point de vue
statistique et non pas humain aux autres désastres de la civilisation
productiviste, patriarcale, industrielle et capitaliste – a produit deux effets
concomitants apparemment opposés, mais en effet reliés : le positionnement
du pouvoir politique dominant et celui sournois et caractériellement suprematiste
de ses faux ennemis œuvrant dans l’envahissant univers numérique.
D’un côté le mensonge faussement humanitaire du pouvoir
qui se préoccupe formellement des vies en danger alors qu’il ne fait rien pour
les protéger ; qui interdit presque les masques de protection quand il en
manque coupablement pour les imposer ensuite de force à croyants et agnostiques
comme une panacée dogmatique qui rassemble à un mystique voile sanitaire pour
les soi-disant citoyens. Que les citoyens obéissent, donc, aux diktats d’une
caste politico-clérical-sanitaire qui donne l’impression de maintenir le
contrôle sur la situation de façon autoritaire alors qu’elle est débordée de
tous les côtés. Il ne faut surtout pas qu’ils décident librement, de façon responsable,
dans un esprit d’autogestion de leur vie quotidienne – donc sanitaire aussi –,
de respecter le principe de précaution et protéger un minimum soi même et les
autres par les gestes barrière quand ils s’avèrent nécessaires. Attention, une
telle autonomie solidaire pourrait leur donner des idées subversives !
Les gouvernants sont en fibrillation continue, décidés à
faire courir des risques à un certain nombre de travailleurs nécessaires pour
assurer le fonctionnement essentiel du système dominant (nombreux médecins et operateurs
économiques ont déjà perdu leur vie, comme les équipes de « liquidateurs »
intervenus à Tchernobyl sans protection). En même temps, ils imposent, malgré
eux, avec un embarras mal dissimulé et continuant à sacraliser par leur
discours l’économie politique dont ils sont les majordomes, une « grève
générale » sans dire son nom et une interdiction de la consommation en
totale contradiction avec la publicité de la marchandise qui continue a sévir
de façon schizophrène sur les écrans, dans les têtes et dans les portefeuilles.
Voilà une raison pour rire un peu outre la mélancolie
claustrophobe des confinements successifs : la similitude paradoxale de
l’actuelle crise de l’économie politique (avec la petite peste virale et la
prison du confinement en plus) avec ce mai 68 qui, pendant tout ce joli mois inoubliable, avait librement
pratiqué la grève générale contre la peste émotionnelle et sociale capitaliste,
avec une joie de vivre que les esclavagistes d’alors, surpris par tant
d’audace, ne pouvaient pas supporter ni empêcher.
Un demi siècle après, recousue superficiellement par les
dominants cette « blessure » révolutionnaire, la crise du covid 19/84
montre en pratique l’inutilité sociale d’une bonne partie de l’activité
travailleuse « normale » dont on est en train de se passer et la
faisabilité d’une societé de la décroissance économique nécessaire à la sortie
de la société productiviste afin de sauver l’espèce humaine des dégats d’un
Anthropocène de plus en plus nihiliste.
Nous voilà replongés dans notre triste présent à l’écoute
du son de cloche qui se propage comme une marée noire dans l’univers virtuel :
les morts par covid 19/84 sont effectivement une petite quantité de plus si
comparée à la catastrophe sanitaire que la civilisation productiviste est en
train de produire depuis des décennies avec toutes les maladies opportunistes
liées au progrès du business planétaire. Ce sont, néanmoins, des millions de
morts réels, des vraies vies brisées ces chiffres que les bureaucrates
alternatifs des réseaux sociaux réduisent dans leurs caprices numériques a des
quantités négligeables. Pour certains, le fait que soient surtout les plus vieux
à partir, semblerait une raison de plus pour ne pas s’en faire. Rien ne
pourrait rendre plus clair que ces révoltés sans révolution sont, eux aussi,
des individus déshumanisés qui tapent sur un clavier insensible leur
impuissance à réagir contre un monde sans âme ni corps jouissifs.
Ailleurs c'est la lune que nos doigts critiques
continuent de pointer: le fait que la
présence du virus réduit considérablement le taux de pollution causée par les
activités humaines, voilà un aspect intéressant de l’actualité et très
dangereux pour le totalitarisme marchand dans sa phase terminale numérique.
Cependant, pour la structure caractérielle rigide de toute perversion
narcissique, trait de caractère particulièrement répandu par la domination
réelle du Capital sur le travail, le but est de renforcer (en les rétablissant
ou en les renouvelant) les hiérarchies suprématistes qui permettent de
consommer les êtres et les choses. Ainsi une hystérie négationniste dénonce les
manipulations d’une oligarchie fantasmatique plutôt que l’exploitation
systémique et totalitaire de l’existant car pour les prédateurs à l’affut de
tout bord idéologique, l’ennemi à abattre est toujours la critique radicale du
productivisme plutôt que l’Etat et le Marché qui sont les piliers de la société dominante.
Pendant que le spectacle de la domination et celui de la
révolte virtuelle continuent leur paso
doble dans un tango grotesque et macabre, les multinationales
pharmaceutiques continuent à soigner leurs dividendes milliardaires dans
l’industrie de la santé. Leur affairisme sans scrupules utilise des lumineuses sommités de la médicine dont
la pertinence est éteinte par leurs conflits d’intérêt gigantesques.
Une science en bonne partie subordonnée à l’économie
politique, sécrète, en fait, de nombreuses maladies qui sont la matière
première de sa commercialisation forcenée de soins et de médicaments. La
médecine capitaliste soigne les symptômes et améliore la survie (de moins en
moins, d’ailleurs), en contribuant énormément, toutefois, à assassiner la vie
physique, psychique et sociale.
La pandemie actuelle en est l’exemple absolu. Elle est un
produit de la civilisation autant dans le mécanisme de son apparition que dans
la gestion de la crise qu’elle a provoquée. Pour un Sabin qui a donné
gratuitement à l’humanité son précieux vaccin contre la polio, combien d’affairistes
se bagarrent sur le marché obscène de la mort rentable pour produire des
vaccins macdonald contre le
coronavirus de passage ? Pro-vaccins ou anti-vaccins, loin de la foule
déchainée ; une fois encore l’antifascisme est le pire produit du
fascisme. La pantomime tragique se répète depuis presque un siècle et la
sagesse à revendiquer est toujours la même, n’importe quel exemple on
prend : plutôt que menacer une boucherie des bouchers, il serait bien
d’établir comme priorité l’interdit humanitaire de tout élevage
concentrationnaire, partout sur la planète. Voilà une exigence politique autant
urgente que l’arrêt planétaire des centrales nucléaires, destinées, tôt ou tard,
à faire de chaque Tchernobyl, de chaque Fukushima un cimetière de la vie. Le travail
ne rend pas libres ni dans les camps ni dans les fermes industrielles et leurs
abattoirs.
La malbouffe est
aussi une malasanté. Comment ne pas
se méfier de ces pharmaciens macdonald qui nous gavent de médicaments
qui guérissent un pneumatique en abimant le moteur (en attendant un
transhumanisme qui rêve d’introduire dans la « machine humaine » une
anti obsolescence programmée qui signifierait le définitif enterrement du
mammifère humain organique) ? Leur envie de vie éternelle, à tempérament comme tout le reste dans le marché des
illusions concrètes, est préoccupante et dérisoire comme un hamburger
industriel dont la valeur nutritionnelle équivaut à un verre d’huiles saturées
avalé d’un coup.
Comme tous les operateurs économiques, les médecins
mécanicistes du capitalisme financiarisé ont perdu le contact avec leur
humanité de base qui faisait choisir les études de médecine comme une approche
holistique au vivant pour soigner les malades et sauver des vies. La façade
publicitaire de présentation est toujours la même, mais derrière l’image
appétissante d’une nourriture salutaire, fonctionne une pollution
technocratique qui tue en quantité industrielle, mais lentement et de façon
très rentable (voir l’amiante, les pesticides, l’énergie nucléaire, etc.).
Sortir de la crise radicale actuelle de la relation entre
l’espèce et elle-même, entre l’espèce et la nature, passera inévitablement par
l’abandon du productivisme et de sa phase terminale capitaliste. Pas de délire
primitiviste[1]
mais la réinvention d’une vie humaine organique nouvelle qui apprenne à respecter
les êtres en utilisant la technique maitrisée par l’intelligence sensible
collective, les biens et les choses par leur valeur d’utilisation qui a comme
priorité l’attention à la qualité de la vie. Une utilisation, donc, émancipée
du joug de l’aliénation et de la réification. Car l’idéologie anti
technologique primaire substitue frauduleusement la technologie au capitalisme,
en laissant dans l’ombre l’accumulation du capital et l’exploitation du travail
qui sont à l’origine de l’économie politique, donc de la croissance économique,
des catastrophes environnementales et de l’utilisation réifiant et aliénante
d’une technologie arrivée au paroxysme par la révolution numérique. Un autre
monde possible est désormais la dernière chance pour une vie humaine.
Etablir les modalités d’un tel projet objectivement
révolutionnaire, plus que ses temps désormais dangereusement réduits, sera la
tâche première des groupes d’affinité locaux prêts à se fédérer entre eux en
toute autonomie jusqu’au niveau international par les méthodes de la démocratie
directe remise en condition de fonctionner. Leur conscience d’espèce, s’affinant
en action, constituera l’historique dépassement dialectique de la conscience de
classe, donc sa réalisation radicale.
Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 mars 2021
[1] « Que des gens
se prétendant anarchistes se fassent les avocats d’un primitivisme confinant à
la bestialité, et qui est une exhortation à peine voilée à l’adaptation et à la
passivité, c’est insulter des siècles de pensée, d’idéaux et de pratiques
révolutionnaires et dénigrer les efforts mémorables entrepris par l’humanité pour
se libérer de l’esprit cocardier, du mysticisme et de la superstition et pour
changer le monde ». M. Bookchin, Changer
sa vie sans changer le monde, page 85, Agone, Marseille 2019.