Cari amici e compagni di
una strada verso il mondo nuovo dal percorso non facile, la traduzione che
segue è la prefazione di Raoul Vaneigem per la pubblicazione in russo del suo Appello alla vita contro la tirannia statale
e mercantile (Appel à la vie contre
la tyrannie étatique et marchande, Libertalia, Paris 2019). Buona lettura.
Sergio Ghirardi
Sauvageon
L’insurrezione
qui, ora e dovunque
La
Russia ha avuto il privilegio sanguinoso di interpretare il ruolo di Cassandra
rivelando al mondo qualche verità che il bombardamento ideologico, culturale e
mediatico, un tempo chiamato propaganda,
non è in grado di occultare.
Se
è vero che la storia non si ripete mai se non in forma di farsa, è necessario
constatare che le politiche governative della nostra epoca si avvicinano sempre
di più al modello di tirannia che la Russia ha sperimentato con successo.
Non
abbiamo forse ereditato, come una beffa postuma, quel totalitarismo con pretesa
democratica istallato dovunque regni il capitalismo monopolistico, lo stesso
che definiva ieri il Mondo libero? La sua modernità ha riciclato le vecchie
ideologie. Recupera il sangue e la violenza degli scontri antichi congelandoli
per istillare negli organismi viventi il veleno additivo del profitto.
Siamo
debitori nei confronti dell’impero detto sovietico per la sua dimostrazione dell’impostura
di un comunismo che non era altro che un capitalismo di Stato burocratizzato.
Il
sorriso di compiacimento di Stalin è sparito; i baffi sono rimasti. Nessun capo
di Stato arriva alla caviglia dell’ubuesco Piccolo padre del popolo ma a quali
contorcimenti sono pronti a dedicarsi i dirigenti pur d’imitarlo nello specchio
delle smorfie dello spettacolo? L’attrazione dell’Occidente per l’efficacia
commerciale e repressiva dell’impero comunista cinese illustra bene il trionfo
postumo del più grande serial killer
della storia.
Qualificato
di sinistra o di gauchismo dal giornalismo straccione, il progressismo aveva fondato
grandi speranze sull’idea di una dittatura del proletariato da cui sarebbe nata
la società senza classi. Capire di un tratto che si trattava di una dittatura
esercitata sul popolo e in suo nome ha dato il colpo di grazia alla coscienza
operaia che la colonizzazione consumistica e la menzogna del benessere per
tutti avrebbero poi laminato. La rovina dell’ideologia comunista non è bastata
per liberare e ravvivare la combattività dei lavoratori. La confusione e la
disperazione hanno spinto verso una disfatta emozionale generale la regressione
della coscienza e l’ascesa dell’oscurantismo. Dopo la sconfitta del Movimento
delle occupazioni del Maggio 68, si è vista l’intelligenza sensibile cedere il
passo all’intelligenza del portafoglio. Il progresso umano si è inchinato
dinanzi ai progressi tecnologici del registratore di cassa. Il culto della
predazione ha reclutato per il partito della morte un populismo dei fatti di
cronaca ossessionato e affascinato dal suicidio vendicativo.
Si
sarebbe potuto credere che scottato dalle imposture dell’emancipazione il
progressismo si sarebbe indirizzato verso la sperimentazione concreta delle
libertà, promessa rimasta come in sospeso nel nostro passato e che, di
generazione in generazione, sollecita la sua realizzazione. Invece no! Riprende
il cammino dei suoi errori. Mentre ha sotto gli occhi una carcassa cadente di
Stato stalinista in cui le multinazionali covano le loro uova, si accanisce a
indirizzargli rimostranze e lamentele, pretende di moralizzarlo, ripulirlo,
purificarlo delle sue menzogne – come se si potesse governare senza mentire!
Alla
testa putrescente di questa Francia considerata a lungo il faro delle libertà
umane, un’accozzaglia di uomini d’affari e di addetti ai bisogni urinari del
monarca ha ottenuto un risultato che avrebbe stupito l’affabile Maestro del
terrore.
Manipolare
la paura di un virus il cui pericolo, per quanto reale fosse, è stato
deliberatamente esagerato dai mass media, ha in effetti ottenuto quel che
nessuna tirannia del passato avrebbe osato sperare: una popolazione che accetta
di nascondersi come un animale spinto alla disperazione, milioni di persone
rintanate nell’isolamento che rinunciano alle relazioni affettive, alla tenerezza,
agli incontri, alla solidarietà. Le generazioni future non mancheranno di
notare che, in tutta evidenza, l’epidemia ha ucciso meno che la paura, il
risentimento, l’aggressività, la delazione, l’odio di sé e degli altri,
propagati dalla morbosità politica.
Detenzione,
puritanesimo dei gesti bloccati, segregazione dei pro e antivaccino,
trattamento politico-poliziesco al posto del trattamento sanitario hanno
prodotto gli effetti peggiori: l’avvilimento della coscienza di sé, la
promozione del calcolo egoista, la metamorfosi di un individuo avido di libertà
in un individualista di gregge, fiero di scegliere e imporre il proprio
mattatoio.
Il
dibattito sull’individuo autonomo e sull’individualista predatore ha nutrito da
sempre le speculazioni filosofiche e religiose. Tuttavia, niente ha esacerbato
la sua importanza quanto il dinamismo del capitalismo industriale.
Il
mito di Prometeo che strappa l’uomo all’autocrazia degli Dei à servito da vessillo
per il liberalismo e per la sua parola d’ordine “Arricchitevi!”. Mentre
l’America e il suo evangelismo calvinista rendevano popolare sotto i tratti del
self made man una delle più ignobili
caricature del divenire dell’Uomo, la predominanza di una comunità agraria e il
ritardo dell’industrializzazione salvaguardavano nella Russia zarista una
problematica del “solo contro la tirannia”, non sprovvista di romanticismo. In
assenza di un conflitto aperto tra classe borghese e proletariato, l’individuo
in cerca di libertà e autonomia sfidava e si scontrava con il dispotismo
monarchico con un’audacia esemplare. Si ribellava in suo nome e in quello dei
contadini oppressi. La sua requisitoria era universale.
Benché l’anarchismo abbia
abbordato dovunque la questione dell’individuo e della rivoluzione sociale, è
in Russia che essa si è posta con la più grande acuità. Non è questo il luogo
per analizzare il percorso di Vera Zasulič, ma esso testimonia
di un’evoluzione alla quale i sollevamenti che scuotono oggi il pianeta
accordano una luce particolare. Zasulič
parte dal nichilismo di Nečaev per arrivare al marxismo, passando per
l’assassinio dello Zar. Si tratta di un florilegio della violenza
alternativamente e simultaneamente liberatrice e alienante. La generosità
sacrificale del militante s’incrocia con la freddezza militare, l’intelligenza individuale
fiancheggia la folla in preda ai tribuni.
Non è forse da questo
guazzabuglio che scaturiranno la ribellione del 1905, I soviet degli operai,
dei contadini e dei soldati nel 1917, i consigli rivoluzionari di Cronstadt,
schiacciati da Trotskij nel 1921? Le collettività libertarie della rivoluzione
spagnola del 1936 partecipano a un’ispirazione simile e sembra che la scommessa
della libertà al risveglio che si
attua sotto i nostri occhi e in una grande varietà di paesi, non ne sia
estranea. L’appello di Kropotkin alla conquista solidale dell’autonomia non è
mai stato così primordiale.
L’agonia del vecchio mondo
riporta alla superficie della nostra memoria il magma originale di una storia
che miti, favole, dogmi e pregiudizi si sono impegnati a occultare che era
fatta da noi e contro di noi.
Siamo rimasti prigionieri di
uno sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo che a dispetto delle varie forme
rivestite, non è mai cambiato.
Qualche millennio fa, un
sistema economico, sociale e politico ha imposto all’evoluzione umana la svolta
di una storia disumana. Una struttura d’appropriazione e di scambi ha
instaurato, con il nome di civiltà, una società inamovibile di signori e di
schiavi. Come stupirsi che, a contrario,
la permanenza dell’oppressione intrattenga un clima insurrezionale altrettanto
persistente?
Il capitalismo non è che la
forma più recente dello sfruttamento della natura terrestre e della natura
umana inaugurata dall’agricoltura intensiva, dall’allevamento e
dall’apparizione delle città-stato.
Succedendo all’immobilismo agrario,
il dinamismo del capitalismo industriale ha favorito la trasformazione della
plebe e delle sue rivolte disperate in un proletariato iniziatore di una
società senza classi, egualitaria e fraterna.
Ora, nella misura in cui la
cupidigia del profitto a breve termine distrugge la vita e il pianeta, il
progetto proletario di società senza classi scompare in quanto forma e riappare
in quanto progetto che ne costituiva la sostanza: l’emancipazione della donna e
dell’uomo e la realizzazione della loro specificità umana.
L’insurrezione che divampa
dappertutto nel mondo ignora le frontiere. Non è un paese, un territorio che è
minacciato, è la vita quotidiana di milioni di esseri umani. La loro etichetta
geografica è diventata risibile.
Assistiamo alla fine dello
Stato, doppiamente condannato.
Da un lato è vampirizzato
dalle imprese multinazionali che non gli delegano più che una funzione
repressiva e ne fanno il semplice gendarme dei loro interessi privati.
Dall’altro, a forza di
ingarbugliarsi nella menzogna balbuziente, la corruzione, l’arbitrario e il
ridicolo, il sistema di rappresentazione parlamentare perde ogni credibilità
agli occhi dei cittadini. La Francia sempre pronta a dare lezioni, non è più
che un modello di totalitarismo democratico. Non resta al popolo che
un’alternativa: impoverirsi strisciando miserabilmente nella servitù volontaria
o fondare le proprie rivendicazioni su un’autorganizzazione locale e federata
che renda effettivo un vero governo del popolo per il popolo.
Bisogna ricordarlo? Siamo
nel cuore di un mutamento di civiltà. La roccia delle certezze antiche vola in
frantumi. Noi cerchiamo un suolo stabile nel momento in cui le scosse sismiche
della confusione ci assalgono. Il vecchio mondo, scosso da ogni parte è sotto
il regime di un profitto a breve termine che distrugge la vita e il pianeta
distruggendo se stesso. Il nuovo pena ad affermarsi, come colpito dal terrore
di fronte alla propria audacia. Lottare per riappropriarsi della propria vita è
una lotta individuale e collettiva che promette di essere lunga e difficile.
Nella notte e nella nebbia
che ci circondano, non mancano i segni di quella reazione del vivente che
abbiamo sempre visto manifestarsi contro i peggiori periodi di epidemie e di
massacri. La scoperta dell’autonomia individuale fa parte dell’autodifesa del
soggetto che rifiuta di essere trattato da oggetto, da merce. L’insurrezione
della vita contro la reificazione che di giorno in giorno la rinsecchisce era
ieri il sogno dell’impossibile. Il suo divampare a livello mondiale è oggi il
segno di un risveglio delle coscienze. Anche se destinata a eclissarsi come il
gatto del Cheshire nell’Alice di Carroll, la sua irrecuperabile spontaneità ha
di che spezzare la tirannia del profitto e del potere.
La rinascita del vivente non
ha prezzo.
25 febbraio 2021
L’INSURRECTION ICI, MAINTENANT, PARTOUT
Raoul Vaneigem
La
Russie a eu le sanglant privilège de jouer les Cassandre en révélant au monde
quelques vérités que le matraquage idéologique, culturel et médiatique, jadis
appelé propagande, échoue à occulter.
S’il est vrai que l’histoire ne se répète jamais que sur le
mode parodique, force est de constater que les politiques gouvernementales de
notre époque sacrifient de plus en plus au modèle de tyrannie que la Russie a
expérimenté avec succès.
N’avons-nous pas hérité, comme d’une plaisanterie posthume,
de ce totalitarisme à prétention démocratique implanté partout où règne le
capitalisme monopolistique, celui-là même qui définissait hier le Monde
libre ? Sa modernité a recyclé les vieilles idéologies. Elle récupère le
sang et la violence des affrontements anciens et elle le congèle pour instiller
dans les organismes vivants le venin additif du profit.
Nous sommes redevables à l’empire dit soviétique d’avoir
démontré l’imposture d’un communisme qui n’était qu’un capitalisme d’Etat
bureaucratisé.
Le sourire de complaisance de Staline a disparu ; la
moustache est restée. Nul chef d’Etat n’arrive à la cheville de l’ubuesque
Petit père du peuple mais à quels tortillements les dirigeants ne se
livrent-ils pas pour le singer dans le miroir à grimaces du spectacle ? La
fascination de l’Occident pour l’efficacité commerciale et répressive de
l’empire communiste chinois illustre bien le triomphe posthume du plus grand serial
killer de l’histoire.
Qualifié de gauche ou de gauchisme par le
journalisme de serpillière, le progressisme avait fondé de grandes espérances
sur l’idée d’une dictature du prolétariat, d’où naîtrait la société sans
classes. Comprendre soudain qu’elle était en fait une dictature exercée contre
le peuple et en son nom a donné le coup de grâce à la conscience ouvrière, que
lamineraient la colonisation consumériste et le mensonge du bien-être pour
tous. Le délabrement de l’idéologie communiste n’a pas suffi a libérer et à
raviver la combativité des travailleurs. La confusion et le désespoir ont
entraîné dans une débâcle émotionnelle générale la régression de la conscience
et la montée de l’obscurantisme. On a vu, après l’échec du Mouvement des
occupation de mai 1968, l’intelligence sensible céder le pas à l’intelligence
du portefeuille. Le progrès humain s’est incliné devant les progrès
technologiques du tiroir-caisse. Le culte de la prédation a recruté pour le
parti de la mort un populisme de faits-divers hanté et fasciné par le suicide
vindicatif.
On aurait pu croire qu’échaudé par les impostures de
l’émancipation le progressisme se tournât vers l’expérimentation concrète des
libertés, une promesse restée comme en suspend dans notre passé et qui, de
génération en génération, sollicite son accomplissement. Mais non ! Il
repart sur le chemin de ses égarements. Alors qu’il a sous les yeux une
carcasse dépenaillée d’État stalinien, où les multinationales pondent leurs
œufs, il s’acharne à lui adresser remontrances et doléances, il prétend le
moraliser, le récurer, le purifier de ses mensonges - comme si l’on pouvait
gouverner sans mentir !
A la tête putrescente de cette France tenue longtemps pour
le phare des libertés humaines un ramassis d’hommes d’affaires et de valets de
pisse a atteint à un résultat qui eût laissé pantois l’affable Maestro de
la terreur.
Manipuler la peur d’un virus dont le danger, pour réel qu’il
fût, a été délibérément exagéré par les médias, a en effet obtenu ce qu’aucune
tyrannie du passé n’eût osé espérer : une population acceptant de se terrer
telle une bête aux abois, des millions de personnes se rencognant dans
l’isolement, renonçant aux relations affectives, à la tendresse, aux
rencontres, à la solidarité. Les générations futures ne manqueront pas de noter
que, de toute évidence, l’épidémie a moins tué que la peur, le ressentiment,
l’agressivité, la délation, la haine de soi et des autres, propagés par la
morbidité politique.
Enfermement, puritanisme des gestes figés, ségrégation des
pro et anti-vaccins, traitement politico-policier supplantant le traitement
sanitaire ont entraîné les pires effets : l’avilissement de la conscience
de soi, la promotion du calcul égoïste, la métamorphose d’ un individu avide de
liberté en individualiste de troupeau, fier de choisir et d’imposer son abattoir.
Le débat de l’individu autonome et de l’individualiste
prédateur a nourri de tous temps les spéculations philosophiques et
religieuses. Mais rien n’a autant exacerbé son importance que le dynamisme du
capitalisme industriel.
Le mythe de Prométhée arrachant l’homme à l’autocratie des
Dieux a servi d’oripeau au libéralisme et à son mot d’ordre « enrichissez
vous ! ». Tandis que l’Amérique et son évangélisme calviniste popularisaient
sous les traits du self made man une des plus ignobles caricatures du
devenir de l’Homme, la prédominance d’une économie agraire et le retard de
l’industrialisation sauvegardaient en Russie tsariste une problématique du
« seul contre la tyrannie, » non dénuée de romantisme. En l’absence
d’un conflit ouvert entre classe bourgeoise et prolétariat, l’individu en quête
de liberté et d’autonomie défiait et affrontait le despotisme monarchique avec
une témérité exemplaire. Il s’insurgeait en son nom et au nom des paysans
opprimés. Son réquisitoire était universel.
Bien que l’anarchisme ait abordé partout la question de
l’individu et de la révolution sociale, c’est en Russie qu’elle s’est posée
avec le plus d’acuité. Ce n’est pas ici le lieu d’analyser le parcours de Vera Zassoulitch mais il témoigne d’une évolution à
laquelle les soulèvements qui ébranlent aujourd’hui la planète accordent un
éclairage singulier. Zassoulitch part du nihilisme de Netchaïev pour aboutir au
marxisme, en passant par l’assassinat du tsar. C’est un florilège de la
violence alternativement et simultanément libératrice et aliénante. La
générosité sacrificielle du militant y croise la froideur militaire,
l’intelligence individuelle y côtoie la foule en proie aux tribuns.
N’est-ce pas de cet embrouillamini que
sortiront la rébellion de 1905, les soviets d’ouvriers, de paysans et de
soldats en 1917, les conseils révolutionnaires de Cronstadt, écrasés par
Trotski en 1921 ? Les collectivités libertaires de la révolution espagnole
de 1936 participent d’une inspiration similaire et il semble que le pari de la
liberté en éveil, qui se joue sous nos yeux et dans une grande diversité de
pays, n’y soit pas étranger. Jamais n’a été si primordial l’appel de Kropotkine
à la conquête solidaire de l’autonomie.
L’agonie du vieux monde ramène à la surface de
notre mémoire le magma originel d’une histoire que mythes, fables, dogmes et
préjugés s’employaient à dissimuler qu’elle était faite par nous et contre
nous.
Nous sommes restés prisonniers d’une
exploitation de l’homme par l’homme qui, en dépit des formes variées qu’elle a
revêtues, n’a jamais changé.
Il y a quelques millénaires, un système
économique, social et politique a imposé à l’évolution humaine le virage d’une
histoire inhumaine. Une structure d’appropriation et d’échanges a instauré,
sous le nom de civilisation, une société inamovible de maîtres et d’esclaves.
S’étonnera-t-on, qu’a contrario, la permanence de l’oppression
entretient un climat insurrectionnel tout aussi persistant ?
Le capitalisme n’est que la forme la
plus récente de l’exploitation de la nature terrestre et de la nature humaine
inaugurée par l’agriculture intensive, l’élevage et l’apparition
d’Etats-Cités.
En succédant à l’immobilisme agraire,
le dynamisme du capitalisme industriel a favorisé la transformation de la plèbe
et de ses révoltes désespérées en un prolétariat initiateur d’une société sans
classes, égalitaire et fraternelle.
Or, à mesure que la cupidité du profit à court terme détruit
la vie et la planète, le projet prolétarien de société sans classes disparaît
en tant que forme et reparaît en tant que projet qui en constituait la
substance : l’émancipation de la femme et de l’homme et la réalisation de
leur spécificité humaine.
L’insurrection qui s’embrase partout dans le monde ignore
les frontières. Ce n’est pas un pays, un territoire qui est menacé, c’est la
vie quotidienne de millions d’êtres humains. Leur étiquetage géographique est
devenu dérisoire.
Nous assistons à la fin de l’État, frappé d’une double
condamnation.
D’une part, il est vampirisé par les entreprises
multinationales qui ne lui délèguent plus qu’une fonction répressive et en font
le simple gendarme de leurs intérêts privés.
D’autre part, à force de s’enliser dans le mensonge
balbutiant, la corruption, l’arbitraire et le ridicule, le système de
représentation parlementaire perd toute crédibilité aux yeux des citoyens. La
France, si prompte à donner des leçons, n’est plus qu’un modèle de
totalitarisme démocratique. Il ne reste au peuple qu’une alternative : ou se
paupériser en rampant misérablement dans la servitude volontaire, ou fonder ses
revendications sur une auto-organisation locale et fédérée, qui rende effectif
un vrai gouvernement du peuple par le peuple.
Faut-il le rappeler ? Nous
sommes au cœur d’une mutation de civilisation. Le roc des certitudes anciennes
vole en éclats. Nous cherchons un sol stable tandis que les secousses sismiques
de la confusion nous assaillent. Le vieux monde, ébranlé de toute part, est
sous la coupe d’un profit à court terme qui détruit la vie et la planète
en se détruisant lui-même. Le nouveau peine à s’affirmer, comme frappé d’effroi
devant sa propre audace. Lutter pour se réapproprier sa propre vie est un
combat individuel et collectif qui promet d’être long et difficile.
Dans la nuit et le brouillard qui nous environnent, les
signes ne manquent pas de cette réaction du vivant que l’on a toujours vu se
manifester à l’encontre des pires périodes d’épidémies et de massacres. La
découverte de l’autonomie individuelle participe de l’auto-défense du sujet
refusant d’être traité en objet, en marchandise. L’insurrection de la vie
contre la réification qui de jour en jour la dessèche était hier le rêve de
l’impossible. Son embrasement mondial est aujourd’hui le signe d’un éveil des
consciences. Même vouée à s’éclipser aussi inopinément que le chat du Cheshire,
son irrécupérable spontanéité possède de quoi jeter à bas la tyrannie du profit
et du pouvoir.
La renaissance du vivant n’a pas de prix.
Le 25 février 2021