Ser Cepperello con una falsa confessione inganna uno santo frate, e muorsi; d essendo stato un pessimo uomo in vita, è
morto reputato per santo e chiamato san Ciappelletto.
Convenevole cosa è, carissime donne, che ciascheduna cosa la quale l'uomo fa, dallo ammirabile e santo nome di Colui il quale di tutte fu facitore le dea principio. Per che, dovendo io al nostro novellare, sì come primo, dare cominciamento, intendo da una delle sue maravigliose cose incominciare, acciò che, quella udita, la nostra speranza in lui, sì come in cosa impermutabile, si fermi e sempre sia da noi il suo nome lodato.
Manifesta cosa è che, sì come le cose temporali tutte sono transitorie e mortali, così in se' e fuor di se' essere piene di noia e d'angoscia e di fatica e ad infiniti pericoli soggiacere; alle quali senza niuno fallo né potremmo noi, che viviamo mescolati in esse e che siamo parte d'esse, durare né ripararci, se spezial grazia di Dio forza e avvedimento non ci prestasse. La quale a noi e in noi non è da credere che per alcuno nostro merito discenda, ma dalla sua propia benignità mossa e da prieghi di coloro impetrata che, sì come noi siamo, furon mortali, e bene i suoi piaceri mentre furono in vita seguendo, ora con lui etterni sono divenuti e beati; alli quali noi medesimi, sì come a procuratori informati per esperienza della nostra fragilità, forse non audaci di porgere i prieghi nostri nel cospetto di tanto giudice, delle cose le quali a noi reputiamo opportune gli porgiamo.
E ancora più in questo lui
verso noi di pietosa liberalità pieno discerniamo, che, non potendo l'acume
dell'occhio mortale nel segreto della divina mente trapassare in alcun modo,
avvien forse tal volta che, da oppinione ingannati, tale dinanzi alla sua
maestà facciamo procuratore, che da quella con etterno essilio è scacciato; e
nondimeno esso, al quale niuna cosa è occulta, più alla purità del pregator
riguardando che alla sua ignoranza o allo essilio del pregato, così come se
quegli fosse nel suo conspetto beato, esaudisce coloro che 'l priegano. Il che
manifestamente potrà apparire nella novellala quale di raccontare intendo;
manifestamente dico, non il giudicio di Dio, ma quel degli uomini seguitando.
Ragionasi adunque che
essendo Musciatto Franzesi di ricchissimo e gran mercatante in Francia cavalier
divenuto e dovendone in Toscana venire con messer Carlo Senzaterra, fratello
del re di Francia, da papa Bonifazio addomandato e al venir promosso, sentendo
egli gli fatti suoi, sì come le più volte son quegli de' mercatanti, molto
intralciati in qua e in là e non potersi di leggiere né subitamente stralciare,
pensò quegli commettere a più persone; e a tutti trovò modo; fuor solamente in
dubbio gli rimase cui lasciar potesse sofficiente a riscuoter suoi crediti
fatti a più borgognoni.
E la cagion del dubbio era
il sentire li borgognoni uomini riottosi e di mala condizione e misleali; e a
lui non andava per la memoria chi tanto malvagio uom fosse, in cui egli potesse
alcuna fidanza avere che opporre alla loro malvagità si potesse.
E sopra questa essaminazione pensando lungamente stato, gli venne a memoria
un ser Cepperello da Prato, il qual molto alla sua casa in Parigi si riparava.
Il quale, per ciò che piccolo di persona era e molto assettatuzzo, non
sappiendo li franceschi che si volesse dire Cepperello, credendo che cappello,
cioè ghirlanda, secondo il loro volgare, a dir venisse, per ciò che piccolo era
come dicemmo, non Ciappello, ma Ciappelletto il chiamavano; e per Ciappelletto
era conosciuto per tutto, là dove pochi per ser Cepperello il conoscieno.
Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, avea grandissima vergogna quando uno de' suoi strumenti (come che pochi ne facesse) fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli più volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que' tempi in Francia a' saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de' quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d'allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negarlo mai, volenterosamente v'andava; e più volte a fedire e ad uccidere uomini colle propie mani si trovò volentieri. Bestemmiatore di Dio e de' santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo. A chiesa non usava giammai; e i sacramenti di quella tutti, come vil cosa, con abominevoli parole scherniva; e così in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli.
Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, avea grandissima vergogna quando uno de' suoi strumenti (come che pochi ne facesse) fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato richiesto, e quelli più volentieri in dono che alcun altro grandemente salariato. Testimonianze false con sommo diletto diceva, richiesto e non richiesto; e dandosi a que' tempi in Francia a' saramenti grandissima fede, non curandosi fargli falsi, tante quistioni malvagiamente vincea a quante a giurare di dire il vero sopra la sua fede era chiamato. Aveva oltre modo piacere, e forte vi studiava, in commettere tra amici e parenti e qualunque altra persona mali e inimicizie e scandali, de' quali quanto maggiori mali vedeva seguire tanto più d'allegrezza prendea. Invitato ad un omicidio o a qualunque altra rea cosa, senza negarlo mai, volenterosamente v'andava; e più volte a fedire e ad uccidere uomini colle propie mani si trovò volentieri. Bestemmiatore di Dio e de' santi era grandissimo; e per ogni piccola cosa, sì come colui che più che alcun altro era iracundo. A chiesa non usava giammai; e i sacramenti di quella tutti, come vil cosa, con abominevoli parole scherniva; e così in contrario le taverne e gli altri disonesti luoghi visitava volentieri e usavagli.
Delle femine era così vago come sono i cani de' bastoni; del contrario più
che alcun altro tristo uomo si dilettava. Imbolato avrebbe e rubato con quella
conscienzia che un santo uomo offerrebbe. Gulosissimo e bevitore grande, tanto
che alcuna volta sconciamente gli facea noia. Giuocatore e mettitor di malvagi
dadi era solenne. Perché mi distendo io in tante parole? Egli era il piggiore
uomo forse che mai nascesse. La cui malizia lungo tempo sostenne la potenzia e
lo stato di messer Musciatto, per cui molte volte e dalle private persone, alle
quali assai sovente faceva ingiuria, e dalla corte, a cui tuttavia la facea, fu
riguardato.
Venuto adunque questo ser Cepperello nell'animo a messer Musciatto, il
quale ottimamente la sua vita conosceva, si pensò il detto messer Musciatto
costui dovere essere tale quale la malvagità de' borgognoni il richiedea; e
perciò, fattolsi chiamare, gli disse così:
- Ser Ciappelletto, come tu sai, io sono per ritrarmi del tutto di qui, e
avendo tra gli altri a fare co' borgognoni, uomini pieni d'inganni, non so cui
io mi possa lasciare a riscuotere il mio da loro più convenevole di te; e
perciò, con ciò sia cosa che tu niente facci al presente, ove a questo vogli
intendere, io intendo di farti avere il favore della corte e di donarti quella
parte di ciò che tu riscoterai che convenevole sia.
Ser Ciappelletto, che scioperato si vedea e male agitato delle cose del mondo e lui ne vedeva andare che suo sostegno e ritegno era lungamente stato, senza niuno indugio e quasi da necessità costretto si diliberò, e disse che volea volentieri.
Per che, convenutisi insieme, ricevuta ser Ciappelletto la procura e le lettere favorevoli del re, partitosi messer Musciatto, n'andò in Borgogna dove quasi niuno il conoscea; e quivi, fuor di sua natura, benignamente e mansuetamente cominciò a voler riscuotere e fare quello per che andato v'era, quasi si riserbasse l'adirarsi al da sezzo.
Ser Ciappelletto, che scioperato si vedea e male agitato delle cose del mondo e lui ne vedeva andare che suo sostegno e ritegno era lungamente stato, senza niuno indugio e quasi da necessità costretto si diliberò, e disse che volea volentieri.
Per che, convenutisi insieme, ricevuta ser Ciappelletto la procura e le lettere favorevoli del re, partitosi messer Musciatto, n'andò in Borgogna dove quasi niuno il conoscea; e quivi, fuor di sua natura, benignamente e mansuetamente cominciò a voler riscuotere e fare quello per che andato v'era, quasi si riserbasse l'adirarsi al da sezzo.
E così faccendo,
riparandosi in casa di due fratelli fiorentini, li quali quivi ad usura
prestavano e lui per amor di messer Musciatto onoravano molto, avvenne che egli
infermò; al quale i due fratelli fecero prestamente venire medici e fanti che
il servissero e ogni cosa opportuna alla sua santà racquistare.
Ma ogni aiuto era nullo, per ciò che 'l buono uomo, il quale già era vecchio e disordinatamente vivuto, secondo che i medici dicevano, andava di giorno in giorno di male in peggio, come colui ch'aveva il male della morte; di che li due fratelli si dolevan forte.
Ma ogni aiuto era nullo, per ciò che 'l buono uomo, il quale già era vecchio e disordinatamente vivuto, secondo che i medici dicevano, andava di giorno in giorno di male in peggio, come colui ch'aveva il male della morte; di che li due fratelli si dolevan forte.
E un giorno, assai vicini
della camera nella quale ser Ciappelletto giaceva infermo, seco medesimi
cominciarono a ragionare:
- Che farem noi- diceva l'uno all'altro- di costui? Noi abbiamo dei fatti suoi pessimo partito alle mani, per ciò che il mandarlo fuori di casa nostra così infermo ne sarebbe gran biasimo e segno manifesto di poco senno, veggendo la gente che noi l'avessimo ricevuto prima, e poi fatto servire e medicare così sollecitamente, e ora, senza potere egli aver fatta cosa alcuna che dispiacere ci debba, così subitamente di casa nostra e infermo a morte vederlo mandar fuori. D'altra parte, egli è stato sì malvagio uomo che egli non si vorrà confessare né prendere alcuno sacramento della Chiesa; e, morendo senza confessione, niuna chiesa vorrà il suo corpo ricevere, anzi sarà gittato a' fossi a guisa d'un cane. E, se egli si pur confessa, i peccati suoi son tanti e sì orribili che il simigliante n'avverrà, per ciò che frate né prete ci sarà che 'l voglia né possa assolvere; per che, non assoluto, anche sarà gittato a' fossi. E se questo avviene, il popolo di questa terra, il quale sì per lo mestier nostro, il quale loro pare iniquissimo e tutto 'l giorno ne dicon male, e sì per la volontà che hanno di rubarci, veggendo ciò, si leverà a romore e griderrà: - Questi lombardi cani, li quali a chiesa non sono voluti ricevere, non ci si vogliono più sostenere - ; e correrannoci alle case e per avventura non solamente l'avere ci ruberanno, ma forse ci torranno oltre a ciò le persone; di che noi in ogni guisa stiam male, se costui muore.
- Che farem noi- diceva l'uno all'altro- di costui? Noi abbiamo dei fatti suoi pessimo partito alle mani, per ciò che il mandarlo fuori di casa nostra così infermo ne sarebbe gran biasimo e segno manifesto di poco senno, veggendo la gente che noi l'avessimo ricevuto prima, e poi fatto servire e medicare così sollecitamente, e ora, senza potere egli aver fatta cosa alcuna che dispiacere ci debba, così subitamente di casa nostra e infermo a morte vederlo mandar fuori. D'altra parte, egli è stato sì malvagio uomo che egli non si vorrà confessare né prendere alcuno sacramento della Chiesa; e, morendo senza confessione, niuna chiesa vorrà il suo corpo ricevere, anzi sarà gittato a' fossi a guisa d'un cane. E, se egli si pur confessa, i peccati suoi son tanti e sì orribili che il simigliante n'avverrà, per ciò che frate né prete ci sarà che 'l voglia né possa assolvere; per che, non assoluto, anche sarà gittato a' fossi. E se questo avviene, il popolo di questa terra, il quale sì per lo mestier nostro, il quale loro pare iniquissimo e tutto 'l giorno ne dicon male, e sì per la volontà che hanno di rubarci, veggendo ciò, si leverà a romore e griderrà: - Questi lombardi cani, li quali a chiesa non sono voluti ricevere, non ci si vogliono più sostenere - ; e correrannoci alle case e per avventura non solamente l'avere ci ruberanno, ma forse ci torranno oltre a ciò le persone; di che noi in ogni guisa stiam male, se costui muore.
Ser Ciappelletto, il
quale, come dicemmo, presso giacea là dove costoro così ragionavano, avendo
l'udire sottile, sì come le più volte veggiamo avere gl'infermi, udì ciò che
costoro di lui dicevano; li quali egli si fece chiamare, e disse loro:
- Io non voglio che voi di niuna cosa di me dubitiate né abbiate paura di ricevere per me alcun danno. Io ho inteso ciò che di me ragionato avete e son certissimo che così n'avverrebbe come voi dite, dove così andasse la bisogna come avvisate; ma ella andrà altramenti. Io ho, vivendo, tante ingiurie fatte a Domenedio che, per farnegli io una ora in su la mia morte, né più né meno ne farà. E per ciò procacciate di farmi venire un santo e valente frate, il più che aver potete, se alcun ce n'è, e lasciate fare a me, ché fermamente io acconcerò i fatti vostri e i miei in maniera che starà bene e che dovrete esser contenti.
- Io non voglio che voi di niuna cosa di me dubitiate né abbiate paura di ricevere per me alcun danno. Io ho inteso ciò che di me ragionato avete e son certissimo che così n'avverrebbe come voi dite, dove così andasse la bisogna come avvisate; ma ella andrà altramenti. Io ho, vivendo, tante ingiurie fatte a Domenedio che, per farnegli io una ora in su la mia morte, né più né meno ne farà. E per ciò procacciate di farmi venire un santo e valente frate, il più che aver potete, se alcun ce n'è, e lasciate fare a me, ché fermamente io acconcerò i fatti vostri e i miei in maniera che starà bene e che dovrete esser contenti.
I due fratelli, come che
molta speranza non prendessono di questo, nondimeno se n'andarono ad una
religione di frati e domandarono alcuno santo e savio uomo che udisse la
confessione d'un lombardo che in casa loro era infermo; e fu lor dato un frate
antico di santa e di buona vita e gran maestro in Iscrittura e molto venerabile
uomo, nel quale tutti i cittadini grandissima e spezial divozione aveano, e lui
menarono.
Il quale, giunto nella camera dove ser Ciappelletto giacea e allato postoglisi a sedere, prima benignamente il cominciò a confortare, e appresso il domandò quanto tempo era che egli altra volta confessato si fosse. Al quale ser Ciappelletto, che mai confessato non s'era, rispose:
Il quale, giunto nella camera dove ser Ciappelletto giacea e allato postoglisi a sedere, prima benignamente il cominciò a confortare, e appresso il domandò quanto tempo era che egli altra volta confessato si fosse. Al quale ser Ciappelletto, che mai confessato non s'era, rispose:
- Padre mio, la mia usanza
suole essere di confessarmi ogni settimana almeno una volta, senza che assai
sono di quelle che io mi confesso più; è il vero che poi ch'io infermai, che
son presso a otto dì, io non mi confessai, tanta è stata la noia che la
infermità m'ha data.
Disse allora il frate:
- Figliuol mio, bene hai
fatto, e così si vuol fare per innanzi; e veggio che, poi sì spesso ti
confessi, poca fatica avrò d'udire o di domandare.
Disse ser Ciappelletto:
- Messer lo frate, non
dite così; io non mi confessai mai tante volte né sì spesso, che io sempre non
mi volessi confessare generalmente di tutti i miei peccati che io mi ricordassi
dal dì ch'i' nacqui infino a quello che confessato mi sono; e per ciò vi
priego, padre mio buono, che così puntualmente d'ogni cosa mi domandiate come
se mai confessato non mi fossi. E non mi riguardate perch'io infermo sia, ché
io amo molto meglio di dispiacere a queste mie carni che, faccendo agio loro,
io facessi cosa che potesse essere perdizione della anima mia, la quale il mio
Salvatore ricomperò col suo prezioso sangue.
Queste parole piacquero molto al santo uomo e parvongli argomento di bene disposta mente; e poi che a ser Ciappelletto ebbe molto commendato questa sua usanza, il cominciò a domandare se egli mai in lussuria con alcuna femina peccato avesse. Al qual ser Ciappelletto sospirando rispose:
- Padre mio, di questa parte mi vergogno io di dirvene il vero, temendo di non peccare in vanagloria.
Queste parole piacquero molto al santo uomo e parvongli argomento di bene disposta mente; e poi che a ser Ciappelletto ebbe molto commendato questa sua usanza, il cominciò a domandare se egli mai in lussuria con alcuna femina peccato avesse. Al qual ser Ciappelletto sospirando rispose:
- Padre mio, di questa parte mi vergogno io di dirvene il vero, temendo di non peccare in vanagloria.
Al quale il santo frate
disse:
- Dì sicuramente, ché il
ver dicendo né in confessione né in altro atto si pecco' giammai.
Disse allora ser
Ciappelletto:
- Poiché voi di questo mi
fate sicuro, e io il vi dirò: io son così vergine come io uscì del corpo della
mamma mia.
- Oh benedetto sia tu da Dio!- disse il frate- come bene hai fatto! e, faccendolo, hai tanto più meritato, quanto, volendo, avevi più d'arbitrio di fare il contrario che non abbiam noi e qualunque altri son quegli che sotto alcuna regola sono costretti.
E appresso questo il domandò se nel peccato della gola aveva a Dio dispiaciuto; al quale, sospirando forte, ser Ciappelletto rispose del sì, e molte volte; perciò che con ciò fosse cosa che egli, oltre a' digiuni delle quaresime che nell'anno si fanno dalle divote persone, ogni settimana almeno tre dì fosse uso di digiunare in pane e in acqua, con quello diletto e con quello appetito l'acqua bevuta avea, e spezialmente quando avesse alcuna fatica durata o adorando o andando in pellegrinaggio, che fanno i gran bevitori il vino; e molte volte aveva disiderato d'avere cotali insalatuzze d'erbucce, come le donne fanno quando vanno in villa; e alcuna volta gli era paruto migliore il mangiare che non pareva a lui che dovesse parere a chi digiuna per divozione, come digiunava egli.
- Oh benedetto sia tu da Dio!- disse il frate- come bene hai fatto! e, faccendolo, hai tanto più meritato, quanto, volendo, avevi più d'arbitrio di fare il contrario che non abbiam noi e qualunque altri son quegli che sotto alcuna regola sono costretti.
E appresso questo il domandò se nel peccato della gola aveva a Dio dispiaciuto; al quale, sospirando forte, ser Ciappelletto rispose del sì, e molte volte; perciò che con ciò fosse cosa che egli, oltre a' digiuni delle quaresime che nell'anno si fanno dalle divote persone, ogni settimana almeno tre dì fosse uso di digiunare in pane e in acqua, con quello diletto e con quello appetito l'acqua bevuta avea, e spezialmente quando avesse alcuna fatica durata o adorando o andando in pellegrinaggio, che fanno i gran bevitori il vino; e molte volte aveva disiderato d'avere cotali insalatuzze d'erbucce, come le donne fanno quando vanno in villa; e alcuna volta gli era paruto migliore il mangiare che non pareva a lui che dovesse parere a chi digiuna per divozione, come digiunava egli.
Al quale il frate disse:
- Figliuol mio, questi
peccati sono naturali e sono assai leggieri; e per ciò io non voglio che tu ne
gravi più la conscienzia tua che bisogni. Ad ogni uomo addiviene, quantunque
santissimo sia, il parergli dopo lungo digiuno buono il manicare, e dopo la
fatica il bere.
- Oh! - disse ser Ciappelletto- padre mio, non mi dite questo per confortarmi; ben sapete che io so che le cose che al servigio di Dio si fanno, si deono fare tutte nettamente e senza alcuna ruggine d'animo; e chiunque altri menti le fa, pecca.
Il frate contentissimo disse:
- Oh! - disse ser Ciappelletto- padre mio, non mi dite questo per confortarmi; ben sapete che io so che le cose che al servigio di Dio si fanno, si deono fare tutte nettamente e senza alcuna ruggine d'animo; e chiunque altri menti le fa, pecca.
Il frate contentissimo disse:
- E io son contento che
così ti cappia nell'animo, e piacemi forte la tua pura e buona conscienzia in
ciò. Ma, dimmi: in avarizia hai tu peccato, disiderando più che il convenevole,
o tenendo quello che tu tener non dovesti?
Al quale ser Ciappelletto disse:
Al quale ser Ciappelletto disse:
- Padre mio, io non vorrei
che voi guardaste perché io sia in casa di questi usurieri: io non ci ho a far
nulla; anzi ci era venuto per dovergli ammonire e gastigare e torgli da questo
abbominevole guadagno; e credo mi sarebbe venuto fatto, se Iddio non m'avesse
così visitato. Ma voi dovete sapere che mio padre mi lasciò ricco uomo, del cui
avere, come egli fu morto, diedi la maggior parte per Dio; e poi, per
sostentare la vita mia e per potere aiutare i poveri di Cristo, ho fatte mie
picciole mercatantie, e in quelle ho desiderato di guadagnare, e sempre co'
poveri di Dio quello che ho guadagnato ho partito per mezzo, l'una metà
convertendo né miei bisogni, l'altra metà dando loro; e di ciò m'ha sì bene il
mio Creatore aiutato che io ho sempre di bene in meglio fatti i fatti miei.
- Bene hai fatto,- disse il frate - ma come ti se' tu spesso adirato?
- Oh!- disse ser Ciappelletto- cotesto vi dico io bene che io ho molto spesso fatto. E chi se ne potrebbe tenere, veggendo tutto il dì gli uomini fare le sconce cose, non servare i comandamenti di Dio, non temere i suoi giudici? Egli sono state assai volte il dì che io vorrei più tosto essere stato morto che vivo, veggendo i giovani andare dietro alle vanità e vedendogli giurare e spergiurare, andare alle taverne, non visitare le chiese e seguir più tosto le vie del mondo che quella di Dio.
- Bene hai fatto,- disse il frate - ma come ti se' tu spesso adirato?
- Oh!- disse ser Ciappelletto- cotesto vi dico io bene che io ho molto spesso fatto. E chi se ne potrebbe tenere, veggendo tutto il dì gli uomini fare le sconce cose, non servare i comandamenti di Dio, non temere i suoi giudici? Egli sono state assai volte il dì che io vorrei più tosto essere stato morto che vivo, veggendo i giovani andare dietro alle vanità e vedendogli giurare e spergiurare, andare alle taverne, non visitare le chiese e seguir più tosto le vie del mondo che quella di Dio.
Disse allora il frate:
- Figliuol mio, cotesta è
buona ira, né io per me te ne saprei penitenzia imporre. Ma, per alcuno caso,
avrebbeti l'ira potuto inducere a fare alcuno omicidio o a dire villania a
persona o a fare alcun'altra ingiuria?
A cui ser Ciappelletto
rispose:
- Ohimè, messere, o voi mi
parete uom di Dio: come dite voi coteste parole? o s'io avessi avuto pure un
pensieruzzo di fare qualunque s'è l'una delle cose che voi dite, credete voi
che io creda che Iddio m'avesse tanto sostenuto? Coteste son cose da farle gli
scherani e i rei uomini, de' quali qualunque ora io n'ho mai veduto alcuno,
sempre ho detto: - Va che Dio ti converta –
Allora disse il frate:
- Or mi dì, figliuol mio,
che benedetto sia tu da Dio: hai tu mai testimonianza niuna falsa detta contro
alcuno o detto mal d'altrui o tolte dell'altrui cose senza piacer di colui di
cui sono?
- Mai, messere, sì,- rispose ser Ciappelletto- che io ho detto male d'altrui; per ciò che io ebbi già un mio vicino che, al maggior torto del mondo, non faceva altro che battere la moglie, sì che io dissi una volta mal di lui alli parenti della moglie, sì gran pietà mi venne di quella cattivella, la quale egli, ogni volta che bevuto avea troppo, conciava come Dio vel dica.
Disse allora il frate:
- Mai, messere, sì,- rispose ser Ciappelletto- che io ho detto male d'altrui; per ciò che io ebbi già un mio vicino che, al maggior torto del mondo, non faceva altro che battere la moglie, sì che io dissi una volta mal di lui alli parenti della moglie, sì gran pietà mi venne di quella cattivella, la quale egli, ogni volta che bevuto avea troppo, conciava come Dio vel dica.
Disse allora il frate:
- Or bene, tu mi di' che
se' stato mercatante: ingannasti tu mai persona così come fanno i mercatanti?
- Gnaffe,- disse ser Ciappelletto- messer sì; ma io non so chi egli si fu, se non che uno, avendomi recati danari che egli mi dovea dare di panno che io gli avea venduto, e io messogli in una mia cassa senza annoverare, ivi bene ad un mese trovai ch'egli erano quattro piccioli più che essere non doveano; per che, non rivedendo colui e avendogli serbati bene uno anno per rendergliele, io gli diedi per l'amor di Dio.
Disse il frate:
- Gnaffe,- disse ser Ciappelletto- messer sì; ma io non so chi egli si fu, se non che uno, avendomi recati danari che egli mi dovea dare di panno che io gli avea venduto, e io messogli in una mia cassa senza annoverare, ivi bene ad un mese trovai ch'egli erano quattro piccioli più che essere non doveano; per che, non rivedendo colui e avendogli serbati bene uno anno per rendergliele, io gli diedi per l'amor di Dio.
Disse il frate:
- Cotesta fu piccola cosa;
e facesti bene a farne quello che ne facesti.
E, oltre a questo, il domandò il santo frate di molte altre cose, delle quali di tutte rispose a questo modo. E volendo egli già procedere all'assoluzione, disse ser Ciappelletto:
- Messere, io ho ancora alcun peccato che io non v'ho detto.
Il frate il domandò quale; ed egli disse:
E, oltre a questo, il domandò il santo frate di molte altre cose, delle quali di tutte rispose a questo modo. E volendo egli già procedere all'assoluzione, disse ser Ciappelletto:
- Messere, io ho ancora alcun peccato che io non v'ho detto.
Il frate il domandò quale; ed egli disse:
- Io mi ricordo che io
feci al fante mio un sabato dopo nona spazzare la casa, e non ebbi alla santa
domenica quella reverenza che io dovea.
- Oh!- disse il frate- figliuol
mio, cotesta è leggier cosa.
- Non,- disse ser Ciappelletto- non dite leggier cosa, ché la domenica è troppo da onorare, però che in così fatto dì risuscitò da morte a vita il nostro Signore.
- Non,- disse ser Ciappelletto- non dite leggier cosa, ché la domenica è troppo da onorare, però che in così fatto dì risuscitò da morte a vita il nostro Signore.
Disse allora il frate: - O
altro hai tu fatto?
- Messer sì,- rispose ser
Ciappelletto- ché io, non avvedendomene, sputai una volta nella chiesa di Dio.
Il frate cominciò a sorridere e disse:
Il frate cominciò a sorridere e disse:
- Figliuol mio, cotesta
non è cosa da curarsene: noi, che siamo religiosi, tutto il dì vi sputiamo.
Disse allora ser Ciappelletto:
- E voi fate gran
villania, per ciò che niuna cosa si convien tener netta come il santo tempio,
nel quale si rende sacrificio a Dio.
E in brieve de' così fatti ne gli disse molti, e ultimamente cominciò a sospirare, e appresso a piagner forte, come colui che il sapeva troppo ben fare quando volea.
E in brieve de' così fatti ne gli disse molti, e ultimamente cominciò a sospirare, e appresso a piagner forte, come colui che il sapeva troppo ben fare quando volea.
Disse il santo frate:
- Figliuol mio, che hai
tu?
Rispose ser Ciappelletto:
- Ohimè, messere, ché un
peccato m'è rimaso, del quale io non mi confessai mai, sì gran vergogna ho di
doverlo dire; e ogni volta ch'io me ne ricordo piango come voi vedete, e parmi
essere molto certo che Iddio mai non avrà misericordia di me per questo
peccato.
Allora il santo frate
disse:
- Va via, figliuol, che è
ciò che tu dì? Se tutti i peccati che furon mai fatti da tutti gli uomini, o
che si debbon fare da tutti gli uomini mentre che il mondo durerà, fosser tutti
in uno uom solo, ed egli ne fosse pentuto e contrito come io veggio te, si è
tanta la benignità e la misericordia di Dio che, confessandogli egli, gliele
perdonerebbe liberamente; e per ciò dillo sicuramente.
Disse allora ser Ciappelletto, sempre piagnendo forte:
- Ohimè, padre mio, il mio è troppo gran peccato, e appena posso credere, se i vostri prieghi non ci si adoperano, che egli mi debba mai da Dio esser perdonato.
Disse allora ser Ciappelletto, sempre piagnendo forte:
- Ohimè, padre mio, il mio è troppo gran peccato, e appena posso credere, se i vostri prieghi non ci si adoperano, che egli mi debba mai da Dio esser perdonato.
A cui il frate disse:
- Dillo sicuramente, ché
io ti prometto di pregare Iddio per te.
Ser Ciappelletto pur piagnea e nol dicea, e il frate pur il confortava a dire. Ma poi che ser Ciappelletto piagnendo ebbe un grandissimo pezzo tenuto il frate così sospeso, ed egli gittò un gran sospiro e disse:
Ser Ciappelletto pur piagnea e nol dicea, e il frate pur il confortava a dire. Ma poi che ser Ciappelletto piagnendo ebbe un grandissimo pezzo tenuto il frate così sospeso, ed egli gittò un gran sospiro e disse:
- Padre mio, poscia che
voi mi promettete di pregare Iddio per me, e io il vi dirò. Sappiate che,
quando io era piccolino, io bestemmiai una volta la mamma mia- ; e così detto
ricominciò a piagnere forte.
Disse il frate:
- O figliuol mio, or parti
questo così grande peccato? Oh! gli uomini bestemmiano tutto 'l giorno Iddio, e
sì perdona egli volentieri a chi si pente d'averlo bestemmiato; e tu non credi
che egli perdoni a te questo? Non piagner, confortati, ché fermamente, se tu
fossi stato un di quegli che il posero in croce, avendo la contrizione ch'io ti
veggio, sì ti perdonerebbe egli.
Disse allora ser Ciappelletto:
Disse allora ser Ciappelletto:
- Ohimè, padre mio, che
dite- voi? La mamma mia dolce, che mi portò in corpo nove mesi il dì e la notte
e portommi in collo più di cento volte! troppo feci male a bestemmiarla e
troppo è gran peccato; e se voi non pregate Iddio per me, egli non mi sarà
perdonato.
Veggendo il frate non
essere altro restato a dire a ser Ciappelletto, gli fece l'assoluzione e
diedegli la sua benedizione, avendolo per santissimo uomo, sì come colui che
pienamente credeva esser vero ciò che ser Ciappelletto avea detto.
E chi sarebbe colui che nol credesse, veggendo uno uomo in caso di morte dir così? E poi, dopo tutto questo, gli disse:
- Ser Ciappelletto, coll'aiuto di Dio voi sarete tosto sano; ma se pure avvenisse che Iddio la vostra benedetta e ben disposta anima chiamasse a se', piacev'egli che 'l vostro corpo sia sepellito al nostro luogo?
E chi sarebbe colui che nol credesse, veggendo uno uomo in caso di morte dir così? E poi, dopo tutto questo, gli disse:
- Ser Ciappelletto, coll'aiuto di Dio voi sarete tosto sano; ma se pure avvenisse che Iddio la vostra benedetta e ben disposta anima chiamasse a se', piacev'egli che 'l vostro corpo sia sepellito al nostro luogo?
Al quale ser Ciappelletto
rispose:
- Messer sì; anzi non
vorre' io essere altrove, poscia che voi mi avete promesso di pregare Iddio per
me; senza che io ho avuta sempre spezial divozione al vostro ordine. E per ciò
vi priego che, come voi al vostro luogo sarete, facciate che a me vegna quel
veracissimo corpo di Cristo, il qual voi la mattina sopra l'altare consecrate;
per ciò che (come che io degno non ne sia) io intendo colla vostra licenzia di
prenderlo, e appresso la santa e ultima unzione, acciò che io, se vivuto son
come peccatore, almeno muoia come cristiano.
Il santo uomo disse che
molto gli piacea e che egli dicea bene, e farebbe che di presente gli sarebbe
apportato; e così fu.
Li due fratelli, li quali dubitavan forte non ser Ciappelletto gl'ingannasse, s'eran posti appresso ad un tavolato, il quale la camera dove ser Ciappelletto giaceva divideva da un'altra, e ascoltando leggiermente udivano e intendevano ciò che ser Ciappelletto al frate diceva; e aveano alcuna volta sì gran voglia di ridere, udendo le cose le quali egli confessava d'aver fatte, che quasi scoppiavano, e fra se' talora dicevano:
- Che uomo è costui, il quale né vecchiezza né infermità né paura di morte alla qual si vede vicino, né ancora di Dio dinanzi al giudicio del quale di qui a picciola ora s'aspetta di dovere essere, dalla sua malvagità l'hanno potuto rimuovere, né far ch'egli così non voglia morire come egli è vivuto?
Ma pur vedendo che sì aveva detto che egli sarebbe a sepoltura ricevuto in chiesa, niente del rimaso si curarono.
Ser Ciappelletto poco appresso si comunico', e peggiorando senza modo, ebbe l'ultima unzione; e poco passato vespro, quel dì stesso che la buona confessione fatta avea, si morì. Per la qual cosa li due fratelli, ordinato di quello di lui medesimo come egli fosse onorevolmente sepellito, e man datolo a dire al luogo de' frati, e che essi vi venissero la sera a far la vigilia secondo l'usanza e la mattina per lo corpo, ogni cosa a ciò opportuna disposero.
Li due fratelli, li quali dubitavan forte non ser Ciappelletto gl'ingannasse, s'eran posti appresso ad un tavolato, il quale la camera dove ser Ciappelletto giaceva divideva da un'altra, e ascoltando leggiermente udivano e intendevano ciò che ser Ciappelletto al frate diceva; e aveano alcuna volta sì gran voglia di ridere, udendo le cose le quali egli confessava d'aver fatte, che quasi scoppiavano, e fra se' talora dicevano:
- Che uomo è costui, il quale né vecchiezza né infermità né paura di morte alla qual si vede vicino, né ancora di Dio dinanzi al giudicio del quale di qui a picciola ora s'aspetta di dovere essere, dalla sua malvagità l'hanno potuto rimuovere, né far ch'egli così non voglia morire come egli è vivuto?
Ma pur vedendo che sì aveva detto che egli sarebbe a sepoltura ricevuto in chiesa, niente del rimaso si curarono.
Ser Ciappelletto poco appresso si comunico', e peggiorando senza modo, ebbe l'ultima unzione; e poco passato vespro, quel dì stesso che la buona confessione fatta avea, si morì. Per la qual cosa li due fratelli, ordinato di quello di lui medesimo come egli fosse onorevolmente sepellito, e man datolo a dire al luogo de' frati, e che essi vi venissero la sera a far la vigilia secondo l'usanza e la mattina per lo corpo, ogni cosa a ciò opportuna disposero.
Il santo frate che
confessato l'avea, udendo che egli era trapassato, fu insieme col priore del
luogo, e fatto sonare a capitolo, alli frati ragunati in quello mostrò ser
Ciappelletto essere stato santo uomo, secondo che per la sua confessione
conceputo avea; e sperando per lui Domenedio dover molti miracoli dimostrare,
persuadette loro che con grandissima reverenzia e divozione quello corpo si
dovesse ricevere. Alla qual cosa il priore e gli altri frati creduli
s'accordarono; e la sera, andati tutti là dove il corpo di ser Ciappelletto
giaceva, sopr'esso fecero una grande e solenne vigilia; e la mattina, tutti
vestiti co' camici e co' pieviali, con libri in mano e con le croci innanzi,
cantando, andaron per questo corpo e con grandissima festa e solennità il
recarono alla lor chiesa, seguendo quasi tutto il popolo della città, uomini e
donne. E nella chiesa postolo, il santo frate che confessato l'avea, salito in
sul pergamo, di lui cominciò e della sua vita, de' suoi digiuni, della sua
virginità, della sua simplicità e innocenzia e santità maravigliose cose a
predicare, tra l'altre cose narrando quello che ser Ciappelletto per lo suo
maggior peccato piagnendo gli avea confessato, e come esso appena gli avea
potuto mettere nel capo che Iddio gliele dovesse perdonare, da questo
volgendosi a riprendere il popolo che ascoltava, dicendo:
- E voi, maledetti da Dio, per ogni fuscello di paglia che vi si volge tra' piedi bestemmiate Iddio e la Madre, e tutta la corte di paradiso.
- E voi, maledetti da Dio, per ogni fuscello di paglia che vi si volge tra' piedi bestemmiate Iddio e la Madre, e tutta la corte di paradiso.
E oltre a queste, molte
altre cose disse della sua lealtà e della sua purità; e in brieve colle sue
parole, alle quali era dalla gente della contrada data intera fede, sì il mise
nel capo e nella divozion di tutti coloro che v'erano che, poi che fornito fu
l'uficio, colla maggior calca del mondo da tutti fu andato a baciargli i piedi
e le mani, e tutti i panni gli furono in dosso stracciati, tenendosi beato chi
pure un poco di quegli potesse avere; e convenne che tutto il giorno così fosse
tenuto, acciò che da tutti potesse essere veduto e visitato. Poi, la vegnente
notte, in una arca di marmo sepellito fu onorevolmente in una cappella, e a
mano a mano il dì seguente vi cominciarono le genti ad andare e ad accender
lumi e ad adorarlo, e per conseguente a botarsi e ad appiccarvi le imagini
della cera secondo la promession fatta.
E in tanto crebbe la fama
della sua santità e divozione a lui, che quasi niuno era, che in alcuna
avversità fosse, che ad altro santo che a lui si botasse, e chiamaronlo e
chiamano san Ciappelletto; e affermano molti miracoli Iddio aver mostrati per
lui e mostrare tutto giorno a chi divotamente si raccomanda a lui.
Così adunque visse e morì
ser Cepperello da Prato e santo divenne come avete udito. Il quale negar non
voglio essere possibile lui essere beato nella presenza di Dio, per ciò che,
come che la sua vita fosse scelerata e malvagia, egli potè in su l'estremo aver
sì fatta contrizione, che per avventura Iddio ebbe misericordia di lui e nel
suo regno il ricevette; ma, per ciò che questo n'è occulto, secondo quello che
ne può apparire ragiono, e dico costui più tosto dovere essere nelle mani del
diavolo in perdizione che in paradiso. E se così è, grandissima si può la
benignità di Dio cognoscere verso noi, la quale non al nostro errore, ma alla
purità della fede riguardando, così faccendo noi nostro mezzano un suo nemico,
amico credendolo, ci esaudisce, come se ad uno veramente santo per mezzano
della sua grazia ricorressimo. E per ciò, acciò che noi per la sua grazia nelle
presenti avversità e in questa compagnia così lieta siamo sani e salvi servati,
lodando il suo nome nel quale cominciata l'abbiamo, lui in reverenza avendo, né
nostri bisogni gli ci raccomandiamo, sicurissimi d'essere uditi.
E qui si tacque.
E qui si tacque.
Giovanni
Boccaccio