domenica 29 giugno 2014

pomodori non iscritti







Clamoroso in Francia: multa di 450 euro a un piccolo agricoltore per aver venduto sul mercato locale dei pomodori non iscritti nel catalogo ufficiale dei pomodori industriali ammessi alla commercializzazione.

 






Les chroniques d'Olivier de Robert: des tomates hors catégorie





Les chroniques d'Olivier de Robert: des tomates hors catégorie

© midinews 2013 Conter, ce n'est jamais que dire avec lenteur les joyeux brassages de la besace à mémoire. Mais avant de parler, le conteur écoute.

J'aime à me cacher dans les coins de bistrots. Ceux où si vous n'êtes pas du pays, les discussions s'arrêtent et les têtes se tournent quand vous entrez. Les cafés de fond de ruelles, ceux dont l'enseigne se fane et menace de se décrocher sous le poids de la poussière...

J'aime aussi à flâner sur les marchés, ceux où s'entremêlent les couleurs et les parfums, allant des fromages aux origines incertaines jusqu'aux parfums d'orient, ceux où bérets et longues chevelures se croisent et se voient enfin...

J'aime écouter les paroles de hasard glanées au bord des chemins, à la boulangerie, sur un banc ensoleillé ou au coin d'une cheminée quand le vent hurle au dehors...

J'aime ma terre, celle de la montagne, du confit de canard, de la ressegue, des lotos du gras, des fêtes de village, des péluts en yourtes, des châteaux bouffés par les ronces et des mémés qui attendent l'épicier ambulant.

Avec tendresse et un opiniâtre refus de se prendre au sérieux, ces chroniques racontent cette terre et ceux qui en font la saveur.

martedì 24 giugno 2014

La fine di un incubo, per l’autogestione generalizzata della vita




Politica: il partito che vorrei
Di utente sostenitore sul Fatto del 23 giugno 2014.
In politica Dio fa danno, Marx fa danno, e anche Grillo non le imbrocca tutte giuste (*). Io non mi sento rappresentato dalle forze politiche oggi in campo. Quando devo porre un segno sulla scheda elettorale, vorrei poter scegliere un partito che non c’è.
Il partito che vorrei ha solo tre principi non negoziabili: libertà, uguaglianza, solidarietà.
Il partito che vorrei sa che con la sola libertà vale la legge della giungla, con la sola uguaglianza si diventa tutti sudditi di Stalin, e con la sola solidarietà non si è un partito, ma il circolo delle dame della carità.
Il partito che vorrei non è un movimento, e non ha paura di farsi chiamare ‘partito’.
Il partito che vorrei non è italiano, ma europeo. E si presenta con lo stesso simbolo a tutte le elezioni.
Il partito che vorrei non ha un capo, ma è diretto da persone intelligenti e capaci, nessuna delle quali è, o crede di essere, insostituibile.
Gli eletti del partito che vorrei sanno ascoltare la mie idee, ma poi hanno la responsabilità di prendere le loro decisioni, senza pretendere di essere i miei portavoce.
Il partito che vorrei lotta per tenere il potere esecutivo ben separato da quello legislativo.
Il partito che vorrei preferisce il sistema proporzionale per eleggere il legislativo ed il sistema maggioritario per eleggere l’esecutivo.
Il partito che vorrei ha capito che se si riesce ad abbassare la disoccupazione, poi si riuscirà anche ad abbassare il debito pubblico, e non il contrario.
Il partito che vorrei desidera una tassazione fortemente progressiva e preferisce tassare i redditi anziché le proprietà, ma non esita a tassare queste ultime se la disuguaglianza diventa troppo alta.
Il partito che vorrei sa che se la maggioranza delle tasse di un territorio rimangono nel territorio, si finisce come Troisi e Benigni: “Chi siete? Cosa fate? Cosa portate? Un fiorino!”
Il partito che vorrei non è mai indulgente con gli evasori fiscali, anche se questo dovesse costargli molti voti.
Nel partito che vorrei non ci sono né corrotticorruttori: vengono espulsi senza aspettare che si arrivi al terzo grado di giudizio.
Il partito che vorrei è favorevole all’immigrazione, in misura sufficiente a mantenere costante la popolazione.
Il partito che vorrei non difende le famiglie tradizionali proibendo quelle inconsuete, ma promuovendo asili, scuole a tempo pieno e congedi parentali.
Per il partito che vorrei la scuola, la sanità, la sicurezza e la previdenza sociale devono essere pubbliche. Se non ci sono abbastanza risorse per garantirle a tutti, è l’economia che sta funzionando male, non è lo stato che è diventato troppo grosso.
Il partito che vorrei è contro gli aiuti di stato alle aziende in difficoltà. Ma è favorevole all’esproprio di quelle inquinanti, mal gestite o pericolose, per tutelare il lavoro ed evitare danni.
Il partito che vorrei lotta per molte altre cose. Ma se ne trovassi uno che vuole almeno queste, lo voterei volentieri.
(*) la citazione è ovvia.
di Francesco Paparella

Commento di  Sergio Ghirardi:

Adesso svegliati e vota pure per il partito che non vorresti (a piacere). Hai sognato la democrazia diretta senza riconoscerla e travesti nel tuo dormiveglia il parlamentarismo con l'illusione ben pensante dei servitori volontari.
La necessaria rottura storica del paradigma politico dominante romperà anche con la common decency di un socialismo moralizzatore che è un ossimoro capitalista e un'ultima carota artificiale per gli schiavi salariati.
I partiti -tutti- gestiscono da sempre la dittatura della maggioranza scientificamente idiotizzata.

sabato 21 giugno 2014

Le grandi navi a Venezia









Oggi si richiederebbe di limitare, in base alla stazza, il passaggio delle navi attraverso la città di Venezia: oppure di escluderlo del tutto. 
Le compagnie perdendo la toccata veneziana, fatalmente perderebbero interesse a far partire le crociere dall’Alto Adriatico.
La città ne trarrebbe a sua volta degli svantaggi commerciali, perlomeno per ciò che concerne le provveditorie marittime e la compagnia di rimorchiatori che, nella crisi nera dello scalo veneziano, sopravvivono quasi solo grazie alle navi da crociera.
Il problema delle grandi navi nel Bacino di San Marco  è sorto negli ultimi due decenni  eppure grandi navi passano dalla laguna da sempre e un tempo non solo non venivano contrastate ma, anzi,  me lo ricordo bene, il loro passaggio era percepito come una festa e come una presenza rassicurante
Costa Concordia

Come mai?
Probabilmente, le ragioni si riassumono così:
da un lato la fiducia nella perizia di chi le conduce, comandante, pilota, rimorchiatori, si è di molto ridotta.  Perché effettivamente  la professionalità di questi soggetti è in crisi ma più in generale perché si è affievolita moltissimo la fede tanto nelle autorità quanto negli specialisti. 
L’idea che ai posti di comando è più che probabile sia arrivato un cretino, o perché raccomandato o perché gli altri concorrenti erano ancor più cretini di lui, è perfettamente accettabile per chiunque, e non solo – come accadeva un tempo- per chi coltivava un animo insubordinato.
 
Per conseguenza, l’idea che un transatlantico speroni il Palazzo Ducale appare oggi molto meno inverosimile che in passato

Cristoforo Colombo e Saturnia
 La seconda ragione è che le navi di oggi sono molto, ma molto, più grandi di quelle che venivano un tempo considerate "grandi navi" (Conte di Savoia, Saturnia, Raffaello, Cristoforo Colombo….). 
E, aspetto che conta moltissimo, sono infinitamente più brutte. 
Questo non occorre argomentarlo: basta guardare la foto che accompagna il volantino nel post precedente: a fare sfondo a calli e canali, uno scorge passare una veduta di Tor Bella Monaca o di Secondigliano. Piani e piani di alloggetti monofamilari con balconcino monofamiliare per vacanze monofamiliari ambìte da vedovi e celibi...

E le navi sono divenute così grandi, per la concomitanza della spinta capitalistica all’economia di scala e dell’alleggerimento dei materiali causato dall’introduzione massiccia delle leghe leggere e della plastica al posto dell’acciaio e del legno. 
A parità di dislocamento, oggi è possibile dotare una nave di un numero triplo di ponti; ugualmente l’abbandono del servizio celere postale in favore delle crociere senza meta ha ridotto le necessità di disporre di macchine potenti e di riserve importanti di nafta.
Naturalmente anche in presenza di falle modeste, il bastimento si ingavonerà senza scampo, come abbiamo potuto verificare tutti al Giglio, ma navi del genere riescono a ottenere comunque la certificazione, grazie agli intrallazzi delle compagnie armatrici

Paolo Ranieri

Cartoline da Venezia

dai "miei" cari Veneziani un poetico NO agli scavi

Creuser encore de noveaux canaux navigables dans la lagune signifierait boulverser définitivement son equilibre hydrodynamique et morphologique
Ce serait comme briser un coquillage vivant en le vidant de 
son liquide amniotique et perdre sa perle: 
Venise 

Scavare ancora nuovi canali navigabili in laguna, significa stravolgeredefinitivamente i suoi equiibri idrodinamici e morfologici.
E' come spezzare una conchiglia viva, disperdere il suo liquido amniotico, perdere la sua perla: Venezia

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M5S - La maionese è impazzita, viva la maionese






Per fare la maionese occorre l’arte sapiente che tiene conto della chimica e della fisica di un’emulsione.
Non sono i singoli ingredienti infatti, i colpevoli del disastro di una maionese impazzita,  ovvero gli eroi del miracolo di una salsa ben riuscita, bensì la giusta dose al momento giusto di molti fattori, non ultimo quello di decidere il quando e il cosa.
Abbiamo quindi buone uova, olio genuino q.b., una frusta adeguata e un braccio vigoroso, una fiducia sufficiente nelle nostre capacità … possiamo, dobbiamo riuscire!
Eppure a volte qualcosa non va, l’acqua torna a mettersi da un lato e l’olio dall’altro, tutto si raggruma e intristisce, possiamo e vogliamo buttare via tutto quel ben di dio sapendo che non ci sarà nulla a salvarci.
Alcuni dicono che sia sufficiente avere più fede e aggiungere più acqua e più vigore del braccio, ma se questo non dovesse avere successo, pare sia meglio ripartire da zero, da un nuovo ingrediente di base, un nuovo tuorlo, e ricominciare ad utilizzare il composto grumoso come olio della nuova preparazione.
Fuor di metafora, Grillo ha parlato di rivoluzione, in molti ci abbiamo messo il vigore delle nostre braccia e l’ingrediente della nostra natura ribelle che il blog voleva convogliare in un’azione a tenaglia, dalla Rete alle istituzioni e di nuovo alla Rete per restituire ai cittadini il potere su se stessi, ognuno libero e uguale, tutti uniti per produrre una maionese gonfia e perfetta, una massa critica destinata a far esplodere le contraddizioni, a uscire dal vaso, a dare finalmente un’idea della cornucopia dell’abbondanza derivante dalla solidarietà dopo una carestia di egoismi e falsità, da parte di un sistema disonesto, fatto di grumi di  interessi separati.
Ma qualcosa non ha funzionato a dovere e quindi adesso vorrebbe farci mangiare la maionese impazzita  (l’alleanza con i neonazi e i nuclearisti europei dicendo che hanno il merito di essere “socialmente conservatori” (!!!!) , il “dialogo” con il governo e la maggioranza di banditi che lo sostiene per la “riforma elettorale”) dicendoci che è buonissima, che è ciò che avevamo voluto, che il nostro scopo è durare, accettare di svolgere un “lavoro” legislativo al tavolo con gli “altri” .
Insomma si archivia la rivoluzione come se nulla fosse, senza nemmeno farlo sapere alla “massa” (1)
Per carità ripartiamo da un nuovo tuorlo senza paura.
Gli ingredienti sono sempre gli stessi, bisogna solo usarli bene!


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(1)  Come Elias Canetti ci racconta nel suo meraviglioso “Massa e Potere” , la “muta del lamento” - che è la cellula da cui, quando si addensa,  esplode la massa rivoluzionaria -  si trasforma volutamente in “massa tiepida”  - proprio per potere durare indefinitamente - e ne nasce un partito o una religione,  un’ideologia  in grado di dare un senso al “lamento” senza che questo sia speso in un massa infuocata che divampando si auto-consumerebbe fino ad estinguersi.