martedì 29 dicembre 2020

Ritorno alla base - RAOUL VANEIGEM - Tesi e osservazioni sugli obiettivi della lotta in Francia

 





 

Come risposta a una lettera proveniente dal Cile, dove la nuova coscienza sociale emergente ha dovuto, come dovunque, fare i conti con la pandemia virale aggiuntasi alla peste emozionale imperante, Raoul Vaneigem ha elaborato questo sintetico scritto per dare risposta ai molti interrogativi sorti o già esistenti.

Considerando il testo in questione tanto attuale che importante, ve ne propongo la traduzione insieme a quella dello scambio epistolare che lo ha provocato.

Sergio Ghirardi, 26 dicembre 2020

 

1. Lettera dal Cile

A proposito del Cile di questi giorni, mi sembra che il terrorismo sanitario e la farsa elettorale abbiano finito per schiacciare la forza insurrezionale creatrice che ci aveva risvegliato tutti grazie alle giovani generazioni. Tutte le ragioni che hanno motivato questo sollevamento sono sempre presenti e mi pare addirittura che le condizioni esistenziali di tutti si siano degradate, ma il grande rifiuto collettivo di qualche mese fa (No all’impoverimento giunto all’insopportabile! No alla competizione spietata tra fratelli e sorelle, no a un’esistenza in cui siamo unicamente delle semplici macchine da consumo e da lavoro, ecc.) non è riuscito ad avanzare nella creazione di nuove forme di vita. Al contrario, questa lotta che faceva rivivere l’essenza umana in ciascuno di noi si è fissata in una specie di simulazione.

Ci sono ancora delle manifestazioni sulla Plaza de la Dignidad (e in altre piazze e luoghi del Cile) ma non c’è più la gente e la freschezza di prima. Vedo che una gran parte del popolo spreca la sua energia vitale, da un lato in un assurdo confronto con la polizia, e dall’altro nell’instaurare un dialogo di sordi con il potere. I primi offrono il loro corpo come materia prima alla macchina repressiva e nutrono così il rituale che permette ai poliziotti di affermarsi nel loro ruolo d’invincibili soggiogatori. I secondi, credendo di andare nel senso del cambiamento, sono vampirizzati dal cadavere della politica e nutrono il rituale di alienazione sul quale si fonda la normalità capitalista. In breve, la forza insurrezionale creatrice resta spenta perché la lotta per la vita, anziché manifestarsi sul proprio territorio, creandola, continua a svilupparsi sul terreno del capitale, senza aver operato nessun salto qualitativo, nessuna rottura con l’ordine della miseria.

Come usciremo da questo vicolo cieco? Non durerà mica ancora trent’anni? Che cosa provocherà la diffusione di un sentimento d’infamia di fronte all’aggravarsi delle contraddizioni (fatto che sembra già in corso qui)? Il “trionfo elettorale” che doveva annunciare la fine dell’eredità di Pinochet, sta trasformandosi in un incubo e in un labirinto burocratico che esclude le aspirazioni e le possibilità reali di partecipazione della maggioranza che ha votato per il cambiamento della Costituzione, riaffermando il potere del vecchio mondo. I giovani prigionieri della rivolta sono accusati senza prove e condannati a parecchi anni di prigione, mentre gli imprenditori cileni sono condannati a seguire dei corsi di etica (per truffa e furto a viso scoperto di milioni di persone, ecc.). Come provocare l’uscita del vicolo cieco?

(...) Per molti aspetti, la normalità capitalista ha recuperato parecchio terreno. L’insofferenza sociale cresce ma non sembra sfuggire al rituale del confronto diretto in piazza. Riuscirà questo confronto, nei territori nei quali abitiamo, a risolvere i nostri problemi di prima necessità o resteremo sul terreno simbolico, dove il potere gestisce le nostre rabbie represse? Fino a oggi le proteste continuano ma si trasformano in un sanguinario spettacolo di mutilazione di massa, completamente integrato dalla nuova politica pubblica di amministrazione delle popolazioni “eccedenti”. Fondamentalmente, la città diventa quel che ricordano che fu: un luogo inospitale, violento, popolato da individui ostili.

Il venir meno dell’insurrezione mi ha lasciato molto triste e delusa per molto tempo. Mi facevano soffrire tutti i morti, i mutilati, i reclusi, tutta la potenza ridotta a niente. Poco a poco, però, ho affinato in me il suo momento di verità; quel che questa esperienza mi ha insegnato nella carne e la sua memoria si sono trasformati in invito e in appello. Benché io non sappia veramente che cosa ci porterà fuori da questo vicolo cieco, so che non sto più aspettando la rivoluzione sociale per affermare, qui e ora, una nuova forma di essere il cui polo magnetico sia la vita, la mia vita. Ciò sembrerà forse un po’ egoista, ma so che tu capisci quel che intendo dire, tu lo hai detto: “imparare a vivere non significa imparare a sopravvivere”.

Che mondo sarebbe il nostro se ognuno decidesse di essere quello che è e non quello che gli altri vogliono che sia? E se si potesse mettere al centro della propria esistenza il bisogno del proprio essere essenziale anziché le esigenze della comunità astratta del denaro? Penso che se mai ci sarà una rivoluzione che metta fine al modo di distruzione del capitale, affermando la vita della comunità umana, essa non potrà scaturire da una lotta sacrificale, ma piuttosto dal contagio della gioia di esistere oltre tutte le identificazioni che ci oppongono e ci separano da noi stessi e dal tutto.

Dimmi le tue impressioni su quel che accade in Francia e nel mondo.

 

2. Risposta di Raoul Vaneigem

(...) Ti ringrazio per il messaggio. Restituisce con chiarezza una situazione molto simile a quella francese. Un amico ha tradotto la tua analisi in francese e la comunicherò agli insorti che non “disarmano”. Per rispondere alla tua richiesta mi è sembrato pertinente formulare una serie di tesi sullo stato dei luoghi e del tempo. Le troverai in allegato (le farò forse pubblicare in un piccolo pamphlet perché temo un’offensiva della censura sul Net).

Persisto a pensare che un grande risveglio della coscienza farà uscire dal loro torpore, presto o tardi, quelle e quelli che dormono sul grande possibile. (...)


 

RITORNO ALLA BASE

Tesi e osservazioni sugli obiettivi della lotta in Francia

 

 

1.

L’autodifesa della donna

sta al cuore dell’emancipazione individuale e sociale

Sbarazzata dal femminismo statale e autoritario, la volontà di sradicare il comportamento patriarcale è il mezzo più sicuro per farla finita con la paura e il disprezzo della natura e della vita.

 

2.

Contro i rigurgiti del patriarcato

Religioso o laico, di sinistra o di destra, il comportamento patriarcale è la colonna portante della società gerarchizzata. Per abbatterlo bisogna abolire il regno dei capi senza distinzione di sesso.

 

3.

Contro l’ecologia ideologica

Lo stupro e la violenza sono inerenti a un’economia fondata sullo sfruttamento della natura. Dal suo saccheggio che ha inaugurato il regno della merce, ha preso data la disgrazia della donna. L’ecologia resterà un’ideologia di mercato finché la lotta della donna per la sua autonomia non implicherà una nuova alleanza con l’universo della vita.

 

4.

Contro la manipolazione della paura

Il timore suscitato dall’apparizione di un virus, nello stesso tempo insolito e prevedibile, è stato deliberatamente amplificato dal potere a fini ormai evidenti:

 

a) Tentare di dissimulare lo stato disastroso delle strutture sanitarie, diventate imprese a fini di lucro.

 

b) Esercitare su scala planetaria un confinamento delle popolazioni che nessun regime totalitario era riuscito a imporre. La libertà, già ridotta a quella di lavorare (arbeit macht frei) e di consumare, è oggi invitata a un duello fittizio in cui la millanteria dei negatori del virus sfida l’isteria di quanti, in preda al panico, ne esagerano gli effetti.

 

c) Stimolare lo sviluppo del mercato della sicurezza. Alimentando i fondi di commercio del populismo di stampo fascista (razzismo, sessismo, paura dell’altro), ciò è utile anche a una sinistra troppo contenta di dover combattere sul fronte delle ideologie piuttosto che su quello sociale in cui si è discreditata.

 

d) Il terrore in cui ciascuno s’isola gioca in favore della principale preoccupazione dei governanti: durare il più a lungo possibile, a costo di marcire sul posto.

 

 

5.

Contro l’impoverimento della vita

“Godete oggi perché domani sarà peggiore” è stato lo slogan consumistico più efficace del capitalismo. Ormai non può più usarlo perché ci mette di fronte a un fatto compiuto. Decreta “il peggio è arrivato, fatevene una ragione”. Il modello cinese è pronto, in attesa di tecnologie sempre più efficaci. Il prossimo rimedio all’impoverimento – a parte la soppressione degli inutili – sarà la tazza di riso e il transumanismo.

 

6.

Contro il ritorno del puritanesimo

La necessità di lavorare proscrive il godimento di sé e del mondo. Questo divieto è stato eretto in dogma dal patriarcato. Tuttavia, stimolando il mercato dei piaceri consumabili, il consumismo gli ha inferto dei colpi mortali. L’impoverimento che minaccia la corsa al consumo provoca il ritorno del puritanesimo nella sua forma particolarmente viziosa: la paura e il disprezzo della vita. Il confinamento uccide facendo morire le relazioni affettive. Non sentite risuonare con un rumore di catene quelle grida di veglia funebre: “Finito di ridere! Finito di godere! Finito di vivere!”?

 

7.

Contro la reificazione o trasformazione in cosa

Il capitalismo non vede nella vita che un oggetto mercantile. Non tollera che essa sfugga all’onnipotenza del denaro. La macchina del profitto mostra che con il pretesto di un virus di passaggio è stata capace di scatenare una vera peste emozionale. Un panico isterico ha spinto milioni d’individui a rintanarsi in un angolo dove la disperazione e la morbosità finivano di rovinarli, di disumanizzarli.

 

8.

Contro il sacrificio

Il consumismo aveva fondato il suo potere di seduzione sul mito dell’abbondanza paradisiaca. Il “tutto alla portata di tutti” prestava un effimero fascino a quelle libertà da supermercato che prendono fine alla cassa. Il salario difficilmente guadagnato trovava la sua ricompensa in un lasciar-correre che aveva le virtù di uno sfogo. Con l’impoverimento che svuota “la borsa della spesa della casalinga” l’esortazione a sacrificarsi risale in superficie come il peccato originale che si credeva sepolto nel passato. Bisogna accettare la Caduta, bisogna ammettere che la vita rinsecchisce. È giunto il tempo di ricordare che non si lavora mai abbastanza, non ci si sacrifica mai abbastanza. L’esistenza non lucrativa è un delitto. Vivere è un crimine da espiare. L’allontanamento, il ripiegamento su un sentimento d’insicurezza, la paura dell’altro, istaurano una pratica della delazione, un culto della verecondia, un aumento di violenze, un’avanzata dell’oscurantismo (senza andare fino a bruciare i libri, il governo francese li bolla come non essenziali).

 

9.

Contro il mercato del macello sanitario e dell’insicurezza

a) In Francia, la gestione politica delle cure mediche ha premeditato l’assassinio seriale delle prime vittime dell’impoverimento: i pensionati, i vecchi, gli sprovvisti d’efficacia lucrativa. La Repubblica dei benestanti ha fatto pesare la mano fredda del denaro sulla repubblica della gente umile. Ha agito e continua ad agire sotto l’influenza di un’economia per la quale il profitto immediato conta più della salute di un popolo. Non commettiamo errori in proposito: essa annuncia senza cerimonie la soluzione finale che la tirannia mondialista riserva ai popoli decisi a rovinare l’arricchimento dei ricchi.

b) La sicurezza, garantita per contratto sociale ai cittadini, ha lasciato il posto a un’ideologia della sicurezza che accresce e moltiplica i pericoli, l’aggressività, gli atti di follia. La polizia e la magistratura, la cui funzione ufficiale è di premunirci da violentatori, assassini, avvelenatori e inquinatori, sono diventate la sbirraglia di tutta questa marmaglia a causa delle tendenze di stampo fascista che lo Stato incoraggia nel loro seno. La strategia del capro espiatorio – che colpisce indifferentemente Gilet jaunes, emigrati, manifestanti ecologisti, musulmani e incendiari di spazzatura – colpisce a loro volta i professionisti dell’ordine pubblico al grido di “tutti detestano la polizia”. La manipolazione ha lo scopo di sviare la nostra attenzione dalla libertà di nuocere concessa a quelli che devastano impunemente il pianeta e vengono “fin nelle nostre case” a violare la nostra libertà di vivere.

 

10.

Contro il progresso tecnologico che disumanizza

L’intrusione di un virus ha svelato il cinismo dei gruppi di pressione farmaceutici e medici. Si sono visti meno preoccupati di curare gli umani che d’incassare i benefici di una morbosità di cui la stampa oligarchica e i suoi contatori di morte trafficata amplificavano l’inquietudine. La logica economica conferma così l’impostura di un progresso tecnologico che per giustificare le sue menzogne di oggi, richiama alla memoria le verità di ieri. Nessuno contesta l’utilità originaria degli antibiotici, dei vaccini contro la tubercolosi, della poliomielite, del tetano ma quale fiducia accordare a lobby che gettano sul mercato vecchie medicine vendute con nomi inediti? Come fidarsi di vaccini sperimentali inoculati a gente sana come l’estrema unzione a un agonizzante? Come tollerare inoltre che gli organi di potere calunnino e perseguano penalmente i medici che denunciano le loro malversazioni? Quando si riesumerà il buon vecchio metodo di Stalin per liquidare i medici complottisti?

 

11.

Per una reinvenzione permanente

“Non sapevano che era impossibile, dunque l’hanno fatto”. Questo proposito di Mark Twain aumenta ogni giorno in pertinenza nella misura in cui si moltiplicano, decrescono e rinascono le insurrezioni planetarie. Ognuno se ne accorge: i conflitti ideologici sono delle esche. La vera lotta è dovunque gli abitanti di un villaggio o di un quartiere urbano rifiutano i pesticidi e le nocività, rinnovano l’insegnamento, restaurano le strutture ospedaliere, affrontano il problema della mobilità, salvano i commerci locali, studiano il passaggio dell’agroalimentare a un’agricoltura rigenerata, aprono dei centri di raccolta per quanti subiscono quotidianamente un’oppressione burocratica, economica, familiare, sessista o razzista.

 

12.

Per un’autodifesa sanitaria

Le misure coercitive e incoerenti di cui siamo vittime derivano dalle malversazioni di bilancio che hanno rovinato e rovinano le strutture ospedaliere. Tutti coloro che agiscono sul terreno non hanno nessun bisogno di complottismo e di anticomplottismo per denunciare i discorsi che ci allontanano dalla realtà vivente. Tuttavia, vituperare la menzogna delle alte sfere, non fa retrocedere neppure di un passo la politica di riduzione drastica di bilancio. Non è forse impantanarsi nella vittimizzazione non dare la priorità, qui e ora, al benessere individuale e sociale, il non spezzare la tirannia del profitto, causa principale del malessere e dei disturbi che ne conseguono? Lo Stato fa prevalere sull’efficacia dei medici territoriali, in contatto diretto con i loro malati, gli interessi delle industrie farmaceutiche multinazionali che stipendiano i maggiordomi politici. Il semplice buon senso prescrive di restaurare il rapporto consensuale tra pazienti e personale curante, vuoi d’incoraggiare un’automedicazione se non curativa, almeno preventiva.

 

a) L’esame del virus in voga ci ha insegnato che la sua intensità variava da una regione all’altra. Trattarlo sul piano nazionale e mondiale è una sciocchezza. Tocca alle assemblee cittadine decretare l’autodifesa sanitaria. Agire sul terreno dove pazienti e medici coabitano, si conoscono, hanno rapporti di fiducia, risveglia una coscienza infermieristica che aiuta a sradicare la morbosità dominante e a revocare i suoi cinici gestori.

 

b) Pur dando prova, in certi ambiti, di un’efficacia incontestabile, il progresso della medicina ha gettato il discredito su un uso delle piante qualificato di “rimedio da buone donne”, definizione che la dice lunga sullo spirito patriarcale della medicina convenzionale. La flora è stata saccheggiata, brevettata, adulterata, venduta a popolazioni che ne disponevano gratuitamente ed erano in grado di migliorarne le virtù. Sta a noi di impedirne la spoliazione da parte di una scienza senza coscienza e di vegliare affinché la fitoterapia non finisca nel mercato alternativo, pronto a recuperarla con la stessa logica commerciale.

 

c) La nocività del confinamento, del ripiego su di sé, del panico di una morte programmata ha mostrato a contrario la virtù terapeutica della gioia di essere insieme, d’incontrarsi, di toccarsi senza “gesti barriera”. La paura di vivere ha sempre galvanizzato l’attrazione della morte. Il Nazismo e lo Stalinismo lo hanno dimostrato. Chi non festeggia il piacere di esistere festeggia la carogna. Quel che mobilita oggi gli insorti planetari è la lotta senza pietà del partito preso del vivere contro il partito della morte. È questo partito della morte che la civiltà mercantile irreggimenta autodistruggendosi al volo.

 

 

13.

Per un’autodifesa alimentare

La falsa garanzia di nutrire le popolazioni del globo non dissimula più il vero scopo dei monopoli agroalimentari, che è quello di promuovere per tutti un cibo infetto a fini di lucro. Chi potrebbe credere alla filantropia di gruppi che si arricchiscono alterando la salute dei consumatori? Non si vedono forse lo Stato e i suoi finanziatori sovranazionali accordare ai pesticidi e ad altre nocività la libertà commerciale di inquinare il pianeta? Vittime di un indebitamento crescente, numerosi contadini si ritrovano contemporaneamente avvelenati e avvelenatori. Smettiamo di farne dei capri espiatori e dei pedoni sulla scacchiera elettorale. La questione che si pone è: come venire in aiuto a quanti si orientano verso la permacultura o un’altra forma di agricoltura rigenerata? Siete stanchi del discorso astratto? Volete del concreto? Ecco la chiave di volta di tutte le belle intenzioni ecologiste.

 

 

 

14.

Per un’autodifesa scolare e culturale

Al contrario della scuola militarizzata che imperversa ancora oggi, desideriamo promuovere un insegnamento per tutte le età. Agora, piazza pubblica, casa del popolo, centro comunale sono i giardini di un sapere prodigato da quella passione maggiore e inestinguibile che è la curiosità. L’apprendimento ludico del “vivere insieme” mostra di escludere competizione, predazione, colpevolezza, settarismo. Riscoprire la gioia di vivere creando un ambiente che la favorisca, fortifica poco a poco quell’autonomia che ci protegge liberandoci della protezione altrui. È un’arte difficile che esige una tutt’altra forma d’intelligenza che la furbizia e la forza richieste dalla guerra finanziaria e dalle rivalità di potere. L’intelligenza sensibile è l’intelligenza del vivente; essa prevale sempre su quella del portafoglio.

 

a) Il gregarismo finisce dove l’individuo si libera dell’individualismo. La creatività mostrata dalle insurrezioni dei nostri tempi annuncia la fine della folla imbecille e volubile. Il calcolo egoista inaridisce il pensiero. L’aiuto reciproco lo rivivifica.

 

b) La qualità predomina sul numero. Quest’affermazione di un gilet jaune di una quindicina di anni intesa durante una manifestazione, fa pensare, per la sua acutezza, che l’intelligenza sensibile e gioiosa di qualcuno basterà a sgonfiare la bolla smisuratamente gonfiata dei pregiudizi millenari.

 

c) L’intelligenza sensibile è quella dell’essere. Essa soppianterà la gestione intellettuale dell’avere. Impoverimento oblige!

 

15.

Per un’autodifesa energetica

Il capitalismo industriale aveva favorito nel suo sviluppo il fiorire d’invenzioni nuove (elettricità, macchina a vapore, ferrovia). Quel che sussisteva di ricerca indipendente è ormai sottomesso al controllo accresciuto degli interessi mercantili che gestiscono i bilanci. Il capitalismo finanziario produce un vuoto della scienza e della coscienza. Questo vuoto beante “di cui la natura ha orrore”, rivela altre vie possibili, incoraggia l’esplorazione di un sapere unito alla vita e non più alla sopravvivenza com’è stato finora. Fisica, biologia, arte, medicina sono in cerca di una rifondazione radicale. Mentre, sotto lo choc del coronavirus, gli ambienti scientifici si sono discreditati per la loro incompetenza, le loro menzogne e la loro arroganza, la curiosità e il gusto della ricerca sono in cerca di un nuovo dinamismo. Marginalizzati dalle lobby scientifiche, numerosi investigatori aspirano alla libertà di pescare nella vita inesplorata di che migliorare la nostra esistenza quotidiana e il suo ambiente.

 

a) Appartiene alle collettività locali e regionali sostenere i progetti che contribuiscono alla gratuità dell’elettricità e del riscaldamento. Solo l’ingegnosità e l’ostinazione permetteranno di spodestare l’egemonia delle mafie verde-dollaro sulle energie rinnovabili.

 

b) Lo stesso vale per l’autorganizzazione della mobilità che esige la messa a punto di trasporti non inquinanti e gratuiti. Non tocca forse alle collettività locali il compito di reinventare quel che lo Stato e le mafie petrolifere hanno distrutto?

 

c) Non c’è nessun bisogno di visioni apocalittiche per capire che siamo al cuore di una mutazione di civiltà. Se tutto cambia base, ciò significa anche che le decisioni da prendere in materia di ambiente dipendono esclusivamente dalle assemblee comunali e regionali, infischiandosi di referendum patrocinati dallo Stato inquinatore.

 

 

16.

Per un’autodifesa monetaria

La maggior parte degli economisti conviene che la gestione mondialista del profitto prepara la soppressione del contante a vantaggio di carte bancarie che comportano in premio il profilo poliziesco del loro utilizzatore.

 

a) Mentre milioni di cittadini si troveranno nell’impossibilità di pagare tasse e imposte (destinate ad arricchire i ricchi), un’iniziativa si diffonde: la creazione di banche cooperative locali, con una moneta non capitalizzabile il cui valore di scambio serve, a circuito chiuso, a retribuire i commerci locali, a sovvenzionare le imprese di utilità pubblica, a sostenere i progetti d’indipendenza energetica, a facilitare l’emergenza di un’agricoltura rigenerata.

 

b) Una tale misura ha il vantaggio di assicurare il predominio del valore d’uso sul valore di scambio, di annunciare cioè la fine della merce.

 

 

17.

È compito delle assemblee di democrazia diretta

spingere dal basso il deperimento dello Stato che marcisce dall’alto

a) Lo Stato non è più che uno strumento manipolato dalle imprese multinazionali che, con o senza l”ausilio dell’Europa, gli impongono le loro leggi e le loro giurisdizioni. La repressione poliziesca è la sola funzione che gli incombe ancora.

 

b) Il giacobinismo, tradizionalmente incaricato di assoggettare la provincia a Parigi, subisce in pieno la politica incoerente di un governo che non governa più e fa del termine élite il sinonimo di imbecille. Il pericolo è di vedergli succedere dei regionalismi che non farebbero altro che aggiungere altri Stati allo Stato nazionale.

 

c) Il parlamentarismo maschera sempre meno il ridicolo odioso di una dittatura che ha conservato della democrazia solo il nome di battesimo. Le elezioni sono sempre state le arene in cui la iattanza degli eletti sollecitava la stupidità degli elettori, persuasi di essere rappresentati da loro. Tuttavia, l’incapacità, la menzogna, la corruzione dei politici – tutti i partiti e le fazioni in blocco – hanno toccato un tale livello di cinismo che la probabilità di un'astensione massiccia cresce pericolosamente. Al punto che gli organi di governo differirebbero, vuoi annullerebbero volentieri la buffonata elettorale. Non fosse altro che nella speranza di suscitare un nuovo interesse in suo favore.

 

d) Il voto e la democrazia diretta prendono tutto il loro senso ogni volta che una collettività locale è chiamata a pronunciarsi su un problema che la riguarda direttamente. La verità del terreno svela la menzogna che scende dall’alto ricusando le statistiche che s’infischiano delle realtà vissute. Quelle e quelli che sono sul luogo della loro esistenza non sono forse i più adatti a giudicare se un decreto che li riguarda è iniquo o nocivo? Chi è più qualificato di loro per decidere dei modi per combatterlo?

 

e) Da difensore della Repubblica che pretende di essere, lo Stato è giunto a proteggersi dai cittadini ai quali ha strappato i diritti di cui era il garante. La sua rovina lo costringe a convertire in milizia privata una polizia di cui una parte riprova gli attacchi ai Diritti dell’Uomo. Sonaglio del capitalismo finanziario, lo Stato regna senza governare. Non è più niente. La sua incapacità suona per noi l’ora di essere tutto.

 

 

18.

Per una repubblica autogestionaria che abroga la repubblica parlamentare e affarista

L’epoca in cui tentiamo di vivere tra le rovine è quella di una mutazione i cui terremoti scuotono il mondo intero: la vecchia civiltà non finisce più di agonizzare, la nuova tarda a fiorire come fosse timorosa della propria audacia.

 

a) La parodia di una guerra civile tra conservatorismo e progressismo fa parte di una messa in scena che dissimula la vera guerra, quella di distruzione massiva intrapresa dal capitalismo. Mentre si affrontano retro bolscevismo e retro fascismo, le mafie mondialiste avvelenano e inquinano impunemente città e villaggi. Comuni, quartieri, regioni aspiranti a una maggiore umanità restano isolati e senza voce, mentre la rabbia impotente e l’indignazione compulsiva si sfogano in provocazioni da matamori e in incendi di spazzatura.

 

b) Lo Stato e i suoi mandanti fanno predominare i loro interessi disprezzando i nostri. A noi di preoccuparci della nostra sorte. Il senso umano è la nostra legittimità.

 

c) La nostra lotta è inseparabilmente esistenziale e sociale. Essa non nega le scelte personali religiose o ideologiche, essa è l’aiuto reciproco che supera queste scelte e detiene l’arte di armonizzarle. Nella lotta della disobbedienza civile chi si preoccupa del colore della pelle, del sesso, delle credenze?

 

d) Il popolo che prende direttamente le decisioni che lo riguardano, lui e il suo ambiente, s’iscrive nel filone dell’esperienza autogestionaria condotta dalle collettività libertarie spagnole del 1936. Gli zapatisti del Chiapas, gli insorti del Rojava, la tendenza più radicale del movimento dei Gilet jaunes in Francia se ne ispirano oggi unanimemente, a dispetto di una grande diversità di condizioni storiche, politiche e geografiche. La comparsa di piccole società che cercano di autogestirsi e di federarsi di comuni in regioni, espone evidentemente al rischio di errori, confusioni, alla “chienlit”, come dicono gli scarafaggi di Stato. Tuttavia, dove non ci sono morti né colpe, tutto si corregge. Che cosa rischiamo nello sperimentare delle società del vivere insieme quando in permanenza serviamo da cavie nei laboratori della disumanizzazione e del profitto?

 

 

19.

L’emergenza di microsocietà che vanno oltre l’autorità statale

permette una coesistenza con le istanze dirigenti?

a) Il dialogo con lo Stato non esiste più. Nessuna recriminazione del popolo è stata ascoltata se non a colpi di manganello. Eppure, nonostante la rottura effettiva – e senza neppure sperare che le manifestazioni ottengano la ritrattazione di decreti iniqui – è bene sottomettere lo Stato a un assillo continuo. Ricordare il loro parassitismo agli organi di governo guadagnerà pertinenza quando le microsocietà che fanno risuonare nelle piazze le grida della libertà, opporranno ai diktat del totalitarismo democratico la legittimità di decreti votati dalle loro assemblee di democrazia diretta.

 

b) La collera e la resistenza di un numero crescente di sindaci di villaggi e di quartieri urbani sottolineano la linea di demarcazione esistenziale e sociale che separa in ciascuno di loro il funzionario di Stato e il garante del bene pubblico degli amministrati. Lo strappo sempre più profondo tra interessi privati e bene pubblico è di natura da associare alle assemblee di democrazia diretta numerosi cittadini destabilizzati dall’impoverimento, dalla tirannia dei divieti, dalle tasse da pagare (piccole imprese, contadini, avvocati, insegnanti,medici, commercianti, artigiani, albergatori, ristoratori, poliziotti di prossimità schifati dal ruolo che lo Stato oligarchico assegna loro). Al sindaco il compito di resistere alle minacce e alle pressioni statali e mafiose, a lui di prendere in conto gli interessi della popolazione, diventare un interlocutore eventuale tra l’Assemblea e lo Stato. Questo movimento altalenante è altrettanto importante (se non di più) della rivolta di una parte della polizia che passasse dalla parte del popolo insorto con la certezza di esercitare un servizio pubblico che soltanto il prevalere dell’essere umano sull’uomo predatore potrà abolire.

 

c) Un collettivo autogestionario che si sforzasse di evitare uno scontro con lo Stato e con il suprematismo economico, avrebbe il merito di evitare una violenza che ripugna alla maggior parte dei cittadini, anche se la maggioranza silenziosa è un grande urlo di odio. Tuttavia, chi potrebbe negare che la violenza è, in tutta evidenza, indispensabile a un potere che deve la sua sopravvivenza alla repressione? Come lo lascia presagire lo sbriciolamento della ZAD di Notre Dame des Landes, l’apparizione di microsocietà emancipate dalla tirannia statale e mercantile susciterà un intervento militare del governo francese, con l’appoggio di un’estrema destra di cui lo Stato non cessa di confortare le speranze dittatoriali con il pretesto di combatterle.

 

20.

Per una guerriglia demilitarizzata

L’insurrezione planetaria in corso emana dalla vita quotidiana di donne, uomini, bambini. Il fenomeno non è nuovo, quel che è nuovo è la presa di coscienza che la propaga. Le sue rivendicazioni vanno ben oltre la soddisfazione consumistica. La sua poesia rifugge la borsa della spesa della casalinga prima ancora che sia svuotata dall’impoverimento.

 

a) L’insurrezione della vita quotidiana offre una sorprendente singolarità. È un’insurrezione pacifica nel senso che vuole superare la lotta tradizionale tra pacifismo riformista e rivoluzione barricadiera. Nel senso che spezza questa trappola binaria – del pro e del contro, del bene e del male – che ha bisogno per funzionare del terreno minato e militarizzato dove il potere regna.

 

b) La vita è un’arma che assilla senza uccidere. Il nemico non perde un’occasione per spingerci su un terreno che conosce perfettamente perché ne possiede il controllo militare. Ignora, invece, tutto della passione di vivere che rinasce senza sosta, abbandona un territorio devastato, se ne riappropria, moltiplica le occupazioni di zone da difendere, sparisce e riappare come il gatto del Cheshire. È incapace di capire che la lotta della vita per l’essere dissolve l’avere e revoca l’ordine della miseria. La nostra guerriglia è senza fine. All’opposto della lotta per l’avere che non sopravvive al deperimento dell’essere che essa provoca. La cupidigia è un soffocamento.

 

c) “Non distruggere mai un essere umano e non smettere mai di distruggere quel che lo disumanizza” è un principio di lotta che ha il merito di prendersela con un sistema di oppressione e non con quelli che se ne credono il motore e non ne sono che gli ingranaggi. Sabotare l’impiantarsi di una nocività non vuol dire uccidere quelli che ne sono responsabili.

 

d) Il tempo è con noi. L’insurrezione della vita quotidiana comincia appena a dare prova della sua creatività e della sua capacità di rinascere senza sosta. Sarebbe meglio preoccuparsi non di fare più presto, ma di andare più lontano.

 

e) Raccogliere in Assemblee i frammenti di una Costituzione da e per il popolo apporterà il peso della legittimità al rifiuto dei decreti liberticidi che il totalitarismo democratico c’impone. Mettendoci di fronte al loro fatto compiuto, gli organi di governo ci sfidano dall’alto a opporre il nostro fatto al loro. Ebbene, non è affar nostro accettare una sfida che non farebbe altro che condurci sul terreno del nemico. Il nostro messaggio è chiaro: il diritto di vivere passa sopra le ordinanze del denaro che uccide.

 

f) L’importante non è il numero degli insorti ma la qualità delle rivendicazioni. L’autonomia degli individui è la base dell’autogestione. Essa emancipa dall’individualismo che presta una libertà fittizia alle pecore della servitù volontaria. L’autonomia insegna a distinguere il militantismo dal militarismo. L’impegno appassionato non va confuso con il sacrificio. La lotta per la libertà rifiuta gli ordini. La fiducia e il mandato che la solidarietà le accorda, sono sufficienti.

 

g) L’autonomia individuale dispone di una potenza di assillo inestinguibile. La pelle del Leviatano non smettendo di distendersi diventa vulnerabile alle punture di zanzara.

 

21.

L’autodifesa ambientale è un’autodifesa della gioia di vivere

Che quelle e quelli che trovano questa formula astratta o priva di senso si riferiscano alla loro stessa esistenza quotidiana e all’ambiente che la condiziona. Non è forse questo il terreno in cui si contorcono e chiedono aiuto i loro problemi psicologici, familiari, sociali?

 

a) L’idea che si aumenti la propria felicità favorendo quella degli altri ha l’occasione di concretizzarsi aprendo dei centri di accoglienza per quelle e quelli che subiscono nel quotidiano un’oppressione burocratica, economica, familiare, sessista o razzista.

 

b) L’aiuto reciproco può riuscire perfino a risolvere il problema dei migranti. Sotto la glaciazione statistica che li riduce a oggetti, ci sono degli esseri umani in difficoltà che un gran numero di comuni avrebbe la possibilità di accogliere in piccole quantità, con l’assentimento della popolazione locale.

 

c) È ben il minimo che la generosità umana solidale con i più deboli implichi tra chi accoglie e chi è accolto un riconoscimento assoluto dei diritti della donna e delle libertà dell’omosessualità. Non è tollerabile che comunitarismo, multiculturalismo o tradizione autorizzino dei comportamenti predatori che cerchiamo di sradicare da un secolo.

 

d) In un universo sempre più in preda alla bruttura del denaro e del calcolo egoista, il ritorno alla bellezza, all’amicizia, all’amore, alla generosità, all’aiuto reciproco propaga una sovversione che rende ridicolo il ritornello delle buone intenzioni morali e caritative. Il senso umano se la ride dell’umanitarismo, come la vita autentica delle messe in scena che la falsificano.

 

e) Il consumismo ha dimostrato che un piacere comprato è un piacere sprecato. Spegnendo il neon dei supermercati, l’impoverimento si accende di luci meno ingannevoli. Annunciando il crollo dell’inutilità redditizia, esso lascia alla penuria in arrivo il tempo di rigenerare la terra, di ritrovare un cibo sano e delle delizie che non siano più adulterate. Così come il coronavirus ci ha insegnato a rinforzare meglio la nostra immunità, il fallimento economico ci ingiunge di ricorrere alle nostre risorse creative. Il “do it yourself” fotte il self made man che l’affarismo aveva esaltato come il suo eroe.

 

f) La protezione degli animali, della vegetazione, dei paesaggi, della natura ha smesso di essere un pastello venduto sul mercato ecologico. Per quanto utile sia e pur andando oltre la compassione, l’aiuto tutelare alla terra e alle sue specie ha l’inconveniente di essere un imperativo. Esso cede ora il posto a un sentimento fusionale con il vivente. La coscienza di una “vita profonda” ravviva in noi gli elementi minerali, vegetali, animali che la superficialità della sopravvivenza percepiva come stratificazioni morte. In tal modo si compie, senza dubbio, il più grande passo dell’Uomo verso la sua umanità.

 

g) Il richiamo della totalità ha sempre risuonato nel cuore del nostro destino. Il mondo nuovo si abbozza nello stupore che i bambini insegnano a chi riscopre la propria infanzia. C’è donato d’imparare a rinascere nella rinascita del mondo.

 

 

 

Raoul Vaneigem, 21 dicembre 2020





 



RAOUL VANEIGEM


RETOUR A LA BASE

 

Thèses et observations sur les objectifs de la lutte en France


. Lettre du Chili

À propos du Chili ces jours-ci, il me semble que le terrorisme sanitaire et la farce électorale ont fini par écraser la force insurrectionnelle créatrice qui nous avait tous réveillés ici de la main des jeunes générations. Toutes les raisons qui ont motivé ce soulèvement sont toujours là, et il semble même que les conditions existentielles de tous se soient dégradées, mais ce grand rejet collectif d'il y a quelques mois (non à l'appauvrissement enduré jusqu'à l'insupportable ! Non à la compétition impitoyable entre frères et sœurs, non à une existence où nous ne sommes que de simples machines à consommer et à travailler, etc.) n'a pas réussi à avancer dans la création de nouvelles formes de vie. Au contraire, cette lutte qui faisait revivre l'essence humaine en chacun de nous a été figée dans une sorte de simulation.

Il y a encore des manifestations sur la Plaza de la Dignidad (et dans d'autres places et territoires du Chili), mais elles n'ont plus le monde ou la fraîcheur d'avant. Je vois qu'une grande partie du peuple gaspille son énergie vitale, d'une part, dans une absurde confrontation avec la police et, d'autre, à rentrer dans un dialogue de sourds avec le pouvoir. Les premiers offrent leur corps comme matière première à la machine répressive et nourrissent ainsi le rituel qui permet aux policiers de s'affirmer dans leur rôle de subjugueur invincible. Les seconds, croyant aller dans le sens du changement, sont vampirisés par le cadavre de la politique et nourrissent le rituel d'aliénation sur lequel se fonde la normalité capitaliste. Bref, la force insurrectionnelle créatrice reste éteinte car la lutte pour la vie, au lieu de se dérouler sur son propre territoire, en la créant, continue à se dérouler au terrain du capital, sans avoir fait aucun saut qualitatif, pas de rupture avec l'ordre de la misère.

Comment en sortirons-nous de cette impasse? Est-ce qu’elle va durer encore trente ans? Que pourrait la propagation d’un sentiment d’indignité face à l’aggravation des contradictions (qui semble déjà en cours ici) ? Le « triomphe électoral »,», qui aurait annoncé la fin de l'héritage de Pinochet, est en train de se transformer en cauchemar et en labyrinthe bureaucratique qui exclut les aspirations et les possibilités réelles de participation de la majorité qui a voté pour le changement de la Constitution et réaffirme le pouvoir du vieux monde. Les jeunes prisonniers de la révolte sont accusés sans preuves et condamnés à plusieurs années de prison, tandis que les chefs d'entreprise chiliens sont condamnés à des cours d'éthique (pour escroquerie et vol à visage découvert à des millions de personnes, etc.). Comment provoquer la sortie de l'impasse ?

(…) Par bien des aspects, la normalité capitaliste a récupéré pas mal de terrain. Le ras-le-bol social augmente mais ne paraît pas échapper au rituel de la confrontation directe dans la rue. Cette confrontation aboutira-t-elle, dans les territoires que nous habitons, à résoudre nos problèmes de première nécessité ou allons-nous rester dans les territoires symboliques où le pouvoir gère nos rages réprimées ? A ce jour, les protestations continuent mais elles se transforment en un sanglant spectacle de mutilation des masses, complètement intégré par la nouvelle politique publique d’administration des populations « excédentaires. » En gros, la cité devient ce qu’ils rappellent qu’elle fut : un lieu inhospitalier, violent, peuplé par des individus hostiles.

La mort de l'insurrection m'a laissé assez triste et déçue pendant longtemps. Me faisaient mal tous les morts, tous les mutilés, tous les emprisonnés, toute la puissance réduite au néant. Petit à petit, cependant, j'ai affiné en moi son moment de vérité, ce que cette expérience m'a appris dans la chair et sa mémoire, se sont transformés en invitation et en appel. Bien que je ne sache pas vraiment ce qui nous sortira collectivement de cette impasse, ce que je sais c’est que je n’en suis plus à attendre la révolution sociale pour affirmer, ici et maintenant, une nouvelle manière d'être dont le pôle magnétique soit la vie, ma vie. Peut-être que cela semble un peu égoïste, mais je sais que tu comprends ce que je veux dire, tu l'as dit: "apprendre à vivre, ce n'est pas apprendre à survivre".

Quel monde serait le nôtre si chacun décidait d'être ce qu'il est et non ce que les autres veulent qu'il soit? Et s'ils pouvaient mettre les besoins de leur être essentiel au centre de leur existence au lieu des exigences de la communauté abstraite de l'argent? Je pense que s'il y a jamais une révolution qui met fin au mode de destruction du capital, affirmant la vie de la communauté humaine, elle ne pourra pas venir d'une lutte sacrificielle, mais plutôt de la contagion de la joie d'exister au-delà toutes les identifications qui nous opposent et nous séparent de nous-mêmes et du tout.

Donne-moi tes impressions sur ce qui se passe en France et dans le monde.

Traduction Josep Coromini

 


 

2. Réponse de Raoul Vaneigem

(...) Je te remercie de ton message. Il rend compte avec beaucoup de clarté d’une situation qui présente pas mal de similitudes avec la France. Un ami a traduit ton analyse en français et je vais la communiquer aux insurgés qui ne « désarment » pas. Pour répondre à ton souhait, il m’a paru pertinent de formuler une séries de thèses sur l’état des lieux et des temps. Tu les trouveras en pièce jointe (je vais peut-être les faire éditer en petit pamphlet car je crains une offensive de la censure sur le Net)

Je persiste à penser qu’un grand éveil des consciences sortira tôt ou tard de leur torpeur celles et ceux qui dorment sur le grand possible. (...)

 


 

 

RETOUR A LA BASE

 

Thèses et observations sur les objectifs de la lutte en France

 

 

 

1.

L’autodéfense de la femme

est au cœur de l’émancipation individuelle et sociale.

Débarrassée du féminisme étatique et autoritaire, la volonté d’éradiquer le comportement patriarcal est le plus sûr moyen d’en finir avec la peur et le mépris et de la nature et de la vie.

 

2.

Contre les résurgences du patriarcat.

Religieux ou laïque, de gauche ou de droite, le comportement patriarcal est le pilier de la société hiérarchisée. Il faut, pour l’abattre, abolir le règne des chefs, sans distinction de sexe.

 

3.

Contre l’écologie idéologique.

Le viol et la violence sont inhérents à une économie fondée sur l’exploitation de la nature. C’est de son pillage, inaugurant le règne de la marchandise, que date l’infortune de la femme. L’écologie restera une idéologie de marché tant que le combat de la femme pour son autonomie n’impliquera pas une nouvelle alliance avec l’univers de la vie.

 

4.

Contre la manipulation de la peur.

La crainte suscitée par l’apparition d’un virus, à la fois insolite et prévisible, a été délibérément amplifiée par le pouvoir a des fins désormais évidentes :

 

a) tenter de dissimuler l’état désastreux des structures sanitaires, devenues des entreprises à but lucratif.

 

b) obtenir à l’échelle planétaire un confinement des populations qu’aucun régime totalitaire n’avait réussi à imposer. La liberté, déjà réduite à celle de travailler (arbeit macht frei) et de consommer, est aujourd’hui conviée à une joute factice où la forfanterie des négateurs du virus défie l’hystérie des affolés qui en exagèrent les effets.

 

c) stimuler le développement du marché sécuritaire. En alimentant le fonds de commerce du populisme fascisant (racisme, sexisme, peur de l’autre), il profite aussi à une gauche trop heureuse d’avoir à combattre sur le front des idéologies plutôt que sur le front social où elle s’est discréditée.

 

d) la terreur où chacun se calfeutre joue en faveur du principal souci des gouvernants : durer le plus longtemps possible, même en pourrissant sur pieds.

 

5.

Contre la paupérisation de la vie.

« Jouissez d’aujourd’hui car demain sera pire » a été le slogan consumériste le plus efficace du capitalisme. Désormais, il n’en a plus l’usage car il nous met devant un fait accompli. Il décrète «le pire est arrivé, force est de vous en accommoder». Le modèle chinois est en place, en attente de technologies toujours plus efficaces. Le prochain remède à la paupérisation – hormis la suppression des inutiles – sera le bol de riz et le transhumanisme.

 

6.

Contre le retour du puritanisme.

La nécessité de travailler proscrit la jouissance de soi et du monde. Cet interdit, le patriarcat l’a érigé en dogme. Mais en stimulant le marché des plaisirs consommables, le consumérisme lui a porté des coups mortels. La paupérisation qui menace la course à la consommation provoque le retour du puritanisme sous sa forme particulièrement vicieuse : la peur et le mépris de la vie. Le confinement tue en tuant les relations affectives. N’entendez-vous pas retentir avec un bruit de chaînes ces cris de veillée funèbre : « Fini de rire ! Fini de jouir ! Fini de vivre ! » ?

 

7.

Contre la réification ou transformation en chose.

Le capitalisme ne voit dans la vie qu’un objet marchand. Il ne tolère pas qu’elle échappe à la toute puissance de l’argent. La machine du profit montre qu’au prétexte d’un virus de passage elle a été capable de déclencher une véritable peste émotionnelle. Une hystérie panique a poussé des millions d’individus à se terrer dans un coin, où le désespoir et la morbidité achevaient de les délabrer, de les déshumaniser.

 

8.

Contre le sacrifice.

Le consumérisme avait fondé son pouvoir de séduction sur le mythe de l’abondance édénique. Le « tout à la portée de tous » prêtait une éphémère séduction à ces libertés de supermarché qui s’arrêtent au tiroir-caisse. Le salaire durement gagné trouvait sa récompense dans un laisser-aller qui avait les vertus d’un défoulement. Avec la paupérisation qui vide le « panier de la ménagère » l’exhortation à se sacrifier remonte en surface, tel le péché originel que l’on croyait enfoui dans le passé. Il faut accepter la Chute, il faut admettre que la vie s’assèche. Le temps est venu de rappeler qu’on ne travaille jamais assez, qu’on ne se sacrifie jamais assez. L’existence non lucrative est un délit. Vivre est un crime à expier. L’éloignement, le repli sécuritaire, la peur de l’autre instaurent une pratique de la délation, un culte de la pudibonderie, un regain de violences, une avancée de l’obscurantisme (à défaut d’oser brûler les livres, le gouvernement français les taxe d’inessentiels.)

 

9.

Contre le marché de la tuerie sanitaire et sécuritaire.

a) En France, la gestion politique des soins de santé a prémédité l’assassinat en série des premières victimes de la paupérisation : les retraités, les vieux, les dénués d’efficacité lucrative. La République des nantis a fait peser la main froide de l’argent sur la république des sans grade. Elle a agi et continue d’agir sous l’emprise d’une économie pour qui le profit à court terme compte plus que la santé d’un peuple. Ne nous y trompons pas : elle annonce sans ménagement la solution finale que la tyrannie mondialiste réserve aux peuples décidés à ruiner l’enrichissement des riches.

 

b) La sécurité, garantie par contrat social au citoyen, a laissé place à une idéologie sécuritaire qui accroît et multiplie les dangers, l’agressivité, les actes de folie. La police et la magistrature dont la fonction officielle est de nous prémunir contre les violeurs, les assassins, les empoisonneurs et les pollueurs en sont devenus les sbires en raison des tendances fascisantes encouragées en leur sein par l’Etat. La stratégie du bouc émissaire – qui accable pêle-mêle gilets jaunes, émigrés, manifestants écologistes, musulmans et incendiaires de poubelles – les frappe à leur tour au cri de « tout le monde déteste la police ». La manipulation a pour but de détourner notre attention de la liberté de nuire laissée à ceux qui dévastent impunément la planète et viennent «jusque dans nos foyers» violer notre liberté de vivre.

 

10.

Contre le progrès technologique qui déshumanise.

L’intrusion d’un virus a dévoilé le cynisme des groupes de pression pharmaceutiques et médicaux. On les a vu moins soucieux de soigner les humains que d’engranger les bénéfices d’une morbidité dont la presse oligarchique et ses compteurs de la mort trafiquée amplifiaient la hantise. La logique économique confirme ainsi l’imposture d’un progrès technologique qui, pour justifier ses mensonges d’aujourd’hui, bat le rappel des vérités d’hier. Nul ne conteste l’utilité originelle des antibiotiques, des vaccins contre la tuberculose, la poliomyélite, le tétanos mais quelle confiance accorder à des lobbies qui jettent sur le marché d’anciens médicaments vendus sous de nouvelles appellations ? Comment se fier à des vaccins expérimentaux délivrés à des bien-portants comme l’extrême onction à un agonisant ? Comment tolérer de surcroît que les instances au pouvoir calomnient et poursuivent pénalement les praticiens de terrain qui dénoncent leurs malversations ? A quand la bonne vieille méthode de Staline liquidant les médecins complotistes ?

 

11.

Pour une réinvention permanente.

«Ils ne savaient pas que c’était impossible, alors ils l’ont fait.» Le propos de Mark Twain gagne chaque jour en pertinence à mesure que se multiplient, décroissent et renaissent les insurrections planétaires. Chacun s’en aperçoit : les affrontements idéologiques sont des leurres. Le vrai combat est partout où les habitants d’un village ou d’un quartier urbain refusent les pesticides et les nuisances, renouvellent l’enseignement, restaurent les structures hospitalières, posent le problème de la mobilité, sauvent les commerces locaux, étudient le passage de l’agro-alimentaire à une agriculture renaturée, ouvrent des centres d’accueil pour celles et ceux qui subissent au quotidien une oppression bureaucratique, économique, familiale, sexiste ou raciste.

 

12.

Pour une autodéfense sanitaire.

Les mesures coercitives et incohérentes dont nous sommes victimes résultent des malversations budgétaires qui ont ruiné et ruinent les structures hospitalières. Celles et ceux qui œuvrent sur le terrain n’ont nul besoin de complotisme et d’anti-complotisme pour dénoncer les discours qui nous éloignent de la réalité vivante. Cependant, vitupérer le mensonge du haut ne fait pas reculer d’un pouce la politique d’étouffement budgétaire. N’est-ce pas s’enliser dans la victimisation que de ne pas donner la priorité, ici et maintenant, au bien-être individuel et social, de ne pas briser la tyrannie du profit, principale cause du mal-être et des troubles qui en découlent ? L’Etat fait primer sur l’efficacité des médecins de terrain, en contact direct avec leurs malades, les intérêts de firmes pharmaceutiques multinationales qui stipendient la valetaille politique. Le simple bon sens prescrit de restaurer la relation consensuelle entre patients et praticiens, voire d’encourager une automédication sinon curative du moins préventive.

 

a) L’examen du virus en vogue nous a appris que son intensité variait d’une région à l’autre. Le traiter sur le plan national et mondial est une sottise. Il appartient aux assemblées citoyennes de décréter l’autodéfense sanitaire. Agir sur le terrain où patients et médecins cohabitent, se connaissent, entretiennent des relations de confiance, éveille à une conscience d’aides-soignants qui s’initient à éradiquer la morbidité dominante et à révoquer ses cyniques gestionnaires.

 

b) Tout en faisant preuve, en certains domaines, d’une efficacité incontestable, le progrès médical a jeté le discrédit sur un usage des plantes qualifié de « remède de bonnes femmes », une appellation qui en dit long sur l’esprit patriarcal de la médecine conventionnelle. La flore a été pillée, brevetée, frelatée, vendue à des populations qui en disposaient gratuitement et étaient en mesure d’en améliorer les vertus. A nous d’empêcher sa spoliation par une science sans conscience et de veiller à ce que la phytothérapie ne tombe pas dans le marché alternatif, prêt à la récupérer avec la même logique boutiquière.

 

c) La nocivité du confinement, du repli sur soi, de la peur panique d’une mort programmée a montré a contrario la vertu thérapeutique de la joie d’être ensemble, de se rencontrer, de se toucher sans « gestes barrière ». La peur de vivre a toujours galvanisé l’attrait de la mort. Nazisme et stalinisme l’ont démontré. Qui ne fait fête au plaisir d’exister fait fête à la charogne. Ce qui mobilise aujourd’hui les insurgés planétaires c’est le combat sans merci du parti pris de vivre contre le parti de la mort. C’est ce parti de la mort que la civilisation marchande enrégimente en s’autodétruisant à la volée.

13.

Pour une autodéfense alimentaire.

La fausse garantie de nourrir les populations du globe ne dissimule plus le vrai mobile des monopoles agro-alimentaires, qui est de promouvoir pour tous une nourriture infectée à des fins lucratives. Qui pourrait croire à la philanthropie de groupes qui s’enrichissent en altérant la santé des consommateurs ? Ne voit-on pas l’État et ses commanditaires supranationaux accorder aux pesticides et autres nuisances la liberté commerciale de polluer la planète ? Victimes d’un endettement croissant, nombre de paysans se retrouvent à la fois empoisonnés et empoisonneurs. Cessons d’en faire des boucs émissaires ou des pions sur l’échiquier électoral. La question qui se pose est : comment venir en aide à ceux qui s’orienteront vers la permaculture ou autre forme d’agriculture renaturée ? Vous êtes lassés du discours abstrait ? Vous voulez du concret ? Voilà la pierre de touche à laquelle frotter les belles intentions écologistes.

 

14.

Pour une autodéfense scolaire et culturelle.

A l’encontre de l’école militarisée qui sévit encore de nos jours, nous désirons promouvoir un enseignement pour tous les âges. Agora, place publique, maison du peuple, centre communal sont les jardins d’un savoir prodigué par cette passion majeure et inextinguible qu’est la curiosité. L’apprentissage ludique du «vivre ensemble» montre qu’il exclut compétition, prédation, culpabilisation, sectarisme. Redécouvrir la joie de vivre en créant un environnement qui la favorise fortifie peu à peu cette autonomie qui nous protège en nous libérant de la protection des autres. C’est un art difficile qui exige une tout autre forme d’intelligence que la ruse et la force requises par les guerres financières et les rivalités de pouvoir. L’intelligence sensible est l’intelligence du vivant ; elle prévaut toujours sur celle du portefeuille.

 

a) Le grégarisme finit où l’individu se libère de l’individualisme. La créativité dont font montre les insurrections de notre temps annonce la fin de la foule imbécile et versatile. Le calcul égoïste assèche la pensée. L’entraide la revivifie.

 

b) La qualité l’emporte sur le nombre. Les propos d’un Gilet jaune d’une quinzaine d’années, entendus lors d’une manifestation de rue, laissent à penser par leur acuité que l’intelligence sensible et jubilatoire de quelques uns suffira à crever la baudruche, démesurément enflée, des préjugés millénaires.

 

c) L’intelligence sensible est celle de l’être. Elle supplantera la gestion intellectuelle de l’avoir. Paupérisation oblige !

 

15.

Pour une autodéfense énergétique.

Le capitalisme industriel avait favorisé dans son essor l’efflorescence d’inventions nouvelles (électricité, machine à vapeur, chemin de fer). Ce qui subsistait de recherche indépendante est désormais soumis au contrôle accru des intérêts mercantiles qui gèrent les budgets. Le capitalisme financier  produit un vide de la science et de la conscience. Cette béance, «dont la nature a horreur», révèle d’autres voies possibles, elle encourage à explorer un savoir issu de la vie ; non plus de la survie, comme ce fut le cas jusqu’à présent. Physique, biologie, art, médecine sont en quête d’une refonte radicale. Alors que, sous le choc du coronavirus, les milieux scientifiques se sont discrédités par leur incompétence, leurs mensonges et leur arrogance, la curiosité et le goût de la recherche sont en quête d’un nouveau dynamisme. Marginalisés par les lobbies scientifiques, nombre d’investigateurs aspirent à la liberté de puiser dans la vie inexplorée de quoi améliorer notre existence quotidienne et son environnement.

 

a) Il appartient aux collectivités locales et régionales de soutenir les projets contribuant à la gratuité de l’électricité et du chauffage. Seules l’ingéniosité et l’obstination permettront d’évincer la mainmise des mafias vert-dollars sur les énergies renouvelables.

 

b) Il en va de même pour l’auto-organisation de la mobilité qui exige la mise en place de transports non polluants et gratuits. Ce que l’État et les mafias pétrolières ont détruit, n’est-ce pas aux collectivités locales de les réinventer ?

 

c) Nul besoin d’apocalyptisme pour comprendre que nous sommes au cœur d’une mutation de civilisation. Si tout change de base, cela signifie aussi que les décisions à prendre en matière d’environnement relèvent exclusivement des assemblées communales et régionales et n’ont que faire de référendums patronnés par l’État pollueur.

 

16.

Pour une autodéfense monétaire.

La plupart des économistes conviennent que la gestion mondialiste du profit prépare la suppression du cash au profit de cartes bancaires, qui comportent en prime le profil policier de leur utilisateur.

 

a) Alors que des millions de citoyens vont se trouver dans l’impossibilité d’acquitter taxes et impôts (destinés à enrichir les riches), une initiative se propage : la création de banques coopératives locales, avec une monnaie non capitalisable, dont la valeur d’échange sert, en circuit fermé, à rétribuer les commerces locaux, à subventionner les entreprises d’utilité publique, à soutenir les projets d’indépendance énergétique, à faciliter l’émergence d’une agriculture renaturée.

 

b) Une telle mesure a l’avantage d’assurer la primauté de la valeur d’usage sur la valeur d’échange, autrement dit d’annoncer la fin de la marchandise.

 

17.

Il appartient aux assemblées de démocratie directe de hâter par en bas

le dépérissement de l’Etat qui pourrit par le haut.

a) L’État n’est plus qu’un instrument manipulé par les firmes multinationales, qui, avec ou sans le relais de l’Europe, lui imposent leurs lois et leurs juridictions. La répression policière est la seule fonction qui lui incombe encore.

 

b) Le jacobinisme, traditionnellement chargé d’assujettir la province à Paris, subit de plein fouet la politique incohérente d’un gouvernement qui ne gouverne plus et a fait du mot élite le synonyme d’imbécile. Le danger est de voir lui succéder des régionalismes qui ne feraient qu’ajouter des Etats dans l’État national.

 

c) Le parlementarisme masque de moins en moins l’odieux ridicule d’une dictature qui n’a gardé de la démocratie que le nom de baptême. Les élections ont toujours été les arènes où la jactance des élus sollicitait la sottise d’électeurs persuadés d’être représentés par eux. Cependant, l’ineptie, le mensonge, la corruption des politiques, tous partis et factions confondus, ont atteint à un tel cynisme que la probabilité d’une abstention massive s’accroît dangereusement. Si bien que les instances gouvernementales différeraient, voire annuleraient volontiers la bouffonnerie électorale. Ne serait-ce que dans l’espoir de susciter un regain d’intérêt en sa faveur.

 

d) Le vote et la démocratie directe prennent tout leur sens chaque fois qu’une collectivité locale est appelée à se prononcer sur un problème qui la concerne au premier chef. La vérité du terrain dévoile les mensonges du haut, elle récuse ces statistiques qui se moquent des réalités vécues. Celles et ceux qui sont sur le lieu de leur existence ne sont-ils pas les mieux à même de juger si un décret qui les concerne est inique ou nuisible ? Qui est plus qualifié qu’eux pour décider des moyens de le combattre ?

 

e) De défenseur de la République qu’il prétendait être, l’État en est à se protéger contre les citoyens à qui il arrache les droits dont il était le garant. Son délabrement le contraint de convertir en milice privée une police dont une partie réprouve les atteintes aux Droits de l’Homme. Hochet du capitalisme financier, l’Etat règne sans gouverner. Il n’est plus rien. Son inanité sonne pour nous l’heure d’être tout.

 

18.

Pour une république autogestionnaire abrogeant la république parlementaire et affairiste.

L’époque où nous tentons de vivre parmi les ruines est celle d’une mutation dont les séismes ébranlent le monde entier : la vieille civilisation n’en finit pas d’agoniser, la nouvelle tarde à éclore comme si elle redoutait sa propre audace.

 

a) La parodie d’une guerre civile entre conservatisme et progressisme participe d’une mise en scène qui dissimule la vraie guerre, la guerre de destruction massive entreprise par le capitalisme. Pendant que s’affrontent rétro-bolchévisme et rétro-fascisme, les mafias mondialistes empoisonnent et polluent impunément villes et villages. Communes, quartiers, régions aspirant à plus d’humanité demeurent isolés et sans voix, tandis que la rage impuissante et l’indignation compulsive se défoulent en provocations de matamores et en incendies de poubelles.

 

b) L’Etat et ses commanditaires font primer leurs intérêts en méprisant les nôtres. A nous de nous préoccuper de notre propre sort. Le sens humain est notre légitimité.

 

c) Notre lutte est inséparablement existentielle et sociale. Elle ne nie pas les options personnelles religieuses et idéologiques, elle est l’entraide qui les dépasse et possède l’art de les harmoniser. Dans le combat de la désobéissance civile, qui se soucie de la couleur de peau, du sexe, des croyances ?

 

d) Le peuple prenant par lui-même les décisions qui le concernent, lui et son environnement, s’inscrit dans la lignée de l’expérience autogestionnaire menée par les collectivités libertaires espagnoles de 1936. Les zapatistes du Chiapas, les insurgés du Rojava, la tendance la plus radicale du mouvement des Gilets Jaunes en France s’en inspirent aujourd’hui unanimement en dépit d’une grande diversité de conditions historiques, politiques et géographiques. L’apparition de petites sociétés cherchant à s’autogérer et à se fédérer de communes en régions, expose inévitablement à des erreurs, à des confusions, à la «chienlit» comme disent les cancrelats d’Etat. Mais, où il n’y a ni mort d’homme ni culpabilité, tout se corrige. Que risquons-nous à expérimenter des sociétés du vivre ensemble alors qu’en permanence nous servons de cobayes dans les laboratoires de la déshumanisation et du profit ?

 

19.

L’émergence de microsociétés passant outre à l’autorité étatique permet-elle

une coexistence avec les instances dirigeantes ?

a) Le dialogue avec l’État n’existe plus. Aucune doléance du peuple n’a été reçue, si ce n’est à coups de matraque. Pourtant, malgré la rupture effective et sans même espérer des manifestations qu’elles obtiennent le retrait de décrets iniques , il est bon de soumettre l’État à un harcèlement constant. Rappeler leur parasitisme aux instances gouvernementales gagnera en pertinence lorsque les microsociétés qui font retentir les rues des cris de la liberté, opposeront aux diktats du totalitarisme démocratique la légitimité de décrets votés par leurs assemblées de démocratie directe.

 

b) La colère et la résistance d’un nombre croissant de maires de villages et de quartiers urbains soulignent la ligne de démarcation existentielle et sociale qui sépare en chacun d’eux le fonctionnaire d’État et le garant du bien-être des administrés. Le déchirement sans cesse accru entre intérêts privés et bien public est de nature à rallier aux assemblées de démocratie directe nombre de citoyens déstabilisés par l’appauvrissement, la tyrannie des interdits, les taxes à payer (petites entreprises, paysans, avocats, enseignants, médecins, commerçants, artisans, hôteliers, cafetiers, policiers de proximité écœurés par le rôle que l’État oligarchique leur assigne). Au maire de résister aux menaces et pressions étatiques et mafieuses, de prendre en compte les intérêts de la population, de devenir un interlocuteur éventuel entre l’Assemblée et l’État. Le jeu de bascule revêt autant d’importance (sinon plus) que la révolte d’une partie de la police qui passerait au côté du peuple insurgé avec l’assurance d’exercer un service public que seule abolira la prééminence de l’être humain sur l’homme prédateur.

 

c) Un collectif autogestionnaire s’efforçant d’esquiver un affrontement avec l’État et avec le suprématisme économique aurait le mérite d’éviter une violence qui répugne à la plupart des citoyens, même si la majorité silencieuse est un grand cri de haine. Néanmoins, qui niera que la violence est, de toute évidence, indispensable à un pouvoir qui ne doit sa survie qu’à la répression ? Comme l’écrasement de la ZAD de Notre Dame des Landes le laisse présager, l’apparition de microsociétés s’émancipant de la tyrannie étatique et marchande suscitera une intervention militaire du gouvernement français, avec l’appoint d’une extrême-droite dont il ne cesse de conforter les espérances dictatoriales sous couvert de les combattre.

 

20.

Pour une guérilla démilitarisée.

L’insurrection planétaire en cours émane de la vie quotidienne des femmes, des hommes, des enfants. Le phénomène n’est pas nouveau, ce qui est nouveau, c’est la prise de conscience qui la propage. Ses revendications vont bien au-delà de la satisfaction consumériste. Sa poésie s’échappe du panier de la ménagère avant même qu’il soit vidé par la paupérisation.

 

a) L’insurrection de la vie quotidienne offre une surprenante singularité. Elle est  une insurrection pacifique en ce qu’elle veut dépasser la lutte traditionnelle entre pacifisme réformiste et révolution barricadière. En ce qu’elle brise ce piège des dualités du pour et du contre, du bien et du mal   qui a besoin pour fonctionner du terrain miné et militarisé où le pouvoir est roi. 

 

b) La vie est une arme qui  harcèle sans tuer. L’ennemi ne manque pas une occasion de nous entraîner sur un terrain qu’il connaît parfaitement car il en possède l maîtrise militaire. En revanche, il ignore tout de la passion de vivre qui renaît sans cesse, abandonne un territoire dévasté, se le réapproprie, multiplie les occupations de zones à défendre, disparaît et reparaît comme le chat du Cheshire. Il est incapable de comprendre que le combat de la vie pour l’être dissout l’avoir et révoque l’ordre de la misère. Notre guérilla est sans fin. Au contraire de la lutte pour l’avoir qui elle, ne survit pas au dépérissement de l’être qu’elle provoque. La cupidité est un étouffement.

 

c) «Ne jamais détruire un être humain et ne jamais cesser de détruire ce qui le déshumanise » est un principe de lutte qui a le mérite de s’en prendre à un système d’oppression et non à ceux qui s’en croient le moteur et n’en sont que les rouages. Saboter l’implantation d’une nuisance n’est pas tuer ceux qui en sont responsables.

 

d) Le temps est avec nous. L’insurrection de la vie quotidienne commence à peine à faire preuve de sa créativité et de sa capacité de renaître sans cesse. Mieux vaudrait se soucier non d’aller plus vite mais d’aller plus loin.

 

e) Collationner en Assemblées les fragments d’une Constitution par et pour le peuple apportera le poids de la légitimité au refus des décrets liberticides que nous impose le totalitarisme démocratique. En nous plaçant devant leur fait accompli, les instances du haut nous défient de leur opposer le nôtre. Or nous n’avons que faire de relever un défi qui ne ferait que nous traîner sur le terrain de l’ennemi. Notre message est clair : le droit de vivre passe outre aux ordonnances de l’argent qui tue.

 

f) L’important n’est pas le nombre des insurgés mais la qualité des revendications. L’autonomie des individus est la base de l’autogestion. Elle émancipe de l’individualisme, qui prête une liberté fictive aux moutons de la servitude volontaire. Elle apprend à distinguer militantisme et militarisme. L’engagement passionnel ne peut se confondre avec le sacrifice. Le combat pour la liberté refuse les ordres. La confiance et le mandat que lui accorde la solidarité lui suffit.

 

g) L’autonomie individuelle dispose d’une puissance de harcèlement inépuisable. Or la peau du Léviathan ne cesse de se distendre et le rend vulnérable aux piqûres de moustiques.

 

21.

L’autodéfense environnementale est une autodéfense de la joie de vivre.

Que celles et ceux qui trouvent la formule abstraite ou vide de sens se référent à leur propre existence quotidienne et au milieu ambiant qui la conditionne. N’est-ce pas le terrain où leurs problèmes psychologiques, familiaux, sociaux se tortillent et appellent à l’aide ?

 

a) L’idée que l’on accroît son bonheur en favorisant le bonheur des autres a l’occasion de se concrétiser en ouvrant des centres d’accueil pour celles et ceux qui subissent dans leur quotidien une oppression bureaucratique, économique, familiale, sexiste ou raciste.

 

b) Il n’est pas jusqu’au problème de l’accueil des migrants que l’entraide ne puisse résoudre. Sous la glaciation statistique qui les réduit à des objets, il y a des êtres humains en détresse qu’un grand nombre de communes auraient le loisir d’héberger en petit nombre, avec l’assentiment de la population locale. 

 

c) C’est bien le moins que la générosité humaine qui vient en aide aux plus faibles implique chez les accueillis comme chez les accueillants une reconnaissance absolue des droits de la femme et des libertés reconnues à l’homosexualité. Il n’est pas tolérable que communautarisme, multiculturalisme ou tradition autorisent des comportements prédateurs que nous tentons d’éradiquer depuis un siècle.

 

d) Dans un univers de plus en plus en proie à la laideur de l’argent et du calcul égoïste, le retour à la beauté, à l’amitié, à l’amour, à la générosité, à l’entraide propage une subversion qui ridiculise la ritournelle des belles intentions morales et caritatives. Le sens humain se moque de l’humanitarisme, comme la vie authentique des mises en scène qui la falsifient.

 

e) Le consumérisme a démontré qu’un plaisir acheté est un plaisir gâché. En éteignant le néon des supermarchés, la paupérisation s’éclaire de lumières moins trompeuses. En annonçant l’effondrement de l’inutilité rentable, elle laisse à la disette à venir le temps de renaturer la terre, de retrouver une nourriture saine et des agréments qui ne soient plus frelaté. De même que le coronavirus nous a enseigné à mieux renforcer notre immunité, la faillite économique nous enjoint de recourir à nos ressources créatives. Le «do it yourself » fait la nique au self made man dont l’affairisme avait fait son héros.

 

f) La protection des animaux, de la végétation, des paysages, de la nature a cessé d’être un pastel vendu sur le marché écologique. Si utile qu’elle soit et même si elle va au-delà de la compassion, l’aide tutélaire à la terre et à ses espèces a l’inconvénient d’être un impératif. Elle cède aujourd’hui la place à un sentiment fusionnel avec le vivant. La conscience d’une «vie profonde» ravive en nous les composantes minérales, végétales, animales que la superficialité de la survie percevait comme des stratifications mortes. Ainsi s’accomplit sans doute le plus grand pas de l’Homme vers son humanité.

 

g) L’appel de la totalité a toujours résonné au cœur de notre destinée. Le monde nouveau s’esquisse dans l’émerveillement que les enfants enseignent à qui redécouvre son enfance. Il nous est donné d’apprendre à renaître dans la renaissance du monde.

 

 

 

Raoul Vaneigem, le 21 décembre 2020