mercoledì 2 dicembre 2015

La vita contro la morte




 
CON NOI
Il momento è grave. Il mondo in decomposizione sa ormai di cadavere in maniera inquietante.
Le spoglie della povera gente uccisa dal fascismo appariscente si mescolano all’insopportabile cadavere dell’ideologia che mitraglia mediaticamente in tutti i sensi il suo totalitarismo dissimulato in democrazia spettacolare.
Bisognerà dare corpo a un soggetto capace di denunciare la totalità della manipolazione oltre ogni complottismo e ogni manicheismo leviatanesco.
Lasciamo tranquilli gli individui e le folle di musulmani generici nella loro alienazione comune a tutti i drogati della religione arcaica, dai bibbiomani agli evangelizzati, ma rigettiamo in blocco tutti gli odi teofascisti produttori – ognuno a suo tempo e coi suoi modi – dello stesso estremismo fanatico, ottuso e assassino, utilissimo alla moderna religione del denaro il cui dio domina tutti gli altri. Perché esiste davvero, LUI!
Bisogna denunciare l’amalgama più perverso che consiste nell’opporre gli “stati democratici” allo “stato islamico” come il BENE e il MALE assoluti.
La patologia particolare comune a tutti i monoteismi è legata alla separazione del corpo e dello spirito intrinseca alla società produttivistica. Da sempre il ruolo fascistizzante inerente allo spirito religioso si è mostrato in tutto il suo morboso splendore. Dobbiamo dunque sottolineare più che mai, in questi tempi infausti, il legame pericoloso tra ogni dottrina di sottomissione a qualunque fede credula e la logica settaria che corrompe gli uomini consegnandoli sistematicamente a dei leader più o meno visibili ma sempre odiosi.
Difficile sfuggire alla trappola. Anche i rivoluzionari più laici hanno spesso pagato il loro tributo alla perversione narcisista che allevia l’impotenza orgastica dei capi attraverso l’erezione angosciata e angosciante del loro potere.
Nessun inutile processo a un qualunque capo la cui miseria intima affiori patetica – ante o post mortem - dietro la sua nobile parola rivoluzionaria. Bisognerà, piuttosto, distinguere più chiaramente che mai, l’oro della teoria dal piombo dell’ideologia per non lasciare l’arma terribile della manipolazione nelle mani di leader (guerrieri o intellettuali, o tutti e due insieme) che per la loro stessa natura di individui separati, si fottono della rivoluzione con la quale si gargarizzano costantemente.
Le sette sono sempre degli Stati in formazione e si tratta di combatterli in nome dell’autogestione generalizzata della vita quotidiana che resta, a mio avviso, il nostro primigenio progetto di emancipazione.
Una banalità da non dimenticare: tutti gli Stati sono Stati canaglia. Lo sappiamo e lo ripetiamo spesso, è vero, ma siamo anche noi invischiati nel clima putrido di un lutto collettivo confiscato dallo spettacolo. Il quale si sviluppa ormai attraverso l’odiosa messa in scena per schiavi che fa della Marsigliese un’Internazionale di paccottiglia buona per arruolare dei servitori volontari del Leviatano.
Dietro la bandiera francese cinicamente inalberata da burocrati spettacolari e ingenuamente sventolata da masse sperdute e intimamente ferite, si dissimulano le insegne del capitalismo planetario e del suo totalitarismo soft. É chiaro che se non sgominano militarmente Daesh è solo perché non lo vogliono.
In nome della nazione umana che vuole la pace orgastica e non quella dei campi di concentramento del consumo capitalistico: nella spazzatura della storia ogni nazionalismo, insieme a tutti i terroristi e a quelli che li finanziano prima di denunciarli tardivamente senza combatterli sul serio!
Noi non sceglieremo tra la peste e il colera. Ci batteremo con ogni mezzo contro ogni violenza, contro ogni peste nel nome di una laicità che non chiede né guerrieri né martiri.
Evitiamo, però, di trarre la conclusione che dietro Daesh ci sia direttamente la mano della CIA o di altri confratelli del Leviatano perché il solo complotto avverato è quello del feticismo della merce che la società produttivistica ha innescato da migliaia di anni.
Ecco perché il Leviatano è un’immagine indispensabile per cogliere la società dello spettacolo in tutta la sua perversione: per non cadere nel complottismo paranoico che fa il letto del fascismo.
Da tempo, nella storia confiscata dall’alienazione e dalla reificazione, gli Stati e i loro arnesi, le mafie locali e le multinazionali, si combattono davvero ma non si eliminano mai definitivamente perché sono frutto e semenza di una stessa rivoluzione agraria preistorica diventata poi industriale e tecnocratica in un processo controrivoluzionario ininterrotto governato dal progetto del Leviatano produttivistico.
I malati di peste emozionale si fanno sempre la guerra, ma si aiutano reciprocamente e obiettivamente per mantenere un clima di terrore indispensabile alla loro vergognosa esigenza comune: fare finta che tutto cambi affinché niente cambi nello sfruttamento dell’uomo e nella sua alienazione redditizia.
Ecco perché quelli che parlano di radicalizzazione per descrivere le azioni dei nichilisti estremisti del Viva la muerte, hanno anche loro un cadavere in bocca.
La radicalità è andare alla radice delle cose e la radice dell’uomo è l’uomo stesso, la sua volontà di vivere e il suo libero godimento della vita.
Se vogliamo darci una possibilità di sfuggire al nichilismo che tetanizza la vita, è necessario e urgente riprendere il filo laico della critica radicale per costituire i Consigli di un’autogestione generalizzata della vita quotidiana e vivere finalmente senza tempi morti, eliminando ogni ostacolo al godimento della vita. Per questo insorgeremo contro tutti i recuperi della propaganda e contro tutti i falsari del processo storico di emancipazione.

SENZA di NOI
La geopolitica del terrorismo rivela l’uso terroristico della geopolitica. Con i suoi colpi bassi, le sue goffaggini e le sue riuscite nell’immediato essa svela puramente e semplicemente la pratica mafiosa della spartizione dei territori remunerativi, della protezione intimidatoria, delle alleanze suscettibili di essere tradite.
Sotto le bandiere multicolori del fanatismo religioso, del nazionalismo, del tribalismo c’è un’internazionale del profitto che regola dietro le quinte uno spettacolo dove le comparse muoiono a migliaia mentre nell’impunità le multinazionali distruggono le risorse naturali per arraffare un denaro sterile dallo sfruttamento disastroso del gas di scisto, dei giacimenti auriferi, del petrolio, del bitume, del tungsteno e altri inquinamenti mercantili.
Tutti gli Stati sono implicati in guerre mafiose ma non c’è in realtà che una sola e unica guerra. Una guerra spietatamente condotta contro le popolazioni della terra intera.
Se lo Stato vuole investire in conflitti redditizi, che lo faccia senza di noi. Il nostro problema è di uscire da questa guerra che lo Stato intensifica ogni giorno limitando le ultime libertà individuali, strappate un tempo dalle nostre lotte per l’emancipazione.
Noi rifiutiamo di lasciarci mobilitare per combattere una barbarie che è il prodotto della barbarie del mercantilismo mondialista. Non entreremo come pedine sulla scacchiera del sacrosanto profitto.
Basta con le vite perdute nella macchinazione delle speculazioni di borsa!
Dopo aver messo a mal partito le nostre conquiste sociali lo Stato, valletto delle multinazionali vorrebbe arruolarci nelle sue milizie di unità nazionale. Ebbene, no! La sola comunità con la quale essere solidali è quella degli esseri umani, degli esseri che si comportano umanamente, quali che siano le loro idee, le loro credenze, la loro origine geografica.
La disobbedienza civile è un diritto. La libertà di vivere è un diritto. Essa revoca la libertà di uccidere, di sfruttare, di opprimere, essa revoca le libertà imposte dal commercio.
Bisogna abbandonare lo Stato come una nave abbandona la riva. Solo delle assemblee, dei collettivi possono riuscirci. Non è un compito facile ma quando la disgrazia viene da quelli che pretendono di renderci felici, niente è più indispensabile che costruire la nostra felicità senza di loro.

Comitato per una Solidarietà senza frontiere