CON
NOI
Il momento è grave.
Il mondo in decomposizione sa ormai di cadavere in maniera inquietante.
Le spoglie della
povera gente uccisa dal fascismo appariscente
si mescolano all’insopportabile cadavere dell’ideologia che mitraglia
mediaticamente in tutti i sensi il suo totalitarismo
dissimulato in democrazia spettacolare.
Bisognerà dare corpo
a un soggetto capace di denunciare la totalità della manipolazione oltre ogni
complottismo e ogni manicheismo leviatanesco.
Lasciamo tranquilli gli
individui e le folle di musulmani generici nella loro alienazione comune a
tutti i drogati della religione arcaica, dai bibbiomani agli evangelizzati,
ma rigettiamo in blocco tutti gli odi teofascisti
produttori – ognuno a suo tempo e coi suoi modi – dello stesso estremismo
fanatico, ottuso e assassino, utilissimo alla moderna religione del denaro il
cui dio domina tutti gli altri. Perché esiste davvero, LUI!
Bisogna denunciare
l’amalgama più perverso che consiste nell’opporre gli “stati democratici” allo “stato
islamico” come il BENE e il MALE assoluti.
La patologia
particolare comune a tutti i monoteismi è legata alla separazione del corpo e
dello spirito intrinseca alla società produttivistica. Da sempre il ruolo
fascistizzante inerente allo spirito religioso si è mostrato in tutto il suo morboso
splendore. Dobbiamo dunque sottolineare più che mai, in questi tempi infausti,
il legame pericoloso tra ogni dottrina di sottomissione a qualunque fede
credula e la logica settaria che corrompe gli uomini consegnandoli
sistematicamente a dei leader più o meno visibili ma sempre odiosi.
Difficile sfuggire
alla trappola. Anche i rivoluzionari più laici hanno spesso pagato il loro
tributo alla perversione narcisista che allevia l’impotenza orgastica dei capi
attraverso l’erezione angosciata e angosciante del loro potere.
Nessun inutile processo
a un qualunque capo la cui miseria intima affiori patetica – ante o post mortem - dietro la sua nobile parola rivoluzionaria.
Bisognerà, piuttosto, distinguere più chiaramente che mai, l’oro della teoria
dal piombo dell’ideologia per non lasciare l’arma terribile della manipolazione
nelle mani di leader (guerrieri o intellettuali, o tutti e due insieme) che per
la loro stessa natura di individui separati, si fottono della rivoluzione con
la quale si gargarizzano costantemente.
Le sette sono sempre
degli Stati in formazione e si tratta di combatterli in nome dell’autogestione
generalizzata della vita quotidiana che resta, a mio avviso, il nostro
primigenio progetto di emancipazione.
Una banalità da non
dimenticare: tutti gli Stati sono Stati
canaglia. Lo sappiamo e lo ripetiamo spesso, è vero, ma siamo anche noi
invischiati nel clima putrido di un lutto collettivo confiscato dallo
spettacolo. Il quale si sviluppa ormai attraverso l’odiosa messa in scena per schiavi
che fa della Marsigliese un’Internazionale
di paccottiglia buona per arruolare dei servitori volontari del Leviatano.
Dietro la bandiera
francese cinicamente inalberata da burocrati spettacolari e ingenuamente
sventolata da masse sperdute e intimamente ferite, si dissimulano le insegne
del capitalismo planetario e del suo totalitarismo soft. É chiaro che se non
sgominano militarmente Daesh è solo perché non lo vogliono.
In nome della nazione
umana che vuole la pace orgastica e non quella dei campi di concentramento del
consumo capitalistico: nella spazzatura della storia ogni nazionalismo, insieme
a tutti i terroristi e a quelli che li finanziano prima di denunciarli
tardivamente senza combatterli sul serio!
Noi non sceglieremo
tra la peste e il colera. Ci batteremo con ogni mezzo contro ogni violenza, contro
ogni peste nel nome di una laicità che non chiede né guerrieri né martiri.
Evitiamo, però, di
trarre la conclusione che dietro Daesh ci sia direttamente la mano della CIA o
di altri confratelli del Leviatano perché il solo complotto avverato è quello
del feticismo della merce che la società produttivistica ha innescato da
migliaia di anni.
Ecco perché il
Leviatano è un’immagine indispensabile per cogliere la società dello spettacolo
in tutta la sua perversione: per non cadere nel complottismo paranoico che fa
il letto del fascismo.
Da tempo, nella
storia confiscata dall’alienazione e dalla reificazione, gli Stati e i loro
arnesi, le mafie locali e le multinazionali, si combattono davvero ma non si
eliminano mai definitivamente perché sono frutto e semenza di una stessa rivoluzione
agraria preistorica diventata poi industriale e tecnocratica in un processo
controrivoluzionario ininterrotto governato dal progetto del Leviatano
produttivistico.
I malati di peste
emozionale si fanno sempre la guerra, ma si aiutano reciprocamente e
obiettivamente per mantenere un clima di terrore indispensabile alla loro
vergognosa esigenza comune: fare finta che tutto cambi affinché niente cambi
nello sfruttamento dell’uomo e nella sua alienazione redditizia.
Ecco perché quelli
che parlano di radicalizzazione per descrivere le azioni dei nichilisti
estremisti del Viva la muerte, hanno
anche loro un cadavere in bocca.
La
radicalità è andare alla radice delle cose e la radice dell’uomo è l’uomo
stesso, la sua volontà di vivere e il suo libero godimento della vita.
Se vogliamo darci una
possibilità di sfuggire al nichilismo che tetanizza la vita, è necessario e
urgente riprendere il filo laico della critica radicale per costituire i
Consigli di un’autogestione generalizzata della vita quotidiana e vivere
finalmente senza tempi morti, eliminando ogni ostacolo al godimento della vita.
Per questo insorgeremo contro tutti i recuperi della propaganda e contro tutti
i falsari del processo storico di emancipazione.
SENZA
di NOI
La
geopolitica del terrorismo rivela l’uso terroristico della geopolitica. Con i
suoi colpi bassi, le sue goffaggini e le sue riuscite nell’immediato essa svela
puramente e semplicemente la pratica mafiosa della spartizione dei territori
remunerativi, della protezione intimidatoria, delle alleanze suscettibili di
essere tradite.
Sotto
le bandiere multicolori del fanatismo religioso, del nazionalismo, del
tribalismo c’è un’internazionale del profitto che regola dietro le quinte uno
spettacolo dove le comparse muoiono a migliaia mentre nell’impunità le
multinazionali distruggono le risorse naturali per arraffare un denaro sterile
dallo sfruttamento disastroso del gas di scisto, dei giacimenti auriferi, del
petrolio, del bitume, del tungsteno e altri inquinamenti mercantili.
Tutti
gli Stati sono implicati in guerre mafiose ma non c’è in realtà che una sola e
unica guerra. Una guerra spietatamente condotta contro le popolazioni della
terra intera.
Se
lo Stato vuole investire in conflitti redditizi, che lo faccia senza di noi. Il
nostro problema è di uscire da questa guerra che lo Stato intensifica ogni
giorno limitando le ultime libertà individuali, strappate un tempo dalle nostre
lotte per l’emancipazione.
Noi
rifiutiamo di lasciarci mobilitare per combattere una barbarie che è il prodotto
della barbarie del mercantilismo mondialista. Non entreremo come pedine sulla
scacchiera del sacrosanto profitto.
Basta
con le vite perdute nella macchinazione delle speculazioni di borsa!
Dopo
aver messo a mal partito le nostre conquiste sociali lo Stato, valletto delle
multinazionali vorrebbe arruolarci nelle sue milizie di unità nazionale.
Ebbene, no! La sola comunità con la quale essere solidali è quella degli esseri
umani, degli esseri che si comportano umanamente, quali che siano le loro idee,
le loro credenze, la loro origine geografica.
La
disobbedienza civile è un diritto. La libertà di vivere è un diritto. Essa
revoca la libertà di uccidere, di sfruttare, di opprimere, essa revoca le
libertà imposte dal commercio.
Bisogna
abbandonare lo Stato come una nave abbandona la riva. Solo delle assemblee, dei
collettivi possono riuscirci. Non è un compito facile ma quando la disgrazia
viene da quelli che pretendono di renderci felici, niente è più indispensabile
che costruire la nostra felicità senza di loro.
Comitato
per una Solidarietà senza frontiere