giovedì 15 giugno 2023

DOMINIO & DEMOCRAZIA



Quando, da bravi predatori, si ama il potere, si deve prima prenderlo, poi conservarlo cercando, se possibile, di amplificarlo. Per giustificare questa sete che tortura il carattere perverso narcisista prodotto più che mai in abbondanza dalla società attuale, tutte le ideologie, tutti i metodi sono buoni finché funzionano: monarchia, oligarchia, autocrazia, dittatura, repubblica, democrazia, poco importa purché il dominio sia confermato e sacralizzato da un buon numero di servitori volontari. Oppure, sensibili all'attrazione passionale che fa vivere gli esseri, si lotta in cerca di felicità e di libertà, affascinati dalla dimensione orgastica del vivente, per creare situazioni di potere per il popolo e da parte del popolo, funzionando secondo i metodi dell'autogestione della vita quotidiana (la vita vera, vissuta soggettivamente e non quella declamata dagli scoliasti) che i seguaci del mutuo soccorso e della solidarietà condividono e gestiscono collettivamente.

Iscrivendo la democrazia nella continuità della civiltà produttivista, la si riduce a un alibi che le classi dominanti hanno sempre aggiornato attribuendogli nomi diversi che mutano come un virus per meglio continuare a nascondere il soggetto al centro di questa truffa storica: il Leviatano. A partire dalla divisione in classi e generi gerarchici, la società umana ha esplorato varie forme di funzionamento più o meno autoritario ma sempre improntato al rispetto delle gerarchie dominanti.

Da quando il produttivismo domina il mondo, lo Stato di diritto è sempre stato il diritto dello Stato. In quanto modo moderno di produzione produttivista, il capitalismo ha basato il suo funzionamento sociale e la sua distribuzione della ricchezza sullo Stato complice del Mercato e dellappropriazione privativa. Non ci libereremo dal capitalismo senza liberarci dal produttivismo che lo ha generato e dallo Stato, che è incompatibile con una società di individui liberi e uguali.

Non è quindi una “democrazia” che conforta questa tesi obiettivamente rivoluzionaria, ma una demoAcrazia che denuncia il kratos apprezzando piuttosto larkè. Non cè dubbio che questa sensibilità chiaramente rivendicata deve andare ben oltre le parole prigioniere che ci rimandano a un'antica Grecia dalla democrazia molto relativa, ma particolarmente interessante nelle sue contraddizioni soprattutto quando le nostre si mostrano oggi molto più difficili da superare.

La realtà attuale di tale opzione poetica espressa attraverso luso linguistico dell'alfa privativa passa per una gestione mutualmente controllata senza dèi né padroni della pratica dell'autogestione generalizzata della vita quotidiana e dei rapporti sociali. L'unico controllo non repressivo né gerarchico è quello di un'organizzazione sociale basata sulla permanente e verificata uguaglianza di opportunità, di ruoli e di scelte tra i suoi membri. Sia ben chiaro, però, che il concetto stesso di uguaglianza merita spiegazioni e sviluppi, perché riguarda diritti alla felicità e alla soddisfazione uguali per ogni individuo dal momento che tutti sono naturalmente autonomi e hanno desideri, tendenze, intelligenze e sensibilità differenti. Il che è il loro diritto assoluto e indiscutibile dato importante da sottolineare soprattutto quando questo diritto è violentemente negato dai suprematismi diversi dei fascismi neri, bruni, bianchi, rossi o tricolori, onnipresenti a destra, a sinistra e al centro delle natiche dolenti e ipocrite del parlamentarismo.

Questa modesta riflessione di base che propongo, trova radici nella preistoria e nella storia di un'umanità allo sbando completo di fronte a una natura che se la ride dell'Antropocene ridicolizzandolo senza pietà. L'uomo patriarcale e la donna patriarcalizzata hanno sempre espresso a singhiozzo, tanto individualmente quanto collettivamente, qui il riflesso predatorio, là la tendenza al mutuo soccorso, a volte amore, altre volte odio. L'essere umano predilige la predazione e lo sfruttamento o la solidarietà e l'uguaglianza secondo il contesto personale, le situazioni sociali e la psicogeografia del momento. Ce lo mostra ampiamente la storia tragica e talvolta risibile della nostra particolare specie di scimmie.

Per uscire dalla logica binaria tanto cara a tutti i misticismi celesti o terrestri (dalle divinità di ogni tipo all'economia politica che le ha divorate) è necessario registrare, una volta per tutte, che gli ominidi che siamo sono capaci di rubare il fuoco a una divinità immaginaria come di bruciare sul rogo coloro che detestano questa stessa divinità fantasticata e ingannevole. Fin dalla preistoria, gli umani (o presunti tali) hanno contrapposto due civiltà incompatibili: la civiltà gilanica dei mammiferi umani in via di umanizzazione (vedi, in particolare, i lavori di Gimbutas ed Eisler che ci raccontano come questa civiltà, matricentrica e non matriarcale, sia stata cancellata dappertutto e poi rimossa fino all'oblio) e la civiltà dominante, patriarcale e produttivista, il cui progresso, sempre più artificiale, si è evoluto dalle prime Città Stato agli Stati Nazione dell'Ancien Régime, poi agli Stati sempre più continentali dell'attuale globalizzazione in cui il capitalismo finanziario gestisce lalienazione e la reificazione su un pianeta devastato dallUomo civilizzato. Questo mi pare un buon punto di partenza per la riflessione necessaria, evitando radicalmente i confusionismi intellettuali di ogni tipo.

(Continua, chi vuole)

 

 Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 giugno 2023


Domination & démocratie



Quand, en bons prédateurs, on aime le pouvoir il faut avant tout le prendre, puis le conserver tout en cherchant, si possible, de l’amplifier. Pour justifier cette soif qui ronge les caractères pervers narcissiques que la société actuelle produit plus que jamais à foison, toutes les idéologies, toutes les méthodes sont bonnes pourvu qu’elles fonctionnent : monarchie, oligarchie, autocratie, dictature, république, démocratie, peu importe pourvu que la domination soit confirmée et sacralisée par un bon nombre de serviteurs volontaires. Ou alors, sensibles à l’attraction passionnée qui fait vivre les êtres, on lutte en quête de bonheur et de liberté, séduits par la dimension orgastique du vivant, afin de créer les situations d’un pouvoir pour le peuple et par le peuple, fonctionnant selon les méthodes de l’autogestion de la vie quotidienne (la vie réelle, subjectivement vécue et non pas celle déclamée par des scholiastes) partagée et gérée collectivement par les adeptes de l’entraide et de la solidarité.

En inscrivant la démocratie dans la continuité de la civilisation productiviste, on la réduit à un alibi que les classes dominantes actualisent depuis toujours en lui donnant des noms differents qui mutent comme un virus pour mieux continuer à cacher le sujet au cœur de cette arnaque historique : le Léviathan. Depuis la division en classes et en genres hiérarchisés, la société humaine a exploré diverses formes de fonctionnement plus ou moins autoritaires, mais toujours marquées par le respect des hiérarchies dominantes.

Depuis que le productivisme domine le monde, l’État de droit a toujours été le droit de l’État. En tant que mode de production productiviste moderne, le capitalisme a fondé sur l’État, complice du Marché et de l’appropriation privative, son fonctionnement social et sa distribution des richesses. On ne se libérera pas du capitalisme sans se libérer du productivisme qui l’a généré et de l’État, incompatible avec une société d’individus libres et égaux.

Ce n’est donc pas une « démocratie » qui conforte cette thèse objectivement révolutionnaire, mais une démoAcratie qui dénonce le kratos appréciant plutôt l’arkè. Nul doute que cette sensibilité clairement affichée doit aller bien au-delà des mots captifs qui nous renvoient à une Grece ancienne à la démocratie très relative mais particulièrement intéressante dans ses contradictions, surtout quand les nôtres s’avèrent aujourd’hui bien plus difficiles à dépasser.

La réalité actuelle de cette option poétique exprimée à travers l’usage linguistique de l’alpha exclusif passe par une gestion mutuellement maîtrisée sans dieux ni maîtres de la pratique de l’autogestion généralisée de la vie quotidienne et des relations sociales. Or le seul contrôle qui ne soit pas répressif ni hiérarchisant est celui d’une organisation sociale fondée sur l’egalité permanente et vérifiée des chances, des rôles et des choix entre ses membres. Précisons cependant, que le concept d’egalité lui-même mérite d’être expliqué et développé, car il concerne des droits au bonheur et à la satisfaction égales pour chaque individu alors que tous sont naturellement autonomes et ils ont des désirs, des tendances, des intelligences et des sensibilités différentes. Ce qui est leur droit absolu et indiscutable – donnée importante à souligner surtout quand ce droit est nié par les suprématismes divers des fascismes noirs, bruns, blancs, rouges ou tricolores, omniprésents à droite, à gauche et au centre des fesses douloureuses et hypocrites du parlementarisme.

Cette modeste réflexion de base que je propose, trouve ses racines dans la préhistoire et l’histoire d’une humanité en plein désarroi face à une nature qui se moque de l’Anthropocène le ridiculisant sans pitié. L’homme patriarcal et la femme patriarcalisée ont toujours exprimé par à-coups, tant individuellement que collectivement, ici le reflexe prédateur, là la tendance à l’entraide, parfois l’amour de l’autre, d’autres fois la haine. L’être humain chérit la prédation et l’exploitation ou la solidarité et l’egalité selon le contexte personnel, les situations sociales et la psychogéographie du moment. L’histoire tragique et parfois dérisoire de notre espèce particulière de singes le montre amplement.

Pour quitter la logique binaire si chère à tous les mysticismes célestes ou terrestres (des divinités en tout genre à l’économie politique qui les a dévorées) il faut enregistrer, une fois pour toutes, que les hominidés que nous sommes sont capables autant de voler le feu à une divinité imaginaire, que de faire bruler sur le bûcher ceux qui exècrent cette même divinité affabulée et trompeuse. Depuis la préhistoire, les humains (ou présumés tels) ont opposé deux civilisation incompatibles : la civilisation gylanique des mammifères humains en voie d’humanisation (voir les travaux de Gimbutas et Eisler qui nous racontent comment cette civilisation, matricentrique et non pas matriarcale, est passée à la trappe partout, puis refoulée jusqu’à l’oubli) et la civilisation dominante, patriarcale et productiviste, dont le progrès, de plus en plus artificiel, a évolué des premières Cités États aux Etats-nations de l’Ancien Régime, puis aux Etats-continents de la mondialisation actuelle dont le capitalisme financier gère l’aliénation et la réification sur une planete dévastée par l’Homme civilisé. Cela me semble un bon point de départ de la réflexion nécessaire, en évitant radicalement tout confusionnisme intellectuel.

(A suivre, qui veut)                                       

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 juin 2023