Quando, da bravi predatori, si ama il potere, si deve prima
prenderlo, poi conservarlo cercando, se possibile, di amplificarlo. Per
giustificare questa sete che tortura il carattere perverso narcisista prodotto
più che mai in abbondanza dalla società attuale, tutte le ideologie, tutti i
metodi sono buoni finché funzionano: monarchia, oligarchia, autocrazia,
dittatura, repubblica, democrazia, poco importa purché il dominio sia
confermato e sacralizzato da un buon numero di servitori volontari. Oppure,
sensibili all'attrazione passionale che fa vivere gli esseri, si lotta in cerca
di felicità e di libertà, affascinati dalla dimensione orgastica del vivente, per
creare situazioni di potere per il popolo e da parte del popolo, funzionando
secondo i metodi dell'autogestione della vita quotidiana (la vita vera, vissuta
soggettivamente e non quella declamata dagli scoliasti) che i seguaci del mutuo
soccorso e della solidarietà condividono e gestiscono collettivamente.
Iscrivendo la democrazia nella continuità della civiltà
produttivista, la si riduce a un alibi che le classi dominanti hanno sempre
aggiornato attribuendogli nomi diversi che mutano come un virus per meglio continuare
a nascondere il soggetto al centro di questa truffa storica: il Leviatano. A
partire dalla divisione in classi e generi gerarchici, la società umana ha
esplorato varie forme di funzionamento più o meno autoritario ma sempre
improntato al rispetto delle gerarchie dominanti.
Da quando il produttivismo domina il mondo, lo Stato di diritto
è sempre stato il diritto dello Stato. In quanto modo moderno di produzione
produttivista, il capitalismo ha basato il suo funzionamento sociale e la sua
distribuzione della ricchezza sullo Stato complice del Mercato e dell’appropriazione privativa. Non ci libereremo dal capitalismo
senza liberarci dal produttivismo che lo ha generato e dallo Stato, che è
incompatibile con una società di individui liberi e uguali.
Non è quindi una “democrazia” che conforta questa tesi obiettivamente
rivoluzionaria, ma una demoAcrazia che denuncia il kratos apprezzando piuttosto
l’arkè. Non c’è dubbio che questa sensibilità chiaramente rivendicata deve
andare ben oltre le parole prigioniere che ci rimandano a un'antica Grecia dalla
democrazia molto relativa, ma particolarmente interessante nelle sue
contraddizioni soprattutto quando le nostre si mostrano oggi molto più
difficili da superare.
La realtà attuale di tale opzione poetica espressa attraverso l’uso linguistico dell'alfa
privativa passa per una gestione mutualmente
controllata – senza dèi né
padroni – della pratica
dell'autogestione generalizzata della vita quotidiana e dei rapporti sociali. L'unico
controllo non repressivo né gerarchico è quello di un'organizzazione sociale
basata sulla permanente e verificata uguaglianza di opportunità, di ruoli e di scelte
tra i suoi membri. Sia ben chiaro, però, che il concetto
stesso di uguaglianza merita spiegazioni e sviluppi, perché riguarda diritti
alla felicità e alla soddisfazione uguali per ogni individuo dal momento che tutti
sono naturalmente autonomi e hanno desideri, tendenze, intelligenze e
sensibilità differenti. Il che è il loro diritto assoluto e indiscutibile – dato importante da sottolineare soprattutto quando questo diritto
è violentemente negato dai suprematismi diversi dei fascismi neri, bruni,
bianchi, rossi o tricolori, onnipresenti a destra, a sinistra e al centro delle
natiche dolenti e ipocrite del parlamentarismo.
Questa modesta riflessione di base che propongo, trova radici
nella preistoria e nella storia di un'umanità allo sbando completo di fronte a
una natura che se la ride dell'Antropocene ridicolizzandolo senza pietà. L'uomo
patriarcale e la donna patriarcalizzata hanno sempre espresso a singhiozzo, tanto
individualmente quanto collettivamente, qui il riflesso predatorio, là la tendenza
al mutuo soccorso, a volte amore, altre volte odio. L'essere umano predilige la
predazione e lo sfruttamento o la solidarietà e l'uguaglianza secondo il
contesto personale, le situazioni sociali e la psicogeografia del momento. Ce
lo mostra ampiamente la storia tragica e talvolta risibile della nostra
particolare specie di scimmie.
Per uscire dalla logica binaria tanto cara a tutti i misticismi
celesti o terrestri (dalle divinità di ogni tipo all'economia politica che le
ha divorate) è necessario registrare, una volta per tutte, che gli ominidi che
siamo sono capaci di rubare il fuoco a una divinità immaginaria come di bruciare
sul rogo coloro che detestano questa stessa divinità fantasticata e ingannevole.
Fin dalla preistoria, gli umani (o presunti tali) hanno contrapposto due
civiltà incompatibili: la civiltà gilanica dei mammiferi umani in via di
umanizzazione (vedi, in particolare, i lavori di Gimbutas ed Eisler che ci
raccontano come questa civiltà, matricentrica e non matriarcale, sia stata cancellata
dappertutto e poi rimossa fino all'oblio) e la civiltà dominante, patriarcale e
produttivista, il cui progresso, sempre più artificiale, si è evoluto dalle
prime Città Stato agli Stati Nazione dell'Ancien
Régime, poi agli Stati sempre più continentali
dell'attuale globalizzazione in cui il capitalismo finanziario gestisce l’alienazione e la reificazione su un pianeta devastato dall’Uomo civilizzato. Questo mi pare un buon punto di partenza per
la riflessione necessaria, evitando radicalmente i confusionismi intellettuali
di ogni tipo.
(Continua, chi vuole)
Domination
& démocratie
Quand, en bons prédateurs, on aime le pouvoir il faut
avant tout le prendre, puis le conserver tout en cherchant, si possible, de
l’amplifier. Pour justifier cette soif qui ronge les caractères pervers
narcissiques que la société actuelle produit plus que jamais à foison, toutes
les idéologies, toutes les méthodes sont bonnes pourvu qu’elles
fonctionnent : monarchie, oligarchie, autocratie, dictature, république,
démocratie, peu importe pourvu que la domination soit confirmée et sacralisée
par un bon nombre de serviteurs volontaires. Ou alors, sensibles à l’attraction
passionnée qui fait vivre les êtres, on lutte en quête de bonheur et de
liberté, séduits par la dimension orgastique du vivant, afin de créer les
situations d’un pouvoir pour le peuple et par le peuple, fonctionnant selon les
méthodes de l’autogestion de la vie quotidienne (la vie réelle, subjectivement
vécue et non pas celle déclamée par des scholiastes) partagée et gérée
collectivement par les adeptes de l’entraide et de la solidarité.
En inscrivant la démocratie dans la continuité de la
civilisation productiviste, on la réduit à un alibi que les classes dominantes
actualisent depuis toujours en lui donnant des noms differents qui mutent comme
un virus pour mieux continuer à cacher le sujet au cœur de cette arnaque
historique : le Léviathan. Depuis la division en classes et en genres
hiérarchisés, la société humaine a exploré diverses formes de fonctionnement
plus ou moins autoritaires, mais toujours marquées par le respect des hiérarchies
dominantes.
Depuis que le productivisme domine le monde, l’État de
droit a toujours été le droit de l’État. En tant que mode de production
productiviste moderne, le capitalisme a fondé sur l’État, complice du Marché et
de l’appropriation privative, son fonctionnement social et sa distribution des
richesses. On ne se libérera pas du capitalisme sans se libérer du
productivisme qui l’a généré et de l’État, incompatible avec une société
d’individus libres et égaux.
Ce n’est donc pas une « démocratie » qui
conforte cette thèse objectivement révolutionnaire, mais une démoAcratie qui
dénonce le kratos appréciant plutôt
l’arkè. Nul doute que cette
sensibilité clairement affichée doit aller bien au-delà des mots captifs qui
nous renvoient à une Grece ancienne à la démocratie très relative mais
particulièrement intéressante dans ses contradictions, surtout quand les nôtres
s’avèrent aujourd’hui bien plus difficiles à dépasser.
La réalité actuelle de cette option poétique exprimée à
travers l’usage linguistique de l’alpha
exclusif passe par une gestion
mutuellement maîtrisée – sans dieux ni maîtres – de la pratique de l’autogestion généralisée de la vie quotidienne et des
relations sociales. Or le seul contrôle qui ne soit pas répressif ni
hiérarchisant est celui d’une organisation sociale fondée sur l’egalité
permanente et vérifiée des chances, des rôles et des choix entre ses membres.
Précisons cependant, que le concept d’egalité lui-même mérite d’être expliqué
et développé, car il concerne des droits au bonheur et à la satisfaction égales
pour chaque individu alors que tous sont naturellement autonomes et ils ont des
désirs, des tendances, des intelligences et des sensibilités différentes. Ce
qui est leur droit absolu et indiscutable – donnée
importante à souligner surtout quand ce droit est nié par les suprématismes
divers des fascismes noirs, bruns, blancs, rouges ou tricolores, omniprésents à
droite, à gauche et au centre des fesses douloureuses et hypocrites du
parlementarisme.
Cette modeste réflexion de base que je propose, trouve
ses racines dans la préhistoire et l’histoire d’une humanité en plein désarroi
face à une nature qui se moque de l’Anthropocène le ridiculisant sans pitié.
L’homme patriarcal et la femme patriarcalisée ont toujours exprimé par à-coups,
tant individuellement que collectivement, ici le reflexe prédateur, là la
tendance à l’entraide, parfois l’amour de l’autre, d’autres fois la haine.
L’être humain chérit la prédation et l’exploitation ou la solidarité et
l’egalité selon le contexte personnel, les situations sociales et la
psychogéographie du moment. L’histoire tragique et parfois dérisoire de notre
espèce particulière de singes le montre amplement.
Pour quitter la logique binaire si chère à tous les
mysticismes célestes ou terrestres (des divinités en tout genre à l’économie
politique qui les a dévorées) il faut enregistrer, une fois pour toutes, que
les hominidés que nous sommes sont capables autant de voler le feu à une
divinité imaginaire, que de faire bruler sur le bûcher ceux qui exècrent cette
même divinité affabulée et trompeuse. Depuis la préhistoire, les humains (ou
présumés tels) ont opposé deux civilisation incompatibles : la
civilisation gylanique des mammifères humains en voie d’humanisation (voir les
travaux de Gimbutas et Eisler qui nous racontent comment cette civilisation,
matricentrique et non pas matriarcale, est passée à la trappe partout, puis
refoulée jusqu’à l’oubli) et la civilisation dominante, patriarcale et
productiviste, dont le progrès, de plus en plus artificiel, a évolué des
premières Cités États aux Etats-nations de l’Ancien Régime, puis aux
Etats-continents de la mondialisation actuelle dont le capitalisme financier
gère l’aliénation et la réification sur une planete dévastée par l’Homme
civilisé. Cela me semble un bon point de départ de la réflexion nécessaire, en
évitant radicalement tout confusionnisme intellectuel.
(A suivre, qui veut)
Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 juin 2023