“Quando l’amore se ne va, è già
partito da molto tempo”.
Uno stralcio dal colloquio traGeorges Brassens, Jacques Brel e Léo Ferré
Il
6 gennaio 1969, a Parigi.
Vi sembra di essere diventati
adulti?
Brassens – Ahi, ahi, ahi!
Brel – A me no.
Ferré – A me nemmeno.
Brassens – Siamo rimasti tutti un po'
indietro! Per diventare adulti, bisogna prestare il servizio militare,
sposarsi, avere dei figli. Bisogna abbracciare una carriera, seguirla, salire
di grado. È così che si diventa adulti... Noialtri conduciamo una vita un po'
ai margini della vita normale, al di fuori della realtà. Non possiamo diventare
adulti.
Forse perché non avete voluto
adattarvi al sistema tradizionale?
Brel – O forse non abbiamo potuto!
Brassens – Perché non era nel nostro
carattere adattarci a quel sistema, ecco. Non l'abbiamo fatto apposta. Non c'è
nessuna vanteria nel dire che si è solitari. Si è così e basta.
Ferré – Si ricollega al bambino-poeta.
Quando Brel canta senza ridere, e credendoci, quando dice quella cosa meravigliosa,
«accenderò la mia chitarra, ci sembrerà di essere spagnoli», solo un bambino
può dire una cosa del genere!
Brel – Certo. In fin dei conti è una
questione di temperamento … Tutto sta nel sapere cosa si fa davanti a un muro:
ci si passa a lato, ci si salta sopra, o si sfonda?
Brassens – Io, penso!
Brel – Io lo sfondo! Come dire, ho voglia
di prendere un piccone …
Ferré – Io lo aggiro!
Brel – Sì ma il punto in comune è che tutti
e tre, istantaneamente, abbiamo voglia di andare dall'altra parte del muro che
s'innalza. Questa è l'unica cosa importante, ed è quello che prova che non
siamo adulti. Che fa un tipo normale? Costruisce un altro muro davanti, ci
mette sopra un tetto e si sistema. È quello che si chiama costruire! [risa].
Tutti voi, in un certo periodo della
vostra vita, o ancora oggi, avete flirtato con i movimenti anarchici o
libertari. Per Brassens è stato un momento, per Brel un soprannome, per Ferré
si tratta di una causa militante ancora oggi, un pretesto per dei concerti quasi
insurrezionali:
Ferré – No! Io non sono, non posso essere
un militante. Non posso militare per un'idea, qualunque essa sia, perché
altrimenti non sarei libero. E credo che Brassens e Brel siano come me, perché
l’anarchia è innanzitutto la negazione di ogni autorità, da qualsiasi parte
essa venga. All'inizio l'anarchia faceva paura alla gente, alla fine del XIX
secolo, perché c'erano le bombe. Poi ha fatto ridere.
In seguito, la parola anarchia ha assunto
un cattivo sapore in bocca alla gente. E poi, da qualche mese, in particolare
da maggio in poi, le cose si sono rimesse al loro posto. Le assicuro che quando
pronuncia la parola anarchia, o anarchici, anche sul palco, la gente non ride
più, è d'accordo, e vuol sapere di cosa si tratta.
Brassens – L'anarchia è difficile da
spiegare … Gli stessi anarchici fanno fatica a spiegarla. Quando ero nel
movimento anarchico – ci sono rimasto due o tre anni, facevo Le Libertaire
nel '45-'46-'47, e non ho mai rotto completamente, ma in definitiva non milito
più come prima – ciascuno aveva un'idea del tutto personale dell'anarchia. È
proprio questo a essere esaltante nell'anarchia: non c'è un vero dogma. È una
morale, un modo di concepire la vita, credo …
Brel – … E che accorda la priorità
all'individuo!
Ferré – È una morale del rifiuto. Perché se
nel corso dei millenni non ci fosse stato qualche energumeno a dire no, qualche
volta, saremmo ancora sugli alberi!
Brel – Sono completamente d'accordo con
quello che dice Léo. Detto questo, ci sono persone che non si sentono né sole
né inadatte, e che trovano collettivamente la loro salvezza.
Brassens – Certamente. Per quanto mi
riguarda non disapprovo mai nulla, le persone fanno più o meno quello che
vogliono. Io sono d'accordo o non sono d'accordo, tutto qui. Per aver detto
questo sono stato spesso rimproverato di non voler rifare la società. Il fatto
è che non mi sento capace di farlo. Se avessi delle soluzioni collettive …
Brel – Ma chi, chi ha la soluzione
collettiva?
Brassens – C'è chi pretende di averla. Ma
nel mondo attuale, non sono in molti che sembrano possederla davvero … [risa]
Io non so cosa si debba fare. Se lo sapessi, se fossi persuaso che girando a
destra o a sinistra, facendo questo o quello il mondo cambiasse, la
sacrificherei, la mia piccola tranquillità! Ma non ci credo poi molto …
Léo Ferré?
Ferré – Io sono meno lirico rispetto a lui …
Brassens – … Tu, Léo, tu sei totalmente
disperato!
Brel – C'è un fenomeno d'impotenza che è
assolutamente terribile, davvero.
Quindi avete proprio l'impressione
di non poter fare nulla?
Brassens – No, io faccio qualcosa per i
miei vicini, per i miei amici, nei miei limiti. Penso d'altra parte che valga
tanto quanto se militassi in un posto qualsiasi … Non sparare sulla Croce Rossa
è una forma di impegno come un'altra.
Ferré – Trovo che Georges, nel suo cuore,
militi molto più di me. Perché io non credo più a parecchie delle cose a cui
voglio credere.
Brassens – Faccio finta, Léo. Faccio come
quando l'amore se ne va. Faccio finta di crederci, e questo lo fa durare ancora
un po’ ...
Ferré – No, no. Quando l’amore se ne va, è
già partito da molto tempo.