Un dottore ultranovantenne, un hibakusha [che in giapponese significa un ‘sopravvissuto alla bomba’], continua a urlare al mondo i pericoli e la barbarie della bomba atomica. Il suo nome è Shuntaro Hida.
Il primo agosto 1944, un anno prima del bombardamento, il Dottor Hida
fu assegnato all’ospedale militare di Hiroshima come medico. Ha
assistito all’impatto della bomba a meno di sei chilometri
dall’epicentro, e da allora ha visto tutto quello che un medico
specializzato nel trattamento delle vittime della bomba può vedere con i
suoi occhi. Il Dott. Hida conosce bene gli effetti della bomba—non solo
dalla prospettiva di chi era lì, ma anche dalla prospettiva di un
medico militare specializzato. Non vi sorprenderà dunque che nel tempo
quasi 6.000 pazienti affetti da disturbi legati alle radiazioni si siano
rivolti a lui per una consulenza.Cosa è successo allora quel giorno a Hiroshima? VICE ha parlato con il Dott. Hida, che di quell’esperienza ricorda ogni dettaglio.
VICE: Come riuscì a sfuggire all’impatto diretto della bomba, anche se si trovava a Hiroshima?
Dr. Hida: La notte prima del 6 agosto stavo dormendo sul mio futon, quando qualcuno all’improvviso mi svegliò. Era un vecchio che veniva dal villaggio di Hesaka, a qualche miglio da Hiroshima. La sua nipotina aveva una disfunzione della valvola cardiaca e spesso aveva degli attacchi, per cui mi recavo regolarmente al villaggio a darle un’occhiata. Quella notte ne aveva avuto un altro, allora montai sulla bici del vecchio, e mi feci portare sul posto. Mi allontanai da Hiroshima giusto in tempo per sfuggire all’impatto diretto. Sono stato esposto alle radiazioni, ma da una distanza di circa cinque chilometri e mezzo dall’epicentro.
Ma lei vide il momento in cui la bomba colpì la città?
Sì. Credo di essere tra i pochi che lo videro con i propri occhi e poi ebbero la possibilità di scrivere la propria esperienza, perché la maggior parte degli abitanti di Hiroshima è rimasta uccisa nell’istante stesso in cui ha visto quel fulmine di luce accecante. Ti spiego come andò. Passai la notte in casa del vecchio a tenere d’occhio la bambina. La mattina dopo decisi di darle un sedativo prima di andare via, perché se si svegliava piangendo rischiava di avere un altro attacco. Presi una piccola siringa dalla tasca, e la sollevai davanti a me, premendo in modo da far uscire un po’ di liquido. In quel momento vidi un aereo che sorvolava Hiroshima, proprio di fronte a me.
Doveva essere Enola Gay. Ci racconti quello che vide quando la bomba colpì Hiroshima.
La prima cosa che vidi fu la luce. Era così intensa che sono rimasto accecato per un attimo. In quello stesso momento sono stato travolto da un calore molto forte. La bomba aveva rilasciato un’onda termica di 4.000 gradi nel momento in cui aveva colpito il suolo. Io entrai nel panico, mi coprii gli occhi, e rimasi accucciato per terra. Non si sentiva nulla, lo stormire degli alberi si era fermato. Sentii qualcosa muoversi, allora guardai prudentemente fuori dalla finestra, nella direzione da cui era venuta la luce. Il cielo era azzurro, e non c’erano nuvole, ma c’era un anello rosso di fuoco su nel cielo, sopra la città! Nel mezzo dell’anello c’era una grossa palla bianca che continuava a crescere come la nuvola di una tempesta—era perfettamente rotonda. Diventava sempre più grande, finché non raggiunse l’anello, e allora esplose tutto, formando un’unica grande palla di fuoco. Era come vedere nascere un nuovo sole. Da piccolo avevo visto l’eruzione del vulcano Asama da vicino, ma questo era molto più forte. Le nuvole erano bianche, ma brillavano come arcobaleni mentre si sollevavano nel cielo. Era davvero bello. Lo chiamano ‘fungo atomico’, ma in realtà è come una colonna di fuoco: la parte inferiore della colonna è in fiamme e la parte superiore è la palla di fuoco, che si tramuta in una nuvola mentre continua a salire nel cielo. Poi, da sotto la colonna di fuoco, cominciarono a diffondersi orizzontalmente delle nuvole nere come pece, fin sopra le montagne che circondavano Hiroshima. Erano nuvole di sabbia e polvere che venivano spinte su dalla pressione generata dall’impatto. Venivano verso di noi come una marea. Noi eravamo su una collina, accanto a noi c’era una rupe, ma la nuvola di polvere ci fu subito sopra. Prima che me ne rendessi conto la casa del vecchio fu inghiottita e schiacciata dall’onda. Fortunatamente il tetto di paglia fece da cuscino, e salvò me e la bambina. Allora mi resi conto che era successo qualcosa di terribile, e corsi all’ospedale di Hiroshima con la bicicletta del vecchio.
Il Dottor Hida nel 1942.
Quale fu il primo caso di vittima della bomba atomica che vide?
Incontrai la prima vittima a metà strada. Questa cosa nera venne fuori da dietro un angolo di strada, barcollando maldestramente. Non avevo idea di cosa fosse. Ho rallentato e mi sono avvicinato lentamente, e gradualmente mi sono accorto che era una persona. Cercai di guardarlo in faccia, ma non ce l’aveva. C’erano solo delle grosse palle al posto degli occhi, un buco aperto in corrispondenza del naso, e le labbra erano così gonfie che occupavano metà della faccia. Era una cosa mostruosa. E aveva questa cosa nera che sembrava una manica strappata, e così all’inizio pensai che indossasse degli stracci. Mi chiedevo come tutto questo fosse possibile, quando l’uomo cominciò a venire verso di me. La mia prima reazione fu di arretrare. Ma quella cosa inciampò sulla mia bici e cadde a terra. Essendo un dottore, mi precipitai verso di lui e cercai di sentirgli il polso. Ma tutta la pelle del braccio si era staccata, non sapevo da dove prenderlo. Mi accorsi che la persona non aveva addosso degli stracci, ma era completamente nuda. Quelli che avevo creduto stracci non erano altro che la pelle viva che si era staccata dal corpo e penzolava ancora. Anche la pelle della schiena era bruciata e si staccava, e c’erano decine di piccole schegge di vetro che la punteggiavano. Diede un paio di sussulti, e poi giacque del tutto immobile. Era morto.
È un’immagine davvero scioccante. Si imbattè in altre scene traumatiche?
Sì. In qualche modo riuscii a raggiungere l’ospedale ma c’era un grosso incendio, e non potei ad entrare. Mi misi a pensare al da farsi, e infine decisi che, visto che ero un dottore, e che ero ancora vivo, la cosa migliore da fare era tornare al villaggio. Hesaka era il villaggio più vicino a Hiroshima, per cui tutti gli sfollati sarebbero stati portati lì, e magari sarei riuscito a medicare qualcuno. Ci misi altre tre ore pedalando lungo il fiume, ma alla fine arrivai alla scuola elementare del villaggio. Diedi un’occhiata al cortile. Era pieno di corpi carbonizzati al suolo, come se qualcuno li avesse sparsi. Ci saranno state mille persone. Alla scuola trovai altri tre dottori dell’esercito, e ci mettemmo a pensare a un piano di azione. Ma le vittime erano tutte ustionate in maniera gravissima, e in condizioni critiche. Non c’era molto da fare. Quello che facemmo quella notte fu solo separare i morti dai vivi che giacevano al suolo, e cominciare a portare via i corpi. Mentre mi davo da fare, tutti gli hibakusha mi fissavano. Facevo del mio meglio per evitare di guardarli negli occhi. Ma poi incrociai lo sguardo di un uomo, e mi sentii obbligato ad andare a sentire come stava. Mentre mi avvicinavo lui mi fissava con gli occhi sgranati, uno sguardo orrendo. Le persone che stavano morendo lì non avevano neanche un’idea di cosa fosse successo, e per questo tutti avevano occhi come quelli degli animali. Hai mai visto gli occhi di un maiale quando viene sgozzato? Spaventoso, no? Questa persona mi guardava in quel modo. Me li sogno ancora oggi quegli occhi. Ogni anno, verso il 6 agosto, sogno quegli occhi, tutte le notti. Non voglio vederli mai più, ma loro continuano a comparire. Tanta è stata l’impressione che mi hanno fatto.
Quando ha cominciato a occuparsi degli hibakusha sopravvisuti?
Il terzo giorno dopo la bomba cominciammo ad occuparci di quelli che sembravano avere una possibilità di sopravvivere. Fu lì che scoprimmo gli effetti delle radiazioni. Per prima cosa, alle vittime viene la febbre, più di 40. Era così alta che i termometri si rompevano. Poi, avvicinandoci ai loro volti, notammo che avevano un alito spaventosamente fetido. Era impossibile avvicinarsi. Credo che in termini medici quell’odore sia una combinazione della necrosi e della decomposizione. Se gli esaminavamo la bocca, vedevamo che era completamente nera. I globuli bianchi nei loro corpi erano stati neutralizzati, e per questo i batteri nelle bocche si erano moltiplicati velocemente. E visto che non c’era nulla che le proteggesse, cominciavano a marcire molto prima che in normali casi di infezione, o di formazione di pus. Sentivamo l’odore, un odore che solo quelli che hanno visto le conseguenze della bomba conoscono. Poi cominciammo a riscontrare delle pustole viola sulla pelle non ustionata. In termini medici questo fenomeno si definisce ‘purpura’ e si forma di solito prima che un paziente affetto da una malattia come la leucemia muoia. I pazienti perdevano tutti i capelli, come se gli avessero spazzato la testa con una scopa. Le radiazioni di solito colpiscono le cellule sane, per cui le radici dei capelli sono le prime a morire. I sintomi terminali sono il vomito di sangue, e altre emorragie dagli occhi, dal naso, dall’ano, dai genitali. Le vittime resistono poche ore prima di morire. All’epoca eravamo tutti terrorizzati, perché nessuno sapeva cosa poteva aver causato tutto questo.
Ha detto che anche lei fu esposto alle radiazioni. Ne ha avvertito i sintomi in seguito?
Il sintomo più forte che ho sperimentato è stato un precoce invecchiamento delle ossa. La mia colonna vertebrale è in condizioni penose. Ho avuto problemi alla parte bassa della schiena dopo essere stato esposto alle radiazioni, e ho dovuto subire numerosi interventi chirurgici. Nei momenti peggiori mi sono ritrovato a strisciare a terra per il dolore. Comunque, l’invecchiamento sembra essersi fermato quando ho compiuto 80 anni, e ho cominciato una terapia basata sul camminare su e giù nell’acqua di una piscina. Nell’ultima Giornata della Memoria della Bomba Atomica ho passeggiato per Hiroshima e Nagasaki con il mio bastone. La paura più grossa per tutti gli hibakusha è quella, un giorno o l’altro, di sviluppare il cancro. Non possiamo pianificare le vite come gli altri. Quando ci iscriviamo all’università, quando ci sposiamo, quando abbiamo figli, dobbiamo sempre fare i conti con questa paura. Ci hanno derubato dei nostri diritti di esseri umani. Non è stato violato solo il nostro diritto a vivere come esseri umani, siamo anche stati costretti a vivere con la consapevolezza che un giorno avremmo sviluppato una malattia come risultato diretto dell’esposizione alla bomba. Ma non sappiamo esattamente quando succederà, e fino ad allora vivremo nella paura. Anche se facessimo causa al nostro Paese e ricevessimo dei soldi, non cambierebbe nulla. Qualsiasi somma di denaro non potra mai darmi indietro tutti questi anni di sofferenze.
fonte : http://www.vice.com/it/read/un-vecchio-dottore-giapponese-scampato-alla-bomba-atomica-a4n9