"Odessa. Porto", 1898 |
Dai Kurgan ai fascisti -bianchi, bruni, rossi,
neri o tricolori- la storia si ripete
Decisamente,
ogni volta che qualcosa d’importante scaturisce dal processo storico, Vico
appare nel mio specchio facendo un segno spesso disperatamente tragico, come oggi
in Ucraina. Eppure il modesto metodo di conoscenza storica in cui mi sono
formato è essenzialmente dialettico, materialista anche nel suo credere
intimamente alla potenza unitaria del corpo e dello spirito, inseparabili nel
processo vitale.
Tutta
la storia dell'umanità passa attraverso lo sviluppo dell'unità dialettica di
corpo e spirito invocata dal desiderio di vivere umanamente, ma questi due
elementi strutturali dell'umano sono costantemente separati dai macellai
produttivisti la cui disumanità opera sempre nella prospettiva della predazione,
del suprematismo, del dominio e quindi dello sfruttamento cinico e insensibile
della miseria umana. La malattia del potere inquina sistematicamente la potenza
vitale in atto.
Vae
victis, guai ai vinti! Questa frase è stata pronunciata minacciosamente
da un guerriero Gallo capace di un’effimera presa di Roma molto prima che la
sua nazione tutta intera fosse inevitabilmente sconfitta e asservita dallo
strapotere di una Repubblica romana in via di diventare un impero, cioè uno
Stato trionfante con la sua odiosa retorica nazionalista e con il suo
suprematismo caratterialmente fascista. Quanta violenza disumana lungo tutta la
storia di un produttivismo che ha ridotto il processo di civilizzazione umana a
un progresso ininterrotto del dominio del più forte o del più astuto, della
bestia feroce sull’animale pacifico. Kurganiche, galliche, germaniche o
mondiali, tutte le guerre hanno come leit
motif il vae victis di Brenno.
I
nostri antenati Kurgan[1]
Dissimulati nelle brume
di una preistoria esclusivamente orale, dunque a prima vista inverificabile e altrettanto
impalpabile della rete virtuale che ormai circonda, come un sudario, il mondo
umano[2], i Kurgan sono gli
antenati barbarici primordiali che hanno dato forma e dinamiche alla storia a
venire del nostro continente. Mi riferisco all’Europa, beninteso, poiché
altrove altri gruppi sociali, altre nazioni violentate, soggiogate,
gerarchizzate e sfruttate si sono trasformate in orribili Stati nazionalisti
incaricati di imporre il dominio patriarcale e produttivista, sempre con gli
stessi metodi e gli stessi scopi pur se in modi e contesti vari.
I Kurgan, antenati
preistorici cruciali degli odierni europei, sono usciti dalle nebbie di un
passato lontano e rimosso grazie al lavoro di ricerca di Marija Gimbutas che ha
permesso di datare e verificare archeologicamente questo fenomeno storico ignorato
e decisivo nello sviluppo successivo della storia, non solo della futura Europa,
ma dell’umanità tutta intera. Oggi, infatti, il progresso produttivista è andato
ben oltre la violenza arcaica che si presenta ormai soltanto come l’antipasto
dell’ultima cena che il nichilismo del potere si prepara a servirci: l’homo economicus
è infatti riuscito a inventare degli ordigni nucleari capaci di distruggere
in pochi minuti la vita sull’intero pianeta. DEMOCRATICAMENTE. Evviva il
nucleare militare e civile!
Il pericolo nucleare
rappresenta la vera novità della guerra in Ucraina. Nato nel 1945 a Hiroshima,
si è trasformato oggi in un’arma assai poco segreta, spettacolarmente
sbandierata per minacciare il nemico sia dai nuovi Kurgan russi[3] che da quelli delle
democrature occidentali. Lo spettro della bomba atomica ha reso possibile e
inattaccabile l’invasione della società patriarcale ucraina da parte di un
esercito russo che vuole riannetterla sottraendola all’Occidente, anch’esso kurganizzato
da millenni, per quanto avvolto nella sua messa in scena democratica.
L’essenza di ogni guerra sta
nel suo fascismo caratteriale: provate a
resistere e vedrete quello che vi succede. Maschia supremazia delle armi,
dell’assassinio e dello stupro di fronte a ogni resistenza, questa è la guerra.
La società dello spettacolo aggiunge, però, all’ipocrita propaganda convenzionale
di ogni Stato per una guerra giusta, per il Bene sacrosanto contro il Male
assoluto, una pubblicità capillare derivata dal marketing. La sua ideologia falsamente
umanitaria ripropone ancora una volta un antifascismo evidentemente ineluttabile
di fronte a qualunque peste fascista. Si tratta di un déjà vu condannato a
trasformarsi in cavallo di Troia del consumismo produttivista come dopo la seconda
guerra mondiale. Si pone dunque la questione: come sconfiggere il fascismo guerrafondaio
putinista e le sue mire egemoniche senza consegnarsi alla società
concentrazionaria del produttivismo liberale in via di transumanizzazione?
Dovunque ci si allinei seguendo la logica binaria del dominio economista, la
fine dell’umano spunta all’orizzonte.
Per chi sa guardare lo
spettacolo omicida della guerra senza gli occhiali della sottomissione alla
propaganda del capitalismo produttivista che imperversa dappertutto, non è
difficile cogliere nelle immagini quello che i commenti ideologici di ogni
bordo nascondono. La propaganda russa riesce a far credere ai suoi sudditi che sta
difendendo la patria, cioè, nella lingua patriarcale dominante da secoli, lo
Stato che dovunque ha violentato le nazioni gilaniche[4] antiche sposate di forza
in Stati-nazione.
I Russi non sono più stupidi
di noi, ma solo resi diversamente idioti (non tutti e non per sempre, sia
chiaro, come da noi) da millenni di produttivismo patriarcale prima subito e
poi condiviso, come da noi. Guardano con sospetto l’imperialismo di un mondo occidentale
autoproclamatosi libero quando il loro Putin – che sostiene di combattere il
nazismo violentando e uccidendo dei civili inermi e la sua becera violenza è
destinata a diventare di dominio pubblico anche in Russia – mira allo stesso
imperialismo.
Sì, l’incubo liberale è
sempre meno terribile per i dominati che
le dittature totalitarie di Russia e di Cina. Come negarlo, di fronte a una
guerra particolarmente assurda e alla violenza che abita intimamente i paesi in
questione. Ma fino a quando? Ci si dimentica che lo spettacolo concentrato delle dittature succitate e quello diffuso delle democrazie occidentali
pretese tali convergono ormai verso uno spettacolo
integrato che sta riducendo il mondo a un campo di concentramento virtuale invivibile,
dove i Gafam occupano, per l’essenziale, il ruolo delle SS e della GPU senza neppure
suscitare l’allarme spontaneo provocato dal sadismo visibile e palpabile dei loro
predecessori.
Su entrambi i fronti di
una guerra che fa strage del popolo ma rispetta la merce (gas e petrolio
innanzitutto), dei maschi virtualmente valorosi, pronti a diventare eroi con il
corpo altrui (il ben noto armiamoci e
partite, ma con l’annichilimento nucleare in aggiunta), trattano da
vigliacchi i pacifisti e i rari disertori che arrivano a prendere la parola. Il
discorso contro la guerra è confiscato e fuorviato da lacrimanti ipocriti che
fanno gli occhi dolci alla follia bellicista. Questo sedicente pacifismo che
chiama alle armi è reso particolarmente ambiguo da qualche donna patriarcale che
si lancia, inaspettatamente, in commenti da Dottor Stranamore[5].
Come tutte le guerre,
anche questa spinge verso il solo amore che il dominio patriarcale concepisce:
lo stupro. La violenza carnale, soprattutto delle femmine ma anche dei maschi,
si diffonde come un virus incurabile, per il piacere sadico di soldati ignoranti
e resi crudelmente pestiferi dall’autoritarismo intimo della gerarchia militare
che umilia la miserabile sopravvivenza quotidiana dei suoi soldatini morbosi. La
strategia militare a riguardo di questa violenza inaudita, tipica di tutte le
guerre, lascia le cavie disumanizzate che sono i militari di tutti gli eserciti,
libere di giocare ai mostri stupratori e assassini per l’effetto terrorizzante
che ciò provoca sul nemico, spingendo le stuprate, i violentati e i loro
congiunti alla resa.
Così i kurgan d’origine
hanno distrutto le società gilaniche dell’antica Europa diventate
progressivamente le nazioni addomesticate dagli Stati dell’inizio di questo
terzo millennio, gendarmi che spingono l’umanità verso una fine orribile della sua
triste preistoria patriarcale.
Dappertutto e da sempre,
le due componenti primarie dell’umano e del disumano che coabitano nell’homo cosiddetto sapiens[6]
si sono affrontate in un conflitto strutturale che abita la specie umana: da
una parte la componente predatrice (che nonostante la dentatura poco adatta, ma
grazie alla scoperta del fuoco e della cottura dei cibi, ha fatto dell’essere
umano un onnivoro altrettanto capace di raccogliere frutti e verdure che di
nutrirsi di altri animali e persino della carne della sua stessa specie),
dall’altro la solidarietà di specie e l’empatia naturale con il vivente che ha
sviluppato la tendenza all’aiuto reciproco e alla costituzione di comunità
tendenzialmente fraterne. Questo slancio affettivo che mescola amore sensuale e
amicale, sessualità e sopravvivenza in un poetico processo vitale dedicato alla
libera moltiplicazione del piacere di vivere, ha reso sempre più inconcepibile
il cannibalismo e dato avvio a un primo stadio di una riappacificazione con il
vivente che è l’essenza stessa del divenire umano di questa scimmia particolare
che siamo.
Gli esseri umani (maschi,
femmine e tutte le innumerevoli possibili varianti affettive di una natura
biologica aperta a tutte le evoluzioni e creazioni pur se ha sempre bisogno di
un maschio e di una femmina per riprodursi) sanno nella loro intimità animale
che si può mangiare e godere insieme convivialmente oppure divorarsi gli uni
con gli altri, nutrirsi dell’altro, del suo corpo, come belve feroci. A
differenza di queste ultime, però, la perversione narcisista specificamente
umana ha imparato anche ad appropriarsi della forza-lavoro dei propri simili,
violentando le donne, gli uomini, i bambini, gli altri organismi viventi e la
natura, in un’eterna guerra contro il vivente fino all’asservimento sessuale e lavorativo
dei propri simili, ridotti in schiavitù, poi – il progresso non finisce mai! – in
servitù più o meno volontaria (pagata, però, sempre il meno possibile, perché
il progresso produttivista ha dei limiti per chi non ne approfitta).
La prima coscienza umana
è quella, ambivalente, di questo duplice comportamento possibile la cui scelta
determina il tipo di società umana che s’instaura. I Kurgan hanno impiegato
qualche millennio[7]
per imporre il loro suprematismo patriarcale su un’Europa in cui le società che
Gimbutas ed Eisler hanno chiamato gilaniche
sono state progressivamente annientate e ridotte a un ricordo mitologico
dall’impero maschile diventato planetario. I Kurgan in Europa e altri gruppi
patriarcali in altre parti del pianeta, hanno fatto irruzione con la loro
violenza in tutte le nazioni umane costituitesi ognuna con intenti pacifici di
comunità e reciprocità individuali e sociali, imponendo la supremazia del
maschio e la sua morale sessuale[8]. Tutte le gerarchie di potere, e in particolare gli
Stati inventati dalle oligarchie produttiviste, si sono costituite sempre
attorno allo zoccolo duro di fascismo caratteriale che le emozioni impaurite e
aggressive indotte da una muscolatura irrigidita provocano, innescando una
peste disumana nel corpo umano sofferente, violentato e umiliato.
L’attuale tragedia
ucraina ripete, diversi millenni più tardi, lo choc imposto all’Europa antica
dalle invasioni kurganiche, riesumandone la barbarie originaria proprio negli
stessi territori in cui la nazione Kurgan ha avuto i natali[9], ha imparato a domare i
cavalli, ha sviluppato rapporti fortemente gerarchici tramutandosi in
Stato-nazione imperialista. Questo domino patriarcale produttivista ha
banalizzato e diffuso sull’intero continente, con invasioni successive, la
possibilità di addomesticare anche gli esseri umani, le donne, i bambini e
tutti i più deboli assoggettati alla violenza carnale e sociale esercitata sui
corpi gerarchizzati dalle armi che ne sono lo strumento mortifero.
L’animale predatore
mangia la sua preda senza odio, si nutre. Il guerriero abituato all’umiliazione
gerarchica, onnipresente nei ranghi di ogni esercito, applica invece pavlovianamente
il suo orribile e miserabile potere sul più debole di lui, provando un odio
atroce nei confronti del capro espiatorio che la propaganda ha svuotato della
sua umanità reale. Il nemico è sempre accusato di peccati ideologici e di presunti
tradimenti di cui il predatore umanoide ha religiosamente bisogno per abbandonarsi
all’ebbrezza di uccidere e violentare senza alcuna giustificazione biologica.
Un po’ di Vodka, di Whisky o delle anfetamine, secondo l’appartenenza culturale
e politica, ma soprattutto la frustrazione accumulata fino al disumano della
peste emozionale, aiutano a bruciare con macabra allegria un villaggio
vietnamita, violentare e uccidere in Afganistan, in Kosovo, in Ucraina o
altrove. Ovunque, qualunque Stato abilita gli appestati al servizio delle sue
gerarchie dominanti a esercitare il proprio fallicismo sessuale e sociale
sventolando al vento delle ideologie statali diverse lo stendardo
dell’impotenza orgastica e del potere omicida che è al cuore della violenza autoproclamata
legittima ed esercitata dallo Stato. L’essenza di ogni fascismo sta nella peste
emozionale diffusa. I suoi comportamenti abituali, mostruosi sono carichi di un
odio che, come in ogni male banalizzato, rimuove ogni sensibilità sghignazzando
in mezzo ai cadaveri in un’orgia sadica. La civiltà produttivista ne è la responsabile
principale, indiscutibile. È essa che bisogna condannare e bandire definitivamente
per crimine contro l’umanità.
Sergio Ghirardi
Sauvageon, 14 aprile 2022
PS In seguito a questa riflessione ho deciso di riproporvi qui di seguito una commovente intervista rilasciata da Marija Gimbutas, due anni prima della sua morte. La mia amicizia commossa, senza dèi né padroni, va a questa piccola fata archeologa del quotidiano che trovo profetica di umanità, più che mai oggi, quando la disumanità produttivista imperversa attraverso tutte le fogne postkurganiche.
Intervista a Marija Gimbutas
[Il testo originale (1992) è in inglese]
David: Che cosa
c'è all'origine del suo interesse per l'archeologia e per le dimensioni
mitologiche delle religioni della dèa dell’Europa antica ?
Marija: Penso che ciò abbia
a che fare con l’insieme della mia vita. Sono sempre stata una pecora nera. Ho elaborato
quello che ho visto con i miei occhi – fino a oggi, di fatto. Ero molto
indipendente. Anche mia madre era molto indipendente. È stata una delle prime
studentesse di medicina in Svizzera e in Germania quando non c'era nessun'altra
studentessa. Sono nata in Lituania quando c'era ancora il cinquanta per cento
di pagani. Ho avuto parecchi legami diretti con le dèe. Erano intorno a me,
durante la mia infanzia. La dèa Laima era là, poteva chiamare la notte e
guardare dalle finestre. Quando una donna partorisce, lei appare e la nonna è
presente per organizzare le cose. Si occupa degli asciugamani per la dèa per la
quale sono stesi dei tessuti perché essa tesse la vita, è la filatrice. Può
darsi che la dèa stia oggi per sparire, ma fino a cinquanta anni fa c’era
ancora.
Rebecca: Quando
Lei parla di pagani, si riferisce a persone che vivono in campagna, vicino alla
natura?
Marija: Sì, la Lituania è stata cristianizzata soltanto dal quattordicesimo
secolo ed anche allora ciò non ha significato granché, perché è stata attuata
da missionari che non comprendevano la lingua e la campagna è restata pagana
per almeno due o tre secoli. Poi sono arrivati i Gesuiti che hanno iniziato a
convertire delle persone nel sedicesimo secolo.
In alcune zone, sino al diciannovesimo e ventesimo secolo, sussistevano
ancora vivaci credenze nelle dèe e in ogni specie di esseri. Così, nella mia
infanzia, sono stata confrontata a molte cose che erano, direi, quasi
preistoriche. Dunque, quando ho studiato l'archeologia, afferrare quel che
significavano quelle sculture è stato più facile per me che per un archeologo
nato a New York che non sa nulla sulla vita in campagna in Europa (risate).
Ho studiato inizialmente la linguistica, l'etnologia e il folclore. Ho
raccolto io stessa il folclore quando frequentavo il liceo. Una questione era
sempre presente: qual è la mia vera cultura? Ho sentito molte cose a proposito
degli Indo-europei e che la nostra lingua lituana era una lingua indo-europea
molto antica e conservatrice. La cosa m’interessava. Ho studiato l'indo-europeo
e ho seguito degli studi comparati indo-europei ma a quei tempi non ci si chiedeva
quel che avesse preceduto gli Indoeuropei. Bastava sapere che gli Indo-europei
erano già là (risate). La questione su che cosa ci fosse prima è venuta molto
più tardi.
Poi, a causa della guerra, ho dovuto abbandonare la Lituania. Ho studiato
in Austria, a Vienna, poi ho ottenuto il mio dottorato in Germania. Continuavo
sempre a essere interessata alla mia antica cultura lituana e ho aggiunto altri
elementi ai miei studi ufficiali. Ho compiuto ricerche sul simbolismo e ho
raccolto dei materiali nelle biblioteche. Questo è dunque un aspetto del mio interesse:
religione antica, religione pagana e simbolismo. Anche la mia tesi era
collegata a questo. Riguardava i riti funerari e la credenza nella vita dopo la
morte, ed è stata pubblicata in Germania nel 1946.
Allora sono venuta negli Stati Uniti e ho avuto l'occasione di cominciare
gli studi di archeologia europea orientale e nel 1950 sono diventata
ricercatrice a Harvard per dodici anni. Ho dovuto ricominciare da zero perché
negli USA non c'era nessuno davvero informato su quello che accadeva in Russia
o nell'Unione Sovietica nei periodi preistorici. Mi hanno dunque invitato a
scrivere un libro sulla preistoria europea orientale e ho passato circa
quindici anni a scriverlo. Fu dunque
questo il fondo del mio apprendimento.
Rebecca: Aveva
previsto l'incredibile interesse che questa ricerca avrebbe suscitato?
Marija: No, a quel tempo ero
solo un'archeologa intenta a fare il proprio lavoro, studiando tutto quel che
potevo. Poi sono venuti gli studi sull'età del bronzo che mi hanno fornito un
altro aspetto della cultura indo-europea. Nel mio primo libro sull'archeologia
europea orientale ho cominciato a sviluppare la mia ipotesi sulle origini
indoeuropee dell'Europa e questa ipotesi è sempre valida e non è cambiata molto.
Rebecca: Potrebbe
descrivere la sua ipotesi?
Marija: Questi popoli protoindoeuropei
arrivati in Europa dal sud della Russia, hanno introdotto la cultura indoeuropea,
ibridando quella europea. L'antica cultura si è mescolata ai nuovi elementi: la steppa, gli elementi pastorali e
patriarcali. Dunque, già allora, trent’anni fa, avevo intuito che c'era stato qualcos'altro
in Europa prima degli Indoeuropei. Tuttavia non avevo ancora fatto nulla sulla
Déa, sulle sculture, sull'arte o sulla ceramica dipinta. Sapevo soltanto che tutto
ciò era esistito, ma non avevo ancora avuto l'opportunità di immergermi sul
terreno.
L'occasione è arrivata
quando sono venuta all'UCLA nel 1963 e dal 1967 ho iniziato gli scavi nel
sudest europeo, in Jugoslavia, Grecia e Italia che ho continuato per quindici
anni. Viaggiando in Europa e visitando musei, ho già cominciato a capire che
cosa fosse stata questa cultura prima degli Indoeuropei e del patriarcato.
Per me, restava sempre
un grande punto interrogativo: che cosa poteva essere? È talmente diversa. La ceramica
dipinta, per esempio, una bella ceramica. E poi le sculture. Nessuno scriveva effettivamente
qualcosa a riguardo. C'erano talmente tanti reperti, dappertutto se ne
trovavano a centinaia. Registravo soltanto nella mia testa quel che avevo
visto. Allora, ho iniziato i miei scavi e ho trovato io stessa almeno
cinquecento sculture.
Rebecca: A
quale profondità ha dovuto scavare?
Marija: Dipendeva. A volte
in un sito del 5.000 a.C., i reperti si trovavano in superficie. Si poteva passeggiare
fra le case di 7.000 anni fa! Altre volte si doveva scavare profondamente per
trovare dei reperti. Di solito si scava in siti già esposti, già conosciuti e dove
si trovano oggetti di grande interesse. Molte cose sono state distrutte in
questo modo. Alcuni scavi interessanti sono stati eseguiti, specialmente in
Grecia, ed io ho iniziato a capire sempre di più sulle sculture. Non so com’è
successo, in che momento, ma ho cominciato a distinguere alcuni tipi e le loro
copie. Per esempio, la dea-uccello e la dea-serpente, che sono le più semplici
da distinguere.
Così, lentamente, ho
aggiunto sempre più informazioni. Il mio primo libro s’intitolava "Dee e Dei dell'antica Europa” (Viterbo, Stampa Alternativa, 2016). In realtà, la prima
edizione in inglese è stata intitolata “Gods and Goddesses of Old Europe” perché non mi è
stato permesso di usare "Godesses" (Dèe) prima di "Gods"
(Dèi).
David: Chi non
l’ha permesso? L'editore?
Marija: Sì. L'editore non me
l’ha permesso. Otto anni dopo, una seconda edizione è uscita con il titolo originale,
“Dèe e dèi dell'antica Europa”.
Rebecca: Quella
prima edizione potrebbe valere molto un giorno (risata). Il suo lavoro è
rivolto a un pubblico molto ampio e anche a persone che non hanno un bagaglio
culturale di fondo ma una comprensione intuitiva di quel che Lei dice.
Marija: Le persone intuitive
ci arrivano per prime, invece l'ambiente universitario arriva dopo perché i
suoi membri sono meno intuitivi (risate).
Rebecca: Può
descriverci brevemente le differenze principali tra le antiche tradizioni
europee della déa e il patriarcato Indo-Europeo che è arrivato a dominare, e
quali aspetti della cultura patriarcale l'hanno portato a voler sottomettere il
sistema matrifocale?
Marija: I sistemi simbolici sono
molto diversi. Tutto questo riflette la struttura sociale. La struttura sociale
Indoeuropea è patriarcale, patrilineare e la psicologia è guerriera. Ogni dio è
anche un guerriero. I tre principali Dei Indoeuropei sono il Dio del Cielo
Splendente, il Dio degli Inferi e il Dio del Tuono. Le divinità femminili sono le
giovani spose, le mogli o le giovinette senza potere né creatività. Sono
semplici presenze, delle bellezze, delle Veneri, come l'alba o giovane figlia
del sole.
Così il sistema esistente
in Europa di cultura matricentrica prima degli Indoeuropei, era completamente
diverso. Uso matricentrico e non matriarcale perché quest’ultimo termine suscita
sempre idee di dominio ed è paragonato al patriarcato. Si trattava, invece, di una
società equilibrata, dove le donne non erano talmente potenti da usurpare tutto
ciò che fosse maschile. Gli uomini occupavano le loro legittime posizioni,
facevano il loro lavoro, avevano i loro compiti e anche il loro potere. Ciò è
riflesso nei loro simboli, dove si trovano non solo delle dée ma anche degli dei.
Le dee erano creative, creatrici di per sé. Fin dal 35.000 a.C., dai simboli e
dalle sculture, possiamo osservare che gli elementi del corpo femminile erano
parti creative: seni, ventre e natiche. C'era una visione differente dalla
nostra, che non ha niente a che vedere con la pornografia.
La vulva, per esempio,
è uno dei primi simboli incisi, ed è simbolicamente collegato alla crescita, al
seme. A volte, accanto c'è un ramo o un motivo vegetale. Questo tipo di simbolo
è molto duraturo, persiste per almeno 20.000 anni. Anche oggi, in alcuni paesi,
la vulva è un simbolo che offre una sicurezza di creatività, di continuità e di
fertilità.
Rebecca: Perché
la cultura patriarcale ha scelto di dominare?
Marija: È nella sua stessa
cultura. Avevano armi e cavalli. Il cavallo è comparso solamente con gli
invasori che hanno cominciato a venire dalla Russia del sud, e nell’antica Europa
non c'erano armi – né pugnali, né spade. C’erano armi soltanto per la caccia.
Le abitazioni erano molto diverse. Gli invasori erano popoli semi-nomadi e in Europa
c'erano degli agricoltori che vivevano in un luogo per lunghi periodi, piuttosto
nei siti più belli.
Quando questi
guerrieri sono arrivati, si sono stabiliti sulle cime delle colline, talvolta in
luoghi di molto difficile accesso. Così, in ogni aspetto della cultura, io vedo
un’opposizione e sono dunque dell’opinione che quest’antica cultura locale
europea non avrebbe potuto tendere verso una cultura patriarcale, guerriera
perché sarebbe stato troppo subitaneo. Abbiamo delle prove archeologiche che si
è trattato di uno scontro. E poi, ovviamente, chi comincia a dominare? Quelli
che hanno dei cavalli, che hanno delle armi, che hanno piccoli nuclei familiari
e che sono più mobili.
Rebecca: Come pensa che fosse la vita quotidiana delle persone che vivevano
nella società matricentrica?
Marija: La religione ha giocato un ruolo enorme e il tempio
era una specie di centro della vita. Gli artefatti più belli erano prodotti per
il tempio. Erano molto riconoscenti per quello che avevano. Dovevano sempre
ringraziare la dèa, offrirle doni, apprezzarla. La grande sacerdotessa e la
regina erano un’unica persona e c'era una specie di gerarchia delle
sacerdotesse.
David: La
religione della dèa era fondamentalmente monoteista?
Marija: È una questione
molto difficile cui rispondere. Era monoteista o no? C'era una dèa o no? Verrà
il momento che ne sapremo di più, ma per ora non possiamo calarci profondamente
nella preistoria. Quel che vedo è che molto presto, fin dai tempi del
Paleolitico superiore ci sono già diversi tipi di dèe. Sono dunque dèe differenti
o diversi aspetti di una stessa dèa?
Prima di 35.000 o
40.000 a.C. non esisteva quasi alcuna arte, tuttavia il tipo della dèa con i
grandi seni, natiche e ventre è apparso molto presto, nel Paleolitico
superiore. Anche le dèe serpente e uccello risalgono al paleolitico superiore,
almeno tre tipi principali esistevano già. Tuttavia, in periodi successivi,
nella cultura Minoica a Creta, per esempio, esiste una dèa che tende a essere
più una sola dèa che diverse. Le stesse dèe serpente che esistono a Creta sono molto
legate alla dèa principale che è mostrata su di un trono o adorata in cripte
sotterranee.
Forse, anche nei tempi
più antichi c'era ugualmente una correlazione molto stretta tra i diversi tipi
rappresentati. Dopotutto, si potrebbe arrivare alla conclusione che anche quella
che tendiamo adesso a chiamare "religione della dèa" fosse già una
religione monoteista. Dobbiamo soltanto ricordare che c'erano molti tipi
differenti di dèe.
Rebecca: Vede
dei resti della religione della dèa nelle diverse religioni del mondo attuale?
Marija: Sì, molti. La
Vergine Maria è sempre estremamente importante. È attualmente l'ereditiera di molti
tipi di dèe. Rappresenta quella che dona la vita, è ugualmente la rigeneratrice
e la madre della terra insieme. Si può rintracciare questa madre terra assai
profondamente nella preistoria; è il tipo della donna incinta sempre presente, forse,
per 20.000 anni, molto ben preservata in ogni area dell'Europa e di altre parti
del mondo.
David: Vede l'Ipotesi
Gaia come una riapparizione della religione originale della dèa?
Marija: Penso che ci sia una
certa vicinanza, forse in un senso junghiano. Questa cultura è esistita così
profondamente e così a lungo che non può non influenzare il nostro pensiero.
Rebecca: Deve
avere condizionato i nostri spiriti per molto tempo. Come risponde alla critica
che la religione della dèa era semplicemente un rito di fertilità?
Marija: Com'è che rispondo a
tutte queste critiche sciocche (risate)? Le persone che lo affermano non sono
abitualmente ben informate e non hanno mai studiato la questione. La fertilità
era importante per la continuità della vita sulla terra, ma la religione riguardava
la vita, la morte e la rigenerazione. I nostri antenati non erano primitivi.
David: Ha incontrato
molta resistenza da parte della comunità accademica nei confronti delle sue
interpretazioni?
Marija: Non direi molta, ma un
po’, sì. È naturale. Per decenni gli archeologi hanno raramente affrontato il
problema della religione.
Rebecca: Così
indietro nel tempo, vuol dire?
Marija: Bene, essi hanno
probabilmente accettato l'esistenza della religione del Paleolitico superiore e
del neolitico, ma la formazione era tale che gli studenti non hanno alcuna
occasione di affrontare questi argomenti. Non vi era alcun insegnamento sulla
religione preistorica. Soltanto in alcuni luoghi, come all'università di
Oxford, sessanta o settanta anni fa, il professor James teneva un corso sulla
Déa. Nessuno allora resisteva. Ora abbiamo più resistenza a causa del movimento
femminista. Alcuni non accettano a prescindere.
Questo tipo di critica
(rifiuto della dèa) non ha senso per me. Quel che è vero è vero, e quel che è
vero resterà. Forse ho fatto alcuni errori di decifrazione dei simboli, ma ho
continuamente cercato di capire di più. Ora ne so più di quando scrivevo trent’anni
fa. Il mio primo libro non era completo, dunque ho dovuto scrivere un altro
libro e un altro ancora per dirne di più. È un lungo processo.
Rebecca: Non
era incredibilmente difficile trovare fonti scritte e riferimenti per la sua ricerca?
Marija: Ce n’erano così poche,
era incredibile! Esistevano alcuni buoni libri negli anni '50. Nel 1955 un libro
è stato pubblicato sulla dèa madre da uno psicologo junghiano, Eric Neumann.
C'erano i lavori molto buoni sul simbolismo di Mircea Eliade.
Rebecca: Quando
ho cercato di ottenere alcuni dei suoi libri in biblioteca, erano tutti
impegnati e il bibliotecario ha detto che succedeva così normalmente, quindi ora
i lavori su quest’argomento sono sicuramente richiesti.
Marija: Non l’ho mai
sognato. Ho sempre pensato che i libri di archeologia non sono generalmente
letti e che si scrive solo per i propri colleghi.
David: Si è
stupita durante i suoi scavi e quelli altrui, per le concezioni avanzate degli
habitats e dei dettami della religione della déa?
Marija: Sì, lo sono stata. Era
una rivelazione vedere che la cultura successiva è molto meno avanzata della
più antica. L’arte è incomparabilmente inferiore a quella precedente e si
trattava di una civiltà di circa 3.000 anni prima che fosse distrutta. Da trent’anni
abbiamo ormai la possibilità di datare attraverso il carbonio 14. Quando ho
cominciato a fare ricerche, la cronologia era assai poco chiara e lavoravamo
duramente per comprendere a quale epoca l'oggetto fosse appartenuto. Allora,
negli anni '60, è diventato molto più facile. Ho impiegato molto tempo per fare
la cronologia, che è un lavoro molto tecnico.
Questo ci ha dato una
prospettiva del modo in cui queste culture duravano, e voi potete vedere un bello
sviluppo, dal più semplice al più ricercato, nell'architettura dei templi. Alcune
case e templi avevano i muri dipinti. Catal Huyuk [4] è stata una scoperta talmente grande
in Anatolia. Le pitture dei muri sono state pubblicate solamente nel 1989, venticinque
anni dopo gli scavi di Myler. Centoquaranta pitture sui muri – e alcuni
archeologi non le credevano vere perché troppo ricercate. Ed era il settimo
millennio.
Rebecca: Pensa
che la società matricentrica avrebbe potuto sussistere nelle città, o pensa che
la natura della religione e dello stile di vita l'abbiano mantenuta piccola, al
livello abitualmente non più grande del villaggio medio?
Marija: Sarebbe
sopravvissuta nelle città. Ha iniziato a svilupparsi in una cultura urbana,
soprattutto nell’ambito della civiltà di Cucuteni, che si trova in Romania e
nella regione occidentale dell'Ucraina. Là c’erano delle città da dieci a
quindicimila abitanti intorno al 4.000 a.C. Lo sviluppo urbano era iniziato ma
è stato stroncato.
Rebecca: Lei
ha detto di pensare che il significato dell'arte preistorica e della religione
possono essere decifrati e che dobbiamo analizzare l’evidenza dal punto di
vista dell'ideologia. Pensa che possiamo onestamente farlo senza essere indebitamente
condizionati dalle nostre ideologie?
Marija: È sempre difficile.
La maggior parte degli archeologi ha una grande difficoltà ad accettare che la
vita fosse così diversa. Per esempio, un escavatore rileva la planimetria di un
villaggio. Si tratta di un villaggio circolare a cerchio concentrico di case e
al centro c'è un’altra casa. Una spiegazione sorge spontaneamente: qui c'è la casa
di un capo clan e attorno a essa il suo seguito, mentre l'ultimo anello intorno
è la parte comune di tutti gli altri.
Invece, analizzando il
materiale, è tutto a rovescio. Il grande cerchio comprendeva le case più
importanti, le più grandi e con i migliori pavimenti, poi penetrando verso
l'interno del cerchio le case più piccole erano in mezzo. Così si possono
scrivere aneddoti a proposito dell'interpretazione perché si osserva soltanto
con il prisma del ventesimo secolo.
David: Che cosa
indica la sua ricerca a proposito dello statuto sociale delle donne nella
cultura pre-indoeuropea?
Marija: Le donne erano degli
esseri eguali, è chiarissimo, e forse erano più onorate perché erano più
influenti nella vita religiosa. Il tempio era gestito da donne.
Rebecca: Che cosa
ci dice della vita politica?
Marija:. I miei risultati fanno
pensare che la vita politica sia stata impostata sul sistema avuncolare – naturalmente è un'ipotesi
che non si riesce a ricostruire facilmente, ma possiamo giudicare da quanto ci
resta dei periodi successivi e da quanto esiste ancora in mitologia, perché ciò
riflette ancora la struttura sociale. I governanti del paese; la regina che è anche
la grande sacerdotessa, ma ugualmente suo fratello o lo zio. Il sistema si
chiama dunque avuncolare per derivazione dal termine latino “zio” (avunculus). L'uomo, il fratello o lo
zio, erano molto importanti nella società e probabilmente gli uomini e le donne
erano del tutto eguali. In mitologia incontriamo le coppie sorella-fratello di
Dee femminili e di dei maschili.
È errato sostenere che
è soltanto una cultura di donne, che c'era soltanto una dea e nessun dio.
Nell'arte gli uomini erano meno rappresentati, è vero, ma gli dei maschili
esistevano, con certezza. In tutte le mitologie, per esempio in Europa (germanica,
celtica o baltica), si trovano la madre della terra o la dea della terra e il
suo compagno o controparte maschile accanto a essa.
Ci sono, inoltre, altre
coppie come la dea della natura, rigeneratrice, che appare in primavera e fa
nascere tutti gli animali della terra, gli umani e le piante. Corrisponde ad
Artemide nella mitologia greca. Si chiama la Signora degli animali e ci sono anche
delle controparti maschili dello stesso tipo: il Signore degli animali. Le sue rappresentazioni
appaiono a Catal Huyuk nel VII millennio a.C. e sono presenti per tutta la
preistoria, per cui non dovremmo trascurare quest’aspetto. C'è un equilibrio
tra i sessi dovunque, nella religione e nella vita.
David: Ci sono
prove che il cambiamento fu violento e fino a che punto il popolo provò a
difendersi?
Marija: Fu violento, ma è
difficile dire quanto si siano difesi. Tuttavia furono sconfitti. Ci sono prove
di migrazione e di fuga da questi avvenimenti violenti e molta confusione,
molti spostamenti di popolazione. La gente ha iniziato a rifugiarsi in posti
come le isole, le foreste e i territori più accidentati. Nei villaggi ci sono
le prove delle uccisioni.
Rebecca: Che
cosa ci dice dei Kurgan, questa cultura invadente è sempre stata patriarcale e
quando è iniziato il patriarcato?
Marija: È una questione
molto importante alla quale gli archeologi non possono ancora rispondere, ma
possono stabilire che il patriarcato era certamente già là intorno a 5.000 a.C.
e che il cavallo è stato addomesticato successivamente.
Rebecca: Pensa
che il patriarcato sia sorto da una società in precedenza "matricentrica"?
Marija: Dev’essere andata
così. Tuttavia, il problema è che proprio lì, nella Russia meridionale, dov'è
decisivo sapere, non abbiamo prove. Non abbiamo scavi estesi in quest’area
prima del 5000 a. C.
Rebecca: Il
testo sacro che Lei ha tradotto della cultura della dèa, si è mai sviluppato,
per quel che ne sa, in frasi o espressioni?
Marija: Ancora una volta, sarà
il futuro a decidere. È possibile che fosse un testo sillabico e si sarebbe
probabilmente sviluppato in qualcosa se la cultura non fosse stata distrutta.
Il testo è andato perso nella maggioranza dell'Europa ed è in Europa orientale
e centrale che la gran parte dei segni si sono conservati. All'età del bronzo,
a Cipro e a Creta, il testo è sopravvissuto, con riferimento a quel che era nel
quinto millennio a.C. Una parte è conservata ma non abbiamo riferimenti molto
chiari a causa di questo mutamento di cultura.
Gli specialisti
esaminano questa questione e spero che sarà decifrata, in un modo o in un altro.
La difficoltà è che questa lingua pre-indoeuropea è assai poco studiata. Si
studiano i substrati delle lingue in Grecia e in Italia, ma di solito quello
che si riesce a ricostruire sono solo dei nomi di luoghi come Cnosso che è un
nome pre-indoeuropeo. La parola "mela", per esempio, è
pre-indoeuropea, così i linguisti poco alla volta, parola per parola, scoprono
quali parole non sono indo-europee. Nomi di semi, di diversi alberi, di piante,
animali, sono facilmente ricostituiti. Esistono anche vari nomi pre-indoeuropei
per la stessa cosa (come per il maiale) ed entrambi erano usati; alcune lingue
usano il nome pre-indoeuropeo, altre i nomi indoeuropei, oppure entrambi.
È un campo di ricerca
che dovrebbe essere maggiormente sviluppato in futuro e penso di esercitare una
certa influenza in questo settore. È di estrema importanza sviluppare una
ricerca interdisciplinare. Per molto tempo nelle università si sono istituiti
più dipartimenti e nessun collegamento tra loro. L'archeologia era dunque
privata dei collegamenti con gli studi linguistici, con la mitologia e il
folclore.
Rebecca: Lei
ha parlato della necessità di un campo dell'archeomitologia.
Marija: Sì. E se non s’ignorano
le altre discipline, si comincia a vedere molte più cose. È una tale
rivelazione vedere nella mitologia degli elementi veramente antichi che si possono
applicare all'archeologia. Per alcuni archeologi non è scienza. Bene,
d’accordo, lasciate che si dica che non è scienza! Importa poco come si chiama
(risate).
Rebecca: Molte
persone credevano che il linguaggio fosse nato con i popoli cacciatori mentre
ora si è più propensi a credere che sia cominciato nei rapporti famigliari.
Quando e come Lei pensa che la lingua si sia inizialmente sviluppata?
Marija: Presto, molto
presto, nel paleolitico inferiore. E si è sviluppato nella famiglia. Alcuni
linguisti fanno ricerche sulle prime parole conosciute e qualche formazione
prova che alcune parole sono molto, molto antiche ed esistono in tutto il
mondo.
David: Lei ha
raccolto molti racconti del folclore europeo. Mentre dei miti della creazione
sono presenti in ogni cultura del mondo, ne ha trovato riguardanti questo tema?
Marija: Sì. Come l'uccello
acquatico e l'uovo cosmico. Il mondo comincia con un uovo e l'uccello acquatico
porta l'uovo, poi l'uovo si apre e una parte diventa la terra, l'altra il
cielo.
David: Ha
trovato dei racconti del folklore lituano in rapporto con la storia di Adamo ed
Eva?
Marija: No. Tuttavia è
interessante che la prima sposa di Adamo sia stata Lilith. Chi era Lilith? Era
un uccello da preda, la dèa avvoltoio della morte e della rigenerazione. Era
quella che più tardi è diventata la strega, dunque era molto potente. È volata via.
Non si poteva darle ordini. Allora la seconda sposa è stata tratta dalla
costola di Adamo, così era naturalmente obbediente ed è rimasta con lui
(risate).
Rebecca: Vi sono
tante trasmutazioni della dèa nella mitologia e nel folclore che si sviluppano
da una figura positiva verso una negativa. Vede ciò come un tentativo cosciente
di deformazione del femminile?
Marija: Sì, è così. È stato
opera del cristianesimo, perché ha avvertito il pericolo. Hanno demonizzato la
più potente. Quella capace di fare molte cose, legata agli eventi atmosferici,
alla pioggia e ai temporali. Quindi questa è la dea che governa la morte e la
rigenerazione, colei che è diventata la strega. Quindi era davvero potente e ai
tempi dell'Inquisizione era descritta come veramente pericolosa.
In parecchie
descrizioni si può percepire che circolava timore. Poteva comandare la
sessualità maschile, per esempio, poteva fermare la luna nella sua crescita,
era l’equilibratrice delle potenze della vita. Una tale dea poteva fare molti
danni. Tuttavia, si dove capire perché si comportava così. Non poteva
permettere alle cose di svilupparsi eternamente, doveva fermarle, ha causato la
morte affinché il ciclo della vita ricominciasse da capo. È la principale rigeneratrice
del mondo intero, di tutta la natura.
Rebecca: Così la cultura patriarcale ha dovuto far sì che la gente ne fosse
terrorizzata, affinché la abbandonassero.
Marija: Sì. Nel quindicesimo
e sedicesimo secolo, che sono cruciali per questo mutamento, è diventata un
demonio, un mostro. Quest'immagine è sempre con noi. In ogni paese è stata in
parte preservata. Nei paesi Baschi, è sempre presente e molto viva. È un
avvoltoio, vive in caverne. E a volte i pastori fabbricano delle croci della
Scienza Cristiana per scacciare gli avvoltoi (risate).
David: Lei è
stata in gran parte responsabile del riemergere della coscienza della dèa
nell'emisfero occidentale. Che cosa pensa del modo in cui questa prospettiva è
interpretata socialmente e politicamente?
Marija: L'interpretazione
della dèa in alcuni casi è un po' esagerata. Non posso pensare che la dèa così
com’era possa essere ricostruita e reintrodotta nelle nostre vite, ma dobbiamo
prendere il meglio che possiamo coglierne. La miglior comprensione della
divinità stessa. Il Dio cristiano è punitivo, irascibile e non si adatta per
niente al nostro tempo. Abbiamo bisogno di qualche cosa di meglio, di più
vicino, qualcosa che possiamo toccare e abbiamo bisogno di compassione, di un po’
d’amore e ugualmente di un ritorno alla natura delle cose.
Attraverso la comprensione
di quel che era la dèa, possiamo comprendere meglio la natura e stabilire le
nostre idee in modo che sia più facile per noi vivere. Dobbiamo essere
riconoscenti per quel che prendiamo, per tutta la bellezza e la dèa è
esattamente questo. Essa è la natura stessa. Penso, dunque, che l’umanità
dovrebbe ritrovare tutto ciò. Non penso che il cristianesimo durerà a lungo, ma
è come il patriarcato, non è molto facile sbarazzarsene (risate), ma in qualche
modo, dal basso verso l’alto questo accadrà.
Rebecca: Il
patriarcato è durato all'incirca cinque mila anni rispetto alla cultura della
dèa che ha resistito probabilmente per qualche milione di anni. Perché è durata
così a lungo?
Marija: A causa di quello di
cui ho parlato. Era naturale avere questo tipo di divinità ed è assolutamente
artificiale creare un Dio punitivo e dei guerrieri che stimolano i nostri
istinti malvagi.
David: Numerosi
temi di cui Lei parla sono archetipi ben noti che si generano durante
un'esperienza psichedelica: dare la vita, rinnovare la terra eterna, la morte e
la rigenerazione, il dispiegamento dell'energia. Sono curioso di sapere se Lei
pensa che la cultura delle dèe d'Oriente avesse incorporato l'utilizzazione dei
funghi o di un certo genere di piante psicoattive nei rituali, e se Lei prende
sul serio la tesi di Terence McKenna, per il quale l'utilizzazione delle
sostanze psichedeliche era il segreto che è stato perduto a Catal Huyuk?
Marija: Sono sicura che le
abbiano utilizzate. Questa conoscenza esiste ancora nei rituali come Eleusis in
Grecia, dove ora è noto che si ricorreva frequentemente alle sostanze
psichedeliche. Dalla descrizione dei funghi, forse potete giudicare che erano
sacri, ma questo non è probabilmente l'aspetto più importante. Sulle incisioni dei
sigilli minoici, per esempio, sono frequentemente indicati i papaveri. Inoltre
i semi di papavero sono stati trovati nei villaggi neolitici, erano dunque coscienti
del fatto, li raccoglievano, li usavano e forse facevano crescere i papaveri
come altre piante domestiche.
David: Pensa
che questo abbia influenzato la cultura?
Marija: Sì. Dai rituali dionisiaci
in Grecia che possono risalire a tempi molto più antichi, c'è tutto quel
danzare, l'eccitazione sempre al limite, fino alla frenesia, quasi alla follia.
Tutto questo è esistito anche nel Paleolitico, suppongo, ma che cosa abbiano
utilizzato è difficile dirlo. Ci sono i semi di papavero, d’accordo. Dei funghi?
Può essere. Ma che altro? Le prove tangibili non sono conservate dalla
documentazione archeologica. Sono scomparse.
Rebecca: Che
cosa pensa delle differenze significative tra una cultura, come quella della
dèa, in cui la visione del tempo è ciclica, e una cultura come la nostra che concepisce
il tempo come lineare, in progressione verso un futuro in attesa?
Marija: È molto più facile
vivere riferendosi a una ciclicità. Penso che sia pazzesco pensare a uno
sviluppo lineare, come nella credenza europea di una vita dopo la morte – chi è
re resterà un re, chi è eroe resterà un eroe (risate).
Rebecca: Quest'aspetto
della cultura della dèa, l'idea che le cose viaggiano per cicli, pensa che ciò li
abbia resi molto più filosofi nei confronti della morte?
Marija: Molto più filosofi.
Ed è una buonissima filosofia. Che cos’altro si può pensare? Questo è il meglio.
L'evoluzione intera è totalmente basata su questo pensiero, sulla rigenerazione
della vita e sulla stimolazione delle potenze vitali. È la cosa principale che
c’interessa. Per preservare le potenze vitali, per risvegliarle ogni primavera,
per vedere che continuano e che la vita prospera e fiorisce.
David: Quale rilevanza
Lei pensa che abbia la comprensione del nostro passato antico, per trattare i
problemi che si pongono al mondo di oggi?
Marija: Bene, è tempo di essere
più tranquilli, di calmarsi (risate), e questa filosofia in qualche modo è pacificante,
ci invita a una certa armonia con la natura dove possiamo imparare a valutare
le cose. E sapere che sono esistite per molto tempo delle culture senza guerre
è importante, perché la maggior parte delle persone del ventesimo secolo pensa
che le guerre ci siano sempre state.
Ci sono libri che
insistono su questo fatto, suggerendo idee folli come quella che pretende che l'agricoltura
e la guerra sarebbero cominciate allo stesso tempo. Dicono che quando i
villaggi hanno iniziato a svilupparsi, è stato necessario difendere la
proprietà, ma non ha senso! C'era la proprietà, ma era una proprietà comune. Si
trattava, in realtà, di una sorta di comunismo, nel miglior senso della parola.
Non potrebbe esistere nel ventesimo secolo. Credevano, inoltre, che si sia
uguali nella morte. Mi piace molto questa idea. Non si è né regina né re,
quando le proprie ossa sono raccolte e mescolate ad altre ossa (risate).
David: La rinascita è
uno dei temi principali del suo lavoro, che cosa pensa personalmente che capiti
alla coscienza umana dopo la morte?
Marija: Forse quel che
pensavano gli europei antichi. Che l'energia vitale continua a un certo livello
e non scompare. Le diverse forme individuali scompaiono e finiscono.
David: Pensa
che un frammento della sua individualità persevererà?
Marija: Beh, quello che
lascio attorno a me adesso, la mia influenza, ciò che ho detto nei miei libri
continuerà per un certo tempo. Così tutto questo non si estingue completamente.
Rebecca: È
ottimista sul fatto che una società associativa possa essere nuovamente realizzata?
Marija: Non so se sono
ottimista. In un certo modo penso di esserlo, altrimenti sarebbe difficile
vivere – è necessario avere speranza. Tuttavia lo sviluppo sarà lento, è
chiaro. Ciò dipende molto da chi governa. La nostra vita spirituale è riempita
d’immagini di guerra. S’insegna subito ai bambini a sparare e uccidere. Così
l'educazione deve cambiare, le trasmissioni televisive devono cambiare. Ci sono
segni di ciò, delle voci si levano. Si deve essere ottimisti in un modo o in un
altro.
David: Marija,
se Lei potesse condensare il suo lavoro in un semplice messaggio, quale
sarebbe?
Marija: Mah, non so se si può farlo in una
frase, ma forse uno dei miei contributi principali è la ricostruzione del
significato e delle funzioni della dea. È successo, appunto, che dovevo essere
io e non qualcun altro. È stato solo il destino – Laima – che mi ha guidato
(risate).
[1]
Marija Gimbutas, Kurgan - Le origini della cultura europea,
Medusa, Milano 2010.
[2]
L’una permette da sempre tutte le affabulazioni per la scarsità oggettiva di
documentazione, l’altra costruisce i deliri di ogni tipo che il potere,
affabulato o reale che sia, inventa e modifica usando e abusando della capacità
tecnologica di alterare i dati di una realtà che può essere architettata,
falsata e manipolata senza fine.
[3]
Mostruosi
postcristiani ortodossi e postpseudosovietici, sono spesso ancora bollati come
sovietici – mai come cristiani ortodossi – dagli esperti militari filooccidentali
che pullulano sugli schermi televisivi.
[4] Società
matricentrica senza Stato in cui le donne erano libere.
[5]
Con mia grande sorpresa,
nelle messe televisive senza fine ho sentito qualche donna invocare chiaramente
una risposta guerriera alla barbarie russa, rimuovendo lo spauracchio atomico
che plana sulle coscienze.
[6] Per gli altri ominidi che hanno tutti finito per scomparire, mangiati, genocidizzati o “creolizzati” dalla scimmia dominante autoproclamatasi sapiente, non è possibile ipotizzare, se non con la fantasia, che cosa sarebbero diventati nella loro evoluzione interrotta.
[7]
In varie
fasi (vedi l’immenso lavoro di ricerca di M. Gimbutas), qualche millennio prima
dell’inizio della storia scritta e documentata da chi l’ha vissuta.
[8] W. Reich, L’irruzione della morale sessuale coercitiva, Sugar, Milano 1972.
[9] Ancora Vico. Zona
di origine delle invasioni kurganiche, la città che il fascismo putinista ha
appena ridotto in rovine (Mariupol), si trova anche sulla linea di fronte dove
la comunità libertaria ucraina della Machnovcina (1917-1921) ha sconfitto le
armate bianche controrivoluzionarie di Denikin e salvato la rivoluzione sociale
nascente che i bolscevichi hanno poi violentato e tradito in nome del loro
fascismo rosso. Putin e le sue milizie kurganiche sono anche gli eredi sia del
fascismo rosso pseudo sovietico sia di quello bianco filo zarista di
quell’epoca ormai lontana, ma l’assurda tragedia in corso su un pianeta sistematicamente
violentato da un produttivismo patriarcale, planetario e multiforme, riguarda
altrettanto le pseudo democrazie alla salsa occidentale che i poteri
esplicitamente dittatoriali come in Russia e in Cina.
Des Kourgans aux
fascistes blancs, bruns, rouges, noirs, ou tricolores, l’histoire se répète
Des Kourgans aux fascistes blancs, bruns, rouges, noirs ou tricolores,
l’histoire se répète
Décidément,
chaque fois que quelque chose d’important jaillit du processus historique, Vico
apparaît dans mon miroir en me faisant un signe souvent désespérément tragique,
comme aujourd'hui en Ukraine. Pourtant la modeste méthode de connaissance
historique à laquelle j'ai été formé est essentiellement dialectique, matérialiste
aussi dans sa croyance intime en la puissance unitaire du corps et de l'esprit
inséparables dans le processus vital.
Toute
l'histoire de l'humanité passe à la fois par le développement de l'unité
dialectique du corps et de l'esprit invoquée par le désir de vivre humainement,
mais ces deux éléments structurels de l’humain sont sans cesse séparés par les
bouchers productivistes dont l'inhumanité opère toujours dans la perspective de
la prédation, du suprématisme, de la domination et donc de l'exploitation
cynique et insensible de la misère humaine. La maladie du pouvoir pollue
systématiquement la puissance vitale en cours.
Vae victis, malheur aux vaincus ! Cette
phrase a été proférée de façon menaçante par un guerrier gaulois capable d'une
prise éphémère de Rome bien avant que toute sa nation ne soit inévitablement
vaincue et asservie par la puissance écrasante d'une République romaine en
passe de devenir un empire, c'est-à-dire un État triomphant avec son odieuse rhétorique
nationaliste et avec son suprématisme caractériellement fasciste. Combien de
violences inhumaines à travers toute l’histoire d’un productivisme qui a réduit
le processus de civilisation humaine au progrès ininterrompu de la domination
du plus fort et du plus rusé sur le plus faible, de la bête féroce sur l’animal
paisible. Kourganique, gauloise, germanique ou mondiale, toutes les guerres ont
pour leitmotiv le vae victis de
Brennus.
Nos ancêtres les Kourgans[1]
Dissimulés dans les brumes d'une
préhistoire exclusivement orale, donc à première vue invérifiable et aussi
impalpable que le réseau virtuel qui enveloppe désormais le monde humain[2] comme un linceul,
les Kourgans sont les ancêtres barbares primordiaux qui ont donné forme et
dynamique à l'histoire à venir de notre continent. Je fais référence à
l'Europe, bien sûr, puisqu’ailleurs d'autres groupes sociaux, d'autres nations
violées, subjuguées, hiérarchisées et exploitées se sont transformées en
d'horribles États nationalistes chargés d'imposer la domination patriarcale et
productiviste, toujours avec les mêmes méthodes et les mêmes finalités, mais
par des manières et dans des contextes divers.
Si les Kourgans, ancêtres préhistoriques cruciaux
des Européens d'aujourd'hui, sont sortis du brouillard d'un passé lointain et
refoulé, c’est grâce aux travaux de recherche de Marija Gimbutas, qui nous ont
permis de dater et de vérifier archéologiquement ce phénomène historique ignoré
et décisif dans l'évolution suivante de l’histoire, non seulement de la future
Europe, mais de l'ensemble de l'humanité. Car, aujourd'hui, le progrès
productiviste a largement dépassé le stade de la violence archaïque qui
n’apparaît plus désormais que comme le hors-d’œuvre du dernier souper que le
nihilisme du pouvoir s’apprête à nous servir : l’homo economicus a, en
effet, réussi à inventer des engins nucléaires capables de détruire la vie sur
toute la planète en quelques minutes. DEMOCRATIQUEMENT. Vive le nucléaire
militaire et civil !
C'est le danger nucléaire qui représente la
véritable nouveauté de la guerre en Ukraine. Né en 1945 à Hiroshima, il s'est
aujourd'hui métamorphosé en une arme assez peu secrète, arborée spectaculairement
pour menacer l'ennemi à la fois par les nouveaux Kourgans russes[3] et par ceux des
démocratures occidentales. Le spectre de la bombe atomique a rendu possible et
inattaquable l’invasion de la société patriarcale ukrainienne par une armée russe
qui veut l’annexer de nouveau en la soustrayant à l'Occident, lui aussi kourganisé depuis belle lurette, tout
fardé qu’il soit par sa mise en scène démocratique.
L'essence de toute guerre réside dans son
fascisme caractériel : essayez de
résister et vous verrez ce qui va vous arriver. Suprématie masculine des armes,
du meurtre et du viol face à toute résistance, voilà ce qu’est la guerre. La
société du spectacle, cependant, double l’hypocrite propagande conventionnelle de
n’importe quel État pour une guerre juste, pour le sacrosaint Bien contre le Mal
absolu, d’une publicité capillaire issue tout droit du marketing. Son idéologie
faussement humanitaire propose, une fois de plus, un antifascisme évidemment inéluctable
face à n’importe quelle peste fasciste. C’est un déjà vu condamné à se
transformer en cheval de Troie du consumérisme productiviste comme après la
Seconde Guerre mondiale. La question se pose donc : comment défaire le
fascisme poutiniste va-t-en-guerre et ses visées hégémoniques sans s’en
remettre à la societé concentrationnaire du productivisme libéral en voie de
transhumanisation ? Quelle que soit la position sur laquelle on s’aligne
dans la logique binaire de la domination économiste, la fin de l’humain point à
l’horizon.
Pour ceux qui savent regarder le spectacle
meurtrier de la guerre sans les lunettes de la soumission à la propagande du
capitalisme productiviste qui sévit partout, il n'est pas difficile de saisir
dans les images ce que cachent les commentaires idéologiques de tout bord. La
propagande russe parvient à faire croire à ses sujets qu'elle défend la patrie,
c'est-à-dire, dans la langue patriarcale dominante depuis des siècles, l’État
qui partout a violé la nation gylanique[4] ancienne la
mariant de force en Etat-nation.
Les Russes ne sont pas plus stupides que
nous, mais seulement rendus différemment idiots (pas tous et pas pour toujours,
bien sûr, comme chez nous) par des millénaires de productivisme patriarcal, d’abord
subi, ensuite partagé, comme chez nous. Ils regardent avec méfiance l’impérialisme
de ce monde occidental autoproclamé libre alors que leur Poutine – qui prétend combattre le nazisme en
violant et en tuant des civiles sans défense et sa violence sordide est
destinée à éclater au grand jour en Russie aussi – vise le même impérialisme.
Oui, pour les dominés le cauchemar libéral est
toujours moins terrible que les dictatures totalitaires de Russie et de Chine.
Comment le nier, face à une guerre particulièrement absurde et à la violence qui
habite intimement les pays en question ? Mais jusqu’à quand ? On
oublie que le spectacle concentré
des dictatures susmentionnées et celui, diffus,
des prétendues démocraties occidentales convergent désormais en un spectacle intégré qui réduit le monde à
un camp de concentration virtuel invivable, où les Gafam assument
essentiellement le rôle des SS et de la GPU sans même susciter l’alarme
spontanée provoquée par le sadisme visible et palpable de leurs prédécesseurs.
Sur les deux fronts d’une guerre qui
massacre le peuple et respecte la marchandise (gaz et pétrole, avant tout), des
mâles virtuellement vaillants, prêts à devenir des héros avec les corps
d’autrui (le bien connu armons-nous et
partez, mais avec l’annihilation nucléaire en plus), traitent de lâches les
pacifistes et les rares déserteurs qui parviennent à prendre la parole. Le
discours contre la guerre est confisqué et dévoyé par de larmoyants hypocrites
faisant les yeux doux à la folie belliciste. Ce soi-disant pacifisme qui
appelle aux armes est rendu particulièrement ambigu par quelques femmes patriarcales
qui se lancent, inopinément, dans des commentaires à la Docteur Folamour[5].
Comme toutes les guerres, celle-ci aussi pousse
au seul amour que la domination patriarcale conçoive : le viol. Le viol
surtout des femelles mais aussi des mâles, se répand comme un virus incurable,
pour le plaisir sadique de soldats ignorants et cruellement pestiférés par
l'autoritarisme intime de la hiérarchie militaire qui humilie la misérable survie
quotidienne des ses petits soldats morbides. La stratégie militaire à propos de
cette violence inouïe, typique de toutes les guerres, laisse ces cobayes
déshumanisés que sont les militaires de n’importe quelle armée, libres de jouer
les monstres violeurs et assassins pour l'effet terrifiant que cela provoque
sur l’ennemi, en poussant les violées, les violés et leurs proches à se rendre.
Ainsi les Kourgans d’antan ont détruit les
sociétés gylaniques de l'ancienne Europe, devenues progressivement les nations définitivement
domestiquées par les États du début de ce troisième millénaire, gendarmes au
service des multinationales qui poussent l’humanité vers une fin horrible de sa
triste préhistoire patriarcale.
Partout et toujours, les deux composantes primaires de l'humain
et de l'inhumain qui coexistent chez les soi-disant homo sapiens[6] se sont affrontées
dans un conflit structurel qui habite l'espèce humaine : d'une part la
composante prédatrice (qui malgré les dents inadaptées, mais grâce à la
découverte du feu et de la cuisson des aliments, a fait de l'être humain un
omnivore aussi capable de cueillir des fruits et des légumes que de se nourrir
d'autres animaux et même de la viande de sa propre espèce), d'autre part la
solidarité d’espèce et l'empathie naturelle avec le vivant qui a développé la
tendance à l'entraide et à la constitution de communautés plutôt fraternelles.
Cette pulsion affective qui mêle amour sensuel et amical, sexualité et survie,
dans un processus de vie poétique voué à la libre multiplication du plaisir de
vivre, a rendu le cannibalisme toujours plus inconcevable et a initié une
première étape de réconciliation avec le vivant qui est l’essence même du
devenir humain de ce singe particulier que nous sommes.
Les êtres humains (mâles, femelles et
toutes les innombrables variantes affectives possibles dans une nature
biologique ouverte à toutes les évolutions et créations, même si elle a
toujours besoin d'un mâle et d'une femelle pour se reproduire) savent, dans leur
intimité animale, qu'ils peuvent manger et jouir ensemble de façon conviviale
ou alors se dévorer les uns les autres, se nourrir du corps d’autrui, comme des
bêtes féroces. Contrairement à ce qui se passe chez ces dernières, cependant,
la perversion narcissique spécifiquement humaine a aussi appris à l’être humain
à s'approprier la force de travail de ses semblables, violant les femmes, les hommes,
les enfants, les autres organismes et la nature, dans une guerre éternelle
contre le vivant jusqu'à l'asservissement du sexe et du travail de ses
semblables, réduits en esclavage, puis – le progrès ne s’arrête jamais ! – en servitude plus ou moins volontaire
(toujours rémunérée le moins possible, néanmoins, car le progrès productiviste a
des limites pour ceux qui n’en profitent pas).
La première conscience humaine est celle,
ambivalente, de ce double comportement possible, dont le choix détermine le
type de société humaine qui s'instaure. Il a fallu quelques millénaires[7] aux Kourgans pour
imposer leur suprématisme patriarcal à une Europe dans laquelle les sociétés
définies par Gimbutas et Eisler comme gylaniques
furent progressivement anéanties et réduites à un souvenir mythologique par
l'empire masculin devenu planétaire. Les Kourgans en Europe et d'autres groupes
patriarcaux dans d'autres parties de la planète, ont fait irruption avec leur
violence dans toutes les nations humaines constituées chacune avec des
intentions pacifiques de communauté et de réciprocité individuelle et sociale,
imposant la suprématie du mâle et sa morale sexuelle[8].
La tragédie ukrainienne actuelle répète, plusieurs
millénaires plus tard, le choc imposé à l'Europe antique par les invasions
kourganes, exhumant leur barbarie originelle dans les territoires mêmes où la
nation kourgane est née[9], a appris à dompter
les chevaux, a développé des relations fortement hiérarchisées, se transformant
en l'État-nation impérialiste. Avec les invasions successives cette domination
patriarcale productiviste a banalisé et répandu sur tout le continent la
possibilité d'apprivoiser aussi les êtres humains, les femmes, les enfants et
tous les plus faibles soumis à la violence charnelle et sociale exercée sur le
corps hiérarchisé par les armes qui en sont l’instrument meurtrier.
L’animal prédateur mange sa proie sans haine,
il se nourrit. Le guerrier, habitué à l'humiliation hiérarchique, omniprésente dans
les rangs de chaque armée, applique plutôt de façon pavlovienne son pouvoir horrible
et misérable sur plus faible que lui, éprouvant une haine atroce envers le bouc
émissaire que la propagande a vidé de sa véritable humanité. Tout ennemi est
toujours chargé de péchés idéologiques et de prétendues trahisons dont le
prédateur humanoïde a religieusement besoin pour s’abandonner à l’ivresse de tuer
et violenter sans raisons biologiques. Un peu de Vodka, de Whisky, ou quelques
amphétamines, selon l'appartenance culturelle et politique, mais surtout la
frustration accumulée jusqu'à l'inhumain de la peste émotionnelle, aident à
brûler avec une joie macabre un village vietnamien, à violer et tuer en
Afghanistan, au Kosovo, en Ukraine ou ailleurs. Partout, n'importe quel État autorise
les pestiférés au service de ses hiérarchies dominantes à exercer leur
phallicisme sexuel et social en agitant au vent des différentes idéologies
étatiques le drapeau de l'impuissance orgastique et du pouvoir meurtrier qui
est au cœur de la violence autoproclamée légitime et exercée par l’État. L’essence
de tout fascisme gît dans la peste émotionnelle répandue. Son comportement
habituel, monstrueux, est plein d’une haine qui, comme dans tout mal banalisé, refoule
toute sensibilité en ricanant parmi les cadavres dans une orgie sadique. La
civilisation productiviste en est le coupable principal, incontestable. C’est
elle qu’il faut condamner et bannir définitivement pour crime contre
l'humanité.
Sergio Ghirardi Sauvageon, le 14 avril 2022
PS C’est à la suite de cette réflexion que j’ai décidé de vous reproposer ici
un émouvante entretien avec Marija Gimbutas, deux années avant sa mort. Mon
amitié émue, sans dieux ni maîtres, va à cette petite fée archéologue du
quotidien que je trouve prophétique d’humanité, plus que jamais aujourd’hui, quand
l’inhumanité productiviste déferle par toutes les égouts postkourganiques.
Entretien
avec Marija Gimbutas
[Le texte original (1992) est en anglais]
Entretien avec Marija Gimbutas
[Le texte
original (1992) est en anglais]
David: Qu'est-ce qui est à l'origine de votre
intérêt pour l'archéologie et les dimensions mythologiques des religions de la
déesse de l’Europe ancienne?
Marija:
Cela doit avoir eu à faire avec toute ma vie, je pense. J'étais toujours un
mouton noir. J'ai travaillé sur ce que j'ai vu avec mes propres yeux – jusqu'à ce jour, en fait. J'étais très
indépendante. Ma mère était également très indépendante. Elle était une des
premières étudiantes de médecine en Suisse et en Allemagne quand il n'y avait
aucune autre fille étudiante. Je suis née en Lituanie, alors qu’il y avait
toujours cinquante pour cent de païens. J'ai eu énormément de liens directs aux
déesses. Elles étaient autour de moi dans mon enfance. La déesse Laima était
là, elle pouvait appeler la nuit et regarder par les fenêtres. Quand une femme accouche
elle apparaît et la grand-mère organise les choses. Elle s'occupe des
serviettes de la déesse et des tissus sont étendus pour elle, parce qu'elle
tisse la vie, elle est la fileuse. Maintenant elle est peut être en voie de
disparition, mais il y a cinquante ans elle était toujours là.
Rebecca: Quand vous parlez des païens, voulez-vous
dire des personnes vivant à la campagne, près de la nature ?
Marija:
Oui, la Lituanie a été christianisée seulement au quatorzième siècle et même
alors cela n'a pas signifié grand chose parce qu’il a été fait par des
missionnaires qui ne comprenaient pas la langue et la campagne est restée
païenne pendant au moins deux ou trois siècles. Puis, sont arrivés les Jésuites
qui ont commencé à convertir des gens au seizième siècle.
Dans
quelques endroits, jusqu'au dix-neuvième et vingtième siècle, il y avait une
croyance vivace dans les déesses et toutes sortes d'êtres. Ainsi dans mon
enfance j'ai été confrontée à beaucoup de choses qui étaient presque
préhistoriques, je dirais. Ainsi, quand j'ai étudié l'archéologie, saisir ce
que signifient ces sculptures était plus facile pour moi que pour un
archéologue né à New York, qui ne sait rien au sujet de la vie à la campagne en
Europe (rires).
Au début
j'ai étudié la linguistique, l'ethnologie et le folklore. J'ai collecté le
folklore moi-même quand j'étais au lycée. Et il y avait toujours une
question : quelle est ma propre culture? J'ai entendu beaucoup de choses
au sujet des Indo-européens et que notre langue lithuanienne, était une langue
indo-européenne très ancienne et conservatrice. J'étais intéressée à cela. J'ai
étudié l'indo-européen et des études comparatives indo-européens et il n'y
avait, alors, aucune question au sujet de ce qui avait précédé les
Indo-Européens. Il était suffisant de savoir que les Indo-européens étaient
déjà là (rire). La question de ce qui était là avant est venue beaucoup plus
tard.
Puis, en
raison de la guerre, j'ai dû me sauver de Lituanie. J'ai étudié en Autriche, à
Vienne, puis j'ai obtenu mon PH. D en Allemagne. Je continuais toujours à être
intéressée par ma propre culture lithuanienne ancienne et j'ai ajouté d’autres éléments
à mes études officielles. Je faisais de la recherche sur le symbolisme et j'ai rassemblé
des matériaux dans des bibliothèques. Ceci est donc un trait de mon
intérêt : religion antique, religion païenne et symbolisme. Ma thèse a été
également reliée à cela. Elle était au sujet des rites d'enterrement et la
croyance dans la vie après la mort, elle a été éditée en Allemagne en 1946.
Alors je
suis venue aux Etats-Unis et ai eu l'occasion de commencer des études en
archéologie européenne orientale et en 1950 je suis devenu une chercheuse à
Harvard pendant douze années. J'ai dû repartir de zéro parce qu'il n'y avait
personne aux Etats-Unis qui était vraiment informé au sujet de la Russie ou de l'Union
soviétique dans les périodes préhistoriques. Ainsi on m'a invité à écrire un
livre sur la préhistoire européenne orientale et j'ai passé environ quinze ans
à le faire. Ce fut donc cela la base de mon apprentissage.
Rebecca: Aviez-vous prévu l'intérêt incroyable que
cette recherche nourrirait ?
Marija:
Non. À ce moment-là j'étais juste une archéologue effectuant son travail,
étudiant tout ce que je pouvais. Et après sont venus les études de l'âge du
bronze, et cela m'a donné un autre aspect de la culture indo-européenne. Dans mon
premier livre sur l'archéologie européenne orientale, je commençais à
développer mon hypothèse sur les origines indo-européennes de l'Europe et cette
hypothèse est toujours là et n'a pas beaucoup changé.
Rebecca :
Pourriez-vous décrire votre
hypothèse ?
Marija:
Ces peuples proto-indo-européens venus de Russie du sud en Europe, ont importé
la culture indo-européenne en hybridant la culture européenne. La culture ancienne
s’est mélangée aux nouveaux éléments :
la steppe, les éléments pastoraux et patriarcaux. Donc, déjà à ce moment-là, il
y a trente ans, je sentais qu'il y avait eu autre chose en Europe avant les
Indo-Européens. Mais je n'avais toujours rien fait au sujet de la déesse, des
sculptures, de l'art ou de la poterie peinte. J'avais juste su que cela avait
existé mais je n'avais pas vraiment eu la chance de plonger dans le terrain.
L'occasion
est apparue quand je suis venu à l'UCLA en 1963 et à partir de 1967 j'ai
commencé des fouilles en Europe du sud-est, en Yougoslavie, en Grèce et en Italie,
et j'ai fait cela pendant quinze années. Quand je voyageais en Europe et avec
les visites des musées, je commençais déjà à comprendre ce qu'était cette
culture avant les Indo-Européens, avant le patriarcat.
C'était
toujours un grand point d'interrogation pour moi : que pouvait-elle être ?
C'est si différent. La poterie peinte, par exemple, une belle poterie. Et puis
les sculptures. Personne n'écrivait vraiment à son sujet. Il n’y avait
tellement, partout où vous allez vous en trouvez des centaines et des
centaines. J’enregistrais juste dans ma tête ce que j'avais vu. Alors j'ai
commencé mes propres fouilles et j'ai découvert moi-même au moins cinq cents
sculptures.
Rebecca: A quelle profondeur avez-vous dû creuser ?
Marija:
Cela dépendait. Parfois sur un chantier de 5.000 a.C. les pièces se trouvaient
sur le dessus. Vous pouviez marcher parmi les maisons d'il y a 7.000 ans !
D'autres fois vous deviez creuser profondément pour trouver des pièces.
Habituellement vous fouillez les emplacements qui sont déjà exposés, qui sont
connus et où les gens trouvent des objets de grand intérêt. Beaucoup de choses
ont été détruites de cette façon. Quelques fouilles intéressantes ont été
faites, particulièrement en Grèce et moi j'ai commencé à comprendre de plus en
plus au sujet des sculptures. Je ne sais pas comment cela s'est produit, à quel
moment, mais j'ai commencé à distinguer certains types et leurs répétitions.
Par exemple, la déesse oiseau et la déesse serpent, les plus faciles à
distinguer.
Ainsi
j'ai lentement amassé de plus en plus d'informations. Mon premier livre
s'appela Goddesses and Gods of Old Europe (« Déesses
et dieux de la vieille Europe »). En fait la première édition en
anglais s'est appelée « Dieux et
déesses de la vieille Europe », parce qu'on ne m'a pas permis d'employer
« déesses » avant « dieux ».
David :
A cause de qui ? Était-ce l'éditeur ?
Marija:
Oui. L'éditeur ne me l'a pas permis. Huit ans après une deuxième édition est
sortie avec le titre original, « Déesses et dieux de la vieille
Europe ».
Rebecca: La première édition pourrait un jour avoir beaucoup
de valeur (rire). Votre travail est dirigé vers un public très large et même
vers des gens qui n'ont pas un bagage culturel de fond mais une compréhension
intuitive de ce que vous dites.
Marija:
Les personnes intuitives sont toujours les premières. Le milieu universitaire arrive
après, parce que ses membres sont moins intuitifs (rire).
Rebecca: Pourriez-vous brièvement nous décrire les
différences principales entre les vieilles traditions européennes de la déesse
et le patriarcat indo-européen qui est arrivé à dominer, et quels aspects de la
culture patriarcale l'ont poussé à vouloir soumettre le système matrifocal ?
Marija: Les systèmes symboliques sont
très différents. Tout ceci reflète la structure sociale. La structure sociale
indo-européenne est patriarcale, patrilinéaire et la psychologie est guerrière.
Chaque Dieu est également un guerrier. Les trois dieux indo-européens
principaux sont le Dieu du ciel brillant, le Dieu des enfers et le Dieu du
tonnerre. Les déesses féminines ne sont que des mariées, des épouses ou des jeunes
filles sans aucun pouvoir, sans aucune créativité. Elles sont juste là, ce sont
des beautés, ce sont des Vénus, comme l'aube ou jeune fille du soleil.
Ainsi, le système de ce qui
existait en Europe dans la culture matristique avant les Indo-Européens était
totalement différent. Je l'appelle matristique et non matriarcal, parce que
matriarcal suscite toujours des idées de domination et est assimilé au
patriarcat. En revanche, c'était une société équilibrée, où les femmes
n'étaient pas vraiment si puissantes qu'elles auraient usurpé tout qui ce qui
était masculin. Les hommes étaient à leur position légitime, ils effectuaient
leur propre travail, ils avaient leurs fonctions et aussi leur propre pouvoir.
Ceci est reflété dans leurs symboles où on trouve non seulement des déesses
mais également des dieux. Les déesses étaient créatives, créatrices
d'elles-mêmes. Dès 35.000 a. C., nous pouvons voir dans des symboles et des
sculptures, que les parties du corps féminin étaient des parties créatives:
seins, ventre et fesses. C'était une vue différente de la nôtre qui n'a rien à voire
avec la pornographie.
La vulve, par exemple, est un des
symboles les plus tôt gravés, et on le lie symboliquement à la croissance, à la
graine. Parfois à côté se trouve un motif de branche ou de plante. Cette sorte
de symbole est très durable, il persiste pendant 20.000 ans au moins. Même aujourd’hui,
dans quelques pays, la vulve est un symbole qui offre une sécurité de créativité,
de continuité et de fertilité.
Rebecca: Pourquoi la culture patriarcale a-t-elle
choisi de dominer ?
Marija:
C'est dans sa culture elle-même. Ils avaient des armes et des chevaux. Le
cheval est apparu seulement avec les envahisseurs qui ont commencé à venir de
Russie du sud, et dans la vieille Europe il n'y avait pas d’armes – pas de poignards, pas d’épées. Il y avait les
armes justes pour la chasse. Les habitations étaient très différentes. Les
envahisseurs étaient des peuples semi-nomades et en Europe il y avait des
agriculteurs vivant dans un territoire pendant longtemps, plutôt dans les
endroits les plus beaux.
Quand ces
guerriers sont arrivés, ils se sont établis dans les hautes collines, parfois
dans des endroits à l’accès très difficile. Ainsi, dans chaque aspect de la
culture je vois une opposition et donc je suis de l'opinion que cette ancienne culture
européenne locale n’aurait pas pu évoluer vers une culture patriarcale, guerrière
car ce serait trop soudain. Nous avons des preuves archéologiques qu’il
s’agissait d’un affrontement. Et puis, bien sûr, qui commence à dominer ?
Ceux qui ont des chevaux, qui ont des armes, qui ont de petites familles et qui
sont plus mobiles.
Rebecca: A votre avis, à quoi rassemblait la vie
quotidienne des personnes vivant dans la société matri centrique ?
Marija:
La religion a joué un énorme rôle et le temple était une sorte de centre de la
vie. Les plus beaux artefacts étaient produits pour le temple. Ils étaient très
reconnaissants pour ce qu'ils avaient. Ils devaient toujours remercier la
déesse, lui offrir des dons, l'apprécier. La grande prêtresse et la reine
étaient une seule et même personne et il y avait une sorte de hiérarchie des
prêtresses.
David: La religion de la déesse était-elle
fondamentalement monothéiste ?
Marija:
C'est très difficile répondre à cette question. Était-elle monothéiste ou pas ?
Y avait-il une déesse ou n'y en avait-il pas ? Le moment viendra où nous
en saurons plus, mais actuellement nous ne pouvons pas aller loin dans la
préhistoire. Ce que je vois, c’est que très tôt, dès le Paléolithique supérieur,
nous avons déjà différents types de déesses. Est-ce que ce sont des déesses différentes
ou des aspects changeants d'une même déesse ?
Avant
35.000 ou 40.000 a. C. il n’y a presque pas d’art, mais le type de la déesse
avec de grands seins, fesses et ventre, a existé très tôt dans le Paléolithique
supérieur. Les déesses serpent et oiseau sont également du Paléolithique
supérieur, au moins trois types principaux étaient déjà là. Mais plus tard,
dans la culture Minoenne en Crète, par exemple, on a une déesse qui a tendance
à être plus une déesse que plusieurs. Même les déesses serpent qui existent en
Crète, sont très liées avec la déesse principale qui est montrée sur un trône
ou adorée dans des cryptes souterraines.
Même dans
les temps plus anciens, il y avait, peut-être, également une corrélation très
étroite entre les différents types représentés. Après tout, on pourrait, peut-être,
arriver à la conclusion que même celle que nous tendons maintenant à appeler « religion
de la déesse » était déjà une religion monothéiste. Nous devons juste nous
rappeler qu'il y avait beaucoup de types différents de déesses.
Rebecca: Voyez-vous des restes de la religion de la
déesse dans différentes religions dans le monde aujourd'hui ?
Marija:
Oui, beaucoup. La Vierge Marie est toujours extrêmement importante. Elle est, effectivement,
l'héritière de plusieurs types de déesses. Elle représente celle qui donne la
vie, elle est aussi la régénératrice et la mère de la terre en même temps.
Cette mère de la terre nous pouvons la tracer tout à fait profondément dans la
préhistoire; elle est le type de la femme enceinte toujours presente, peut-être,
pendant 20.000 années, très bien préservée dans pratiquement chaque secteur de
l'Europe et d'autres régions du monde.
David: Voyez-vous l'hypothèse Gaïa comme une
réapparition de la religion originale de la déesse ?
Marija:
Je pense qu'il y a un certain rapprochement, peut-être dans un sens jungien.
Cette culture a existé tellement profondément et pour longtemps qu'elle ne peut
pas être sans influence sur notre pensée.
Rebecca: Elle doit avoir conditionné nos esprits
pendant longtemps. Comment répondez-vous à la critique que la religion de la
déesse était juste un rite de fertilité ?
Marija:
Comment est-ce que je réponds à toutes ces critiques stupides? (rire). Les gens
qui disent cela ne sont généralement pas bien informés et n'ont jamais étudié
la question. La fertilité était importante pour la continuité de la vie sur
terre, mais la religion concernait la vie, la mort et la régénération. Nos ancêtres
n'étaient pas primitifs.
David: Avez-vous rencontré beaucoup de résistance de
la part de la communauté académique au sujet de vos interprétations ?
Marija:
Je ne dirais pas beaucoup, mais en partie, oui. C'est normal. Pendant des
décennies les archéologues ont rarement abordé le problème de la religion.
Rebecca: Si loin dans le temps, vous voulez
dire ?
Marija:
Bien, ils ont probablement accepté l'existence de la religion du Paléolithique
supérieur et du néolithique, mais la formation était telle que les étudiants
n'ont aucune occasion d'affronter ces questions. Il n'y avait aucun
enseignement au sujet de la religion préhistorique. Seulement dans quelques
endroits, comme à l'université d'Oxford, il y a soixante ou soixante-dix ans,
le professeur James enseignait un cours sur la déesse. Personne à ce moment-là
ne résistait. Maintenant nous avons plus de résistance en raison du mouvement
féministe. Certains n'acceptent pas automatiquement.
Ce genre
de critique (rejet de la déesse) est sans signification pour moi. Ce qui est
vrai est vrai, et ce qui est vrai restera. Peut-être, j'ai fait quelques
erreurs en déchiffrant les symboles, mais j'essayais continuellement de
comprendre plus. Actuellement j'en sais plus que quand j'écrivais il y a trente
ans. Mon premier livre n'était pas complet, donc j'ai dû écrire un autre livre et
un autre encore pour en dire plus. C'est un long processus.
Rebecca: N'était-ce pas incroyablement difficile de
trouver des sources écrites et des références pour votre recherche ?
Marija:
Il y en avait si peu, c'était étonnant ! Il y avait quelques bons livres
dans les années 50. En 1955 un livre a été édité sur la déesse mère par un
psychologue jungien, Eric Neumann. Il y avait les travaux très bons sur le
symbolisme de Mircea Eliade.
Rebecca: Lorsque j'ai essayé de mettre la main sur
certains de vos livres à la bibliothèque, ils étaient tous empruntés et le
bibliothécaire a dit que c'était normalement le cas, donc les ouvrages sur ce
sujet sont définitivement demandés maintenant.
Marija:
Je n'ai jamais rêvé de ça. J'ai toujours pensé que les livres d'archéologie ne
sont pas lus généralement et que vous écrivez juste pour vos collègues.
David: Avez-vous été surprise pendant vos fouilles
et celles des autres, par les conceptions avancées des habitats et des
règlements de la religion de la déesse ?
Marija:
Oui, je l'ai été. C'était une révélation, de voir que la culture suivante est beaucoup
moins avancée que la plus ancienne. L'art est incomparablement inférieur à ce
qu'il était avant et c'était une civilisation de 3.000 ans, plus ou moins,
avant qu'elle ait été détruite. Depuis trente années nous avons maintenant la
possibilité de dater, en utilisant le carbone 14. Quand j'ai commencé à faire
ma recherche, la chronologie était si peu claire et nous travaillions tellement
dur pour comprendre à quelle période l'objet avait appartenu. Alors dans les
années 60 c'est devenu tellement plus facile. J'ai dépensé beaucoup de temps à
faire la chronologie, qui est travail très technique.
Cela nous
a donné une perspective sur la façon dont ces cultures duraient et on pouvait
voir un beau développement du plus simple au très sophistiqué, dans
l’architecture des temples. Quelques maisons et temples avaient des murs
peints. Catal Huyuk était une si grande découverte en Anatolie. Les peintures
des murs ont été seulement éditées en 1889, vingt-cinq ans après la fouille de
Myler. Cent quarante peintures des murs – et
certains archéologues ne le croyaient pas parce qu'elles sont si sophistiquées.
Et c'était au 7ème millénaire !
Rebecca: Pensez-vous que la société matri centrique
aurait pu subsister dans les villes, ou pensez-vous que la nature de la
religion et du style de vie l'ont gardée petite, généralement pas plus grand
que le village moyen ?
Marija:
Elle aurait subsisté dans les villes. Elle a commencé à se développer en
culture urbaine, particulièrement dans le secteur de la civilisation de
Cucuteni qui est située en Roumanie et dans la région occidentale de l'Ukraine.
Là il y avait des villes de dix à quinze mille habitants autour de 4.000 a. C.
Le développement urbain a commencé, mais il a été tronqué.
Rebecca: Vous avez dit de que vous pensez que la
signification de l'art préhistorique et de la religion peuvent être déchiffrés
et que nous devons analyser l'évidence du point de vue de l'idéologie.
Pensez-vous que nous pouvons honnêtement le faire sans être indûment biaisés
par nos propres idéologies ?
Marija :
C'est toujours difficile. La plupart des archéologues ont une grande difficulté
à accepter que la vie était si différente. Par exemple, un fouilleur édite le
plan d'un village. C'est un village circulaire en cercle concentrique de
maisons et au centre il y a une maison également. L'explication qui vient
immédiatement : ici c'est la maison d'un chef de clan et autour d'elle sa
suite et le dernier anneau autour c'est le commun des habitants.
Cependant,
quand on analyse le matériel, c'est totalement l'inverse. Le grand cercle
comprenait les plus importantes maisons, les plus grandes avec les meilleurs
planchers, ensuite en pénétrant vers l'intérieur du cercle, les maisons plus
petites étaient au milieu. Ainsi on peut écrire des anecdotes au sujet de
l'interprétation parce qu’on voit seulement par le prisme du vingtième siècle.
David: Qu'indique votre recherche au sujet du
statut social des femmes dans la culture pré-Indo-Européenne ?
Marija:
Les femmes étaient des êtres égaux, c'est absolument clair, et peut-être plus
honoré parce qu'elles avaient plus d'influence dans la vie religieuse. Le temple
fonctionnait par les femmes.
Rebecca: Que diriez-vous de la vie politique ?
Marija : Mes résultats suggèrent que la vie politique était
structurée par le système avunculaire – naturellement, c'est une hypothèse, vous ne
pouvez pas la reconstruire facilement, mais nous pouvons juger de ce qui reste
dans des périodes postérieures et de ce qui existe toujours en mythologie,
parce que cela reflète encore la structure sociale. Les gouvernants du
pays : la reine qui est également la grande prêtresse mais aussi le frère
ou l’oncle. Le système s'appelle donc avunculaire
par dérivation du mot latin « oncle » (avunculus). L'homme, le frère ou
l'oncle, étaient très importants dans la société, et probablement les hommes et
les femmes étaient tout à fait égaux. En mythologie on rencontre les couples sœur-frère
de déesses féminines et de dieux masculins.
Il est erroné de dire que c'est
juste une culture de la femme, qu'il y avait juste une déesse et aucun dieu.
Dans l'art le male est moins représentés, c'est vrai, mais les dieux masculins existaient,
il n'y a pas de doute. Dans toutes les mythologies, par exemple, en Europe
(germanique, celtique ou baltique), on trouve la mère de la terre ou la déesse
de la terre et son compagnon ou contrepartie masculine à côté d'elle.
Il y a aussi d'autres couples
comme la déesse de la nature, régénératrice, qui apparaît au printemps et donne
la vie à tous les animaux de la terre, aux humains et aux plantes. C'est
Artemis dans la mythologie grecque. Elle s'appelle la Maîtresse des animaux, et
il y a également des contreparties masculines du même type : le Maître des
animaux. Ses représentations apparaissent à Catal Huyuk dans le 7ème Millénaire
a. C. et elles sont là tout au long de la préhistoire, il ne faut donc pas
négliger cet aspect. Il y a un équilibre entre les sexes partout, dans la
religion et dans la vie.
David: Y a-t-il des preuves que le changement fut
violent et combien le peuple a essayé de se défendre ?
Marija:
Ce fut violent, mais combien ils se sont défendu c'est difficile de le dire.
Mais ils furent perdants. Il y a des preuves de migration et de fuite de ces
événements violents et beaucoup de confusion, beaucoup de déplacements de
population. Les gens ont commencé à se sauver dans des endroits comme les îles
et les forêts et les territoires les plus accidentés. Dans les villages on
trouve l'évidence des meurtres.
Rebecca: Que est-ce que diriez-vous des Kourganes,
cette culture envahissante, a-t-elle toujours été patriarcale, quand le
patriarcat commence-t-il ?
Marija:
C'est une question très sérieuse à laquelle les archéologues ne peuvent pas
répondre encore, mais on peut voir que le patriarcat était certainement déjà là
autour 5.000 a.C. et que le cheval a été domestiqué ensuite.
Rebecca: Pensez-vous qu'il soit sorti d'une société
précédemment « matri centrique » ?
Marija:
Il doit en avoir été ainsi. Mais le problème c'est qu'exactement là, en Russie
du sud, où il est décisif de savoir, nous n'avons pas d'évidences. Nous n'avons
aucune fouille étendue dans cette région avant 5.000 a.C.
Rebecca: Le texte sacré que vous avez traduit de la
culture de la déesse, s'est-il jamais développé, pour autant que vous sachiez,
en phrases ou expressions ?
Marija:
Là encore, c'est à l'avenir d'en décider. Il est possible que ce fût un texte
syllabique et il se serait probablement développé en quelque chose si la
culture n'avait pas été détruite. Le script est perdu dans la majeure partie de
l'Europe et c'est en Europe orientale et centrale qu’on a la plupart des signes
préservés. A l'âge du bronze, à Chypre et en Crête, le script a persisté, lié à
ce qu'il était au cinquième millénaire a. C. Une partie est préservée mais nous
n'avons pas de liens très clairs pourtant en raison de ce changement de
culture.
Les chercheurs
se penchent sur cette question et j'espère qu'elle sera déchiffrée d'une manière
ou d'une autre. La difficulté est que cette langue pré-indo-européenne est très
peu étudiée. On étudie les substrats des langues en Grèce et en Italie, mais la
plupart du temps ce qu'on peut reconstruire ce sont des noms de lieux comme
Knossos qui est un nom pré-indo-européen. Le mot « pomme », par
exemple, est d’origine pré-indo-européenne, ainsi les linguistes, peu à peu,
mot par mot, découvrent quels mots ne sont pas indo-européens. Des noms pour
des graines, pour des différents arbres, plantes, animaux, sont facilement
reconstitués. Il y a aussi plusieurs noms pré-indo-européens pour la même chose
(comme pour le porc) et tous les deux étaient employés; certaines langues
emploient le nom pré-indo-européen, d'autres des noms indo-européens ou tous
les deux.
C'est un
champ de recherche qui devrait être encore développé à l'avenir et je pense que
je suis en train de créer une influence dans ce secteur. Il est extrêmement
important d'avoir une recherche interdisciplinaire. Pendant longtemps dans les
universités, il y avait plusieurs départements et aucun raccordement entre eux.
L'archéologie était ainsi privée des raccordements avec les études linguistiques,
la mythologie et le folklore.
Rebecca: Vous avez parlé de la nécessité d'un champ
de l'archéomythologie.
Marija:
Oui. Et si on n'ignore pas les autres disciplines, on commence à voir beaucoup
plus de choses. C'est une telle révélation de voir dans la mythologie des
éléments vraiment anciens qu’on peut appliquer à l'archéologie. Pour quelques archéologues
ce n'est pas de la science, bien, d’accord, laissez qu’on dise que ce n'est pas
de la science! Peu importe comment on l'appelle (rire).
Rebecca: Beaucoup de gens croyaient que le langage a
commencé avec les hommes à la chasse, et maintenant on penche davantage vers
l’idée qu'il a commencé à la maison. Quand et comment pensez-vous que le langage
s'est d'abord développé ?
Marija:
Tôt, très tôt, dans le Paléolithique inférieur. Et il s'est développé dans la
famille. Quelques linguistes font des recherches sur les premiers mots connus
et quelques formations prouvent que certains mots sont très, très vieux et ils
existent partout dans le monde.
David: Vous avez rassemblé beaucoup de contes du folklore
européen. Alors que des mythes de la création sont découverts dans presque
chaque culture du monde, en avez-vous trouvé concernant ce thème ?
Marija:
Oui. Comme l'oiseau d'eau et l'œuf cosmique. Le monde commence par un œuf et
l'oiseau d'eau apporte l'œuf, puis l'œuf s’ouvre et une partie devient la terre,
l'autre le ciel.
David: Avez-vous trouvé des contes du folklore
lithuanien en rapport avec l'histoire d'Adam et d'Eve ?
Marija:
Non. Mais il est intéressant que la première épouse d'Adam ait été Lilith. Et
qui était Lilith? Elle était un oiseau de proie, la déesse vautour de la mort
et de la régénération. Elle était celle qui plus tard est devenue la sorcière, donc
elle était très puissante. Elle s’est envolée. On ne pouvait pas la commander.
Alors la deuxième épouse est sortie de la côte d’Adam, ainsi elle était
naturellement obéissante et est restée avec lui (rire).
Rebecca: Il y a tant de transmutations de la déesse
dans la mythologie et le folklore qui partent d'une image positive pour se
développer en négative. Voyez-vous ceci comme une tentative consciente de
déformer le féminin ?
Marija:
Oui c'est ainsi. Le christianisme a fait cela parce qu'il a senti le danger.
Ils ont diabolisé celle qui était la plus puissante. Celle qui pouvait accomplir
beaucoup de choses, qui était liée aux événements atmosphériques, aux pluies et
aux orages. C'est donc la déesse qui règne sur la mort et la régénération,
celle qui est devenue la sorcière. Elle était donc vraiment puissante et à
l’époque de l'Inquisition, elle est décrite comme vraiment dangereuse.
Dans
diverses descriptions on peut sentir qu'il y avait de la peur. Elle pouvait contrôler
la sexualité masculine, par exemple, elle pouvait arrêter la lune dans sa
croissance, elle déterminait l’équilibre des puissances vitales. Une telle
déesse pouvait faire beaucoup de dégats. Néanmoins, on doit comprendre pourquoi
elle faisait ça. Elle ne pouvait pas laisser les choses grandir éternellement,
elle a dû les arrêter, elle a causé la mort afin que le cycle de la vie
recommence. Elle est la régénératrice principale du monde entier, de toute la
nature.
Rebecca: Ainsi la culture patriarcale a dû rendre les gens effrayés par elle,
afin qu'ils l'abandonnent.
Marija:
Oui. Aux quinzième et seizième siècles, qui sont cruciaux pour cette mutation, elle
est devenue un Satan, un monstre. Cette image est toujours avec nous. Dans
chaque pays elle a été plus ou moins préservée. Dans le pays Basque, elle est
toujours là et très vivante. Elle est un vautour, elle vit en cavernes. Et parfois les bergers arrangent des croix de la
Science Chrétienne pour faire partir les vautours (rire).
David: Vous avez été en grande partie responsable
de la réémergence de la conscience de la déesse dans l'hémisphère occidental.
Que pensez-vous de la manière dont cette perspective est interprétée
socialement et politiquement ?
Marija:
L'interprétation de la déesse dans certains cas est un peu exagérée. Je ne puis
pas penser que la déesse telle qu'elle était puisse être reconstruite et
réintroduite dans nos vies, mais nous devons prendre le meilleur que nous
pouvons en saisir. La meilleure compréhension de la divinité elle-même. Le Dieu
chrétien punit, est fâché et ne s'adapte pas du tout à notre temps. Nous avons
besoin de quelque chose de mieux, de plus proche, quelque chose que nous
pouvons toucher et nous avons besoin de compassion, d'un peu d’amour, et
également d'un retour à la nature des choses.
Par une
compréhension de ce qu'était la déesse, nous pouvons mieux comprendre la nature
et nous pouvons établir nos idées de sorte qu'il soit plus facile pour nous de
vivre. Nous devons être reconnaissants pour ce que nous prenons, pour toute la
beauté, et la déesse est exactement cela. Elle est la nature elle-même. Ainsi
je pense que l'humanité devrait retrouver cela. Je ne pense pas que le
christianisme continuera pendant très longtemps, mais il est comme le
patriarcat, il n'est pas facile de s'en débarrasser (du rire) mais, d'une façon
ou d'une autre, ça viendra.
Rebecca: Le patriarcat a duré environs cinq mille ans
comparés à la culture de la déesse qui s'est maintenue probablement pendant des
millions d'années. Pourquoi a-t-elle duré si longtemps ?
Marija:
En raison de ce que j'ai dit. Il était normal d'avoir ce genre de divinité et
il fut absolument artificiel de créer un Dieu punitif et des guerriers qui stimulent
nos mauvais instincts.
David: Nombreux des thèmes importants dont vous
parlez sont des thèmes archétypaux bien connus qui se produisent pendant une
expérience psychédélique : donner la vie, renouveler la terre éternelle,
la mort et la régénération, le déploiement de l'énergie. Je suis curieux de
savoir si vous pensez que la culture des déesses d'Orient avait incorporé
l'utilisation des champignons ou d'un certain genre de plantes psycho actives
dans les rituels, et si vous prenez au sérieux la thèse de Terence McKenna pour
qui l'utilisation des psychédéliques était le secret qui a été perdu à Catal
Huyuk ?
Marija:
Je suis sûr qu'ils les ont employés. Cette connaissance existe toujours dans
les rituels comme Eleusis en Grèce où maintenant il est clair que les
psychédéliques étaient employés. De la description des champignons, peut-être
pouvez vous juger qu’ils étaient sacrés, mais cela n'est peut-être pas le plus
important. Sur les gravures de sceaux de Minos, par exemple, vous avez très
fréquemment indiqués les pavots. En outre, des graines de pavot ont été trouvés
dans des localités néolithiques, ils étaient donc conscients des effets des
pavots, ils les collectaient, les employaient et peut-être ils les faisaient
pousser comme d'autres plantes domestiques.
David: Pensez-vous que cela a influencé la culture ?
Marija:
Oui. Dans les rituels dionysiaques en Grèce qui peuvent remonter à des temps
bien plus anciens il y a toute cette danse, l'excitation, toujours à la limite,
au bord de la frénésie, presque à la folie. Cela existait aussi au
Paléolithique, je suppose, mais ce qu'ils utilisaient est difficile à dire. Nous
avons les graines de pavot, d’accord. Des champignons? Peut-être. Mais quoi
encore? Les preuves tangibles ne sont pas conserves par les archives archéologiques. Elles ont
disparu.
Rebecca: Que pensez-vous des différences signifiantes
entre une culture, comme la culture de déesse, dont la vision du temps est
cyclique, opposée à une culture comme la nôtre qui voit le temps comme
linéaire, progressant vers un avenir en attente ?
Marija:
Il est beaucoup plus facile de vivre quand vous pensez à un cycle. Je pense
qu'il est fou de penser à un développement linéaire comme dans la croyance
européenne dans la vie après la mort – si
vous êtes un roi, vous resterez un roi, et si vous êtes un héros, vous resterez
un héros (rire).
Rebecca: Cet aspect de la culture de la déesse,
l'idée que les choses voyagent par cycles, pensez-vous que cela les a rendu
beaucoup plus philosophes au sujet de la mort ?
Marija:
Beaucoup plus philosophes. Et c'est une très bonne philosophie. Que pouvez-vous
penser d’autre ? C'est le mieux. Toute l'évolution est tellement basée sur
cette pensée, sur la régénération de la vie et la stimulation des puissances vitales.
C'est la chose principale qui nous intéresse. Pour préserver les puissances vitales,
pour les réveiller à chaque printemps, pour voir qu’elles continuent et que la vie
prospère et s'épanouit.
David: Selon vous, quelle est l'importance de comprendre notre passé antique pour
faire face aux problèmes auxquels le monde est confronté aujourd'hui ?
Marija:
Eh bien, il est temps d'être plus paisibles, de se calmer (rire), et cette
philosophie apaise en quelque sorte, nous amenant à une certaine harmonie avec
la nature où nous pouvons apprendre à évaluer les choses. Et savoir que pendant
longtemps ont existé des cultures sans guerres est important, car la plupart
des gens du vingtième-siècle pensent que les guerres ont toujours existé.
Il y a
des livres qui insistent sur ce fait, suggérant des idées folles comme celle
qui prétend que l'agriculture et la guerre auraient commencé en même temps. Ils
disent que lorsque les villages ont commencé à se développer, la propriété a dû
être défendue, mais c'est non-sens! Il y avait une propriété, mais c'était une
propriété communale. En fait, c'était une sorte de communisme dans le meilleur
sens du mot. Il ne pourrait pas exister au vingtième-siècle. Et également ils
ont cru que dans la mort on est égaux. J'aime beaucoup cette idée. Vous ne
devez pas être reine ou un roi une fois que vos os sont rassemblés et mélangés avec
d'autres os (rire).
David: La renaissance est un des thèmes principaux
de votre travail, que pensez-vous personnellement qu'il arrive à la conscience
humaine après la mort ?
Marija:
Peut-être ce que pensaient les vieux Européens. Que l'énergie de la vie
continue à un certain degré et ne disparaît pas. Les différentes formes
individuelles disparaissent et finissent.
David: Pensez-vous qu'une partie de votre
individualité persévèrera ?
Marija:
Bien, ce que je laisse autour de moi maintenant, mon influence, ce que j'ai dit
dans mes livres continuera pendant un certain temps. Ainsi tout cela ne
s'éteint pas complètement.
Rebecca: Êtes-vous optimiste sur le fait qu'une
société d'association puisse être réalisée de nouveau ?
Marija:
Je ne sais pas si je suis optimiste. D'une certaine manière je pense que je le
suis, autrement il serait difficile de vivre –
vous devez avoir espoir. Mais le développement sera lent, c'est clair. Cela
dépend beaucoup de qui est au gouvernement. Notre vie spirituelle est remplie
d’images de guerre. On enseigne toute suite aux enfants à tirer et tuer. Ainsi
l'éducation doit changer, les émissions télévisées doivent changer. Il y a des
signes de cela, des voix se lèvent. Vous devez être optimiste d'une façon ou
d'une autre.
David: Marija, si vous pouviez condenser votre
travail dans un simple message, que serait-il ?
Marija: Bah,
je ne sais pas si je peux le dire en une phrase, mais, peut-être, une de mes
contributions principales est la reconstruction de la signification et des
fonctions de la déesse. Il s'est avéré, justement, que ce devait être moi et
pas quelqu'un d'autre. C'était juste le destin – Laima – qui m'a mené (rire).
[1] Marija Gimbutas, Kurgan
- Le origini della cultura europea, Medusa, Milano 2010; The
Prehistory of Eastern Europe. Part I: Mesolithic, Neolithic and Copper Age Cultures in Russia and the
Baltic Area, Cambridge (Mass.), Peabody Museum,
1956. Ici Gimbutas formule son hypothèse
Kourgane.
[2] La première a permis toutes les affabulations du fait de la rareté
objective de la documentation, la deuxième construit les délires de toutes
sortes que le pouvoir, imaginaire ou réel, invente et modifie, usant et abusant
de la capacité technologique à altérer les données d'une réalité qui peut être
conçue, déformée et manipulée sans fin.
[3] Ces monstrueux postchrétiens orthodoxes et postpseudosoviétiques sont
encore souvent marqués comme soviétiques – jamais comme chrétiens orthodoxes – par les experts militaires pro-occidentaux qui pullulent sur les écrans de
télévision.
[4] Société matri centrique sans État où les femmes
étaient libres.
[5] À ma grande surprise, dans les messes télévisées sans fin, j’ai entendu
quelques femmes invoquer clairement une réponse guerrière à la barbarie russe,
refoulant l'épouvantail atomique qui hante les consciences.
[6] Pour les autres hominidés qui ont tous fini par disparaître, mangés,
génocidés ou « créolisés » par le singe dominant qui s’est autoproclamé
sage, il n'est pas possible de
spéculer, sauf en fantasmant, sur ce qu'ils seraient devenus dans leur
évolution interrompue.
[7] En différentes phases (voir l’immense travail de recherche de M. Gimbutas),
quelques millénaires avant le début de l’histoire écrite et documentée par ceux
qui l'ont vécue.
[8] W. Reich, L’irruption de la morale
sexuelle, Payot, Paris 1972
[9]Vico de nouveau. Zone de départ des
invasions kourganes, la ville que le
fascisme poutiniste vient de réduire en ruines (Mariupol) se trouve aussi sur
la ligne de front où la communauté libertaire ukrainienne de la Machnovcina
(1917-1921) a vaincu les armées blanches contre-révolutionnaires de Denikine et
sauvé la révolution sociale naissante que les bolcheviks ont ensuite violée et
trahie au nom de leur fascisme rouge. Poutine et ses milices kourganes sont aussi les héritiers à la fois du
fascisme rouge pseudo-soviétique et du fascisme pro-tsariste blanc de cette
époque désormais lointaine, mais la tragédie absurde qui se déroule sur une
planète systématiquement violée par le productivisme planétaire multiforme et
patriarcal, frappe aussi bien les sujets des pseudo-démocraties à l'occidentale
que ceux des puissances explicitement dictatoriales comme la Russie et la
Chine.
Interview Gimbutas
DJB
David: What
was it that originally inspired your interest in the archaeological and
mythological dimensions of the Goddess orientated religions of Old Europe?
Marija: It
has to do with the whole of my life, I think. I was always a black sheep. I did
what I saw with my own eyes - to this day, in fact. I was very independent. My
mother was also very independent. She was one of the first students of medicine
in Switzerland and Germany when there were no other girls studying.
I was born in Lithuania when it was
still fifty percent pagan. I had quite a lot of direct connections to the
Goddesses. They were around me in my childhood. The Goddess Laima was
there, she could call at night and look through the windows. When a woman is
giving birth she appears, and the grandmother is there organizing things. She
has gifts for the Goddess towels and woven materials are laid for her, because
she weaves the life, she is the spinner. She may be on the way to disappear,
but fifty years ago she was still there.
Rebecca: When
you say pagans, you mean people living in the countryside, close to nature?
Marija: Yes, well
Lithuania was Christianized only in the fourteenth century and even then it
didn’t mean much because it was done by missionaries who didn’t understand the
language, and the countryside remained pagan for at least two or three
centuries. And then came the Jesuits who started to convert people in the
sixteenth century.
In some areas, up to the nineteenth
and twentieth century, there were still beliefs alive in Goddesses and all
kinds of beings. So in my childhood I was exposed to many things which were
almost prehistoric, I would say. And when I studied archaeology, it was easier
for me to grasp what these sculptures mean than for an archaeologist born in
New York, who doesn’t know anything about the countryside life in Europe.(laughter)
I first studied linguistics,
ethnology and folklore. I collected folklore myself when I was in high school. And
there was always a question: what is my own culture? I heard a lot about the
Indo-Europeans and that our language, Lithuanian, was a very old, conservative Indo-European
language. I was interested in that. I studied the Indo-European language and
comparative Indo-European studies, and at that time there was no question about
what was before the Indo-Europeans. It was good enough to
know that the Indo-Europeans were already there.(laughter) The
question of what was before came much later.
Then, because of the war, I had to
flee from Lithuania. I studied in Austria, in Vienna, then I got my Ph. D in
Germany. I still continued to be interested in my own Lithuanian, ancient
culture and I did some things in addition to my official studies. I was doing
research in symbolism and I collected materials from libraries. So that is one
trend in my interest - ancient religion, pagan religion and symbolism. My
dissertation was also connected with this. It was about the burial rites and beliefs
in afterlife and it was published in Germany in 1946.
Then I came to the United States
and had the opportunity to begin studies in eastern European archaeology and in
1950 I became a research fellow at Harvard and I was there for twelve years. I
had to learn from scratch because there was nobody in the whole United States
who was really knowledgeable about what was in Russia or the Soviet Union in
prehistoric times. So they invited me to write a book on eastern European
prehistory and I spent about fifteen years doing this. So that was my
background of learning.
Rebecca: Did
you anticipate the incredible interest that this research would fuel?
Marija: No.
At that time I was just an archaeologist doing my work, studying everything
that I could. And after than came the Bronze
Age studies, and this gave me another aspect on this
Indo-European culture. In my first book I wrote about eastern European
archaeology, I started my hypothesis on the Indo-European origins in Europe and
this hypothesis still works and hasn’t changed much.
Rebecca: Could
you describe your hypothesis?
Marija: These
proto-Indo-European people came from South Russia to Europe, introduced the
Indo-European culture and then European culture was hybridized. It was the old
culture mixed with the new elements - the Steppe, pastoral,
patriarchal elements. So already at that time, thirty years ago, I sensed that,
in Europe there was something else before the Indo-Europeans. But I still
didn’t do anything about the Goddess, about sculptures, or art, or painted
pottery. I just knew that it existed but I didn’t really have the chance to
dive into the field.
The occasion appeared when I came
to UCLA in 1963 and from 1967 I started excavations in south-east Europe, in
Yugoslavia, Greece and Italy, and did that for fifteen years. When I was
traveling in Europe and visiting museums I was already building some
understanding of what this culture was like before the Indo-Europeans, before
the patriarchy.
It was always a big question mark
to me; what could it be? This is so different. Painted pottery, for instance,
beautiful pottery. And then the sculptures. Nobody really was writing about it.
There were so many of them, wherever you went you found hundreds and hundreds.
I was just putting in my head what I saw. So then I started my own excavations
and I discovered at least five hundred sculptures myself.
Rebecca: How
deep did you have to dig?
Marija: It
depended. Sometimes at a site of 5,000 B.C, it was on top. You could walk
through the houses of 7,000 years ago! Other times you have to dig deep to
reach that. Usually you excavate sites which are already exposed, which are
known and where people are finding objects of great interest. Many things have
been destroyed in this way. Some interesting excavations were made, especially
in Greece and I started to understand more and more about sculptures. I don’t
know how it happened, at what moment, but I started to distinguish certain
types and their repetitions. For instance, the bird and snake goddess which are
the easiest to distinguish.
So I slowly added more and more
information. The first book was called Goddesses
and Gods of Old Europe. Actually
the first edition was called Gods and Goddesses of Old Europe, because
I was not allowed to use Goddesses first.
David: According
to who? Was it the publisher?
Marija: Yes.
The publisher didn’t allow me. In eight years a second edition appeared with
the original title, Goddesses and Gods of Old Europe.
Rebecca: That
first edition could be very valuable one day. (laughter) Your
work appeals to a very broad audience and even people who don’t have an
academic background often feel they have an intuitive sense of what you’re
saying.
Marija: The
intuitive people are always the first to say that. Then eventually academia
catches up, because these are the least intuitive. (laughter)
Rebecca: Could
you briefly describe to us the major differences between the old European
Goddess traditions and the Indo-European patriarchy which came to dominate, and
what aspects of the patriarchal culture caused it to want to control the
matrifocal one?
Marija: The
symbolic systems are very different. All this reflects the social structure.
The Indo-European social structure is patriarchal, patrilineal and the psyche
is warrior. Every God is also a warrior. The three main Indo-European Gods are
the God of the Shining Sky, the God of the Underworld and the Thunder God. The
female goddesses are just brides, wives or maidens without any power, without
any creativity. They’re just there, they’re beauties, they’re Venuses, like the
dawn or sun maiden.
So the system from what existed in
the matristic culture before the Indo-Europeans in Europe is totally different.
I call it matristic, not matriarchal, because matriarchal always arouses ideas
of dominance and is compared with the patriarchy. But it was a balanced
society, it was not that women were really so powerful that they usurped
everything that was masculine.
Men were in their rightful
position, they were doing their own work, they had their duties and they also
had their own power. This is reflected in their symbols where you find not only
goddesses but also, Gods. The Goddesses were creative, they are creating from
themselves. As far back as 35,000 B.C, from symbols and sculptures, we can see
that the parts of the female body were creative parts: breasts, belly and
buttocks. It was a different view from ours - it had nothing to do with
pornography.
The vulva, for instance, is one of
the earliest symbols engraved, and it is symbolically related to growth, to the
seed. Sometimes next to it is a branch or plant motif, or within the vulva is
something like a seed or a plant. And that sort of symbol is very long-lasting,
it continues for 20,000 years at least. Even now the vulva is a symbol in some
countries, which offers a security of creativity, of continuity and fertility.
Rebecca: Why
did the patriarchal culture choose to dominate?
Marija: This
is in the culture itself. They had weapons and they had horses. The horse
appeared only with the invaders who began coming from South Russia, and in old
Europe there were no weapons – no daggers, no swords. There were just weapons
for hunting. Habitations were very different. The invaders were semi-nomadic
people and in Europe they were agriculturalists, living in one area for a very
long time, mostly in the most beautiful places.
When these warriors arrived, they
established themselves high in the hills, sometimes in places which had very
difficult access. So, in each aspect of culture I see an opposition, and
therefore I am of the opinion that this local, old European culture could not
develop into a patriarchal, warrior culture because this would be too sudden.
We have archaeological evidence that this was a clash. And then
of course, who starts to dominate? The ones who have horses, who have weapons,
who have small families and who are more mobile.
Rebecca: What
was daily life like, do you think for the people living in the matrifocal
society?
Marija: Religion
played an enormous role and the temple was sort of a focus of life. The most
beautiful artifacts were produced for the temple. They were very grateful for
what they had. They had to thank the Goddess always, give to her, appreciate
her. The high priestess and queen were one and the same person and there was a
sort of a hierarchy of priestesses.
David: Was
the Goddess religion basically monotheistic?
Marija: This
is a very difficult question to answer. Was it monotheistic, or was it not? Was
there one Goddess or was there not? The time will come when we shall know more,
but at this time we cannot reach deep in prehistory. What I see, is that from
very early on, from the upper Paleolithic times, we already have different
types of goddesses. So are these different Goddesses or different aspects of
one Goddess?
Before 35,000 or 40,000 B.C there
is hardly any art but the type of the Goddess with large breasts and buttocks
and belly, existed very early in the upper Paleolithic. The snake and bird
Goddess are also upper Paleolithic, so at least three main types were there.
But in later times, for instance, in the Minoan culture in Crete, you
have a Goddess which tends to be more one Goddess than several. Even the snake
Goddesses which exist in Crete, are very much linked with the main Goddess who
is shown sitting on a throne or is worshipped in these underground crypts.
Perhaps, even in the much earlier
times, there was also a very close interrelationship between the different
types represented. So maybe after all, we shall come to the conclusion that
this was already a monotheistic religion even as we tend now to call it - the
Goddess religion. We just have to remember there were many different types of
goddesses.
Rebecca: Do
you see remnants of the Goddess religion in different religions throughout the
world today?
Marija: Yes, very much so. The
Virgin Mary is still extremely important. She is the inheritor of many types of
Goddesses, actually. She represents the one who is giving life, she is also the
regenerator and earth mother together. This earth mother we can trace quite
deep into prehistory; she is the pregnant type and continues for maybe 20,000
years and she is very well preserved in practically each area of Europe and
other parts of the world.
David: Do you see the Gaia
hypothesis as being a resurgence of the original Goddess religion?
Marija: I think there is some
connection, perhaps in a Jungian sense. This culture existed so deep and for so
long that it cannot be uninfluential to our thinking.
Rebecca: It must have conditioned
our minds for a long time. How do you respond to criticism that the Goddess
religion was just a fertility rite?
Marija: How
do I respond to all these silly criticisms? (laughter) People
usually are not knowledgeable who say that, and have never studied the
question. Fertility was important to continuity of life on earth, but the
religion was about life, death and regeneration. Our ancestors were not
primitive.
David: Did
you experience a lot of resistance from the academic community about your
interpretations?
Marija: I
wouldn’t say a lot, but some, yes. It’s natural. For decades archaeologists
rarely touched the problem of religion.
Rebecca: So
far back in time, you mean?
Marija: Well,
they probably accepted the existence of the Upper Paleolithic and Neolithic
religion, but the training was such that the students have no occasion to be
exposed to these questions. There was no teaching about prehistoric religion.
Only in some places, like in Oxford University, sixty or seventy years ago,
Professor James was teaching a course on the Goddess. Nobody at that time was
resisting. Now we have more resistance because of the feminist movement. Some
people are automatically not accepting.
This kind of criticism (i.e.
rejection of the Goddess) is meaningless to me. What is true is true, and what
is true will remain. Maybe I made some mistakes in deciphering the symbols, but
I was continually trying to understand more. At this time I know more than when
I was writing thirty years ago. My first book was not complete, therefore I had
to produce another book and another book to say more. It’s a long process.
Rebecca: Wasn’t
it incredibly difficult to find written sources and references for your
research?
Marija: There
was so little, it was amazing! There were some good books in the 1950′s. In
1955 a book was published on the mother Goddess by a Jungian psychologist, Eric
Neumann. Then there were very good works on symbolism by Mircea Eliade.
Rebecca: When I
tried to get hold of some of your books from the library they were all checked
out and the librarian said that this was normally the case, so works on this
subject are definitely in demand now.
Marija: I
never dreamed of that. I always thought that archaeology books are not
generally read and that you just write for your own colleagues.
David: Were
you surprised in yours and others’ excavations by the advanced designs of the
habitats and the settlements of the Goddess religion?
Marija: Yes,
I was. This was a revelation, to see that the later culture is much less
advanced than the earlier one. The art is incomparably lower than what was before,
and it was a civilization of 3,000 years, more or less, before it was
destroyed. For thirty years now we’ve had the possibility to date items, using
carbon dating. When I started to do my research, chronology was so unclear and
we were working so hard to understand what period the object belonged to. Then
in the 1960’s it became so much easier. I spent a lot of time doing chronology,
which is very technical work.
That gave us a perspective on how
long-lasting these cultures were, and you could see a beautiful development
from the more simple to the really sophisticated, in the architecture and the
building of temples. Some houses and temples were two stories high and had
painted walls. Catal Huyuk was such a great discovery in Anatolia. The wall paintings
there were only published in 1989, twenty-five years after Myler’s excavation.
One hundred and forty wall paintings - and archeologists don’t believe him
because it’s so sophisticated. And this is from the 7th millennium!
Rebecca: Do
you think the matrifocal society could have sustained cities, or do you think
that the nature of the religion and the lifestyle kept it small, usually no
bigger than the average village?
Marija: It
would have sustained cities. It did start to develop into an urban culture,
especially in one area of the Cucuteni civilization which is
presently Romania and the western part of the Ukraine. There we have cities of
ten to fifteen thousand inhabitants in around 4,000 B.C. So urban development
began, but it was truncated.
Rebecca: You
have said that you think the meaning of prehistoric art and religion can be
deciphered and that we need to analyze the evidence from the point of view of
ideology. Do you think that we can honestly do this without being unduly biased
by our own ideologies?
Marija: That’s
always difficult. Most archaeologists have great difficulty in accepting that
the life was so different. For instance, an excavator publishes a plan of a
village. This is a circular village in a concentric circle of houses and in the
center there is a house also. The explanation at once is, here is a chieftain’s
house and around him is his retinue and then the last ring around is everyone
else.
And then, when you analyze the
material, it is totally the reverse. The large ring of houses were the most
important houses, the largest houses with the best floors and so on, then
growing into the inside the smaller houses are in the middle. So you can write
anecdotes about the interpretation because we see only through the twentieth
century prism.
David: What
does your research indicate about the social status of women in the
pre-Indo-European culture?
Marija: Women
were equal beings, that is very clear, and perhaps more honored because they
had more influence in the religious life. The temple was run by women.
Rebecca: What
about the political life?
Marija: My
findings suggest that the political life - of course, it’s all hypothesis, you
cannot reconstruct easily, but we can judge from what remains in later times
and what still exists in mythology, because this again reflects the social
structure - was structured by the avuncular system. The rulers of the country;
the queen which is also the high priestess and also her brother or uncle. The
system is therefore called avuncular, which is from the word, uncle. The man,
the brother or uncle, was very important in society, and probably men and women
were quite equal. In mythology we encounter the sister-brother couples of
female goddesses and male gods.
It is wrong to say that this is
just a woman’s culture, that there was just a Goddess and there were no Gods.
In art the male is less represented, that’s true, but that the male Gods
existed, there’s no question. In all mythologies, for instance in Europe,
Germanic or Celtic or Baltic, you will find the earth mother or earth Goddess
and her male companion or counterpart next to her.
Also there are other couples like
the Goddess of Nature, Regenerator, who appears in the Spring and gives life to
all earth animals and humans and plants. She is Artemis in
Greek mythology. She is called Mistress of Animals, and there are also male
counterparts of the same kind called Master of Animals. His representations
appear in Catal Huyuk in the 7th Millennium B.C. and they are there throughout
prehistory, so we shouldn’t neglect that aspect. There is a balance between the
sexes throughout, in religion and in life.
David: Is
there any evidence that the takeover was violent and how much did the people try
to defend themselves?
Marija: It
was violent, but how much they defended themselves is difficult to tell. But
they were losers. There was evidence of immigration and escape from these
violent happenings and a lot of confusion, a lot of shifts of population.
People started to flee to places like islands and forests and hilly areas. In
the settlements you have evidence of murder.
Rebecca: What
about the Kurgan, invading culture, were they always patriarchal, when did the
patriarchy begin?
Marija: This
is a very serious question which archaeologists cannot answer yet, but we can
see that the patriarchy was already there around 5,000 B.C for sure and the
horse was domesticated not later than that.
Rebecca: Do you
think they came out of a previously matristic society?
Marija: It
must have been so. But the trouble is that exactly there, in South Russia,
where it is critical to know, we don’t have evidence. We have no extensive
excavations in that area of before 5,000 B.C.
Rebecca: The
`sacred script’ that you translated from the Goddess culture, did it ever
develop, as far as you know, into sentences or phrases?
Marija: Again,
that’s for the future to decide. It is possible that it was a syllabic script
and it would have probably developed into something if it were not for the
culture’s destruction. The script is lost in most of Europe and it is the
eastern and central Europe where we have most signs preserved. In the Bronze
Age, in Cyprus and in Crete, the script persisted which is much related to what
it was earlier in the 5th Millennium B.C. Some is preserved but we do not have
very clear links yet because of this culture change.
Scholars are looking into this
question and I hope it will be deciphered somehow. The difficulty is that this
pre-Indo-European language is studied very little. People study substrates of
languages in Greece and Italy, but mostly what they can reconstruct are place
names like Knossos which is a pre-Indo-European name. The word for apple, for
instance, is pre-Indo-European and so linguists little by little, word by word,
discover what words are not Indo-European. Names for seeds, for various trees,
plants, for animals, they’re easily reconstructed. And also there exist several
pre-Indo-European names for the same thing (like for the pig) and both are
used; some languages use pre-Indo-European, some languages use Indo-European
names, or both.
This is a field of research which
should be further developed in the future and I think I am creating an
influence in this area. It’s extremely important to have inter-disciplinary
research. For a long time in the universities, there was department,
department, department, and no connection between departments. Archaeology was
especially so, with no connection to linguistic studies and no connection with
mythology and folklore.
Rebecca: You’ve
talked about the need for a field of archéomythologie.
Marija: Yes.
And when you don’t ignore the other disciplines, you start seeing many more
things. That is such a revelation, to see in mythology really ancient elements
that you can apply to archeology. To some archeologists this is not science,
well, alright, let it not be science! It doesn’t matter what you call it. (laughter)
Rebecca: Many
people used to believe that language started with men in the hunt, and now
there’s more leaning towards the idea that it began in the home. When and how
do you think language first developed?
Marija: Early,
very early - lower Paleolithic. And it developed in the family. Some linguists
are doing research in the earliest known words, and some formations show that
certain words are very, very old and they exist all over the world.
David: You’ve
collected a lot of European folk-tales. As creation myths are found in almost
every culture in the world, have you found any that are relating to this theme?
Marija: Yes.
Like, the water bird and the cosmic egg. The world starts with an egg and the
water bird is bringing the egg, then the egg splits and one part of it becomes
earth and the other part becomes sky.
David: Have
you found any Lithuanian folk-tales to correlate with the story of Adam and
Eve?
Marija: No.
But it’s interesting that Adam’s first wife was Lilith. And who was Lilith? She
was a bird of prey, the Vulture Goddess of Death and Regeneration. She was the
one who later became the witch, so she was very powerful. She flew away. He
could not control her. Then the second wife was made from his rib, so she was
naturally obedient and stayed with him. (laughter)
Rebecca: There
are so many transmutations of the Goddess in mythology and folklore developing
from a positive image into a negative one. Do you see this as a conscious
attempt to distort the feminine?
Marija: Yes
it is. This is really Christianity’s doing, because they felt the danger. They
demonized the one who was the most powerful. The one who could perform many
things, who was connected with the atmospheric happenings, with rains and
storms. So this is the Goddess who rules over death and regeneration, the one
who became the witch. So she was really powerful and in the days of the
Inquisition, she is described as really dangerous.
From various descriptions you can
sense that there was fear. She could control male sexuality, for instance, she
could cut the moon and stop it growing, she was the balance of the life powers.
She could do a lot of damage, this Goddess. But you must understand why she
was doing this. She could not allow things to grow forever, she had to stop,
she caused the death in order to have the cycle from the beginning. She is the
main regenerator of the whole world, of all of nature.
Rebecca: So
the patriarchal culture had to make people afraid of her, so they would abandon
her.
Marija: Yes.
In the fifteenth and sixteenth centuries, which are critical for this change,
she became a Satan, a monster. This image is still with us. In each country she
is more or less preserved. In the Basque, she is still there and very much
alive. She is a vulture, she lives in caves. And sometimes shepherds arrange
Christian Science crosses to remove the vultures. (laughter)
David: You
have been largely responsible for the reemergence of Goddess consciousness in
the Western hemisphere. How do you feel about the way that this perspective is
being interpreted socially and politically?
Marija: The
interpretation of Goddess in some cases is overdone a little bit. I cannot see
that the Goddess as she was can be reconstructed and returned to our lives, but
we have to take the best that we can seize. The best understanding is of
divinity itself. The Christian God punishes and is angry and does not fit into
our times at all. We need something better, we need something closer, we need
something that we can touch and we need some compassion, some love, and also a
return to the nature of things.
Through an understanding of what
the Goddess was, we can better understand nature and we can build our
ideologies so that it will be easier for us to live. We have to be grateful for
what we have, for all the beauty, and the Goddess is exactly that. Goddess is
nature itself. So I think this should be returned to humanity. I don’t think
that Christianity will continue for a very long time, but it’s just like
patriarchy, it’s not easy to get rid of. (laughter) But
somehow, from the bottom up, it’s coming.
Rebecca: The
patriarchy has been around for about five thousand years compared to the
Goddess culture which was around for possibly millions. Why did it endure for
so long?
Marija: Because
of what I’ve been talking about. It was natural to have this kind of divinity
and it is absolutely unnatural to create a punishing God and warriors who are
stimulating our bad instincts.
David: A
lot of the major themes you discuss are well-known archetypal themes that occur
during a psychedelic experience: life-giving, the renewing of the eternal
earth, death and regeneration, energy unfolding. I’m curious about whether you
think that the Goddess-orientated cultures incorporated the use of mushrooms or
some kind of psychoactive plants into their rituals, and do you take
seriously Terence Mckenna’s notion that the use of psychedelics was the
secret that was lost at Catal Huyuk?
Marija: I’m
sure they had it. This knowledge still exists in rituals like Eleusis in Greece
where now it’s clear that psychedelics were used. From the depiction of
mushrooms, maybe you can judge that his was sacred, but this was perhaps not
the most important. From Minoan engravings on seals, for instance, you have
poppies very frequently indicated. Also, poppy seeds are found in Neolithic
settlements, so they were conscious about that, they were collecting, they were
using and maybe growing poppies like other domestic plants.
David: Do
you see it influencing the culture?
Marija: Yes.
From Dionysian rituals in Greece which can go back to much earlier
times you get all this dancing, excitement, always at the edge, to a frenzy,
almost to craziness. That existed even in the Paleolithic times, I would guess,
but what they used is difficult to reconstruct. We have the poppy seeds,
alright. Mushrooms? Maybe. But what else? The hard evidence is not preserved by
archaeological record. It’s disappeared.
Rebecca: What
do you think are the signifying differences between a culture, like the Goddess
culture, which views time as cyclical, as opposed to a culture like ours which
sees time as linear, progressing towards some waiting future?
Marija: It’s
much easier to live when you think of this cyclicity. I think it’s crazy to
think of a linear development like in the European beliefs in life after death
- if you’re a king, you will stay a king, and if you’re a hero, you’ll stay a
hero. (laughter)
Rebecca: That
aspect of the Goddess culture, the idea that things do travel in cycles. Do you
think this made them much more philosophical about death?
Marija: Much
more philosophical. And it’s a very good philosophy. What else can you think?
This is the best. And the whole of evolution is based so much upon this
thinking, on regeneration of life and stimulation of life-powers. This is the
main thing that we’re interested in. To preserve life-powers, to awaken them
each Spring, to see that they continue and that life thrives and flourishes.
David: What
relevance do you think that understanding our ancient past to dealing with the
problems facing the world today?
Marija: Well,
it’s time to be more peaceful, to calm down, (laughter) and
this philosophy is pacifying somehow, bringing us to some harmony with nature
where we can learn to value things. And knowing that there were cultures which
existed for a long time without wars is important, because most
twentieth-century people think that wars were always there.
There are books still stressing
this fact and suggesting such crazy ideas that agriculture and war started at
the same time. They say that when villages started to grow, the property had to
be defended, but that is nonsense! There was property, but it was communal
property. Actually, it was a sort of communism in the best sense of the word.
It could not exist in the twentieth-century. And also they believed that in
death you are equal. I like this idea very much. You don’t have to be queen or
a king once your bones are collected and mixed together with other bones. (laughter)
David: As
rebirth is one of the major themes of your work, what do you personally feel
happens to human consciousness after death?
Marija: Maybe
in the way the old Europeans were thinking. That the life-energy continues to a
certain degree, it does not disappear. Individual forms disappear and that’s
the end.
David: Do
you think part of your individuality perseveres?
Marija: Well,
that’s what I leave around me now, my influence, what I’ve said in my books -
this will continue for some time. So it does not completely die out.
Rebecca: Are
you optimistic that a partnership society can be achieved once again?
Marija: I
don’t know if I’m optimistic. In a way I think I am, otherwise it would be
difficult to live - you have to have hope. But that the development will be
slow, is clear. It very much depends on who is in the government. Our spiritual
life is so full of war images. Children are from the very beginning taught
about shooting and killing. So the education has to change, television programs
have to change. There are signs for that, there are voices appearing. So you
should be optimistic somehow.
David: Marija,
if you could condense your life’s work into a basic message, what would that
message be?
Marija: Well,
I don’t know if I can say it in one sentence, but maybe the reconstruction of
the meaning and functions of the Goddess is one of my major contributions. It
happened to be me and not somebody else. It was just fate - Laima - that led
me. (laughter)