Ho ricevuto questa presentazione in cui Miguel Amoros ha l'intento di proporre a quanti si oppongono ai progetti produttivisti una base teorica che li spinga oltre l’ecologismo e ve l’ho tradotta in italiano. Buona lettura. SGS
Nelle attuali condizioni storiche, gli agglomerati urbani sono
quasi esclusivamente centri di accumulazione di capitale. Così, sia loro che i
territori che parassitano si configurano secondo le esigenze del capitalismo.
Questo processo è chiamato metropolizzazione. È caratterizzato da una
urbanizzazione e deruralizzazione generalizzate, una separazione tra abitazioni
e luoghi di lavoro e una completa frammentazione del territorio. Tutto ciò
provoca una mobilità esacerbata, uno spreco di risorse e una produzione
insensata di rifiuti, con conseguenze disastrose per la vita e l'ambiente che
la contiene. Il fatto colpisce tutti gli ecosistemi e la società nel suo
insieme. La metropoli, figlia della città industriale, non è più un
insediamento compatto circondato da periferie sempre più remote e disperse, ma
è diventata una sorta di periferia estesa policentrica attraversata da
molteplici assi stradali. Si tratta di una porzione di territorio a densità
variabile che ruota attorno a uno o più nuclei sempre più vuoti che fungono da
uffici o vetrine. Sarebbe più appropriato parlare di regione metropolitana o sistema
di conurbazione invece di post-metropoli, meta-città o qualsiasi altra
denominazione sociologica.
La metropoli di oggi è il risultato dell'esternalizzazione
dell'economia. Nella conurbazione cittadina, il settore produttivo è travolto
dalle costruzioni e dai servizi, mentre l'industria si allontana e si delocalizza,
insieme a abitazioni a basso costo e discariche. Il che è anche il risultato
della globalizzazione. Il piccolo podere sparisce di fronte all'agro
alimentazione industriale; la campagna si spopola con il progredire della sua
mercificazione ed è oggetto di operazioni di sviluppo. Un cambiamento nell'uso
del suolo s’impone secondo criteri di redditività stabiliti dai mercati. La
popolazione si ridistribuisce piramidalmente e lo spazio rurale diventa sempre
più residenziale. In realtà, l'intero territorio diventa spazio dell'economia,
i cui nuclei diventano i suoi "hub" o scambi logistici. Investitori e
visitatori governano il quartiere e costituiscono la vera cittadinanza. Il
paesaggio si deteriora, il patrimonio si perde, le periferie si degradano
rapidamente e quel che chiamano ambiente naturale si mostra ora come una merce
ad alto valore turistico. Le nuove tecnologie aiutano abbastanza a far sì che i
flussi superino i prodotti e che un'economia di rete soppianti le classiche
economie di scala. Infine, occorre tener conto che i poteri corporativi e
finanziari, ben internazionalizzati, svolgono il ruolo dominante un tempo
riservato alla borghesia manifatturiera autoctona e ai proprietari terrieri
locali, per cui gli interessi imprenditoriali privati – gli scambi - sono più
che mai molto al di sopra dell’interesse pubblico, qualunque esso sia.
Edilizia, turismo, assistenza finanziaria e servizi alle imprese
sono i nuovi motori dell'economia capitalista nella fase neoliberista.
Astrazioni come la merce, il capitale, lo spettacolo, il denaro... ormai
mediano totalmente le relazioni sociali e ovunque il modo di vivere subisce
profonde trasformazioni. Motorizzazione, digitalizzazione e grandi eventi
contribuiscono per la loro parte. Qui e là trionfano senza apparente
contestazione le stesse abitudini regressive un tempo tipiche delle classi
medie. Nonostante la polarizzazione sociale provocata, il confronto tra le
classi si indebolisce. Non c'è più alcun tessuto sociale nei quartieri. Le
condizioni di prigionia del lavoro e della vita nella conurbazione ostacolano
la coscienza e disattivano i conflitti. Di conseguenza, le lotte urbane affrontano ostacoli crescenti
che impediscono la formulazione di un interesse generale, motivo per cui la
lotta alla gentrificazione e alla "disneyficazione" non occupa il
posto centrale che le spetta. Tuttavia, lo stesso non accade ai margini
territoriali, dove si manifestano apertamente la distruzione
dell'estrattivismo, dello sviluppo immobiliare, delle macro-infrastrutture,
degli impianti di incenerimento, delle aree industriali, ecc. La crescita illimitata
diretta dai dirigenti dalle metropoli porta a una situazione di allarme che
costringe la popolazione colpita a una ferrea difesa di una risorsa limitata
come il territorio. Si produce dunque un dibattito che, pur formulato in
termini moderati sullo stile della "nuova cultura della terra",
"dell'acqua" o "dell'energia" e pur aspirando soltanto a un
accordo giuridico con l'amministrazione, va nella direzione giusta. Il
capitalismo verde che nasce travestito da ambientalismo,
"transizione" energetica e sviluppo "sostenibile", in
compagnia di una pianificazione ritardataria, non è altro che una trappola
infantile in cui nessuno può cadere. Nulla si salverà dalla devastazione se non
si esce dal sistema capitalista dirigendosi verso un modello alternativo di
convivenza, egualitario e solidale, in equilibrio con il mezzo, economicamente
circolare e antiproduttivista, dove la decisione sia collettiva e presa
orizzontalmente; in conclusione, dove si dia priorità alla vita e si metta in
atto la de-metropolizzazione.
La ubicuidad del hecho metropolitano
Bajo las condiciones históricas actuales, las aglomeraciones urbanas son casi exclusivamente
centros de acumulación de capitales. Así pues, tanto ellas como los territorios que parasitan se configuran según las necesidades
del capitalismo. Este proceso recibe el nombre de metropolitanización. Se caracteriza
por una urbanización y una desruralización generalizadas, una separación entre hogares y lugares de trabajo y
una fragmentación completa del territorio. Todo ello ocasiona una movilidad exacerbada,
un despilfarro de recursos, y una producción insensata de
residuos, con consecuencias desastrosas para la vida y el medio que la
contiene. Afecta a todos los ecosistemas y al conjunto de la sociedad. La metrópolis, hija de la
ciudad industrial, ya no es un asentamiento compacto rodeado de suburbios cada
vez más alejados y dispersos, sino que se ha transformado en una especie de
periferia extensa policentrica atravesada por múltiples ejes
viarios. Se trata de una porción de territorio de densidad variable girando alrededor de uno o más núcleos cada vez más vacíos que ejercen de
oficina o de escaparate. Más apropiado resultaría hablar de región metropolitana o de sistema conurbado en lugar de posmetrópolis, metaciudad
o cualquier otra denominación sociológica.
La metrópolis de hoy es
fruto de la terciarización de la economía. En la conurbación ciudadana, el sector productivo se ve sobrepasado por la construcción y los
servicios, mientras que la industria se aleja y deslocaliza, junto con la
vivienda barata y los vertederos. También es fruto de la globalización. La pequeña explotación agrícola se hunde
ante la agroalimentación industrial; el campo se despuebla a medida que avanza su
mercantilización y es objeto de operaciones desarrollistas. Un cambio de uso del suelo
se impone de acuerdo con criterios de rentabilidad establecidos por los
mercados. La población se redistribuye piramidalmente y el espacio rural se vuelve cada vez
más residencial. En realidad, todo el territorio se convierte en espacio
de la economía, cuyos núcleos pasan a ser sus “hubs” o intercambiadores logísticos. Los inversores y los visitantes mandan sobre el vecindario; ellos
constituyen la ciudadanía de verdad. El paisaje se deteriora, el patrimonio se pierde, la
periferia se degrada aceleradamente y lo que denominan naturaleza se muestra
ahora como una mercancía de alto valor turístico. Las nuevas tecnologías ayudan bastante a que los flujos superen a los productos y a que una
economía en red desplace a las clásicas economías de escala. Finalmente, es necesario tener en cuenta que los poderes
corporativos y financieros, bien internacionalizados, desempeñan la función dominante antaño reservada a la
burguesía fabril autóctona y a los terratenientes locales, y por consiguiente, los intereses
privados empresariales -los negocios- más que nunca van muy por encima del
interés público, sea cual sea.
La construcción, el turismo, la
asistencia financiera y los servicios a las empresas son los nuevos motores de
la economía capitalista en la fase neoliberal. Las abstracciones como la mercancía, el capital, el
espectáculo, el dinero... ahora median totalmente en las relaciones sociales,
y por todas partes la forma de vivir sufre profundas transformaciones. La
motorización, la digitalización y los grandes eventos contribuyen lo suyo. Aquí y allá, triunfan sin
contestación aparente los mismos hábitos regresivos antaño propios de las clases medias. A pesar de la polarización social
provocada, la confrontación entre clases se debilita. Ya no queda tejido social en los barrios.
Las condiciones cautivas de trabajo y de vida en la conurbación obstruyen la
conciencia y desactivan los conflictos. En consecuencia, las luchas urbanas
afrontan obstáculos cada vez mayores que impiden formular un interés general, por
eso el combate contra la gentrificación y la “disneyficación” no ocupa el
lugar central que le corresponde. Sin embargo, no sucede lo mismo en los márgenes
territoriales, donde se manifiestan sin tapujos las destrucciones del
extractivismo, de la promoción inmobiliaria, de las macroinfraestructuras, de las plantas
incineradoras, de los polígonos industriales, etc. El crecimiento ilimitado dirigido por los
ejecutivos desde las metrópolis conduce a una situación de alarma que obliga a la población afectada a una
defensa férrea de un recurso limitado como es el territorio. Entonces se produce
un debate, que, aunque se formule en términos moderados del estilo de “nueva cultura de
la tierra”, “del agua” o “de la energía” y solamente aspire a un acuerdo jurídico con la
administración, va en la dirección correcta. El capitalismo verde que nace disfrazado de ambientalismo, “transición” energética y desarrollo
“sostenible”, en compañía de un planeamiento
retardatario, no es más que una trampa infantil en la que nadie puede caer. Nada se salvará de la devastación si no nos
salimos del sistema capitalista y no nos encaminemos hacia un modelo alternativo
de convivencia, igualitario y solidario, en equilibrio con el medio, económicamente
circular y antidesarrollista, donde la decisión sea colectiva y
tomada horizontalmente; en conclusión, donde se priorice la vida y se
procure la desmetropolitanización.
Miquel Amorós
Presentación del libro “Post Babilonia”, editado por
Virus, el 16 de junio de 2022 en la librería Fahrenheit 451
de Alicante.