martedì 23 aprile 2024

Intervista a Miquel Amorós per la rivista di ecologia politica della Svizzera romanda di Losanna Moins!, edizione di gennaio 2024

 


 

- Puoi spiegarci perché e come le nocività superino (o addirittura annullino) i benefici del progresso tecno scientifico?

È così perché le forze produttive a partire da un certo momento dello sviluppo scientifico e tecnico, collocabile negli anni Sessanta del secolo scorso, sono diventate eminentemente distruttive. Più importante è il progresso di cui tu parli, maggiori sono gli inconvenienti. In questa fase, i risultati positivi delle innovazioni tecniche non compensano in alcun modo i risultati negativi, di cui non si può nascondere l’enorme portata: spreco, inutilità, crisi strutturale, inquinamento, disastri ambientali, perdita di posti di lavoro, di qualità e di conoscenze, disuguaglianze e anomia sociale, pericoli inerenti alla sua attuazione come l’aumento delle malattie mentali, ecc. La nozione di progresso, caratteristica differenziale dell'ideologia borghese, si basa sull'ipotesi che l'essere umano è un animale che fabbrica strumenti grazie ai quali può dominare le forze della natura. Da questo punto di vista, il progresso è eminentemente dominio tecnologico e, secondo i suoi adulatori progressisti, inevitabile. Ebbene, in un'economia di mercato, tale progresso – in realtà accumulazione di capitale, dominio della merce – richiede la completa artificializzazione del mondo e quindi la sua denaturazione più o meno violenta a seconda della resistenza incontrata. L’opera di artificializzazione è dovuta più alle nuove tecnologie che alle forze repressive statali. La conseguenza diretta di quest’artificializzazione imposta e facilitata dall'elettronica, è infine lo sradicamento totale del genere umano e la sua assoluta dipendenza dal sistema tecnico. Il dominio delle cose ha generato quello degli individui.

- Stiamo osservando una standardizzazione e atomizzazione delle nostre società: quali collegamenti vedi con la potenza sempre crescente delle nostre tecniche?

Le tecniche digitali hanno completato la colonizzazione e l’industrializzazione della vita quotidiana, trasformando così gli esseri umani in abitanti di uno spazio virtuale, automi consumatori e cittadini sottomessi, totalmente controllati e perfettamente sostituibili. Hanno creato l'homo economicus, la creatura completamente subordinata all'economia e asservita alla macchina. Il cosiddetto progresso ha intrappolato gli individui, modellandoli e addestrandoli a piacimento. L'intera società diventa così un'immensa industria automatizzata dove le tecniche mediano tutte le relazioni: sono una sorta di protesi della vita privata delle persone. È la vita staccata dal suolo, ridotta agli imperativi industriali, un’esistenza limitata ai movimenti prevedibili e facilmente calcolabili, cioè macchinabili. Per combattere sono necessari diversi combattenti, ma per consumare un solo consumatore è sufficiente. Atomizzazione e standardizzazione, massificazione e addomesticamento, sono i tratti che meglio riflettono la generalizzazione dello stile di vita docile, consumistico e solitario sotto il regime tecno-capitalista.

- Anche se fermassimo tutto, cosa fare del rimanente del sistema industriale?

Se il principio regolatore della società non fosse la merce, il sistema industriale, che è la materializzazione del suo regno, diventerebbe obsoleto. Ciò non funzionerebbe senza le relazioni sociali mediate dagli oggetti, vale a dire senza i suoi meccanismi riproduttori. Per i rapporti diretti, senza denaro e senza altra astrazione, il sistema va quindi smantellato, tranne che nelle parti che possono essere dirottate per soddisfare dei bisogni reali, senza, però, provocare dipendenze indesiderabili (economiche, tecniche, politiche, militari...), o divisioni insormontabili (tra ricchi e poveri, dirigenti ed esecutori, operai e impiegati, tecnici e operai, agricoltori e proletari urbani, produttori e consumatori, ecc.). Pertanto, proprio perché la tecnica non è mai neutra, essa assume a un dato momento una dimensione liberatrice. Paradossalmente, usate con diligenza sovversiva –sviate ad arte –, le macchine possono servire a distruggere la società che le ha prodotte.

- Come ricostruire una società vitale e desiderabile, per esempio attorno a un'economia di sussistenza? Con quali limiti alle tecniche, materiali o immateriali?

In una società giusta, egualitaria e autogestita, senza Stato, senza classi, una società dove regni un unico interesse, comune a tutti, e dove l’ordine, inscritto nella memoria delle lotte passate, nasca dalla “volontà essenziale”, naturalmente, attraverso l'esperienza.

In una nuova gemeinschaft l’economia non sarà mai una sfera autonoma, separata dall’insieme dell’attività umana. Qualificare quest’attività particolare, strettamente legata ad altre attività comunitarie, come un'economia di sussistenza, significa considerarla da un punto di vista capitalista. In una tale società si utilizzeranno tecniche che non la mettono in pericolo, cioè quelle che ne favoriscono lo sviluppo orizzontale e collettivo, quelle che Ivan Illich definisce conviviali e che Mumford chiama democratiche. Si tratta di tecniche centrate sull'umano e non sul dominio, basate sulla produzione locale, sulla padronanza degli strumenti, sul riciclaggio... L'autore de “Il mito della macchina”, evidenzia pratiche correlate come quella di "autogoverno comunitario, libera comunicazione tra eguali, accesso illimitato al patrimonio comune di conoscenze, protezione da controlli esterni arbitrari e senso della responsabilità morale individuale per comportamenti che riguardino l’insieme della comunità”. Tutto questo ha una lunga storia, dall'organizzazione clanica al sistema dei Comuni e dei Consigli del Medioevo, passando per le varie istituzioni consuetudinarie e le realizzazioni rivoluzionarie: scavatori inglesi (diggers), collettività spagnole, liberi soviet ucraini...

- E in questo nuovo mondo, che fare del desiderio di potenza, visibile ovunque, mai messo in discussione da nessuna parte, sinistra radicale compresa?

Il desiderio o volontà di potenza si diffonde con l'individualismo, pilastro dell'ideologia borghese. Questo rifiuto assoluto dell’autonomia individuale conduce direttamente all’organo ideale dell’accumulazione del potere: lo Stato. La proiezione fuori di sé, cioè l'alienazione, o in altre parole la falsa coscienza degli individui adattati al mondo delle tecno scienze, questo è il grosso problema. Gli antichi greci inventarono l'ostracismo, un sistema di voto segreto (con gusci di ostriche) che prevedeva di bandire chiunque fosse considerato dai cittadini un pericolo per il regime democratico. Nel nostro tempo, tuttavia, basterebbe rafforzare i legami comunitari affinché una società autogovernata sia in grado di impedire l’emergere di gerarchie formali o informali rivelatrici di una volontà di potenza dissimulata. Per concludere: rendere impossibile la formazione di qualsiasi burocrazia capace di dar vita a un apparato parastatale e, di conseguenza, a un'organizzazione meccanica di controllo capace di impadronirsi della volontà di migliaia di uomini e donne forzandoli verso l'industrializzazione. In attesa del rafforzamento delle comunità e della scomparsa delle mentalità colonizzate dall’industrialismo, in altre parole che gli uomini e le donne si reinventino, fatto che richiederà i più grandi sforzi, si può fare appello all’elezione dei delegati all’assemblea; il mandato imperativo, il controllo degli eletti, la rotazione delle cariche rappresentative, la revocabilità, la non rieleggibilità e ogni altro ostacolo al dirigismo possono essere di grande aiuto. Insomma, la democrazia diretta.

 

Miguel Amorós, 20 dicembre 2023




Interview à Miguel Amorós pour le journal suisse romand d’écologie politique de Lausanne Moins!, numéro de janvier 2024.

 

- Pouvez-vous nous expliquer pourquoi et comment les nuisances dépassent (voire annulent) les bénéfices du progrès technoscientifique ?

 

Il est ainsi parce que les forces productives à partir d’un certain moment du développement scientifique et technique, que l’on peut situer dans les années soixante du siècle dernier, deviennent éminemment destructrices. Plus ce progrès dont tu parles est important, plus les inconvénients sont grands. Á ce stade, les résultats positifs des innovations techniques ne compensent en rien les résultats négatifs, dont on ne peut cacher leur énorme ampleur : gaspillage, inutilité, crise structurelle, pollution, catastrophes environnementales, perte d'emplois, de qualité et de connaissances, inégalités et anomie sociale, dangers inhérents à sa mise en œuvre comme l'augmentation des maladies mentales, etc. La notion de progrès, caractéristique différentielle de l'idéologie bourgeoise, repose sur l'hypothèse que l'être humain est un animal qui fabrique des outils grâce auxquels il peut dominer les forces de la nature. Sous ce point de vue, le progrès est éminemment domination technologique et, d’après ses flatteurs progressistes, inévitable. Eh bien, dans une économie marchande, du tel progrès en fait de l’accumulation de capital, du domaine de la marchandise demande l’artificialisation complète du monde donc sa dénaturalisation plus ou moins violente selon la résistance trouvée. Le travail d’artificialisation doit davantage aux nouvelles technologies qu’aux forces répressives étatiques. La conséquence directe de cette artificialisation imposée et facilitée par l’électronique est enfin le déracinement total du genre humain et sa dépendance absolue à l’égard du système technique. La domination des choses a engendré celle des individus.

 

- On observe une uniformisation et une atomisation de nos sociétés : quels liens voyez-vous avec la puissance toujours plus grande de nos techniques ?

 

Les techniques numériques ont achevé la colonisation et l’industrialisation du quotidien, transformant ainsi les êtres humains en habitants d’un espace virtuel, consommateurs automates et en citoyens soumis totalement contrôlés et parfaitement remplaçables. Ils ont réalisé l’homo economicus, la créature complètement subordonnée à l’économie et asservie par la machine. Le soi-disant progrès a piégé les individus et les a façonnés et dressés à volonté. Alors, toute la société devient une industrie immense automatisée où les techniques médiatisent toute relation : elles sont une sorte de prothèse de la vie privée des gens. C’est la vie hors sol réduite aux impératifs industriels, l’existence restreinte aux mouvements prévisibles et aisément calculables, c’est-à-dire, usinables. Pour combattre il faut plusieurs combattants, mais pour consommer un seul consommateur ça suffit. L’atomisation et l’uniformisation, la massification et la domestication, ces sont les traits qui reflètent le mieux la généralisation du style de vie docile, consumériste et solitaire sous le régime techno-capitaliste.

 

- Même si on arrête tout, que faire de ce qui restera du système industriel ?

 

Si le principe régulateur de la société n’était pas la marchandise, le système industriel, qui est la matérialisation de son royaume, deviendrait obsolète. Cela ne fonctionnerait pas sans relations sociales médiatisées par objets, c’est-à-dire, sans ses mécanismes reproducteurs. Pour des relations directes, sans argent et sans toute autre abstraction, il doit donc être démantelé, sauf dans les parties qui peuvent être détournées pour satisfaire des besoins réels mais sans provoquer de dépendances indésirables (économiques, techniques, politiques, militaires...), ou de divisions insurmontables (entre riches et pauvres, dirigeants et exécutants, travailleurs et employés, techniciens et ouvriers, agriculteurs et prolétaires urbains, producteurs et consommateurs...). Ainsi, partant du fait que la technique n’est jamais neutre, elle acquiert par un moment une dimension libératrice. Paradoxalement, utilisées avec une diligence subversive bien détournées les machines peuvent servir à détruire la société qui les ha produites.

 

- Comment rebâtir une société viable et désirable, par exemple autour d'une économie de la subsistance ? Avec quelles limites aux techniques, matérielles ou immatérielles ?

 

Dans une société juste, égalitaire et autogérée, sans État, sans classes, une société où règne un intérêt unique, commun à tous, et où l'ordre, inscrit dans la mémoire des luttes passées, découle de la « volonté essentielle », naturellement, par l'expérience.

Dans une nouvelle gemeinschaft l’économie ne sera jamais une sphère autonome, séparée de l’ensemble de l’activité humaine. Qualifier cette activité particulière, étroitement liée à d’autres activités communautaires, d’économie de subsistance, c’est la considérer d’un point de vue capitaliste. Dans cette société-là seront utilisées des techniques qui ne la mettent pas en danger, c’est-à-dire celles qui favorisent son développement horizontal et collectif, celles qu'Ivan Illich qualifie de conviviales et que Mumford appelle démocratiques. Ce sont des techniques centrées sur l'humain et non sur la domination, basées sur la production locale, sur la maîtrise des outils, sur le recyclage ... L'auteur de “Le mythe de la machine”, souligne des pratiques connexes telles que « l'autonomie gouvernementale communautaire, la libre communication entre égaux, l'accès sans entrave au réservoir commun de connaissances, la protection contre les contrôles externes arbitraires et le sens de la responsabilité morale individuelle pour une conduite qui affecte l’ensemble de la communauté ». Tout cela a une longue histoire, de l'organisation clanique au système des communes et des conseils du Moyen Age, en passant par les différentes institutions coutumières et les réalisations révolutionnaires : creuseurs anglais (diggers), collectivités espagnoles, soviets libres ukrainiens ...

- Et dans ce nouveau monde, que faire du désir de puissance, visible partout, remis en cause nulle part, gauche radicale incluse ?

Le désir ou la volonté de puissance se répand avec l'individualisme, le pilier de l’idéologie bourgeoise. Ce rejet absolu de l’autonomie individuelle mène directement à l’organe idéal de l’accumulation du pouvoir : l’État. La projection hors de soi, c’est-à-dire l’aliénation, ou en d’autres termes, la fausse conscience des individus adaptés au monde des techno sciences, voilà le grand problème. Les Grecs de l’Antiquité ont inventé l’ostracisme, un système de vote secret (avec des coquilles d’huîtres) qui décidait du bannissement de n’importe qui considéré par les citoyens susceptible de devenir un danger pour le régime démocratique. Dans notre temps, il suffirait cependant de renforcer les liens communautaires pour qu’une société autogouvernée soit capable d’empêcher l’émergence de hiérarchies formelles ou informelles révélatrice d’une désir de puissance caché. Pour conclure : rendre impossible la formation d’une bureaucratie quelconque capable d’enfanter un appareil paraétatique et, en conséquence, une organisation mécanique de contrôle capable de s’emparer de la volonté de milliers d’hommes et de femmes et les forcer vers l’industrialisation. En attendant que se produise le renforcement des communautés et que disparaissent les mentalités colonisées par l'industrialisme, autrement dit que les hommes et les femmes se réinventent, ce qui demandera les plus grands efforts, on peut faire appel à l’élection des délégués à l’assemblée ; le mandat impératif, le contrôle des élus, la rotation des postes représentatifs, la révocabilité, la non-rééligibilité et tout autre obstacle au dirigisme peuvent être d’une grande aide. Bref, la démocratie directe.

 

Miguel Amorós, le 20 décembre 2023.