- Puoi spiegarci perché e come le
nocività superino (o addirittura annullino) i benefici del progresso tecno
scientifico?
È
così perché le forze produttive a partire da un certo momento dello sviluppo
scientifico e tecnico, collocabile negli anni Sessanta del secolo scorso, sono diventate
eminentemente distruttive. Più importante è il progresso di cui tu parli,
maggiori sono gli inconvenienti. In questa fase, i risultati positivi delle
innovazioni tecniche non compensano in alcun modo i risultati negativi, di cui
non si può nascondere l’enorme portata: spreco, inutilità, crisi strutturale,
inquinamento, disastri ambientali, perdita di posti di lavoro, di qualità e di
conoscenze, disuguaglianze e anomia sociale, pericoli inerenti alla sua
attuazione come l’aumento delle malattie mentali, ecc. La nozione di progresso,
caratteristica differenziale dell'ideologia borghese, si basa sull'ipotesi che
l'essere umano è un animale che fabbrica strumenti grazie ai quali può dominare
le forze della natura. Da questo punto di vista, il progresso è eminentemente
dominio tecnologico e, secondo i suoi adulatori progressisti, inevitabile.
Ebbene, in un'economia di mercato, tale progresso – in realtà accumulazione di
capitale, dominio della merce – richiede la completa artificializzazione del
mondo e quindi la sua denaturazione più o meno violenta a seconda della
resistenza incontrata. L’opera di artificializzazione è dovuta più alle nuove
tecnologie che alle forze repressive statali. La conseguenza diretta di quest’artificializzazione
imposta e facilitata dall'elettronica, è infine lo sradicamento totale del
genere umano e la sua assoluta dipendenza dal sistema tecnico. Il dominio delle
cose ha generato quello degli individui.
- Stiamo osservando una
standardizzazione e atomizzazione delle nostre società: quali collegamenti vedi
con la potenza sempre crescente delle nostre tecniche?
Le
tecniche digitali hanno completato la colonizzazione e l’industrializzazione
della vita quotidiana, trasformando così gli esseri umani in abitanti di uno
spazio virtuale, automi consumatori e cittadini sottomessi, totalmente
controllati e perfettamente sostituibili. Hanno creato l'homo economicus, la
creatura completamente subordinata all'economia e asservita alla macchina. Il
cosiddetto progresso ha intrappolato gli individui, modellandoli e
addestrandoli a piacimento. L'intera società diventa così un'immensa industria
automatizzata dove le tecniche mediano tutte le relazioni: sono una sorta di
protesi della vita privata delle persone. È la vita staccata dal suolo, ridotta
agli imperativi industriali, un’esistenza limitata ai movimenti prevedibili e
facilmente calcolabili, cioè macchinabili. Per combattere sono necessari
diversi combattenti, ma per consumare un solo consumatore è sufficiente.
Atomizzazione e standardizzazione, massificazione e addomesticamento, sono i
tratti che meglio riflettono la generalizzazione dello stile di vita docile,
consumistico e solitario sotto il regime tecno-capitalista.
- Anche se fermassimo tutto, cosa fare del
rimanente del sistema industriale?
Se
il principio regolatore della società non fosse la merce, il sistema
industriale, che è la materializzazione del suo regno, diventerebbe obsoleto.
Ciò non funzionerebbe senza le relazioni sociali mediate dagli oggetti, vale a
dire senza i suoi meccanismi riproduttori. Per i rapporti diretti, senza denaro
e senza altra astrazione, il sistema va quindi smantellato, tranne che nelle
parti che possono essere dirottate per soddisfare dei bisogni reali, senza,
però, provocare dipendenze indesiderabili (economiche, tecniche, politiche,
militari...), o divisioni insormontabili (tra ricchi e poveri, dirigenti ed
esecutori, operai e impiegati, tecnici e operai, agricoltori e proletari
urbani, produttori e consumatori, ecc.). Pertanto, proprio perché la tecnica
non è mai neutra, essa assume a un dato momento una dimensione liberatrice.
Paradossalmente, usate con diligenza sovversiva –sviate ad arte –, le macchine
possono servire a distruggere la società che le ha prodotte.
- Come ricostruire una società vitale e
desiderabile, per esempio attorno a un'economia di sussistenza? Con quali
limiti alle tecniche, materiali o immateriali?
In
una società giusta, egualitaria e autogestita, senza Stato, senza classi, una
società dove regni un unico interesse, comune a tutti, e dove l’ordine,
inscritto nella memoria delle lotte passate, nasca dalla “volontà essenziale”,
naturalmente, attraverso l'esperienza.
In
una nuova gemeinschaft l’economia non
sarà mai una sfera autonoma, separata dall’insieme dell’attività umana.
Qualificare quest’attività particolare, strettamente legata ad altre attività
comunitarie, come un'economia di sussistenza, significa considerarla da un
punto di vista capitalista. In una tale società si utilizzeranno tecniche che
non la mettono in pericolo, cioè quelle che ne favoriscono lo sviluppo
orizzontale e collettivo, quelle che Ivan Illich definisce conviviali e che
Mumford chiama democratiche. Si tratta di tecniche centrate sull'umano e non
sul dominio, basate sulla produzione locale, sulla padronanza degli strumenti,
sul riciclaggio... L'autore de “Il mito
della macchina”, evidenzia pratiche correlate come quella di
"autogoverno comunitario, libera comunicazione tra eguali, accesso
illimitato al patrimonio comune di conoscenze, protezione da controlli esterni
arbitrari e senso della responsabilità morale individuale per comportamenti che
riguardino l’insieme della comunità”. Tutto questo ha una lunga storia,
dall'organizzazione clanica al sistema dei Comuni e dei Consigli del Medioevo, passando
per le varie istituzioni consuetudinarie e le realizzazioni rivoluzionarie:
scavatori inglesi (diggers), collettività
spagnole, liberi soviet ucraini...
- E in questo nuovo mondo, che fare del
desiderio di potenza, visibile ovunque, mai messo in discussione da nessuna
parte, sinistra radicale compresa?
Il
desiderio o volontà di potenza si diffonde con l'individualismo, pilastro
dell'ideologia borghese. Questo rifiuto assoluto dell’autonomia individuale
conduce direttamente all’organo ideale dell’accumulazione del potere: lo Stato.
La proiezione fuori di sé, cioè l'alienazione, o in altre parole la falsa
coscienza degli individui adattati al mondo delle tecno scienze, questo è il
grosso problema. Gli antichi greci inventarono l'ostracismo, un sistema di voto
segreto (con gusci di ostriche) che prevedeva di bandire chiunque fosse
considerato dai cittadini un pericolo per il regime democratico. Nel nostro
tempo, tuttavia, basterebbe rafforzare i legami comunitari affinché una società
autogovernata sia in grado di impedire l’emergere di gerarchie formali o informali
rivelatrici di una volontà di potenza dissimulata. Per concludere: rendere
impossibile la formazione di qualsiasi burocrazia capace di dar vita a un
apparato parastatale e, di conseguenza, a un'organizzazione meccanica di
controllo capace di impadronirsi della volontà di migliaia di uomini e donne forzandoli
verso l'industrializzazione. In attesa del rafforzamento delle comunità e della
scomparsa delle mentalità colonizzate dall’industrialismo, in altre parole che
gli uomini e le donne si reinventino, fatto che richiederà i più grandi sforzi,
si può fare appello all’elezione dei delegati all’assemblea; il mandato
imperativo, il controllo degli eletti, la rotazione delle cariche
rappresentative, la revocabilità, la non rieleggibilità e ogni altro ostacolo
al dirigismo possono essere di grande aiuto. Insomma, la democrazia diretta.
Miguel Amorós, 20 dicembre 2023
Interview à
Miguel Amorós pour le journal suisse romand d’écologie politique de
Lausanne Moins!, numéro de janvier 2024.
- Pouvez-vous
nous expliquer pourquoi et comment les nuisances dépassent (voire annulent) les
bénéfices du progrès technoscientifique ?
Il est ainsi
parce que les forces productives à partir d’un certain moment du développement
scientifique et technique, que l’on peut situer dans les années soixante du
siècle dernier, deviennent éminemment destructrices. Plus ce progrès dont tu
parles est important, plus les inconvénients sont grands. Á ce stade, les résultats positifs des innovations techniques ne compensent
en rien les résultats négatifs, dont on ne peut cacher leur énorme
ampleur : gaspillage, inutilité, crise structurelle, pollution, catastrophes
environnementales, perte d'emplois, de qualité et de connaissances, inégalités
et anomie sociale, dangers inhérents à sa mise en œuvre comme l'augmentation
des maladies mentales, etc. La notion de progrès, caractéristique
différentielle de l'idéologie bourgeoise, repose sur l'hypothèse que l'être
humain est un animal qui fabrique des outils grâce auxquels il peut dominer les
forces de la nature. Sous ce point de vue, le progrès est éminemment domination
technologique et, d’après ses flatteurs progressistes, inévitable. Eh bien,
dans une économie marchande, du tel progrès – en fait de l’accumulation de capital, du
domaine de la marchandise –
demande l’artificialisation complète du monde donc sa dénaturalisation plus ou
moins violente selon la résistance trouvée. Le travail d’artificialisation doit
davantage aux nouvelles technologies qu’aux forces répressives étatiques. La
conséquence directe de cette artificialisation imposée et facilitée par
l’électronique est enfin le déracinement total du genre humain et sa dépendance
absolue à l’égard du système technique. La domination des choses a engendré
celle des individus.
- On observe
une uniformisation et une atomisation de nos sociétés : quels liens
voyez-vous avec la puissance toujours plus grande de nos techniques ?
Les techniques
numériques ont achevé la colonisation et l’industrialisation du quotidien,
transformant ainsi les êtres humains en habitants d’un espace virtuel,
consommateurs automates et en citoyens soumis totalement contrôlés et
parfaitement remplaçables. Ils ont réalisé l’homo economicus, la
créature complètement subordonnée à l’économie et asservie par la machine. Le
soi-disant progrès a piégé les individus et les a façonnés et dressés à
volonté. Alors, toute la société devient une industrie immense automatisée où les techniques
médiatisent toute relation : elles sont une sorte de prothèse de la vie
privée des gens. C’est la vie hors sol réduite aux impératifs industriels,
l’existence restreinte aux mouvements prévisibles et aisément calculables,
c’est-à-dire, usinables. Pour combattre il faut plusieurs combattants, mais
pour consommer un seul consommateur ça suffit. L’atomisation et
l’uniformisation, la massification et la domestication, ces sont les traits qui
reflètent le mieux la généralisation du style de vie docile, consumériste et
solitaire sous le régime techno-capitaliste.
- Même si on
arrête tout, que faire de ce qui restera du système industriel ?
Si le principe
régulateur de la société n’était pas la marchandise, le système industriel, qui
est la matérialisation de son royaume, deviendrait obsolète. Cela ne
fonctionnerait pas sans relations sociales médiatisées par objets,
c’est-à-dire, sans ses mécanismes reproducteurs. Pour des relations directes,
sans argent et sans toute autre abstraction, il doit donc être démantelé, sauf
dans les parties qui peuvent être détournées pour satisfaire des besoins réels
mais sans provoquer de dépendances indésirables (économiques, techniques,
politiques, militaires...), ou de divisions insurmontables (entre riches et
pauvres, dirigeants et exécutants, travailleurs et employés, techniciens et
ouvriers, agriculteurs et prolétaires urbains, producteurs et consommateurs...).
Ainsi, partant du fait que la technique n’est jamais neutre, elle acquiert par
un moment une dimension libératrice. Paradoxalement, utilisées avec une
diligence subversive – bien
détournées – les
machines peuvent servir à détruire la société qui les ha produites.
- Comment
rebâtir une société viable et désirable, par exemple autour d'une économie de
la subsistance ? Avec quelles limites aux techniques, matérielles ou
immatérielles ?
Dans une
société juste, égalitaire et autogérée, sans État, sans classes, une société où
règne un intérêt unique, commun à tous, et où l'ordre, inscrit dans la mémoire
des luttes passées, découle de la « volonté essentielle »,
naturellement, par l'expérience.
Dans une nouvelle gemeinschaft l’économie ne sera jamais une sphère
autonome, séparée de l’ensemble de l’activité humaine. Qualifier cette activité
particulière, étroitement liée à d’autres activités communautaires, d’économie
de subsistance, c’est la considérer d’un point de vue capitaliste. Dans cette
société-là seront utilisées des techniques qui ne la mettent pas en danger,
c’est-à-dire celles qui favorisent son développement horizontal et collectif,
celles qu'Ivan Illich qualifie de conviviales et que Mumford appelle
démocratiques. Ce sont des techniques centrées sur l'humain et non sur la
domination, basées sur la production locale, sur la maîtrise des outils, sur le
recyclage ... L'auteur de “Le mythe de la
machine”, souligne des pratiques connexes telles que « l'autonomie
gouvernementale communautaire, la libre communication entre égaux, l'accès sans
entrave au réservoir commun de connaissances, la protection contre les
contrôles externes arbitraires et le sens de la responsabilité morale
individuelle pour une conduite qui affecte l’ensemble de la communauté ».
Tout cela a une longue histoire, de l'organisation clanique au système des
communes et des conseils du Moyen Age, en passant par les différentes
institutions coutumières et les réalisations révolutionnaires : creuseurs
anglais (diggers), collectivités espagnoles, soviets libres ukrainiens ...
- Et dans ce
nouveau monde, que faire du désir de puissance, visible partout, remis en cause
nulle part, gauche radicale incluse ?
Le désir ou la
volonté de puissance se répand avec l'individualisme, le pilier de l’idéologie
bourgeoise. Ce rejet absolu de l’autonomie individuelle mène directement à
l’organe idéal de l’accumulation du pouvoir : l’État. La projection hors
de soi, c’est-à-dire l’aliénation, ou en d’autres termes, la fausse conscience
des individus adaptés au monde des techno sciences, voilà le grand problème.
Les Grecs de l’Antiquité ont inventé l’ostracisme, un système de vote secret
(avec des coquilles d’huîtres) qui décidait du bannissement de n’importe qui
considéré par les citoyens susceptible de devenir un danger pour le régime
démocratique. Dans notre temps, il suffirait cependant de renforcer les liens
communautaires pour qu’une société autogouvernée soit capable d’empêcher
l’émergence de hiérarchies formelles ou informelles révélatrice d’une désir de
puissance caché. Pour conclure : rendre impossible la formation d’une
bureaucratie quelconque capable d’enfanter un appareil paraétatique et, en
conséquence, une organisation mécanique de contrôle capable de s’emparer de la
volonté de milliers d’hommes et de femmes et les forcer vers l’industrialisation.
En attendant que se produise le renforcement des communautés et que disparaissent
les mentalités colonisées par l'industrialisme, autrement dit que les hommes et
les femmes se réinventent, ce qui demandera les plus grands efforts, on peut faire appel à l’élection des
délégués à l’assemblée ; le mandat impératif, le contrôle des élus, la
rotation des postes représentatifs, la révocabilité, la non-rééligibilité et
tout autre obstacle au dirigisme peuvent être d’une grande aide. Bref, la
démocratie directe.
Miguel Amorós,
le 20 décembre 2023.