NONOSTANTE GLI INSULTI E
LE MINACCE, ABBIAMO INDOSSATO CON ORGOGLIO I NOSTRI COLORI ALLA MANIFESTAZIONE
DEI SOSTENITORI DI SOULÈVEMENTS DE LA TERRE
Venerdì 11 aprile 2025,
Anti-Tech Resistance.
Dal 28 al 30 marzo
il collettivo Stop Micro ha organizzato la mobilitazione a Grenoble chiamata De l’eau, pas des puces! contro l’accaparramento delle risorse da parte delle industrie digitali e
della “vita connessa”.
Stop Micro è la
lotta locale più anti-tecnologica in Francia. Lì, il termine “tecno critico” è
normalizzato, la "transizione verde" è schernita e i “tecnocrati” sono
fischiati (perché l'accaparramento dell’acqua e l'inquinamento del territorio
sono il prezzo necessario a creare le loro armi da guerra). Un contesto ideale
per parlare di strategia rivoluzionaria.
Quest'anno, Soulèvements de la Terre ha co-organizzato l'evento contro il "sistema tecnologico". Anti
Tech Résistance era quindi presente.
Da venerdì a
domenica abbiamo partecipato a conferenze contro l'estrattivismo e il fantasma
della rilocalizzazione. Per quarantotto ore, i relatori descrivono l'orrore
strutturale del sistema industriale.
La sua logica
coloniale è dannosa in tutto il mondo: sfruttamento del cobalto nel Congo,
sfruttamento del litio nelle Americhe e nelle Ande, sfruttamento delle terre
rare nel Quebec (attivisti da tutto il mondo vengono a raccontare le storie
delle loro lotte contro l'industria mineraria).
Il
suo mito della transizione ecologica giustifica un “greenwashing” che
impacchetta il disastro in corso in un bell’imballaggio verde.
Stiamo
ricostruendo collettivamente la catena di fornitura dei chip (parti di elementi
elettronici), le loro miniere, i luoghi di stoccaggio, i siti di lavorazione e
assemblaggio, ecc. Come per i nostri murales sull'intelligenza artificiale, è
facile rendersi conto che la rilocalizzazione è solo un'illusione.
Eppure
si avverte un senso di disagio. Intellettuali e organizzatori vengono a parlare
con noi, in privato. I Soulèvements li avrebbero forzati. Costretti a invitare degli
stranieri (per reclutarli meglio), costretti ad autocensurarsi, costretti a
scegliere con cura gli editori, costretti a escludere determinati autori,
costretti a rinunciare alla loro radicalità, costretti a votare per rifiltrarci.
Dovremmo
fidarci della loro parola? Conosciamo gli effetti della maldicenza.
Noi
crediamo solo nelle azioni. E, in effetti, la parola “rivoluzione” non è mai
pronunciata. Eppure stiamo parlando di bambini sfruttati, donne violentate,
indigeni sradicati, fabbriche da smantellare.
Un'intera
conferenza è incentrata su un'azienda: Fairphone. Essa produrrebbe smartphone
con mine “responsabili”. Tenterebbe
di studiare la tracciabilità delle materie prime e spingerebbe i criminali
climatici a creare “un'industria pulita”. Contraddizione
con gli altri interventi. Riconosciamo il segno degli adepti di Soulèvements. Sinceri con il pubblico,
gli invitati ammettono il loro fallimento: cambiare il sistema dall'interno non
ha mai avuto successo. Pagare di più i bambini schiavi non cambierà il loro destino.
Le
grandi multinazionali non hanno più bisogno di fare greenwashing: ci pensa la Pecora Digitale! Si pensa a uno scherzo. Tuttavia
queste persone fanno sul serio.
Alla
conferenza di Soulèvements de la Terre (SDLT)
la verità verrà fuori: siamo qui “contro l'estensione di fabbrica del
Grésivaudan”. L'estensione. Non la fabbrica.
Non la tecnologia. Non un pezzo di un puzzle ecocida; i “lavoratori”
perderebbero “il loro salario”.
Noi crediamo solo
nelle azioni. E il giorno dopo c'è una manifestazione. Sorpresa, i Soulèvements
de la Terre hanno ancora organizzato una votazione, serrata. Dopo
la loro campagna idealistica contro Bolloré, i SDLT sembrano decisi a prendere
il controllo di una nuova lotta. La tattica è chiara: per rendere invisibili
gli Anti-Tech, s’impadroniscono del nostro terreno, si riappropriano
del nostro discorso, occupano ogni spazio per smistare all'ingresso e mettere
da parte ogni discorso insurrezionale. Fin dalla nostra critica strategica, è questa
la loro priorità. È davvero quella della
Terra? “Abbiamo votato democraticamente, è vietato per voi distribuire
volantini.” Nessun problema, non tiriamo fuori i nostri volantini, ma uno
striscione!
La manifestazione
ha inizio e noi lo mettiamo in vista: “CONTRO TUTTE LE INDUSTRIE; RESISTENZA
ANTITECNOLOGICA».
Non siamo qui per
dividere la lotta ma contro l'industria. Mai ostilità orizzontale di fronte a un
nemico comune.
Contemporaneamente,
a pochi metri di distanza, alcuni anarchici, disgustati dalla loro brutalità,
compagni storici di Stop Micro, mettono in mostra: "STOP ALLA VAMPIRIZZAZIONE
DELLE LOTTE DA PARTE DEI SOULÈVEMENTS DE LA TERRE”.
Il
tono è dato. Si crea lo scisma.
Noi
crediamo solo nelle azioni. L'unica differenza pratica rispetto all'anno scorso
sono 1.000 manifestanti in più e un sabotaggio da logoramento. Questo è tutto
ciò che vale la “composizione” con EELV?
Meno
di dieci secondi dopo la nostra prima dichiarazione, sentiamo delle urla. Arrivano.
Il nostro corteo è rapidamente circondato. Ci afferrano le braccia. Erano preparati. Orde marxiste sono sulle
nostre tracce, ricoprono di diffamazioni i nostri interventi. Dei camion degli
organizzatori e dei carri identificati procedono più velocemente per impedire
al pubblico di avvicinarsi. Manca poco che ci schiaccino. Un impianto audio ci
accompagna per tutto il percorso, con la musica a tutto volume, nella speranza
di mascherare le nostre rivendicazioni. Degli organizzatori vengono a minacciarci
indirettamente: “Se non togliete lo striscione, non potremo garantire la vostra
sicurezza...”. OK, lo manterremo.
Parecchie
decine di persone ci fischiano.
Siamo
in 6.
Quindi
cosa facciamo? Darsi per vinti e abbandonare questa lotta ai Soulèvements perché
la trasformino in zona di sconfitta inclusiva? Perché la lotta contro
l’industria diventi una lotta per la riappropriazione dell’industria? Una lotta
per delle miniere di litio autogestite?
Fuori
questione. ATR è la nostra ultima speranza. Se ci lasciamo escludere da questa
lotta, saremo esclusi anche dalle altre. Se non ci saremo, chi porterà la voce
di un pianeta malato? Quindi, sopra le loro urla, noi cantiamo. Sopra le
ingiurie, noi cantiamo. La nostra determinazione è più forte della loro
collaborazione. Siamo in sei, ma siamo più numerosi. I nostri cori finiscono
per ricoprire il loro odio e ricominciamo con rinnovato vigore.
Discutiamo
con manifestanti curiosi, alcuni dei quali scioccati. Riceviamo messaggi di
sostegno da diversi collettivi, che sottolineano il nostro coraggio. Loro si
nascondono. Noi osiamo.
Nessun
compagno si è arreso. Abbiamo tutti resistito insieme, persino ridendo
dell'assurdità della situazione, decisi a continuare le nostre azioni. Contro
tutte le industrie.
C’eravamo
l'anno scorso. Ci risiamo quest'anno. Ci saremo l'anno prossimo.
Per
disarmare il sistema tecnologico. Impossibile senza un'organizzazione
disciplinata. Perché noi non crediamo nei discorsi. Noi crediamo solo nelle
azioni.
SIAMO TUTTI ANTI SMART CITY
Stop Micro printemps 2025 – Rapport de terrain
MALGRÉ LES INSULTES ET MENACES, NOUS AVONS PORTÉ NOS COULEURS
FIÈREMENT À LA MANIF DES SOULÈVEMENTS
vendredi 11 avril 2025, par Anti-Tech Resistance.
Du 28 au 30 mars, le collectif Stop Micro organisait à
Grenoble la mobilisation De
l’eau, pas des puces! Contre l’accaparement des ressources par
les industries du numérique et la «vie connectée».
Stop Micro, c’est la lutte locale la plus anti-tech de
France. Là-bas, le mot «techno critique» est normalisé, la «transition verte»
est moquée et les «technocrates» sont hués (car accaparement de l’eau et
pollution des terres sont le prix pour créer leurs armes de guerre). Un
contexte idéal pour parler stratégie révolutionnaire.
Cette année, les Soulèvements de la Terre co-organisaient
l’événement contre le «système technologique». Anti Tech Résistance était donc
présente.
Du vendredi au dimanche, nous avons assisté à des
conférences contre l’extractivisme et le fantasme de la relocalisation. Les
conférenciers dépeignent pendant 48 heures l’horreur structurelle du système
industriel.
Ses logiques coloniales
nuisent aux quatre coins du monde: exploitation du cobalt au Congo,
exploitation de lithium aux Amériques et dans les Andes, exploitation de terres
rares au Québec (des militants du monde entier viennent conter leurs luttes
contre l’industrie minière).
Son mythe de la transition écologique justifie un
«greenwashing enrobant le désastre en cours dans un bel emballage vert.»
Nous reconstituons collectivement la chaîne
d’approvisionnement des puces - des composants des pièces électroniques-, leurs
mines, les lieux de stockage, lieux de transformation et d’assemblage etc.
Comme avec nos fresques de l’IA, il est aisé de réaliser que la relocalisation
n’est qu’illusion.
Pourtant, un malaise se ressent. Des intellectuels et des
organisateurs viennent nous parler, en privé. Les Soulèvements les auraient
forcés. Forcés à inviter des étrangers (pour mieux les recruter), forcés à s’autocensurer,
forcés à trier les éditeurs sur le volet, forcés à exclure des auteurs
particuliers, forcés à renoncer à leur radicalité, forcés à voter pour nous
exfiltrer.
Devons-nous les croire sur paroles? Nous connaissons les
effets de la rumeur.
Nous ne croyons qu’aux actes. Et en effet, le mot
«révolution» n’est jamais prononcé. Nous parlons pourtant d’enfants exploités,
de femmes violées, d’autochtones déracinés, d’usines à démanteler.
Une conférence entière porte sur une entreprise,
Fairphone. Elle produirait des smartphones avec des mines «responsables». Elle
tenterait d’étudier la traçabilité des matières premières, pousserait les
criminels climatiques à créer «une industrie propre». Contradiction avec les autres interventions. Nous reconnaissons la
marque des Soulèvements. Honnêtes avec le public, les invités avouent leur
échec: changer le système de l’intérieur n’a jamais réussi. Mieux payer les
enfants-esclaves ne changera pas leur destin.
Les grandes multinationales n’ont plus besoin de faire de
greenwashing, le Mouton Numérique s’en charge! On croit à une blague. Mais ces
gens sont sérieux.
À la conférence des Soulèvements de la Terre (SDLT), le
morceau sera lâché: nous sommes ici « contre l’extension d’usine au
Grésivaudan». L’extension. Pas l’usine.
Pas la technologie. Pas la pièce d’un puzzle écocidaire; les «ouvriers» en
perdraient «leur salaire».
Nous ne croyons qu’aux actes. Et le lendemain, c’est
manifestation. Surprise, les Soulèvements de la Terre ont encore organisé un
vote, serré. Après leur campagne idéaliste contre Bolloré, les SDLT semblent
décidés à prendre le contrôle d’une nouvelle lutte. La tactique est claire:
pour invisibiliser les anti-tech, ils s’emparent de notre terrain, se
réapproprient notre discours, occupent chaque espace pour trier à l’entrée et
mettre de côté tout discours insurgé. Depuis notre critique stratégique, c’est leur priorité. Est-ce vraiment celle de la Terre? «On a démocratiquement
voté, vous êtes interdits de tracter». Aucun problème, on ne sort pas nos
tracts, mais une banderole!
La manif commence et nous la déployons: «CONTRE TOUTES
LES INDUSTRIES; ANTI-TECH RESISTANCE».
Nous ne sommes pas là pour diviser la lutte mais contre
l’industrie. Jamais d’hostilité horizontale face à un ennemi commun.
Au même moment, à quelques mètres, des anarchistes
écœurées par leur brutalité, des camarades historiques de Stop Micro, déploient
«STOP À LA VAMPIRISATION DES LUTTES PAR LES SOULÈVEMENTS DE LA TERRE».
Le ton est donné. Le schisme est créé.
Nous ne croyons qu’aux actes. Et la seule différence
pratique avec l’année dernière sont 1000 manifestants en plus et un sabotage
d’attrition. Est-ce là tout ce que vaut la «composition» avec EELV?
Moins de 10 secondes après notre première déclaration, on
entend hurler. Ils arrivent. Notre cortège est vite encerclé. Nos bras sont
attrapés. Ils étaient préparés. Des
hordes marxistes nous suivent à la trace, recouvrent nos prises de paroles de
diffamations. Des camions d’organisateurs et des chars identifiés roulent plus
vite pour éviter au public de se rapprocher. Ils manquent de nous écraser. Une
sono nous escorte tout du long, musique à fond, espérant masquer nos
revendications. Des organisateurs viennent nous menacer indirectement: «si vous
rangez pas votre banderole, on pourra pas assurer votre sécurité…» OK, on va la
garder.
Ils sont plusieurs dizaines à nous huer.
Nous sommes 6.
Alors, que devons-nous faire? S’avouer vaincu et
abandonner cette lutte aux Soulèvements pour qu’ils la transforment en zone de
défaite inclusive? Pour que la lutte contre l’industrie devienne lutte pour la réappropriation de l’industrie? Une lutte pour des mines de lithium
autogérées?
Hors de question. ATR est notre dernière chance. Si nous
nous laissons exclure de cette lutte, nous serons exclus des autres. Si nous ne
sommes pas là, qui portera la voix d’une planète malade? Alors, par dessus
leurs cris, nous chantons. Par dessus les injures, nous chantons. Notre
détermination est plus forte que leur collaboration. Nous sommes six, mais nous
sommes plus nombreux. Nos chœurs finissent par recouvrir leur haine et nous
repartons de plus belle.
Nous discutons avec des manifestants curieux, certains
choqués. Nous recevons des messages de soutien de plusieurs collectifs, qui
soulignent notre courage. Eux se cachent. Nous osons.
Aucun camarade n’a baissé les bras. Nous avons tous tenu
bon, ensemble, riant même de l’absurdité de la situation, déterminés à
poursuivre nos actions. Contre toutes les industries.
Nous étions là l’année dernière. Nous sommes là cette
année. Nous serons là l’année prochaine.
Pour désarmer le système technologique. Chose impossible
sans une organisation disciplinée. Parce que nous ne croyons pas aux discours.
Nous ne croyons qu’aux actes.
SIAMO TUTTI ANTI SMART CITY