“O l’umanità troverà un modo di vivere su una terra sovrappopolata e un modo di governarla in comune, oppure perirà”.
Hannah Arendt Le
origini del totalitarismo,
mia traduzione da “Testi complementari in guisa di conclusione”, Gallimard,
2002.
In tutta sincerità, sono pessimista. Mi sembra impensabile che l’umanità
esca dalla trappola sociale che ha costruito nei millenni e nei secoli, giorno
dopo giorno, senza confrontarsi alla catastrofe che ne deriva. Ma quale? Ma
come? È questa, molto probabilmente la questione più pertinente e sempre più
urgente che si presenta all’umanità.
Le manovre militari e i commenti sempre più invadenti sulla guerra che c’è
già e quella che si preannuncia in arrivo, mostrano che il sistema sociale
dominante è di fronte a un’ennesima impasse e si prepara a superarla come al
solito: se vuoi la pace della servitù volontaria prepara la guerra tra gli
schiavi prima che si rivoltino.
Con la violenza e il sopruso si azzerano di solito i conflitti facendoli pagare ai più deboli restaurandone
l’addomesticamento. Stavolta però non c’è più alcuna certezza che il solito sarà sufficiente. Stavolta è
la sopravvivenza stessa della specie umana che entra in gioco per una soluzione che non potrebbe presentarsi
più finale di così perché inclusiva
dell’armamento nucleare.
Fin dagli albori del produttivismo, la sottomissione dei popoli è una
condizione ottimale per i dominanti, ma presenta un limite: non è più proponibile
e ancor meno sostenibile quando l’umiliazione e la sofferenza sopportate entrano
in conflitto con la sopravvivenza stessa dei sottomessi fino a minacciare lo
stesso privilegio dei dominanti. Il dominio in crisi deve allora accentuare la
tragedia delle sue mandrie di pecore consumatrici, minacciandole di ulteriore sofferenza
e di una morte ancor più prematura e dolorosa che il suo nichilismo prepara.
La situazione attuale è inedita e le giovani generazioni stanno prendendo
coscienza di essere al cuore di questa tragedia: la storia della civiltà
produttivista e dell’umanità che ne ha approfittato, imponendola a una parte di
se stessa con sentimento cannibale, è arrivata a un punto critico. Redde rationem: in un mondo finito la
crescita non può essere infinita, dunque neppure il potere che sacralizza il
mito del sempre di più è in grado di
durare ancora a lungo senza far emergere spontaneamente Gilets jaunes o genZ. Dalla
Francia alla Serbia, passando per il Madagascar e il Nepal. Ed è solo l’inizio!
Il fascismo è un suprematismo assoluto. Una volta fucilato l’ultimo
antifascista, non rimarrà più granché del fascismo da imporre, se non l’eliminazione,
uno dopo l’altro, dei camerati
fascisti sopravvissuti in un pogrom senza fine. Si arriva allora allo
spettacolo dell’unico e la sua proprietà:
derisoria ricchezza di una miseria assoluta. Quando il vampiro ha totalmente dissanguato
il cadavere, è destinato a morire di sete insieme alla sua vittima, come lo
scorpione annega insieme alla ranocchia che ha ucciso in Rapporto confidenziale (Mr. Arkadin) di Orson Welles.
L’umanità è abituata alla sindrome di Stoccolma che ha finito per inquinare
tutte le rivoluzioni emancipatrici, rendendo impossibili le evasioni dai campi
di concentramento, riciclati con macabra gioia redditizia in supermercati di
merci velenose, alienanti, mortifere.
Credere che sapremo rivoltarci al nostro destino ormai programmato di
obsolescenza dell’umano è un diritto inalienabile per gli alienati che siamo. Di
fronte all’assurdo orripilante, l’umano non può che rivoltarsi.
Nella mia vecchiaia, solidale più che mai con i giovani in rivolta,
propendo – in tutta modestia e senza proclami rivoluzionari che nuocciono alla
rivoluzione – ad amare chi ci ama e lasciar perdere gli altri, condividendo
collettivamente la resistenza contro ogni fascismo di Stato e di mercato. Prediligo
l’idea pratica di coltivare il mio giardino affettivo senza odio ma con selettiva
rabbia umanista, dedicandomi nello stesso tempo alla coltura di un prezioso pezzetto
di terra senza pesticidi né altri veleni se non quelli che vagano nell’aria e
da cui non possiamo difenderci. Senza amore, senza terra e senz’acqua non c’è
salvezza possibile. L’aiuto reciproco in amore come in agricoltura è
oggettivamente rivoluzionario. È l’antidoto indispensabile contro l’odio
patologico per gli altri e contro l’avvelenamento dei cuori, dei corpi e della
terra perpetuato dall’ossessione della redditività che impregna multinazionali,
Stati, oligarchi e mafiosi, fino all’ultimo opportunista suprematista, cinico e
baro.
Alla fine sarà la natura a decidere se una più o meno piccola porzione di
umanità sopravvivrà alla catastrofe ineluttabile. Viviamo fino in fondo la
nostra umanità residua. La vita è capace di rinascere anche da un solo seme
dopo che la foresta è bruciata. La vita può risorgere contro la morte anche
quando la fine sembra imminente e probabile.
Difficile stabilire quando e come questa crisi radicale s’imporra definitivamente
dappertutto, ma è ormai certo che l’umanità finirà per confrontarsi con il
crollo della civiltà produttivista i cui primi segni sono chiaramente visibili.
Evitare questo fenomeno ormai innescato pare impossibile e persino ritardarlo è
difficile, tanto più che la coscienza di
specie degli umani è in ritardo, intimamente inquinata e falsificata dalla
propaganda onnipresente del dominio
reale del capitale[1].
Presto la menzogna di Stato in perdizione non potrà più coprire la rottura
di ogni equilibrio con la natura del vivente. Si tratta dunque di prevedere le
mosse possibili una volta manifestatasi concretamente la catastrofe.
Vasto programma, radicalmente necessario cui nessuno potrà sfuggire!
Sergio Ghirardi Sauvageon, fine ottobre 2025
[1] Vedi in
proposito: SGS, La Falsificazione del mondo, Ortica editrice, Roma, 2024; SGS, Terra incognita – Notes pour l’exploration psichogéographique
d’un nouveau monde, Amanuensis éditions, Paris 2025.
ULTIMA RATIO
Sur la fin probable,
pour le renversement de perspective encore possible
“Soit l’humanité trouvera une façon
de vivre sur une terre surpeuplée ainsi qu’une façon de la gouverner en commun,
soit elle périra”.
Hannah Arendt, Les
origines du totalitarisme,
“Textes complémentaires en guise de conclusion”,
Gallimard, 2002.
En toute honnêteté, je suis pessimiste. Il me
paraît impensable que l'humanité s’émancipe du piège social qu'elle a construit
au fil des millénaires et des siècles, jour après jour, sans affronter la
catastrophe qui en découle. Mais laquelle ? Mais comment ? Voilà,
sans doute, la question la plus pertinente et la plus urgente à laquelle
l'humanité est confrontée.
Les manœuvres militaires et les commentaires de
plus en plus intrusifs sur la guerre déjà existante et sur celle qui se profile
montrent que le système social dominant est confronté à une nouvelle impasse et
se prépare à la surmonter comme d'habitude : si vous voulez la paix de la
servitude volontaire, préparez la guerre entre les esclaves avant qu'ils ne se
révoltent.
La violence et les abus éliminent habituellement les conflits en les faisant
payer aux plus faibles en rétablissant la domestication. Cette fois, cependant,
il n'est plus certain que l'habituel
suffira. Cette fois, la survie même de l'espèce humaine est en jeu pour une solution on ne peut plus finale, car incluant l’armement nucléaire.
Depuis
l'aube du productivisme, l'assujettissement des peuples a été une condition
optimale pour les dominants, mais il a une limite : il n'est plus viable,
et encore moins soutenable lorsque l'humiliation et les souffrances endurées
entrent en conflit avec la survie même des assujettis, au point de menacer
jusqu'au privilège des dominants. La domination en crise doit alors accentuer
la tragédie de ses troupeaux de moutons consuméristes, les menaçant de nouvelles
souffrances et d'une mort encore plus prématurée et douloureuse que son
nihilisme prépare.
La
situation actuelle est inédite et les jeunes générations sont en train de
prendre conscience d’être au cœur de cette tragédie : l'histoire de la
civilisation productiviste et de l'humanité qui en a profité, l'imposant à une
partie d'elle-même avec un sentiment cannibale, a atteint un point critique. Redde
rationem :
dans un monde fini, la croissance ne peut être infinie, donc même le pouvoir
qui sanctifie le mythe du toujours plus
ne peut perdurer bien longtemps sans faire spontanément jaillir Gilets jaunes
ou génération Z. De la France à la Serbie, en passant par Madagascar e le
Népal. Et ce n’est qu’un début !
Le
fascisme est un suprématisme absolu. Une fois le dernier antifasciste fusillé, il ne restera plus grand-chose du fascisme
à imposer, sinon l’élimination, un à un, des autres « camerati » fascistes dans un pogrom
sans fin. On touche
alors au spectacle de l'unique et sa
propriété : richesse dérisoire d’une misère absolue. Lorsque le
vampire a entièrement vidé le cadavre de son sang, il est voué à mourir de soif
avec sa victime, comme le scorpion se noie avec la grenouille qu’il vient de
tuer dans Dossier secret (Mr.
Arkadine) d'Orson Welles.
L'humanité
est habituée au syndrome de Stockholm qui a fini par polluer toutes les révolutions
émancipatrices, rendant impossibles les évasions des camps de la mort, recyclés
avec une joie macabre et rentable en supermarchés de produits toxiques,
aliénants, mortifères.
Croire
que nous pourrons nous rebeller contre notre destin désormais programmé
d'obsolescence de l’humain est un droit inaliénable pour les aliénés que nous
sommes. Face à l’absurde et au lugubre, l’humain ne peut que se rebeller.
Dans ma
vieillesse, plus que jamais solidaire avec les jeunes en révolte, je penche –
en toute modestie et sans proclamations révolutionnaires qui nuisent à la
révolution – pour aimer ceux qui nous aiment et laisser aller les autres, en partageant
collectivement la résistance contre toute forme de fascisme d’État et de marché.
J’entretiens l’idée pratique de cultiver mon propre jardin émotionnel sans
haine, mais avec une sélective rage humanitaire, en me dédiant aussi à la
culture d’un précieux lopin de terre sans pesticides ni autres poisons, à
l'exception de ceux qui flottent dans l'air et dont nous ne pouvons nous
défendre. Sans amour, sans terre et sans eau, point de salut. L’entraide en
amour comme en agriculture est objectivement révolutionnaire. Il est l’antidote
nécessaire contre la haine pathologique envers les autres et contre l’empoisonnement
des cœurs, des corps et de la terre perpétué par l’obsession du profit qui
imprègne les multinationales, les États, les oligarques et les mafieux,
jusqu’au dernier opportuniste suprématiste, cynique et tricheur.
Finalement,
la nature décidera si une plus ou moins petite partie de l'humanité survivra à
l'inévitable catastrophe. Vivons pleinement notre humanité résiduelle. La vie
est capable de renaître même d'une simple graine après l'incendie de la forêt.
La vie peut se dresser contre la mort, même lorsque la fin semble imminente et
probable.
Il est
difficile de déterminer quand et comment cette crise radicale s’imposera définitivement
partout, mais il est désormais certain que l'humanité finira par se confronter
à l'effondrement de la civilisation productiviste, dont les premiers signes
sont clairement visibles. Éviter ce phénomène, déjà amorcé, paraît impossible,
et même le retarder est difficile, d'autant plus que la conscience d'espèce des humains est à la traîne, intimement polluée
et falsifiée par la propagande omniprésente de la domination réelle du capital[1].
Le
mensonge d'État en perdition ne pourra bientôt plus masquer la rupture de tout
équilibre avec la nature du vivant. Il s'agit donc de prévoir les actions possibles,
une fois la catastrophe concrètement entamée.
Vaste
programme, radicalement nécessaire, auquel personne n’échappera !
Sergio Ghirardi Sauvageon, fin octobre 2025
[1] Voir à ce propos : SGS, La
falsification du monde, Amanuensis éditions, Paris, 2025 ; SGS, Terra
incognita – Notes pour l’exploration psichogéographique d’un nouveau monde, Amanuensis
éditions, Paris, 2025.
