giovedì 30 ottobre 2025

ULTIMA RATIO - Sulla fine probabile, per il rovesciamento di prospettiva ancora possibile




O l’umanità troverà un modo di vivere su una terra sovrappopolata e un modo di governarla in comune, oppure perirà”.

Hannah Arendt Le origini del totalitarismo,

mia traduzione da “Testi complementari in guisa di conclusione”, Gallimard, 2002.


In tutta sincerità, sono pessimista. Mi sembra impensabile che l’umanità esca dalla trappola sociale che ha costruito nei millenni e nei secoli, giorno dopo giorno, senza confrontarsi alla catastrofe che ne deriva. Ma quale? Ma come? È questa, molto probabilmente la questione più pertinente e sempre più urgente che si presenta all’umanità.

Le manovre militari e i commenti sempre più invadenti sulla guerra che c’è già e quella che si preannuncia in arrivo, mostrano che il sistema sociale dominante è di fronte a un’ennesima impasse e si prepara a superarla come al solito: se vuoi la pace della servitù volontaria prepara la guerra tra gli schiavi prima che si rivoltino.

Con la violenza e il sopruso si azzerano di solito i conflitti facendoli pagare ai più deboli restaurandone l’addomesticamento. Stavolta però non c’è più alcuna certezza che il solito sarà sufficiente. Stavolta è la sopravvivenza stessa della specie umana che entra in gioco per una soluzione che non potrebbe presentarsi più finale di così perché inclusiva dell’armamento nucleare.

Fin dagli albori del produttivismo, la sottomissione dei popoli è una condizione ottimale per i dominanti, ma presenta un limite: non è più proponibile e ancor meno sostenibile quando l’umiliazione e la sofferenza sopportate entrano in conflitto con la sopravvivenza stessa dei sottomessi fino a minacciare lo stesso privilegio dei dominanti. Il dominio in crisi deve allora accentuare la tragedia delle sue mandrie di pecore consumatrici, minacciandole di ulteriore sofferenza e di una morte ancor più prematura e dolorosa che il suo nichilismo prepara.

La situazione attuale è inedita e le giovani generazioni stanno prendendo coscienza di essere al cuore di questa tragedia: la storia della civiltà produttivista e dell’umanità che ne ha approfittato, imponendola a una parte di se stessa con sentimento cannibale, è arrivata a un punto critico. Redde rationem: in un mondo finito la crescita non può essere infinita, dunque neppure il potere che sacralizza il mito del sempre di più è in grado di durare ancora a lungo senza far emergere spontaneamente Gilets jaunes o genZ. Dalla Francia alla Serbia, passando per il Madagascar e il Nepal. Ed è solo l’inizio!

Il fascismo è un suprematismo assoluto. Una volta fucilato l’ultimo antifascista, non rimarrà più granché del fascismo da imporre, se non l’eliminazione, uno dopo l’altro, dei camerati fascisti sopravvissuti in un pogrom senza fine. Si arriva allora allo spettacolo dell’unico e la sua proprietà: derisoria ricchezza di una miseria assoluta. Quando il vampiro ha totalmente dissanguato il cadavere, è destinato a morire di sete insieme alla sua vittima, come lo scorpione annega insieme alla ranocchia che ha ucciso in Rapporto confidenziale (Mr. Arkadin) di Orson Welles.

L’umanità è abituata alla sindrome di Stoccolma che ha finito per inquinare tutte le rivoluzioni emancipatrici, rendendo impossibili le evasioni dai campi di concentramento, riciclati con macabra gioia redditizia in supermercati di merci velenose, alienanti, mortifere.

Credere che sapremo rivoltarci al nostro destino ormai programmato di obsolescenza dell’umano è un diritto inalienabile per gli alienati che siamo. Di fronte all’assurdo orripilante, l’umano non può che rivoltarsi.

Nella mia vecchiaia, solidale più che mai con i giovani in rivolta, propendo in tutta modestia e senza proclami rivoluzionari che nuocciono alla rivoluzione ad amare chi ci ama e lasciar perdere gli altri, condividendo collettivamente la resistenza contro ogni fascismo di Stato e di mercato. Prediligo l’idea pratica di coltivare il mio giardino affettivo senza odio ma con selettiva rabbia umanista, dedicandomi nello stesso tempo alla coltura di un prezioso pezzetto di terra senza pesticidi né altri veleni se non quelli che vagano nell’aria e da cui non possiamo difenderci. Senza amore, senza terra e senz’acqua non c’è salvezza possibile. L’aiuto reciproco in amore come in agricoltura è oggettivamente rivoluzionario. È l’antidoto indispensabile contro l’odio patologico per gli altri e contro l’avvelenamento dei cuori, dei corpi e della terra perpetuato dall’ossessione della redditività che impregna multinazionali, Stati, oligarchi e mafiosi, fino all’ultimo opportunista suprematista, cinico e baro.

Alla fine sarà la natura a decidere se una più o meno piccola porzione di umanità sopravvivrà alla catastrofe ineluttabile. Viviamo fino in fondo la nostra umanità residua. La vita è capace di rinascere anche da un solo seme dopo che la foresta è bruciata. La vita può risorgere contro la morte anche quando la fine sembra imminente e probabile.

Difficile stabilire quando e come questa crisi radicale s’imporra definitivamente dappertutto, ma è ormai certo che l’umanità finirà per confrontarsi con il crollo della civiltà produttivista i cui primi segni sono chiaramente visibili. Evitare questo fenomeno ormai innescato pare impossibile e persino ritardarlo è difficile, tanto più che la coscienza di specie degli umani è in ritardo, intimamente inquinata e falsificata dalla propaganda onnipresente del dominio reale del capitale[1].

Presto la menzogna di Stato in perdizione non potrà più coprire la rottura di ogni equilibrio con la natura del vivente. Si tratta dunque di prevedere le mosse possibili una volta manifestatasi concretamente la catastrofe.

Vasto programma, radicalmente necessario cui nessuno potrà sfuggire!

Sergio Ghirardi Sauvageon, fine ottobre 2025





[1] Vedi in proposito: SGS, La Falsificazione del mondo, Ortica editrice, Roma, 2024; SGS, Terra incognita – Notes pour l’exploration psichogéographique d’un nouveau monde, Amanuensis éditions, Paris 2025.

 


 

ULTIMA RATIO

Sur la fin probable,

pour le renversement de perspective encore possible

Soit l’humanité trouvera une façon de vivre sur une terre surpeuplée ainsi qu’une façon de la gouverner en commun, soit elle périra”.

Hannah Arendt, Les origines du totalitarisme,

“Textes complémentaires en guise de conclusion”, Gallimard, 2002.

En toute honnêteté, je suis pessimiste. Il me paraît impensable que l'humanité s’émancipe du piège social qu'elle a construit au fil des millénaires et des siècles, jour après jour, sans affronter la catastrophe qui en découle. Mais laquelle ? Mais comment ? Voilà, sans doute, la question la plus pertinente et la plus urgente à laquelle l'humanité est confrontée.

Les manœuvres militaires et les commentaires de plus en plus intrusifs sur la guerre déjà existante et sur celle qui se profile montrent que le système social dominant est confronté à une nouvelle impasse et se prépare à la surmonter comme d'habitude : si vous voulez la paix de la servitude volontaire, préparez la guerre entre les esclaves avant qu'ils ne se révoltent.

La violence et les abus éliminent habituellement les conflits en les faisant payer aux plus faibles en rétablissant la domestication. Cette fois, cependant, il n'est plus certain que l'habituel suffira. Cette fois, la survie même de l'espèce humaine est en jeu pour une solution on ne peut plus finale, car incluant l’armement nucléaire.

Depuis l'aube du productivisme, l'assujettissement des peuples a été une condition optimale pour les dominants, mais il a une limite : il n'est plus viable, et encore moins soutenable lorsque l'humiliation et les souffrances endurées entrent en conflit avec la survie même des assujettis, au point de menacer jusqu'au privilège des dominants. La domination en crise doit alors accentuer la tragédie de ses troupeaux de moutons consuméristes, les menaçant de nouvelles souffrances et d'une mort encore plus prématurée et douloureuse que son nihilisme prépare.

La situation actuelle est inédite et les jeunes générations sont en train de prendre conscience d’être au cœur de cette tragédie : l'histoire de la civilisation productiviste et de l'humanité qui en a profité, l'imposant à une partie d'elle-même avec un sentiment cannibale, a atteint un point critique. Redde rationem : dans un monde fini, la croissance ne peut être infinie, donc même le pouvoir qui sanctifie le mythe du toujours plus ne peut perdurer bien longtemps sans faire spontanément jaillir Gilets jaunes ou génération Z. De la France à la Serbie, en passant par Madagascar e le Népal. Et ce n’est qu’un début !

Le fascisme est un suprématisme absolu. Une fois le dernier antifasciste fusillé, il ne restera plus grand-chose du fascisme à imposer, sinon lélimination, un à un, des autres « camerati » fascistes dans un pogrom sans fin. On touche alors au spectacle de l'unique et sa propriété : richesse dérisoire d’une misère absolue. Lorsque le vampire a entièrement vidé le cadavre de son sang, il est voué à mourir de soif avec sa victime, comme le scorpion se noie avec la grenouille qu’il vient de tuer dans Dossier secret (Mr. Arkadine) d'Orson Welles.

L'humanité est habituée au syndrome de Stockholm qui a fini par polluer toutes les révolutions émancipatrices, rendant impossibles les évasions des camps de la mort, recyclés avec une joie macabre et rentable en supermarchés de produits toxiques, aliénants, mortifères.

Croire que nous pourrons nous rebeller contre notre destin désormais programmé d'obsolescence de l’humain est un droit inaliénable pour les aliénés que nous sommes. Face à l’absurde et au lugubre, l’humain ne peut que se rebeller.

Dans ma vieillesse, plus que jamais solidaire avec les jeunes en révolte, je penche – en toute modestie et sans proclamations révolutionnaires qui nuisent à la révolution – pour aimer ceux qui nous aiment et laisser aller les autres, en partageant collectivement la résistance contre toute forme de fascisme d’État et de marché. J’entretiens l’idée pratique de cultiver mon propre jardin émotionnel sans haine, mais avec une sélective rage humanitaire, en me dédiant aussi à la culture d’un précieux lopin de terre sans pesticides ni autres poisons, à l'exception de ceux qui flottent dans l'air et dont nous ne pouvons nous défendre. Sans amour, sans terre et sans eau, point de salut. L’entraide en amour comme en agriculture est objectivement révolutionnaire. Il est l’antidote nécessaire contre la haine pathologique envers les autres et contre l’empoisonnement des cœurs, des corps et de la terre perpétué par l’obsession du profit qui imprègne les multinationales, les États, les oligarques et les mafieux, jusqu’au dernier opportuniste suprématiste, cynique et tricheur.

Finalement, la nature décidera si une plus ou moins petite partie de l'humanité survivra à l'inévitable catastrophe. Vivons pleinement notre humanité résiduelle. La vie est capable de renaître même d'une simple graine après l'incendie de la forêt. La vie peut se dresser contre la mort, même lorsque la fin semble imminente et probable.

Il est difficile de déterminer quand et comment cette crise radicale s’imposera définitivement partout, mais il est désormais certain que l'humanité finira par se confronter à l'effondrement de la civilisation productiviste, dont les premiers signes sont clairement visibles. Éviter ce phénomène, déjà amorcé, paraît impossible, et même le retarder est difficile, d'autant plus que la conscience d'espèce des humains est à la traîne, intimement polluée et falsifiée par la propagande omniprésente de la domination réelle du capital[1].

Le mensonge d'État en perdition ne pourra bientôt plus masquer la rupture de tout équilibre avec la nature du vivant. Il s'agit donc de prévoir les actions possibles, une fois la catastrophe concrètement entamée.

Vaste programme, radicalement nécessaire, auquel personne n’échappera !

Sergio Ghirardi Sauvageon, fin octobre 2025

 



[1] Voir à ce propos : SGS, La falsification du monde, Amanuensis éditions, Paris, 2025 ; SGS, Terra incognita – Notes pour l’exploration psichogéographique d’un nouveau monde, Amanuensis éditions, Paris, 2025.