fonte: https://istrixistrix.noblogs.org/files/2017/09/FUORI-NORMA-Lo-stato-elimina-gli-agricoltori.pdf
Hanno ucciso Laronze
Jérôme Laronze, un allevatore in Saône-et-Loire, è
stato ucciso il 20 maggio 2017 dai gendarmi. Il suo nome si aggiunge alla lunga
lista delle vittime delle forze dell’ordine. La sua morte ci ricorda che la
violenza istituzionale non risparmia nessuno, nemmeno gli agricoltori.
Jérôme era stato molestato da anni dalla burocrazia
amministrativa del settore agricolo: controlli a ripetizione, multe, minaccia
di sequestro delle greggi… Questa azione repressiva aveva come obiettivo
“fargli rispettare le norme” a uno che rifiutava di sottostare ai vari obblighi
di tracciabilità (marchio auricolare in materiale plastico applicato
all’orecchio sinistro, registro degli spostamenti di acquisto e vendita,
profilassi, ecc.). La pressione crescente ha raggiunto l’apice nel 2016 quando
i servizi veterinari hanno fatto appello ai gendarmi per effettuare i loro
controlli a ogni costo.
Durante la loro ultima visita, non meno di due
controllori e quattro militari armati si sono presentati in azienda a sorpresa.
Preso alla sprovvista, Jérôme ha deciso di darsi alla fuga per denunciare il
comportamento dell’amministrazione. Nel Journal de
Saône-et-Loire ha espresso la sua visione
perfettamente chiara della situazione: «L’iper-amministrazione non porta nulla
agli agricoltori, se non umiliazioni e angherie. Avvantaggia soltanto i
commercianti e gli intermediari. Il mio caso è aneddotico, ma illustra
l’ultra-regolamentazione che porta alla distruzione dei contadini.»
Purtroppo la sua fuga mediatica e politica si è
conclusa dieci giorni dopo sotto i proiettili dei gendarmi. Mentre molti
coltivatori e allevatori vanno in depressione, abbandonano il mestiere o si
suicidano, Jérôme invece si è opposto al sistema normativo ed è stato
abbattuto.
Mentre
i servizi statali cercano di screditarlo per scusare i propri gendarmi1, dobbiamo
Riconoscere
la lucidità e il
coraggio di Jerome in questa lotta che colpisce tutti i lavoratori della terra.
L’omicidio di cui è la vittima rende più visibile la distruzione dei contadini
che mai.
Lo
Stato al servizio del capitale
L’ultra-regolamentazione in questione si basa su norme
sanitarie e ambientali il cui numero è esploso negli ultimi vent’anni. Queste
norme hanno la pretesa di far fronte ai problemi attuali di salute pubblica e
protezione dell’ambiente. Ma queste promesse, sempre deluse, nascondono
l’obiettivo reale. La gestione normativa serve solo a scremare la popolazione
agricola in modo da concentrare la produzione e i profitti.
E se il degrado del nostro ambiente e della nostra salute
sono indubbi, le norme non si sono dimostrate né necessarie né efficaci: nessun
studio dimostra il presunto rischio delle pratiche contadine; nessun protocollo
industriale ha impedito la mucca pazza, le alghe verdi o le lasagne di cavallo.
Al contrario, l’industrializzazione dell’agricoltura è stata accompagnata
dall’uso massiccio di prodotti tossici per la natura in generale e per gli
esseri umani in particolare. Il deteriorarsi delle nostre condizioni di vita è profondamente
legato allo sviluppo del modello produttivista.
Tuttavia queste norme, predisposte con cura dalle
lobby industriali, sono imposte a tutti sotto forma di regolamenti. Il sistema
normativo fa scomparire l’unicità di ogni azienda agricola e l’esperienza del
produttore a vantaggio di procedure standardizzate. Ci riduce a semplici
esecutori, privati del nostro savoir-faire, della nostra cultura e dei nostri strumenti di lavoro. Ci soffoca
in modo finanziario e amministrativo. Snatura il senso del nostro mestiere. Ci
trasforma in lavoratori proletarizzati e ci spinge a lasciare le nostre
fattorie. Risponde così ai bisogni dell’industria: liberare dei suoli da un
lato e della manodopera resa precaria dall’altro.
Su consiglio delle stesse lobby, le politiche hanno
messo in atto misure finanziarie per accompagnare le normative sanitarie e
ambientali. Ma queste sovvenzioni e altri vantaggi fiscali sono raramente
accessibili alle piccole aziende agricole perché gli investimenti necessari
rimangono fuori dalla loro portata. Solo le grandi aziende agricole possono
ambire a ottenerle, e ne traggono beneficio anche per aumentare i loro enormi
profitti diversificando le loro entrate (solare, eolico, metano…).
Così,
la gestione attraverso le norme è diventata la principale leva delle politiche
agricole per sradicare le piccole e medie aziende, a vantaggio delle grandi
aziende agricole e delle fattorie-fabbrica. Malgrado tutti gli esiti concreti sulla salute e
sull’ambiente, la combinazione di regolamenti e aiuti pubblici fornisce all’industria
le condizioni e i mezzi per poter prosperare. Jérôme l’aveva capito
bene. Vi si è opposto e per questo è morto.
Lottiamo insieme per esistere
È giunto il momento di porre fine a questa politica
mortifera. Molti di noi rifiutano di sottomettersi alle ingiunzioni dello
Stato. Sono necessari tanti atti di resistenza, ma è difficile farsene carico
da soli, di fronte a un’amministrazione repressiva e a una giustizia di classe.
L’omicidio di Jérôme suona come un campanello d’allarme: isolati, prima o poi
scompariremo, sotto le norme o sotto i proiettili. Solo un movimento
collettivo ci permetterà di fermare la macchina che ci riduce in frantumi.
Il
sindacalismo ha mostrato i propri limiti. Impigliato nella co-gestione, non può
più essere una forza d’opposizione. Basta con l’ipocrisia. Non c’è nulla da
negoziare con lo Stato francese e con il suo avatar europeo dato che entrambi
concentrano la produzione nelle mani degli imperi agroalimentari garantendo
loro guadagni regolari. Bisogna
impedirgli di fare danni attraverso la disobbedienza collettiva e l’azione
diretta.
Come
nel caso della lotta contro l’inserimento di microchip nelle pecore, dobbiamo ristabilire
un rapporto di forze con l’amministrazione organizzando una presenza collettiva
nelle aziende durante i controlli. Questa presenza ha il merito di porre fine
all’umiliazione, alla sensazione d’impotenza e d’isolamento. Ma data la
situazione, dobbiamo andare oltre. Adesso
dobbiamo rifiutare collettivamente i controlli e assicurarci che non si
verifichino sanzioni.
Rifiutiamo il sistema normativo che tenta di
eliminarci!
Per contattare il movimento, partecipare alle manifestazioni e
organizzare la lotta, contattateci al seguente indirizzo: hors.norme@yahoo.com.
Stiamo pensando in
particolare a un incontro entro la fine dell’anno.
Collettivo di
agricoltori contro le norme
18 agosto 2017
NOTE
1. FDSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants
agricoles) e Confédération Paysanne hanno alimentato questo discorso ufficiale
affermando che era «psicologicamente debole», che aveva «bisogno di cure» o
suggerendo che aveva «perso la ragione».
A proposito della morte di
Jérôme Laronze, allevatore
(a cura di istrixistrix)
Sabato 20 maggio 2017 Jérôme Laronze, allevatore di Trivy
(dipartimento Saône-et-Loire) è stato
ucciso dai gendarmi di Cluny. Era ricercato dall’11 maggio, giorno in
cui era fuggito per sottrarsi a un controllo sanitario da parte di funzionari
della Direzione Dipartimentale di Protezione delle Popolazioni (DDPP) scortati da un ingente
numero di sbirri; secondo le forze dell’ordine aveva cercando di investirli con
il trattore, ma secondo la dichiarazione di Laronze, l’aveva guidato solo con
l’intento di «spaventarli»1, come aveva dichiarato in una lettera inviata al giornale locale
durante i giorni in cui era fuggiasco. Segnalato alle autorità da un abitante
del vicino villaggio di Sailly, è stato raggiunto da due militari armati e con
giubbotto antiproiettile mentre si era assopito all’interno della sua
automobile: resosi conto della situazione ha cercato di scappare a bordo del
veicolo ma è stato abbattuto da tre
colpi di arma da fuoco.
Non era il primo controllo che subiva; il 6 giugno 2016
si erano presentati dei funzionari della DDPP per identificare i bovini al
pascolo, scortati da una decina di gendarmi armi alla mano, nonostante in
precedenza non avesse mai minacciato i funzionari né ostacolato i controlli: le
bestie si erano spaventate e secondo la
sua testimonianza una ventina di mucche si erano precipitate in un torrente
limitrofo, e alcune erano morte. Dettaglio questo, come ha spiegato nella
lettera inviata al giornale, che l’aveva profondamente sconvolto; «In seguito
mi hanno chiesto di non dire nulla riguardo queste bestie se volevo che il mio
dossier risultasse in regola»2. Sempre nella lettera
pubblicata il giorno prima della sua morte, ha denunciato «la
iper-amministrazione che non dà nulla agli agricoltori, se non umiliazioni e
vessazioni. Essa è utile solo ai commercianti e agli intermediari. Il mio caso
è aneddotico ma illustra bene l’iper-regolamentazione che porta alla
distruzione dei contadini.»3
Vista la situazione alcuni agricoltori e vicini, assieme alla Confédération
paysanne locale, si erano organizzati per sostenere Laronze durante i
controlli, che in seguito si erano svolti tranquillamente: nulla lasciava presagire che i funzionari si sarebbero
ripresentati scortati dai militari. «Quando sono arrivati i controllori assieme
a tutta quella gente armata, sono salito
sul trattore e ci sono rimasto perché per me era il solo modo per avere diritto
di parola. Sono sempre stato gentile con i controllori, non ho mai mancato di
rispetto. Ma quel giorno sono stato preso dalla collera di chi è nel giusto…»
Dichiarazione che stona con quanto dichiarato dai gendarmi, secondo
cui «al volante del suo trattore, cercava di investire i gendarmi, che sono
riusciti a evitare l’urto.»5 Anche il giorno in cui è stato ucciso la versione
dei fatti dei pubblici ufficiali non quadra, dato che la procura di Mâcon
sostiene che sarebbe «andato addosso ai due su una stretta strada sterrata». Ma
l’indagine balistica sembra smentire quanto detto, ovvero che i gendarmi
avrebbero sparato per legittima difesa,
dato che la traiettoria mostra che i proiettili hanno raggiunto la vettura dalla fiancata e da dietro, oltre
al fatto che sono stati sparati un numero eccessivo di colpi.
I sindacati di categoria hanno da un lato condannato l’accaduto,
dall’altro sottolineato la natura fragile del soggetto in questione… un colpo
al cerchio e uno alla botte, come sempre.
Bernard Lacour, presidente della Fédération
départementale des syndicats d’exploitants agricoles (FDSEA) della regione Saône-et-Loire ha detto al quotidiano Le
Parisien: «Da oltre un anno ero a conoscenza del
fatto Jérôme Laronze era nel mirino perché registrava una mortalità nei suoi
bovini superiore alla norma. Ma prima di giudicare bisogna avere in mano tutti
gli elementi.» Per il sindacalista si tratta di un dramma
«della solitudine, che gli allevatori fanno fatica ad
accettare, con il carico di lavoro che sappiamo devono affrontare. Ma per onore
della verità devo dire che Jérôme era psicologicamente debole. (…) Bisogna
tornare a un livello umano. L’allevatore dovrebbe essere avvertito prima di
ogni controllo, cosa che lo porterebbe a essere più vigile. Dovrebbe anche
beneficiare di sostegno e accompagnamento: se avesse avuto accanto dei
colleghi, forse Jérôme non avrebbe reagito così. I controlli, normali e legittimi, troppo spesso sono vissuti come qualcosa di
sospetto o come un accanimento.»6
Questo invece il comunicato stampa della Confédération Paysanne:
«In seguito a un controllo amministrativo, Jérôme Laronze, 37 anni,
contadino, militante della Confédération Paysanne Saône-et-Loire, è morto
questo sabato in conseguenza a colpi sparati da gendarmi venuti a prelevarlo.
Desideriamo prima di tutto esprimere tutta la nostra solidarietà con la
famiglia di Jérôme così come ai militanti della Conf’ Saône-et-Loire.
Siamo scioccati, siamo in collera. Bisogna che sia fatta piena luce
su questo dramma. Speriamo che un’indagine seria e indipendente stabilisca come
si sia arrivati a questa fine tragica.
Al di là di questo fatto e delle specifiche condizioni in cui è
avvenuto, non possiamo far altro che insorgere di fronte ai metodi impiegati di
fronte a un disagio economico e umano. Stiamo qui mettendo in discussione il
fatto che sia preso in considerazione il disagio degli esseri umani, soli nella
loro fattoria, che devono affrontare l’umiliazione di un controllo che talvolta
può far agire il contadino al di là della ragione.
Nell’immediato la Confédération paysanne chiede una
moratoria sui controlli, inoltre c’è bisogno che il lavoro dei contadini abbia
un riconoscimento umano ed economico. Solo a quel punto le norme e i controlli
riacquisteranno il loro significato e serviranno l’interesse generale.»7
Il comunicato che
precede, firmato “Collectif d’agriculteurs contre les normes”, ha destato
scandalo quando è stato distribuito durante un incontro della Confédération
Paysanne in cui si presentavano i libri Le paysan impossible. Recit de luttes, di Yannick
Ogor, e Le
ménage des champs, di Xavier Noulhianne, entrambe editi da Les éditions du bout
de la ville, esperienza editoriale nata nel 2012 in occasione della scrittura
collettiva del libro Oublier
Fukushima (trad. italiana: Dimenticare
Fukushima, istrixistrix 2016).
NOTE
1, 2, 3, 4. “Il mio trattore era il solo
mezzo per avere diritto di parola”, Le Journal de Saône-et-Loire, Venerdi 19 maggio 2017 (p. 5).
5.
“La fuga in avanti
di un allevatore reso fragile”,
Le Journal de Saône-et-Loire, Mercoledi 17 maggio 2017.
6.
Le Parisien, 22 mai 2017.
7.
“Justice pour
Jérôme”, Comunicato stampa del 21 maggio 2017
– http://www.confederationpaysanne.fr/rp_article.php?id=5867
istrixistrix.noblogs.org
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