sabato 13 marzo 2021

Appunti di posizionamento in quel che resta dell’arcipelago occidentale (più Gulag digitale che mai)

 




Nel capitalismo finanziarizzato e digitale di cui subiamo il totalitarismo, soprattutto il lavoro salariato, ma anche le professioni liberali e ogni altra azione umana, sono attività tributarie di quell’economia politica che ha trasformato mirabilmente la maggior parte delle schiavitù in servitù volontarie, miserie addobbate di una sopravvivenza più o meno privilegiata ma sempre più effimera e comunque frustrante e liberticida. Nessuna specialità è esclusa dalla sempre più artificiale deriva di tutti i rapporti sociali. Così, da tempo, si è constatato empiricamente che parecchi dottori al vertice della piramide sanitaria sono diventati dei garagisti della salute. Gli apprendisti stregoni che un tempo abusavano del salasso, oggi riempiono di pillole e vaccini ben più redditizi.

Il virus covid 19/84 ha reso visibile quest’aspetto meccanicistico ormai dominante in tutti gli ambiti sociali, legato all'alienazione e alla reificazione, termini complessi ma destinati a diventare usuali e necessari per la comprensione della fase terminale del feticismo della merce al cuore del capitalismo. Siamo tutti degli alienati spossessati della propria soggettività addomesticata e ridotti a cose (res, rei, in latino: cosa) che si scambiano facendo circolare il valore economico come unica linfa vitale riconosciuta.

Questo comportamento, abituale tra gli schiavi moderni del produttivismo che sono i lavoratori/consumatori (dove finiscono gli uni, dove cominciano gli altri?), è decisamente opposto allo slancio originario d’amore per la vita che il giuramento d’Ippocrate sottolinea sul piano sanitario: salvare delle vite costi quel che costi (anche a prezzo della propria vita di fronte alla pandemia). E questo, appunto, ha fatto esemplarmente il personale medico di base donandosi a fondo, per tutto quest’anno orribile di confinamenti, di paura del morbo, di ricoverati e di morti.

La solidarietà tra esseri umani in difficoltà è diventata un umanesimo appariscente nel mondo disumano del calcolo redditizio e della competizione egoista, scuotendo il tran-tran di un business della salute in mano alle industrie farmaceutiche. L’aiuto reciproco prodigato spontaneamente nella realtà quotidiana da molti medici e dottoresse, infermiere e infermieri, ha talmente sorpreso l'alienato medio, abituato al cinismo sociale diffuso, che durante il primo confino, molti servitori volontari hanno inscenato sui loro poggioli la pantomima del ringraziamento serale del personale medico, mentre il potere ne cauzionava la retorica simulando la messa ridicola della medaglia al merito per questi lavoratori malpagati (salvo se al soldo diretto o indiretto di Big Pharma), maltrattati e sistematicamente ignorati nella loro denuncia dell'imbarbarimento mercantile delle cure e dell'abbandono programmato del sistema ospedaliero in quanto bene comune.

La psicodrammatizzazione ideologica di una pandemia dalle conseguenze letali relativamente modeste se confrontate dal punto di vista statistico e non umano agli altri disastri della civiltà produttivista, patriarcale, industriale e capitalista ha prodotto due effetti concomitanti solo apparentemente opposti e in realtà collegati: il posizionamento del potere politico dominante e quello subdolo e caratterialmente suprematista dei suoi falsi nemici operanti nell’invadente universo digitale.

Da un lato la menzogna falsamente umanitaria del potere che si preoccupa formalmente delle vite in pericolo mentre non fa nulla per proteggerle; che quasi vieta le maschere di protezione quando ne manca colpevolmente per poi imporle di forza a credenti e agnostici come una panacea dogmatica che assomiglia a un mistico velo sanitario per i sedicenti cittadini. Che i cittadini ubbidiscano, dunque, ai diktat di una casta politico-clerical-sanitaria che dà l'impressione di mantenere un controllo autoritario sulla situazione quando, invece, le sfugge completamente di mano. Bisogna soprattutto che non decidano liberamente, in maniera responsabile, con uno spirito di autogestione della loro vita quotidiana – dunque anche sanitaria –, di rispettare il principio di precauzione e proteggere minimamente se stessi e gli altri con i gesti barriera qualora necessari. Attenzione, una tale autonomia solidale potrebbe dar loro delle idee sovversive!

I governanti sono in continua fibrillazione, decisi a far correre rischi a un certo numero di lavoratori indispensabili per permettere il funzionamento essenziale del sistema dominante (un buon numero di medici o operatori economici ha già perso la vita, come le squadre di “liquidatori” intervenuti a Chernobyl senza protezione). Nello stesso tempo impongono, loro malgrado, con malcelato imbarazzo e continuando a sacralizzare a parole l’economia politica di cui sono i maggiordomi, uno "sciopero generale" di cui si tace il nome e un'interdizione dei consumi totalmente contraddittoria con la pubblicità della merce che continua schizofrenicamente a imperversare sugli schermi, nelle teste e nei portafogli.

Ecco un motivo per ridere un po’ oltre la malinconia claustrofobica dei successivi confinamenti: la similitudine paradossale della crisi attuale dell’economia politica (con la piccola peste virale e la prigionia del confinamento in più) con quel maggio 68 che, per tutto quel bel mese indimenticabile, aveva praticato liberamente lo sciopero generale contro la peste emozionale e sociale capitalista, con una gioia di vivere che gli schiavisti moderni di allora, sorpresi da tanta audacia, non potevano sopportare né impedire.

Mezzo secolo dopo, ricucita superficialmente dai dominanti questa “ferita” rivoluzionaria, la crisi del covid 19/84 dimostra in pratica l'inutilità sociale di una gran parte dell'attività lavorativa "normale" di cui stiamo facendo a meno e la fattibilità di una società della decrescita economica necessaria all'uscita dalla società produttivista per salvare la specie umana dai danni di un Antropocene sempre più nichilista.

Eccoci dunque ripiombati nel nostro triste presente per ascoltare il messaggio che si propaga come una marea nera nell’universo virtuale: i morti del covid 19/84 sono effettivamente una piccola quantità in più se comparata alla catastrofe sanitaria che la civiltà produttivista sta ormai producendo da decenni con tutte le malattie opportuniste legate al progresso del business planetario. Sono, però, milioni di morti reali, delle vere vite spezzate quelle cifre che i burocrati alternativi dei socials riducono nei loro capricci computerizzati a quantità trascurabili. Per alcuni, il fatto che siano soprattutto i più vecchi ad andarsene, sembra una ragione di più per non preoccuparsene. Niente potrebbe meglio rendere chiaro che questi ribelli senza rivoluzione sono anch’essi degli individui disumanizzati che tempestano su una tastiera insensibile la loro impotenza a reagire contro un mondo senz’anima né corpi gaudenti.

Altrove è la luna che le nostre dita critiche continuano a indicare: che la presenza del virus diminuisca considerevolmente il tasso d’inquinamento provocato dalle attività umane, è un aspetto dell’attualità interessante e molto pericoloso per il totalitarismo mercantile nella sua fase terminale digitalizzata. Tuttavia, per la struttura caratteriale rigida di ogni perversione narcisista, tratto di carattere particolarmente diffuso dal dominio reale del Capitale sul lavoro, l’obiettivo è rinforzare (ristabilendole o rinnovandole) le gerarchie suprematiste che permettono di consumare gli esseri e le cose. Così un'isteria negazionista denuncia le manipolazioni di un’oligarchia fantasmatica anziché lo sfruttamento sistemico e totalitario dell'esistente perché per i predatori in agguato di ogni bordo ideologico il nemico da abbattere è sempre la critica radicale del produttivismo piuttosto che lo Stato e il Mercato che sono i pilastri della società dominante.

Mentre lo spettacolo del dominio e quello della rivolta virtuale continuano il loro paso doble in un tango grottesco e macabro, le multinazionali farmaceutiche continuano a curare i loro interessi miliardari nell'industria della salute. Il loro affarismo senza scrupoli si serve di luminari della medicina la cui pertinenza è spenta dai loro mastodontici conflitti d’interesse.

Una scienza in gran parte asservita all’economia politica secerne, infatti, svariate malattie che sono la materia prima della sua commercializzazione forsennata di cure e di farmaci. La medicina capitalista cura i sintomi e migliora la sopravvivenza (sempre meno, del resto) contribuendo, però, grandemente ad assassinare la vita fisica, psichica e sociale.

La pandemia attuale ne è l'esempio assoluto. Essa è un prodotto della civiltà tanto nel meccanismo del suo apparire che nella gestione della crisi che essa ha provocato. Per un Sabin che ha fatto dono all'umanità del suo prezioso vaccino contro la polio, quanti affaristi virali si battono sul mercato osceno della morte redditizia per produrre vaccini macdonald contro il coronavirus di passaggio? Pro vaccino o anti vaccino, via dalla pazza folla; ancora una volta l’antifascismo è il peggior prodotto del fascismo. La pantomima tragica si ripete da quasi un secolo e la saggezza da rivendicare è sempre la stessa, qualunque esempio si prenda: anziché minacciare di macellare i macellai, sarebbe bene stabilire come priorità il divieto umanitario di qualunque allevamento concentrazionario dovunque sul pianeta. Ecco un’esigenza politica altrettanto urgente che l’arresto planetario delle centrali nucleari destinate, prima o poi, a fare di ogni Fukushima, di ogni Chernobyl un cimitero della vita. Il lavoro non rende liberi né nei campi di concentramento né nelle fattorie industriali e nei loro mattatoi.

La mal-bouffe è anche mala salute. Come non diffidare di quei farmacisti macdonald che ci rimpinguano di medicine che guariscono un pneumatico rovinando il motore (in attesa di un transumanismo che sogna d’introdurre nella “macchina umana” un’antiobsolescenza programmata che seppellirebbe definitivamente il mammifero umano organico)? La loro voglia di vita eterna, pagabile a rate come tutto il resto nel mercato delle illusioni concrete, è preoccupante e risibile quanto un hamburger industriale il cui valore nutritivo equivale a un bicchiere di grassi saturi bevuto di un fiato.

Come tutti gli operatori economici, i medici meccanicisti del capitalismo finanziarizzato hanno perso il contatto con la loro umanità di base che faceva scegliere gli studi di medicina come un approccio olistico al vivente per curare i malati e salvare delle vite. La facciata pubblicitaria di presentazione è sempre la stessa, ma dietro l'immagine appetitosa di un nutrimento salutare, funziona un inquinamento tecnocratico che uccide in quantità industriali, ma lentamente e in modo molto redditizio (vedi l’amianto, i pesticidi, l’energia nucleare, ecc.).

Uscire dalla crisi radicale attuale del rapporto tra la specie e se stessa, tra la specie e la natura, passerà necessariamente per l’abbandono del produttivismo e della sua fase terminale capitalista. Nessun delirio primitivista[1] ma la reinvenzione di una nuova vita umana organica che apprenda a rispettare gli esseri usando la tecnica padroneggiata dall’intelligenza sensibile collettiva, i beni e le cose per il loro valore d’uso che ha come priorità l’attenzione per la qualità della vita. Un uso, dunque, emancipato dal giogo dell’alienazione e della reificazione.

L’ideologia anti tecnologica primaria sostituisce, infatti, in modo fraudolento, la tecnologia al capitalismo, mettendo nell’ombra l’accumulazione del capitale e lo sfruttamento del lavoro che sono all’origine dell’economia politica, dunque della crescita economica, delle catastrofi ambientali e dell’uso reificante e alienante di una tecnologia giunta al parossismo con la rivoluzione digitale. Un altro mondo possibile è ormai l’ultima possibilità per una vita umana.

Stabilire i modi di un tale progetto oggettivamente rivoluzionario, più che i suoi tempi ormai pericolosamente ridotti, sarà il primo compito dei gruppi d’affinità locali pronti a federarsi tra loro in totale autonomia fino al livello internazionale con i metodi della democrazia diretta rimessa in grado di funzionare. La loro coscienza di specie, affinandosi nell’azione, costituirà lo storico superamento dialettico della coscienza di classe e dunque la sua realizzazione radicale.

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 marzo 2021



[1]Che dei pretesi anarchici si facciano gli avvocati di un primitivismo confinante con la bestialità e che è un’esortazione appena velata all’adattamento e alla passività, significa insultare secoli di pensiero, d’ideali e di pratiche rivoluzionarie e denigrare gli sforzi memorabili compiuti dall’umanità per liberarsi dello spirito sciovinista, del misticismo e della superstizione e per cambiare il mondo”. M. Bookchin, Changer sa vie sans changer le monde, page 85, Agone, Marseille 2019.




Notes de positionnement dans ce qui reste de l’archipel occidental

(plus que jamais Goulag numérique)

 

 

Dans le capitalisme financiarisé et numérique dont on subit le totalitarisme, surtout le travail salarié, mais aussi les professions libérales et toute autre action humaine, sont des activités tributaires de cette économie politique qui a merveilleusement transformé le plus grand nombre d’esclavages en servitudes volontaires, misères adoubées d’une survie plus ou moins privilégiée mais toujours plus éphémère et de toute façon frustrante et liberticide. Aucune spécialité n’est exclue de la dérive constante de tous les rapports sociaux vers l’artificialité. Ainsi, depuis un moment, on constate empiriquement, que beaucoup de médecins au sommet de la pyramide sanitaire sont devenus des garagistes de la santé. Les apprentis sorciers qui autrefois abusaient de la saignée, aujourd’hui gavent de pilules et de vaccins bien plus rentables.

Le virus covid 19/84 a rendu visible cet aspect mécaniciste désormais dominant dans tous les contextes sociaux, lié à l’aliénation et à la réification – termes complexes mais destinés à devenir usuels et nécessaires pour la compréhension de la phase terminale du fétichisme de la marchandise au cœur du capitalisme. Nous sommes tous des aliénés dépossédés de leur subjectivité et réduits à des choses (res, rei, en latin : chose) qui s’échangent en faisant circuler la valeur économique comme la seule lymphe vitale reconnue.

Ce comportement, habituel parmi les esclaves modernes du productivisme que sont les travailleurs/ consommateurs (où finissent les uns, où commencent les autres ?), est décidemment opposé à l’élan originaire d’amour pour la vie que le serment d’Hippocrate souligne sur le plan sanitaire : sauver des vies, coûte que coûte, même au prix de sa propre vie face à la pandemie). Et cela, justement, a fait le personnel de santé de base en se donnant à fond, pendant cette année horrible de confinements, de peur de la maladie, d’hospitalisés et de morts.

La solidarité entre êtres humains en difficulté est devenue un humanisme voyant dans le monde inhumain du calcul rentable et de la compétition égoïste, secouant le ronronnement d’un business de la santé aux mains des industries pharmaceutiques. L’aide réciproque spontanément prodigué dans la réalité quotidienne par beaucoup de médecins, infermières et infirmiers, a tellement surpris l’aliéné moyen, habitué au cynisme social répandu, que pendant le premier confinement, beaucoup de serviteurs volontaires ont mis en scène sur leurs balcons la pantomime du remerciement du soir au personnel médical, alors que le pouvoir en cautionnait la rhétorique en simulant la messe ridicule de la médaille au mérite pour ces travailleurs mal payés (sauf si à la solde directe ou indirecte de Big Pharma), maltraités et systématiquement ignorés dans leur dénonciation de la barbarie marchande des soins et de l’abandon programmé du système hospitalier en tant que bien commun.

La psycho dramatisation idéologique d’une pandemie aux conséquences létales relativement modestes – si confrontées du point de vue statistique et non pas humain aux autres désastres de la civilisation productiviste, patriarcale, industrielle et capitaliste – a produit deux effets concomitants apparemment opposés, mais en effet reliés : le positionnement du pouvoir politique dominant et celui sournois et caractériellement suprematiste de ses faux ennemis œuvrant dans l’envahissant univers numérique.

D’un côté le mensonge faussement humanitaire du pouvoir qui se préoccupe formellement des vies en danger alors qu’il ne fait rien pour les protéger ; qui interdit presque les masques de protection quand il en manque coupablement pour les imposer ensuite de force à croyants et agnostiques comme une panacée dogmatique qui rassemble à un mystique voile sanitaire pour les soi-disant citoyens. Que les citoyens obéissent, donc, aux diktats d’une caste politico-clérical-sanitaire qui donne l’impression de maintenir le contrôle sur la situation de façon autoritaire alors qu’elle est débordée de tous les côtés. Il ne faut surtout pas qu’ils décident librement, de façon responsable, dans un esprit d’autogestion de leur vie quotidienne – donc sanitaire aussi –, de respecter le principe de précaution et protéger un minimum soi même et les autres par les gestes barrière quand ils s’avèrent nécessaires. Attention, une telle autonomie solidaire pourrait leur donner des idées subversives !

Les gouvernants sont en fibrillation continue, décidés à faire courir des risques à un certain nombre de travailleurs nécessaires pour assurer le fonctionnement essentiel du système dominant (nombreux médecins et operateurs économiques ont déjà perdu leur vie, comme les équipes de « liquidateurs » intervenus à Tchernobyl sans protection). En même temps, ils imposent, malgré eux, avec un embarras mal dissimulé et continuant à sacraliser par leur discours l’économie politique dont ils sont les majordomes, une « grève générale » sans dire son nom et une interdiction de la consommation en totale contradiction avec la publicité de la marchandise qui continue a sévir de façon schizophrène sur les écrans, dans les têtes et dans les portefeuilles.

Voilà une raison pour rire un peu outre la mélancolie claustrophobe des confinements successifs : la similitude paradoxale de l’actuelle crise de l’économie politique (avec la petite peste virale et la prison du confinement en plus) avec ce mai 68 qui, pendant tout ce joli mois inoubliable, avait librement pratiqué la grève générale contre la peste émotionnelle et sociale capitaliste, avec une joie de vivre que les esclavagistes d’alors, surpris par tant d’audace, ne pouvaient pas supporter ni empêcher.

Un demi siècle après, recousue superficiellement par les dominants cette « blessure » révolutionnaire, la crise du covid 19/84 montre en pratique l’inutilité sociale d’une bonne partie de l’activité travailleuse « normale » dont on est en train de se passer et la faisabilité d’une societé de la décroissance économique nécessaire à la sortie de la société productiviste afin de sauver l’espèce humaine des dégats d’un Anthropocène de plus en plus nihiliste.

Nous voilà replongés dans notre triste présent à l’écoute du son de cloche qui se propage comme une marée noire dans l’univers virtuel : les morts par covid 19/84 sont effectivement une petite quantité de plus si comparée à la catastrophe sanitaire que la civilisation productiviste est en train de produire depuis des décennies avec toutes les maladies opportunistes liées au progrès du business planétaire. Ce sont, néanmoins, des millions de morts réels, des vraies vies brisées ces chiffres que les bureaucrates alternatifs des réseaux sociaux réduisent dans leurs caprices numériques a des quantités négligeables. Pour certains, le fait que soient surtout les plus vieux à partir, semblerait une raison de plus pour ne pas s’en faire. Rien ne pourrait rendre plus clair que ces révoltés sans révolution sont, eux aussi, des individus déshumanisés qui tapent sur un clavier insensible leur impuissance à réagir contre un monde sans âme ni corps jouissifs.

Ailleurs c'est la lune que nos doigts critiques continuent de pointer: le fait que la présence du virus réduit considérablement le taux de pollution causée par les activités humaines, voilà un aspect intéressant de l’actualité et très dangereux pour le totalitarisme marchand dans sa phase terminale numérique. Cependant, pour la structure caractérielle rigide de toute perversion narcissique, trait de caractère particulièrement répandu par la domination réelle du Capital sur le travail, le but est de renforcer (en les rétablissant ou en les renouvelant) les hiérarchies suprématistes qui permettent de consommer les êtres et les choses. Ainsi une hystérie négationniste dénonce les manipulations d’une oligarchie fantasmatique plutôt que l’exploitation systémique et totalitaire de l’existant car pour les prédateurs à l’affut de tout bord idéologique, l’ennemi à abattre est toujours la critique radicale du productivisme plutôt que l’Etat et le Marché qui sont les piliers de la société dominante.

Pendant que le spectacle de la domination et celui de la révolte virtuelle continuent leur paso doble dans un tango grotesque et macabre, les multinationales pharmaceutiques continuent à soigner leurs dividendes milliardaires dans l’industrie de la santé. Leur affairisme sans scrupules utilise des lumineuses sommités de la médicine dont la pertinence est éteinte par leurs conflits d’intérêt gigantesques.

Une science en bonne partie subordonnée à l’économie politique, sécrète, en fait, de nombreuses maladies qui sont la matière première de sa commercialisation forcenée de soins et de médicaments. La médecine capitaliste soigne les symptômes et améliore la survie (de moins en moins, d’ailleurs), en contribuant énormément, toutefois, à assassiner la vie physique, psychique et sociale.

La pandemie actuelle en est l’exemple absolu. Elle est un produit de la civilisation autant dans le mécanisme de son apparition que dans la gestion de la crise qu’elle a provoquée. Pour un Sabin qui a donné gratuitement à l’humanité son précieux vaccin contre la polio, combien d’affairistes se bagarrent sur le marché obscène de la mort rentable pour produire des vaccins macdonald contre le coronavirus de passage ? Pro-vaccins ou anti-vaccins, loin de la foule déchainée ; une fois encore l’antifascisme est le pire produit du fascisme. La pantomime tragique se répète depuis presque un siècle et la sagesse à revendiquer est toujours la même, n’importe quel exemple on prend : plutôt que menacer une boucherie des bouchers, il serait bien d’établir comme priorité l’interdit humanitaire de tout élevage concentrationnaire, partout sur la planète. Voilà une exigence politique autant urgente que l’arrêt planétaire des centrales nucléaires, destinées, tôt ou tard, à faire de chaque Tchernobyl, de chaque Fukushima un cimetière de la vie. Le travail ne rend pas libres ni dans les camps ni dans les fermes industrielles et leurs abattoirs.

La malbouffe est aussi une malasanté. Comment ne pas se méfier de ces pharmaciens macdonald qui nous gavent de médicaments qui guérissent un pneumatique en abimant le moteur (en attendant un transhumanisme qui rêve d’introduire dans la « machine humaine » une anti obsolescence programmée qui signifierait le définitif enterrement du mammifère humain organique) ? Leur envie de vie éternelle, à tempérament comme tout le reste dans le marché des illusions concrètes, est préoccupante et dérisoire comme un hamburger industriel dont la valeur nutritionnelle équivaut à un verre d’huiles saturées avalé d’un coup.

Comme tous les operateurs économiques, les médecins mécanicistes du capitalisme financiarisé ont perdu le contact avec leur humanité de base qui faisait choisir les études de médecine comme une approche holistique au vivant pour soigner les malades et sauver des vies. La façade publicitaire de présentation est toujours la même, mais derrière l’image appétissante d’une nourriture salutaire, fonctionne une pollution technocratique qui tue en quantité industrielle, mais lentement et de façon très rentable (voir l’amiante, les pesticides, l’énergie nucléaire, etc.).

Sortir de la crise radicale actuelle de la relation entre l’espèce et elle-même, entre l’espèce et la nature, passera inévitablement par l’abandon du productivisme et de sa phase terminale capitaliste. Pas de délire primitiviste[1] mais la réinvention d’une vie humaine organique nouvelle qui apprenne à respecter les êtres en utilisant la technique maitrisée par l’intelligence sensible collective, les biens et les choses par leur valeur d’utilisation qui a comme priorité l’attention à la qualité de la vie. Une utilisation, donc, émancipée du joug de l’aliénation et de la réification. Car l’idéologie anti technologique primaire substitue frauduleusement la technologie au capitalisme, en laissant dans l’ombre l’accumulation du capital et l’exploitation du travail qui sont à l’origine de l’économie politique, donc de la croissance économique, des catastrophes environnementales et de l’utilisation réifiant et aliénante d’une technologie arrivée au paroxysme par la révolution numérique. Un autre monde possible est désormais la dernière chance pour une vie humaine.

Etablir les modalités d’un tel projet objectivement révolutionnaire, plus que ses temps désormais dangereusement réduits, sera la tâche première des groupes d’affinité locaux prêts à se fédérer entre eux en toute autonomie jusqu’au niveau international par les méthodes de la démocratie directe remise en condition de fonctionner. Leur conscience d’espèce, s’affinant en action, constituera l’historique dépassement dialectique de la conscience de classe, donc sa réalisation radicale.

 

 

Sergio Ghirardi Sauvageon, 13 mars 2021

 

 

 

 



[1] « Que des gens se prétendant anarchistes se fassent les avocats d’un primitivisme confinant à la bestialité, et qui est une exhortation à peine voilée à l’adaptation et à la passivité, c’est insulter des siècles de pensée, d’idéaux et de pratiques révolutionnaires et dénigrer les efforts mémorables entrepris par l’humanité pour se libérer de l’esprit cocardier, du mysticisme et de la superstition et pour changer le monde ». M. Bookchin, Changer sa vie sans changer le monde, page 85, Agone, Marseille 2019.