sabato 6 agosto 2011

Affamiamo la bestia


E se non pagassimo il debito? di Salvatore Cannavò, da Il Fatto Quotidiano

La decisione del governo Berlusconi di anticipare la manovra, rispondendo così ai diktat di Bce e “mercati internazionali” svela le ipocrisie e le litanie dell’ultimo mese: la crisi economica si traduce in quello che era lecito immaginarsi, l’ennesimo “massacro sociale” prodotto dalla corsa sfrenata ai profitti di un capitalismo al palo che non riesce a garantire più né benessere né un futuro degno. Si può certo puntare il dito contro il debito pubblico italiano, il terzo debito del mondo ma senza dimenticare due dati. Quel debito c’era anche un mese fa, un anno fa, tre anni fa e non ha prodotto nessun attacco speculativo, nessuna crisi emergenziale. Secondo, quel debito è la misura non solo della dissennatezza della politica italiana degli ultimi trent’anni ma anche di una gigantesca redistribuzione del reddito dai salari, stipendi e pensioni ai profitti delle grandi banche e della società finanziarie internazionali che detengono gran parte del debito italiano. E’ dunque utile cercare di guardare la sostanza dei problemi.

Negli ultimi due decenni il capitalismo, grazie alla spinta delle politiche dominanti, portate avanti da governi di centrodestra e centrosinistra, ha cercato di salvare sé stesso e la sua assenza di spinta propulsiva accumulando una valanga di debiti. Gli economisti più avvertiti spiegano bene che la lievitazione di “sub-prime” e similari è servita per compensare l’assenza di investimenti produttivi in grado di tenere alti i profitti. Solo che, a un certo punto, per evitare il collasso del sistema, i governi si sono accollati la mole di questi debiti trasferendoli sui bilanci pubblici. Oggi il conto è presentato a lavoratori e lavoratrici, a giovani precari, a donne e pensionati. Non è un caso se l’unica misura concreta presa dal governo Berlusconi sia quella di anticipare il taglio delle agevolazioni fiscali e assistenziali, cioè le misure che interessano la maggioranza della popolazione, spesso quella che paga le tasse e che vive del proprio lavoro. Allo stesso tempo neanche un euro viene prelevato dalle tasche delle fasce più ricche.

A questa decisione, “ordinata” dalla Bce e dai suoi controllori, l’opposizione parlamentare non sa cosa rispondere, balbetta frasi incomprensibili oscillanti tra il senso di responsabilità ordinato dal presidente Napolitano e la necessità di segnalare una diversità che non esiste. Il Parlamento non offrirà risposte né sorprese interessanti visto che si è messo sotto tutela della banche e della finanza.

E anche il sindacato si è voluto incatenare a questa logica, mettendosi sotto la tutela di Confindustria, facendo proprio il dogma del pareggio di bilancio e rilanciando misure come privatizzazioni e riforma del mercato del lavoro. Cosa hanno prodotto tonnellate di leggi – legge Treu, legge 30 etc. – che hanno precarizzato il lavoro oppure le grandi privatizzazioni italiane – Telecom, Autostrade, Alitalia – negli ultimi dieci-quindi anni? Nulla. Il pareggio di bilancio in Costituzione, tra l’altro, impicca l’Italia alle variabili della finanza: che succede se una volta approvato un bilancio in pareggio si verifica un rialzo dei tassi di interesse, facendo aumentare la spesa, o se arriva una recessione imprevista?

In questo clima misure come la Patrimoniale non vengono prese in considerazioni da nessuno: la stessa Cgil l’ha proposta qualche mese fa per poi dimenticarsene.

Ma anche sul debito occorre fare una riflessione più seria. Esiste ormai in Europa una corrente di pensiero (vedi il libro Les dettes illégitimesdi François Chesnais) che arriva addirittura a proporre il non rimborso del debito a certe condizioni. “L’ingiunzione di pagare il debito – spiega Chesnais – si basa implicitamente su questa idea che il denaro, frutto del risparmio pazientemente accumulato con il duro lavoro, sia stato effettivamente prestato. Questo può essere il caso per i risparmi delle famiglie o dei fondi del sistema di pensione per capitalizzazione. Non è il caso delle banche e degli hedge funds. Quando questi “prestano” agli Stati, comprando buoni del Tesoro aggiudicati dal Ministero delle Finanze, lo fanno con somme fittizie, la cui messa a disposizione si basa su una rete di relazioni e di transazioni interbancarie”.

Un esempio di non pagamento del debito, con ri-negoziazione con i creditori, spiega ancora l’economista francese, è quanto realizzato nel 2007 dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa che ha realizzato un audit pubblico quantificando il debito detenuto da società di speculazione internazionale o dai banchieri nordamericani i quali sono stati costretti a negoziare con il governo ecuadoregno. Cose da terzo mondo, si dirà, ma la Grecia non ha dimostrato che la situazione in Europa può essere analoga e che quindi il problema non può essere eluso? Anche perché come si può pensare davvero di rientrare da un debito del 120% per Pil senza annientare il nostro Paese?

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Almeno proviamoci! Diffondiamo la proposta, raccogliamo firme, facciamo pressione, insomma vogliamo difenderci o andiamo al macello come vittime rassegnate?
Noi non abbiamo bisogno di loro sono loro che hanno bisogno di sfruttarci tutti.
L'idea meravigliosa praticata in Ecuador è proprio quella di fare l'audit in modo da individuare con precisione chi ha diritto e chi si è solo approfittato del lavoro altrui.
Sarebbe questo il primo passo per ripristinare un minimo di decenza.
A ben vedere se si volesse agire con coerenza e radicalità si arriverebbe all'abolizione della proprietà finanziaria che è esattamente il nemico anonimo e astratto che ci tiene tutti prigionieri.
Al punto che le situazioni paradossali si sprecano: da un lato hai i Bot e quindi tifi per lo stato, dall'altro cerchi di pararti dai colpi che lo stesso stato di infligge per derubarti legalmente!
Se sei un operaio potresti avere investito in un fondo le cui azioni saliranno quando tu sarai licenziato per il bene del valore del tuo fondo pensione!
O ci liberiamo davvero di questa proprietà finanziaria (magari studiando le monete alternative o provandoci con quelle come il WIR, il BIT, e le monete deperibili già sperimentate nella Spagna del 1936) oppure non ne veniamo fuori perché ciascuno di noi diventa l'ostacolo della propria libertà se guarda il proprio interesse di proprietario finanziario.
Dobbiamo guardare le cose e scegliere in che modello di civiltà e di mondo vogliamo investire: una comunità fondata sull'empatia e la collaborazione, oppure una società instaurata e mantenuta con la violenza delegata agli stati e agli armati, in cui si finge magari un gioco delle parti spacciato per politica, in cui gli interessi mafiosi di confrontano e si affrontano sempre a spese dei senza potere che sono poi anche i senza proprietà finanziaria.
Perché è vero che questa mancanza di legame tra la ricchezza effettiva e il suo equivalente rende impossibile un equilibrio tra proprietari finanziari e mondo reale. Dobbiamo lasciare i mercati vuoti, che se la sbrighino loro la crisi, noi occupiamoci di vivere senza vincoli che non siano umani, che non abbiano un senso dal punto di vista di quello che vogliamo sia il mondo.

Noi come detentori di quote del debito dobbiamo promuovere una class-action e un audit pubblico per stabilire in che misura questa quota vada ridefinita e ri-suddivisa
Non ha senso che il debito debba pesare su chi non ha alcuna convenienza alla tenuta dei conti dello stato.
E a guardare bene non mi pare proprio che siano i lavoratori i maggiori creditori del debito pubblico italiano e forse nemmeno i pensionati “normali” Andiamoci a guardare dentro e vediamo cosa c’è così sapremo chi subirà un contraccolpo dal disconoscimento del debito e potremo salvaguardare il frutto del lavoro e del risparmio (ad esempio fino al limite dei redditi dichiarati lecitamente considerando anche gli ascendenti magari)
Ma sapremo anche chi si sta mangiando tanta parte delle nostre fatiche lavorative, attraverso il generoso dispendio dei nostri governanti!
E a costoro non faremo nessuno sconto, per le banche saremo un popolo glaciale, come gli Islandesi!
In nome della dignità e della libertà di tutti, che i titoli tossici tornino a chi li ha messi in giro: noi abbiamo messo lavoro e fatica e rivogliamo i frutti che ci spettano, che siano una pensione o dei risparmi o l’assistenza sanitaria e la scuola, ma chi ci ha messo solo la furbizia è ora che rimanga a bocca asciutta!

Gilda