domenica 20 ottobre 2013
la democrazia diretta è una democrazia della qualità
Questo è l'intervento che ho letto oggi all'assemblea dei simpatizzanti M5S:
Ho preparato un testo per questo incontro di oggi con voi poiché ci sono tante cose che vorrei dirvi e si rischia sempre di avere troppo poco tempo
Questa avventura che condividiamo da oltre quattro anni ci trova tutti un po’ in difficolta' in questo periodo soprattutto a causa di alcuni punti da chiarire a noi stessi se intendiamo ripristinare una effettiva unità di intenti.
Fin dalla nascita del M5S sono emerse almeno due diverse impostazioni: quella che deriva direttamente dal Non-statuto, ovvero un’impostazione fondata sul METODO (un sistema orizzontale e non gerarchico di decisione) che lascia molto aperto il MERITO (o programma politico) e l’altra esattamente opposta che postula la prevalenza del MERITO ipotizzando la nascita di una identità unica e di pensiero per questa forza politica.
Credo che la seconda impostazione rechi con sé un’implicita auto-condanna del M5S a divenire, entro poco tempo, il principale nemico di se stesso, ovvero un altro ennesimo partito in cui ci si unisce per dare forza al movimento stesso, perdendone il controllo come strumento per la partecipazione di ciascuno alla costruzione del comune disegno di libertà. Non è possibile infatti mantenere un punto di vista indipendente se si deve mettere al primo posto il successo elettorale del movimento invece che il suo ruolo “destituente” e rivoluzionario.
Nel caso si voglia ribadire il sistema del METODO dobbiamo fare i conti con la difficoltà di convocare e far funzionare le assemblee di auto-governo, nella classica idea di democrazia diretta e di condivisione di ogni decisione ci riguardi, avendo chiaro che il problema principale è sempre quello di impedire che ALTRI decidano in nostro nome “i fatti nostri”.
Per Movimento destituente s’intende una forza che si propone =di destabilizzare le istituzioni e non gia' di impadronirsene tout-court.
Primo lavoro: PRENDERE IL POTERE DI CIASCUNO DI NOI SU DI SE’=ovvero definire l’area dei “fatti nostri” e stabilire come possiamo organizzarci per impedire che si decida uno qualsiasi di questi “fatti nostri” senza di NOI, dobbiamo quindi fondare la nostra SOVRANITA’.
Secondo lavoro: strettamente connesso al primo: DECIDERE CHI SIAMO NOI, cioè individuare la geografia degli aderenti al progetto di costruzione delle COMUNITA’ REALI cui ciascuno appartiene e stabilire il criterio di convocazione delle assemblee sovrane, qui si tratta di decidere il PERIMETRO della nostra autonomia di azione.
Terzo lavoro: individuare gli ostacoli che impediscono alla nostra sovranità di esplicarsi e agire liberamente e responsabilmente, quindi disconoscere le Istituzioni che esistono allo scopo di TENERCI SEPARATI DAI FATTI NOSTRI arrogandosi il diritto di decidere per noi.
Tutto questo discorso dovrebbe portarsi all’origine di questo impegno per verificare se e quando, nella frequentazione dei “luoghi del potere separato” abbiamo confuso magari i mezzi con il fine, rinunciando così a qualcosa di straordinario in cambio di un piatto di lenticchie (qualche miglioria a margine delle decisioni imposte dal Potere)
Ho sentito molti cascare nella trappola della fretta di governare, dichiarando addirittura che il M5S non ha fatto nulla o non sarà in grado di fare nulla se non arriva a governare con il 51%
Però non è questo che possiamo proporci se non vogliamo semplicemente sostituirci ai nostri oppressori rilevandone il ruolo tanto (giustamente) criticato.
Dobbiamo invece fondare un nuovo METODO di partecipazione alla vita pubblica che non metta l’accento e l’attenzione sulla qualità dei singoli come potenziali specialisti pro tempore della vita pubblica, ma invece sulla possibilità di CHIUNQUE di partecipare alla Politica della Comunità. E sappiamo quanto quest’ultima sia stata disintegrata e sia difficile se non impossibile anche solo da individuare
Però pur non avendo più un'unica Comunità di appartenenza, possiamo forse individuarne tante, frazionate e disperse, ma effettivamente esistenti e cui davvero vorremmo portare una nuova linfa… se siamo genitori ci sono le scuole, le mense, le cure e i trasporti, ma siamo anche abitanti che tutti vorremmo difendere il territorio e farne un uso più ricco e utile sottraendolo alla speculazione e alle mafie; forse abbiamo un lavoro che rischia di non poter procedere a causa della burocrazia o del credit crunch; o invece siamo impigliati nelle maglie della giustizia ingiusta e inefficiente; ci sono infinite cause che ognuno conosce e potrebbe aiutare … tutti desideriamo promuovere tante idee che non hanno possibilità se non vengono espresse e ragionate assieme. Una cosa da tenere ben presente: il metodo del consenso si ottiene ragionando insieme e trovando una via condivisa, non certo mettendo ai voti qualcosa da imporre alla “minoranza”.
Se non critichiamo radicalmente la superstizione del voto a maggioranza, ci scontreremo col fatto che la democrazia diretta cui aspiriamo, è una democrazia fondata sul consenso dei singoli, uno per uno, e non sulla prevalenza di una massa maggioritaria. E’ una democrazia della qualità, e come tale agli antipodi della rozza democrazia quantitativa che si esprime con la conta aritmetica dei voti.
A questa assemblea ritengo infine di proporre questa domanda: siamo ancora davvero uniti dal non-statuto e riconosciamo come nostra ancora una volta la missione che recita l’art. 4:
"essere testimone della possibilità di realizzare un efficiente ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo ed indirizzo normalmente attribuito a pochi"
Se questo è il nostro scopo comune, credo che possiamo fare ancora moltissima strada al di fuori delle Istituzioni che nel frattempo possiamo mettere sotto i riflettori per evidenziare la distanza abissale che c’è tra la loro impotenza cronica e la nostra effettiva capacità di essere cittadini liberi e sovrani
lunedì 14 ottobre 2013
IL DIRITTO DI CRITICA, il Fatto Quotidiano e Beppe Grillo
Beppe Grillo, ilfattoquotidiano.it e il diritto di critica
Articolo di P. Gomez sul FattoQuotidiano del 13-10-2013
La difesa
della libertà di parola e del diritto di critica è sempre stata un valore
fondamentale del nostro web giornale. Per questo non ci lamentiamo se sul blog
di Beppe Grillo, dopo la scomunica dei
parlamentari M5S che avevano presentato un emendamento sull’abolizione del
reato di immigrazione clandestina, è stato pubblicato un post in cui un attivista (tale Tinazzi)
attacca Il Fatto Quotidiano accusandoci, tra l’altro, “di aver sostituito l’Unità come organo
del Pd”.
Tinazzi è
libero di pensarlo, Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio sono liberi di mettere on line il suo scritto, così come i
lettori sono liberi di farsi un’opinione sulla veridicità di queste
affermazioni. Magari – è meglio, ma non obbligatorio – dopo aver dato di nuovo
un’occhiata alle centinaia di articoli da noi messi in rete in questi anni su
Penati, la segretaria di Bersani e i suoi conti correnti, il Monte Paschi di
Siena, Unipol e Matteo Renzi. Storie e notizie scovate e raccontate dai nostri
cronisti che, al pari di quelle riguardanti altri partiti e altri personaggi
dell’economia e della finanza, sono state spesso utilizzate da Grillo e dal
M5S per fare attività politica e di denuncia.
Un paio di
riflessioni sui diritti e i doveri di chi fa informazione e sui principi che,
tra molti errori, abbiamo sempre cercato di seguire è però il caso di farne. La
tesi forte del post pubblicato sul blog di Grillo è infatti tutta
racchiusa nel titolo: “I falsi amici”. Ed è una tesi che non
ci piace. Non perché da quelle parti c’è qualcuno (una piccola minoranza almeno
a giudicare dai commenti) che ci considera falsi. Ma perché ancora una volta
siamo costretti a constatare come in Italia, tra chi fa politica, resti molto
popolare l’idea che l’esistenza di una stampa amica sia
un fatto normale.
Bene: qui al ilfattoquotidiano.it
la pensiamo esattamente al contrario. Proprio come insegnò molti anni fa il
creatore di Panorama Lamberto Sechi crediamo che “i
giornalisti hanno amici, ma i giornali no”. Che le notizie non vanno scelte
guardando chi favoriscono o chi danneggiano. Ma che, se sono notizie, vanno
sempre e solo pubblicate.
Non basta però.
Qui al ilfattoquotidiano.it cerchiamo pure (non siamo perfetti) di
seguire delle altre regole: correggersi quando ci si sbaglia, tenere i fatti
separati dalle opinioni (per questo è nata la colonna dei blog) e ospitare
anche commenti che non corrispondono necessariamente alla linea del nostro web
giornale. Pensiamo che confrontando opinioni diverse tra loro sia
possibile, di tanto in tanto, trovare dei punti di vista in comune. A
farci paura sono il conformismo e l’unanimismo, non il dibattito, la
discussione e le idee controcorrente.
Sul reato di
immigrazione clandestina, come su ogni altro aspetto della vita economica e
sociale italiana, proviamo poi a essere pragmatici. Prima di formulare giudizi
etici, morali o considerazioni di convenienza politica (faccenda
quest’ultima che riguarda non la stampa libera, ma chi si presenta alle
elezioni) facciamo considerazioni di ordine pratico. È secondo
noi stupido intasare i tribunali
con migliaia di fascicoli
– 12mila solo alla procura di Agrigento – destinati a essere chiusi con
condanne a pene pecuniarie che nessun migrante sarà mai in grado di onorare.
È insensato tenere in vita norme che impongono l’apertura di indagini
giudiziarie utili solo a sperperare i soldi dei contribuenti per pagare il
lavoro infruttuoso di forze dell’ordine, magistrati, cancellieri e avvocati di
ufficio. È, per noi, criminale spingere i pescatori a girare al largo dai
naufraghi per il timore di essere indagati per favoreggiamento.
L’obiezione
secondo cui abolire il reato di
immigrazione clandestina
significa dare il via libera ad ulteriori esodi di massa non ci convince.
L’esperienza insegna che il deterrente vero, per chi accetta il rischio di
morire in mare, è rappresentato da un efficace e rapido sistema di rimpatrio (a
meno che non si abbia diritto all’asilo), non da una lunga trafila
burocratica.
Ovviamente si
è liberi di pensarla in un altro modo. E se lo si fa non si è per questo dei
pericolosi xenofobi. Sarebbe però il caso di argomentare le proprie posizioni.
Sarebbe bene fornire dati, cifre, esempi e analisi. Ma lo sappiamo. Farlo costa
tempo e fatica. Ed è sopratutto rischioso: anche perché, se i fatti per
supportare le proprie tesi non si trovano, invece che far cambiare idea agli
altri, se si è intelligenti, si finisce per mutare la propria. E allora meglio
non pensarci e urlare, un po’ ridicoli, ai servi di partito. In fondo non era
Paul Valery a dire che “quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca
il ragionatore”?
Commento di Sergio Ghirardi:
A proposito di opinioni:
io penso che il Fatto sia anch’esso parte del mondo da superare e abolire ma
per ora è il solo luogo virtuale (il solo che io conosca fuori dal magma
libertario) che si apra ai commenti di (quasi) tutti, e sottolineo quasi. Per
questo io lo uso con disincanto.
Finché ci saranno
gerarchie intellettuali e sociali ci sarà censura politica e moderazione
oggettivamente ideologica. La paura dell'illegalità è come l'adulterio nel
matrimonio: tutti i conformisti lo criticano ma in un ruolo o in un altro (cocus ou trompés) finiscono sempre per
farci i conti, in un mondo dove l'amore non è libero.
A volte Grillo è
psicorigido. In particolare sull'immigrazione, da vero genovese arcaico è di un
moralismo cinico da repubblica di Genova (con Venezia la “Superba” ha condiviso
il ruolo d’imperialista mercantile del medio evo, quando appunto circolava la
paura concreta e l'incubo onirico del "mamma
li turchi" e dei pirati saraceni).
In realtà oggi siamo
tutti i clandestini di qualcuno nell’armata Brancaleone messa in scena dal
capitalismo finanziario, ma il problema dei viaggi della miseria non si risolve
abolendo i viaggi ma la miseria che ci riguarda tutti, volenti o nolenti.
Per il resto il m5s è a
volte poetico a volte maldestro nel suo confuso tentativo di uscire dal
parlamentarismo in nome di una democrazia reale. Va sostenuto e criticato
contro i fautori beceri dello statu quo gattopardesco e mafioso. Altrimenti i
“grillini” diventeranno come gli altri politici: dei piazzisti del suffragio
universale con qualche venatura destrorsa già ben visibile che sembra fatta
apposta per indurre i più confusi a nostalgie parlamentari sinistre.
PS: CVD questo commento è stato sottoposto a
un’odiosa e ipocrita moderazione e chissà se poi passerà in lettura o sarà
definitivamente censurato. Il solo dubbio è già di per sé intollerabile, ma
cinque ore dopo la censura sembra aver vinto ancora una volta. Che pena !
giovedì 10 ottobre 2013
PER UNA RIVOLUZIONE DEI CONSIGLI
Due sono i nodi immediati che si
oppongono alla realizzazione di una rivoluzione sociale consigliarista.
1) La repressione politica e
poliziesca che difende il predominio di Stato e Mercato, cioè lo Statu quo delle repubbliche borghesi e
delle monarchie costituzionali che costituiscono il tessuto politico-militare
del capitalismo planetario.
2) L’inconsistenza del progetto di
transizione dalla situazione attuale a una federazione planetaria di
repubbliche consiliari organizzate a partire dai Consigli locali per estendersi fino al Consiglio Internazionale delle Nazioni Unite.
Se il primo punto, d’importanza
capitale può già essere affrontato e gestito con la resistenza alla cosiddetta
CRISI e con l’organizzazione della secessione dal capitalismo verso un altro
modo di produrre e distribuire la ricchezza necessaria a un buen vivir diffuso
e generalizzato, è soprattutto il secondo punto che appare crudelmente carente
di soluzioni.
Oltre l’affermazione generica
dell’ipotesi consiliare, mancano infatti i progetti concreti per un
rovesciamento di prospettiva politica senza il quale nessun cambiamento
radicale è possibile e nemmeno immaginabile.
L’ipotesi dell’autogestione generalizzata della vita quotidiana è stata un
importante punto fermo sulla rotta di questo rovesciamento di prospettiva, ma
una volta consumato lo scacco della rivolta del maggio ’68, questo ambizioso progetto
politico e poetico è rimasto lettera morta, dimenticato e sepolto dalla routine
del potere arcaico vittorioso e dei suoi sempre più patetici oppositori
preistorici.
Un’alleanza obiettiva tra i servitori
volontari del capitalismo e i burocrati di una rivoluzione tradita ha bloccato
per tutta la seconda metà del ventesimo secolo il processo di presa di coscienza
di un altro mondo possibile.
Si tratta oggi di fare uscire dal dimenticatoio
storico questo progetto, adattandolo alla complessità del lascito sociale di
una società alienata dal produttivismo, complicata dall’aumento sconsiderato
dell’inquinamento strutturale e del flusso demografico, incattivita dalla
miseria sociale che tutto ciò conporta.
Si tratta di emanciparsi
definitivamente e senza ambiguità non solo dall’ideologia di una felicità
capitalista che produce solo orrori, sfruttamento e alienazione ma anche dalle
ideologie rivoluzionarie e riformiste che non propongono altro che un eterno déjà vu di sconfitte e di frustrazioni.
L’ossessivo ritornello giaculatorio
che oppone destra e sinistra di uno stesso corpo malato come fossero
incompatibili, mentre sono interdipendenti e altrettanto corrotte e impotenti, è
ormai esplicito per chi vuole vederlo.
L’opposizione al clero dominante (di
destra e di sinistra) di una religione produttivistica che sta distruggendo il
tessuto sociale umano e l’ambiente vitale del pianeta, si pone ormai ben oltre
i distinguo ideologici e richiede la formulazione di una teoria rivoluzionaria
che ha già una storia ma non ancora una progettualità chiara e concreta.
Il solo risultato del singhiozzante
riprodursi di partiti e partitini politici che pretendono incarnare il
cambiamento mentre non sono altro che le protesi sinistre di un’umanità
storpiata e impotente, è di far rinascere a ogni nuova stagione politica una
speranza destinata a essere delusa all’elezione seguente.
Il metodo democratico parlamentare,
dopo aver assicurato i bei giorni del capitalismo trionfante e della classe
sociale che ne ha incarnato il progetto (la borghesia), mostra ormai il suo
definitivo decadimento a gestione dell’ineguaglianza, dell’illibertà e della
perdita crudele di ogni fratellanza in nome di un produttivismo che incita alla
competizione parossistica e alla guerra economica planetaria.
La diagnosi della società malata che
domina il mondo è ormai scontata e i cittadini di una società libera sono gli
unici dottori che possano curarne sintomi e cause perché prime vittime
dell’intossicazione direttamente implicate nell’affare. Invece, la questione
sociale è consegnata nelle mani sconsiderate di spin doctors, mass media e burocrati pagati dai banksters per perpetuare il sistema e
diffondere le sue tossine in maniera irreversibile.
La democrazia parlamentare è la
necrosi di una democrazia che per inventarsi finalmente tale deve liberarsi da
due zavorre storiche: il modo di produzione capitalistico che determina e
sfrutta il Mercato e lo Stato che ne dirige il funzionamento al servizio di
quel processo di valorizzazione economica che domina il mondo come un totalitarismo
che comprende tutti gli altri.
Una prima sconfitta della democrazia
consigliare nascente è stata consumata agli albori dell’insurrezione internazionale
del proletariato.
La rivoluzione d’Ottobre 1917, in Russia e dintorni,
è diventata immediatamente la controrivoluzione di Novembre guidata dal clero
bolscevico e dai suoi compagni di strada: Trotski e compagnia.
L’idea comunista, propugnata per tutto
il diciannovesimo secolo da pensatori del calibro di Karl Marx, aveva trovato
in Pannekoek, Gorter e Rosa Luxembourg, per non citare che i più noti, una
dinamica consigliare coerente che voleva realizzare una democrazia socialista
egualitaria e organizzata orizzontalmente. La fine della società di classe non
era solo un mito lontano ma un metodo concreto di organizzazione sociale.
Lo spirito guerriero con il coltello
tra i denti dell’orco bolscevico ha deciso altrimenti, imponendo il soviet
supremo come risibile soffocamento dell’orizzontalita consigliare. A partire
dai marinai di Cronstadt, passando per i libertari della Machnovcina, poi per quelli
spagnoli della guerra civile ‘36-39, tutti i fautori di una democrazia
consigliare e libertaria sono stati spazzati via dall’alleanza oggettiva
ideologico-militare tra i rossi del comunismo autoritario e i bianchi del
capitalismo liberale.
Da questa falsa opposizione,
unicamente ideologica, è del resto scaturito il brodo di coltura che ha
prodotto la società dello spettacolo come fase terminale del capitalismo.
L’ipotesi consigliare non ha ma
fallito sul terreno delle riforme e del cambiamento concreto. Finché è stato
possibile attuarla, ha mostrato la lungimiranza del suo progetto di felicità
sociale rendendo umani contesti a volte addirittura terribili come la realtà
dei comunardi accerchiati in Parigi nel 1871 o quella delle Comuni aragonesi e
catalane tra il 1936 e il 1938, dove almeno sette milioni di individui sono
stati capaci di organizzare una vita degna, più giusta e piacevole persino
sotto il tiro dei cannoni franchisti, del nemico interno stalinista e della
reazione falangista in agguato. Ai rossi e ai bianchi produttivisti si è
aggiunto il bruno e il nero dei loro pittbull fascisti a completare l’opera di
smantellamento dell’ipotesi rivoluzionaria d’emancipazione dell’umanità da una
società divisa in classi.
Il consigliarismo è infatti il solo
modo di governo capace di spazzare via la gerarchizzazione dei soggetti e la
divisione autoritaria del lavoro; il solo metodo di organizzazione sociale che
liberi dell’appropriazione privativa senza annichilire la proprietà personale a
favore di uno Stato che diventa ineluttabilmente la preda dei burocrati che lo
gestiscono come una nuova classe dominante particolarmente stupida e cinica.
Come uscire dallo stato attuale di una
società in decomposizione dove molti cercano ormai un ultimo business prima
della catastrofe e i più sognano una sopravvivenza umiliante sotto la ferrea dittatura
schiavistica del lavoro salariato?
Come passare a una società capace di
produrre ricchezza per goderne tutti insieme, abbandonando quella, monomaniaca,
del valore economico da accrescere e accumulare escludendone i più in una
guerra sociale permanente?
Come introdurre una semplice e
spontanea solidarietà che un’educazione spartana demenziale, tutta tesa alla
competizione economica, ha reso impraticabile se non come altruismo
semimasochista?
L’aiuto reciproco è dell’ordine del
dono orgastico e non del dovere, non dimentichiamolo mai, e una democrazia
diretta è l’organizzazione dell’egoismo di ognuno armonizzato come egoismo
collettivo autogestito per il bene di tutti.
La non violenza non è dunque un fatto
etico, ma un’armonizzazione spontanea del principio orgastico del vivente che
fa dell’amore il motore del godimento di essere al mondo.
La democrazia consigliare è la
trasposizione cosciente nel sociale del processo biologico d’innamoramento che
ogni individuo di qualunque specie conosce meccanicamente quando la natura
determina la stagione degli amori.
Seguendo la stessa direzione dei bonobos, ma spingendosi ben oltre, prima
di perdersi nella giungla perversa del produttivismo, l’umanità ha introdotto
la possibilità consapevole di un’organizzazione sociale solidale che renda
possibile la soddisfazione senza fine di tutti i desideri possibili.
Il consigliarismo è il tentativo
concreto di questa tendenza naturale dell’umano in via di consolidamento ma ancora
estremamente fragile perché la scimmia umana è attirata dalla facilità della risoluzione
effimera della questione sociale attraverso il conflitto e il dominio
soprattutto maschile.
Non bisogna mai dimenticarsi che l’essere
umano non è né buono né cattivo in assoluto. L’essere umano è capace di tutto,
dal meglio al peggio: della Comune e di Auschwitz .
Come passare dalla repubblica borghese
alla democrazia consigliare?
A questo si deve rispondere anche
teoricamente, mentre si sostengono le lotte transizionali di resistenza al
mostro che avanza distruggendo la vita sul pianeta pur di estorcere un ultimo
profitto alla natura violentata e all’uomo sfruttato e alienato.
Attenzione, però, a ogni purismo, a
ogni moralismo: il ridicolo delle lotte ideologiche, il loro effetto boomerang
costante non devono spingere a un distacco elitista da queste lotte. Si tratta
di sostenerle criticandone i limiti e le contraddizioni, i recuperi subiti e
quelli cercati.
Giustissimo denunciare la
manipolazione da parte della politica burocratica di ogni focolaio di
resistenza. Sempre, però, solidali e complici con ogni spontanea resistenza
all’addomesticamento anche quando, continuando a commettere gli stessi errori
che hanno portato alle sconfitte passate, si rischia di ottenere ancora una
volta gli stessi sconfortanti risultati nulli.
Come passare dunque, dicevamo, dalla
repubblica borghese alla democrazia consigliare?
Come i repubblicani sono giunti a
scalzare l’ancien régime della monarchia di diritto divino,
noi dobbiamo ora scalzare quello della repubblica di diritto commerciale per
sostituirla con la società del dono e della ricchezza condivisa.
L’obiettivo mancato dal proletariato
industriale, sconfitto dal consumerismo ancor più che dalla repressione degli
eserciti e delle polizie dello Stato capitalista, è diventato quello
dell’umanità intera, costretta ormai a scegliere la propria emancipazione, non
più contro una società di classe, ma contro la dinamica globalmente nichilista
del capitalismo che sta distruggendo la vita stessa sul pianeta.
Le multinazionali e la
finanziarizzazione dell’economia hanno sconvolto i fragili equilibri tra
sfruttamento dell’uomo e della natura e conquiste sociali che davano agli
sfruttati il senso di un minimo progresso. Il progresso è finito. Al suo posto
c’è ormai la progressione incessante della decomposizione della società umana
giustificata dall’ideologia della Crisi che nasconde a stento l’emergere
prepotente della crisi di tutte le ideologie.
E questa è la buona novella: non ci
resta che abbandonare il mostro al suo destino. Destra e sinistra non
significano più nulla non perché la conflittualità sociale sia sparita ma
perché si è allargata al mondo intero, opponendo ormai direttamente i difensori
della vita ai produttori di una morte sempre meno redditizia, ma pur sempre
abbastanza per essere scelta dagli zombi come unica fonte possibile di
felicità.
Buona novella perché ormai solo il
progetto radicale d’emancipazione si staglia come unica possibilità di salvezza
e l’ìistinto di sopravvivenza che sussiste anche nell’animale più malato si
confonde ormai con la poesia vitale di quanti continuano a voler vivere senza
tempi morti e godere senza ostacoli una vita degna di questo nome. Agli
antipodi, dunque, di quel consumerismo che fa inseguire carote senza tempi
morti per poi annoiarsi mortalmente ogni volta che si assaggia la carota
marcita, oltre gli ostacoli spettacolari che si riformano sempre più
insormontabili tra un consumo e l’altro di miseria.
Dai consigli locali al Consiglio
internazionale delle Nazioni unite, un numero conseguente di Consigli intermedi
devono assicurare la catena completa del processo decisionale come egualitario,
orizzontale e antigerarchico.
Molti dei problemi di gestione del
funzionamento di una democrazia diretta e reale sono risolvibili con tecniche
adeguate.
Bosogna, prima di tutto, spazzare via
alcuni luoghi comuni e falsi problemi.
Una democrazia diretta non esclude
deleghe, ma le pretende irrevocabilmente reversibili a ogni istante. La delega
dev’essere un dono del delegato che si rende disponibile a rappresentare una
decisione comune, non una gerarchia di potere accumulabile e redditizio. Per
questo il controllo delle deleghe sarà un compito delicato e indispensabile per
il buon funzionamento di una democrazia consigliare.
Molte astuzie sono già note. Parlo di
astuzie non di verità filosofiche, come il tiraggio a sorte e altre tattiche di
filtraggio dei ruoli sociali.
Con l’abolizione, non solo auspicabile
ma necessaria, degli Stati, il concetto di nazione assumerà un ruolo importante.
Totalmente emancipata dai miasmi nazionalisti tanto cari a tutti i fascismi e a
tutti gli sciovinismi, la nazione comparirà come una condizione sociale
naturale per tutti i componenti di qualunque comunità reale.
Come, per esempio, è già stato il caso
di molte tribù indigene del nord America che parlavano di nazione Sioux o Cheyenne,
il concetto naturale di nazione tornerà a indicare una comunità di elementi materiali
e spirituali, biologici e culturali.
Essere nati in un luogo comune
significa avere un legame affettivo, non di diritto o di potere, con una terra,
con un gruppo, con un linguaggio, con una particolare luce nell’aria, con abitudini
alimentari, clima, gusti estetici, musicali, filosofici, poetici ecc.
La nazione non esclude i barbari. Siamo
tutti i barbari di qualcun altro e per fortuna ormai siamo tutti bastardi, cioè
figli di una stessa diversa umanità.
Il sentimento di ospitalità rompe ogni
rapporto tra la nazione e l’appropriazione privativa del territorio.
Non esistono clandestini, ma solo
stranieri dalle abitudini diverse che devono essere armonizzate da una volontà
comune, altrettanto esente da tremebonde difese ossidionali del territorio che
da prepotenti invasioni barbariche.
I cittadini del mondo hanno tante
nazioni quante ne riescono a esplorare e laddove decidono di stabilirsi sono
tanto a casa loro che in casa degli altri.
Questo difende il principio di
laicità: in comune soltanto quel che è comune, nell’intimità di quanti lo
condividano quel che non lo è per tutti. Le affinità elettive s’occuperanno di
armonizzare unioni e separazioni, avvicinamenti e distanze. C’è spazio per
tutti e per tutte le differenze, soprattutto se si smette, ora che la natalità
è ben protetta, di riprodursi come conigli, limitandosi alla meravigliosa
rarità di infantare per amore, amore reciproco e amore per il nascituro.
Questo testo è solo un abbozzo da
sviluppare ben più profondamente.
Sergio Ghirardi
domenica 6 ottobre 2013
SVEGLIARSI, CERTO, MA DA TUTTI GLI INCUBI, NESSUNO ESCLUSO
Vi
ho tradotto questo testo assai lungo perché mi sembra mettere bene a fuoco la
dinamica dell’alienazione plurisecolare che ha portato all’attuale
totalitarismo economicista. Molti degli slanci del testo sono assolutamente
condivisibili. Altri meno, laddove la nostalgia della nazione va talvolta a
confondersi con un’ambigua apologia dello Stato che puzza di infetti déjà vu.
Non
ne ho modificato che due frasi, ma aleggia sulla sincera volontà di rompere con
una situazione indegna il male francese che tende sempre a cogliere nello forma
Stato un’alternativa possibile al mostro capitalista.
In
realtà, la centralizzazione statale sostituisce alle famiglie (6, 8 o 12 che
siano) la sua immonda famiglia burocratica.
Manca
a questo testo la capacità di pensare concretamente ai Consigli di autogestione
generalizzata della vita quotidiana come un’alternativa politica radicale a una
struttura statale della comunità assolutamente inconciliabile con una democrazia
reale. Questo tema va senza dubbio ripreso e sviluppato altrimenti (io ho già
provato ad abbozzarne i contorni in Lettera
aperta ai sopravvissuti).
Tuttavia,
la qualità dell’informazione di base e il punto rotta della fissazione chiara
di alcuni punti prioritari motivanti l’esigenza planetaria di una rivoluzione
sociale, restano, a mio avviso, dei validi motivi per far circolare questa
riflessione al fine di discuterla con sensibilità consigliare.
Sergio Ghirardi
Svegliarsi alla svelta
Non
c’è nessuna crisi, c’è solo una truffa, la più grande truffa della storia
dell’umanità
Quella
che viviamo non è una crisi ma la più grande truffa della storia dell’umanità!
È ormai tempo di svegliarsi e di dare un bel “calcio in culo” ai banksters,
alle multinazionali e agli psicopatici che dirigono il mondo! Questi pazzi
vogliono portarci a un conflitto planetario per conservare il loro potere.
CI STANNO MENTENDO
La verità è che questa crisi monetaria
è virtuale poiché è basata su una moneta creata “ex nihilo” dai banksters,
questi banchieri-gangsters che governano il mondo, possiedono il denaro e a
causa del loro privilegio di emettere la moneta, detengono il potere su tutto
il pianeta.
Questa gente è fatta di uomini come me
e voi. Le loro organizzazioni si chiamano Goldman Sachs, Rockefeller, Lehmsans
e Kuhn Loeb di New York, i Rothschild di Germania, di Parigi e di Londra, i
Warburg di Amburgo, i Lazard di Parigi egli Israël Moses Seif di Roma. La
maggior parte delle banche centrali nazionali –ora privatizzate – sono in loro
possesso con l’istigazione dei Rothschild. La Banca Centrale Europea (BCE) è
sotto il controllo dei Rothschild. Tutto ‘sto mondo è dietro la Bank of America, JP Morgan,
Citygroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Si ritrovano in
riunioni come la
Trilaterale e il gruppo Bildenberg.
I governi europei e americani sono
sottomessi a questo potere discreto ma totalitario: i banchieri controllano la
più grande organizzazione mondiale che emette moneta, la FED, Federal Reserve of United States, Riserva Federale degli Stati
Uniti, altrimenti chiamata Banca Centrale degli USA che emette il dollaro,
unità monetaria degli scambi mondiali.
Ci
mentono nel senso che la storia dell’emergenza e dell’influenza di questa
immensa potenza capitalista ci resta occultata per l’eccellente motivo che i
mass- media e le organizzazioni politiche sono sotto la sua influenza
materiale.
La questione che si pone dunque per
decolonizzarsi da un’impresa talmente abituale che la maggior parte di noi
neppure l’immagina, è la seguente: come siamo arrivati a questo?
UN PO’ DI STORIA
Tutto comincia con l’avvento del
grande capitalismo nel XIX° secolo. Appaiono dei rapaci che si spartiscono le
ricchezze del mondo, a cominciare da una grande famiglia di banchieri in
Europa, i Rothschild, seguiti da un’altra famiglia altrettanto potente in
America, i Rockfeller.
Appena possibile, hanno spogliato le
nazioni della loro sovranità monetaria, piazzandosi al di sopra delle leggi. In
una lettera scritta da Mayer Amschel Rothschild, patriarca di famiglia, si può
leggere: “Datemi il controllo della
moneta di una nazione e me ne infischio di chi ne fa le leggi”.
IL LORO METODO:
Prestare denaro agli Stati a un prezzo d’usura prima di tutto per
finanziare delle guerre: la
Guerra di Secessione (Rothschild), la Prima Guerra Mondiale (Morgan
& Co. - sottomarini di Rothschild -, Rockfeller, Loeb e Kuhn, Warburg,
Schiff), poi la Seconda Guerra
Mondiale (“Le otto famiglie”: Goldman Sachs, Rockefeller, Lehmans e Kuhn Loeb di
New York, i Rothschild tedeschi, di Parigi e di Londra, i Warburg di Amburgo, i
Lazard di Parigi e gli Israël Moses Seif di Roma. Hanno finanziato
Hitler !) [1]
Continuare a prestare in tempo di pace, approfittando
delle grandi crisi di cui sono responsabili: quella del 1920 (Morgan) e quella
del 1929 ( la FED,
cioè le otto famiglie).
È quel che avviene nel 1913 con la Riserva Federale degli Stati
Uniti. Non potendo più battere moneta a causa degli impegni presi, gli Stati sono obbligati a chiedere
prestiti a banche private ebreo-anglo-americane. Diretti da complici al
servizio di questi banksters, i paesi
s’indebitano presso la FED
e altri stabilimenti bancari occidentali che sono causa di tutte le crisi a
partire dal XIX° secolo.
È quel che viviamo tutti i giorni: è la truffa alla base del sistema
capitalista. Ormai da più di due secoli le banche praticano il sistema di Riserve Frazionarie che consiste nel non
avere in liquidità reale che una frazione del denaro che prestano. Si tratta
dell’emissione di moneta scritturale. Ciò è vantaggioso per le banche che danno
del vento e si fanno rimborsare in vera moneta che ognuno guadagna con il
proprio lavoro. Ma c’è di più e là si arriva al sommo della truffa: in Francia,
da 40 anni, precisamente il 3 gennaio 1973, su pressione dei banchieri, lo
Stato si è vietato la possibilità di creare la moneta. Si tratta di un
tradimento di Pompidou (della banca Rothschild) e di Giscard che hanno privato
la Francia di un privilegio essenziale dello Stato, il potere sovrano di battere
moneta che hanno accordato ai banchieri per legge. Da allora lo Stato si trova
ad essere il servitore dei banchieri nel disprezzo del diritto della gente.
I
popoli, indeboliti dalle crisi, vedono i loro governi complici sostituiti da
rappresentanti di queste banche e sono asserviti al pagamento d’interessi, di
interessi sugli interessi e di tasse esorbitanti.
Le loro finanze sono sottomesse
all’inflazione come in Francia, in Italia, in Grecia, in Spagna, in Portogallo,
in Tunisia… Ci fanno poi credere che il popolo, vittima, è responsabile di
avere eletto dei governi incompetenti o corrotti.
Non esitano a rovesciare Stati che s’oppongono ai loro interessi. La banca
Rothschild (Pompidou) ha rovesciato De Gaulle. La stessa banca ha partecipato
alla rivoluzione in Tunisia. Alla morte di Gheddafi, la banca centrale di
Tunisia, controllata dai Rothschild ha preso il posto della banca Zitouna della
famiglia Ben Ali. Ugualmente gli stessi banchieri sono coinvolti nella rivolta
egiziana con El Baradein che preserverà l’esistenza della banca centrale
d’Egitto, infiltrata dai Rothschild.
Abdulhakim Belhadj, antico dirigente
della Jamahiriya,
gruppo islamico (formato dalla NATO) che ha contribuito a rovesciare Mouammar Gheddafi
è una marionetta dei Rothschild e ha incontrato in Turchia i dirigenti
dell’Esercito Siriano di Liberazione per inviare truppe libiche e alimentare
così l’insurrezione contro Bachar al Assad.
DETENGONO IL POTERE
Chi è il proprietario del sistema
della Riserva Federale? Chi detiene la maggior parte dell’industria militare? A
chi appartiene il petrolio? A chi appartiene il dollaro? Chi è il proprietario
dei media classici negli Stati Uniti? Conoscete la risposta.
Una guerra sarebbe benefica per tutti
questi interessi commerciali e preserverebbe lo statuto del dominio del
petroldollaro. Si cerca quindi una guerra. Obama si fa solleticare da media che
gli forzano la mano affinché intervenga in Medio Oriente. Non vuole la terza
guerra mondiale ma manovrato dovrà agire in funzione dei suoi propri interessi.
I banksters sono pronti a tutto,
poiché hanno tentato di uccidere il presidente degli Stati Uniti Andrew
Jackson. Hanno fatto eliminare Abraham Lincoln e JF Kennedy, il segretario del
tesoro di Thomas Jefferson perche questi uomini volevano che gli Stati Uniti
riprendessero l’emissione e il controllo della moneta.
Ora hanno rovinato milioni di
americani con gli Hedge-Funds.
Si sono impadroniti con l’astuzia della banca d’Inghilterra.
CI ADDORMENTANO
LO sappiamo, i media ci mentono oggi
sulla guerra in Siria, ci hanno mentito ieri sulla guerra in Libia e non solo
ci mentono ma ci manipolano con la loro propaganda incessante sul rigore, sulla
crisi finanziaria, ecc. Svegliamoci!
QUALCHE SOLUZIONE
Affinché
un governo sia davvero sovrano, deve riprendere il suo diritto di creare un
denaro libero dal debito.
Per uscire dalla crisi monetaria
assurda nella quale siamo impegolati, dobbiamo esigere un controllo da parte
dello Stato della totalità della massa monetaria in circolazione e una dotazione
d’esistenza per tutti. Evidentemente tali riforme non possono farsi che al
livello dello Stato, cominciando dalla nazionalizzazione di tutte le banche
senza indennità per gli azionari. In effetti, come mettersi d’accordo su
riforme tanto importanti al livello europeo?
Tali soluzioni non possono essere
messe in pratica né dal governo attuale né dalla destra. Tocca dunque ai
cittadini d’impadronirsi di questa riforma monetaria, dell’emissione e del
controllo della propria moneta sul proprio territorio.
Una vera crisi economica e finanziaria
globale sarebbe una buona cosa: essa ci obbligherebbe a smettere di lavorare,
di consumare e d’inquinare in tutta incoscienza, occasione per un’emancipazione
straordinaria. Il punto d’inversione (tipping
point) - il 10% della popolazione motivata e attiva – farebbe cambiare il
comportamento di tutti. Ci siamo quasi. Non lasciamo perdere nulla!
Informiamoci e solleviamoci.
Sarebbe una vera rivoluzione, una
reale abolizione dei privilegi. I perdenti sarebbero i gtrandi manipolatori
delle finanze. Per il 99% della popolazione l’energia sarebbe liberata dalle
catene della finanza internazionale e dai suoi carcerieri: i finanzieri. Alcuni
potrebbero inizialmente sentirsi destabilizzati nelle loro abitudini, tuttavia
la nostra ricchezza - quella vera – e la nostra energia non sarebbero
scomparse. Non c’è più guerra in Europa da da decine di anni e grazie al lavoro
e al genio umano abbiamo dei mezzi di produzione di un’efficacia straordinaria;
in effetti non siamo mai stati così ricchi. Il giorno in cui i popoli se ne
renderanno conto potremo finalmente instaurare una società di convivialità di
tempi scelti, di armonia e di rispetto.
AGIAMO
Dopo
la crisi del 2008, il movimento degli indignati d’Europa, il movimento Occupy
Wall Street negli Stati Uniti, mostrano che milioni di cittadini sul pianeta prendono coscienza che del capitalismo ce
n’è abbastanza!
“Siamo il 99% (We are the 99%)”. Non pensiamo che la sola finalità dell’umanità sia
produrre, consumare e passare l’esistenza a comparare dei prezzi in un’economia
di mercato mondializzata.
Bisogna
scegliere: o la sopravvivenza dei popoli (il 99%) e del loro ambiente o la
continuazione di un sistema controllato dallo 0,01% della popolazione a suo
beneficio. Dunque…
NOI CONSIDERIAMO:
che le parole Libertà, Uguaglianza e
Fraternità iscritte sul frontone dei nostri comuni non sono vuote di senso, che
l’eredità della Rivoluzione, delle rivoluzioni del XIX° secolo, delle lotte
sociali, delle risoluzioni adottate dal Consiglio nazionale della Resistenza
(particolarmente la nazionalizzazione dell’energia, delle assicurazioni e delle
banche…) sono nostre conquiste di cui andiamo fieri.
Che la sola politica degna da condurre
è la lotta contro il potere mafioso dei banksters, che il resto non è che
polvere negli occhi e i politici che non rimettono fondamentalmente in
questione questo potere occulto sono venduti, ricattati o idioti.
Che la politica radicata nel locale è
il solo spazio che ci resta per liberarci di quest’oligarchia transnazionale
che vuole imporci una dittatura finanziaria mondializzata.
Che la non violenza e la verità sono
alla base della nostra emancipazione dalla schiavitù imposta dai signori della
finanza.
RIFIUTIAMO DUNQUE:
di
lavorare, per quanto possibile, a ogni impresa nefasta.
di
comprare una stampa agli ordini del potere finanziario e di alimentare la
società dei consumi, del marketing e della menzogna.
di
sottometterci al signore sornione ma ben reale che è il “sistema monetario di
Riserve Frazionarie” cioè alla manipolazione della moneta “debito” emessa dalle
banche.
PROPONIAMO:
di
consumare meno e di comprare localmente dei prodotti sani.
di
boicottare i prodotti delle multinazionali.
di
smettere di indebitarsi con le banche e di ritirare il massimo del nostro
denaro dai nostri conti non lasciando che il minimo fino alla riappropriazione
da parte dei Consigli del 100% dell’emissione monetaria sul territorio.
di
informarsi intorno alla realtà e alla verità sulla nostra società per fsarla
conoscere ad amici e conoscenti.
di
vivere altrimenti e sviluppare migliori contatti con i nostri vicini, colleghi
e concittadini in generale.
SU UN PIANO PRATICO, VOGLIAMO:
- togliere ogni potere ai trafficoni
notori e ai professionisti della politica per “ messa in pericolo della nostra
vita”
- costruire una Comune d’Europa
- creare una moneta diversa
- vivere altrimenti rispetto ai
consumi e all’inquinamento facendo posto alle culture biologiche e cessando la
corsa a diplomi sempre più inutili per favorire la conoscenza pratica e la
cultura generale.
[1] La
chiave per capire l’attualità politica ed economica è quella di ammettere
l’evidenza che un nucleo ristretto di famiglie hanno accumulato ricchezza e
potenza. Parliamo di 6,8 o forse 12 famiglie che hanno veramente dominato o
dominano il mondo. Sappiate che è un mistero difficile da svelare. Non siamo
lontani dalla verità citando Goldman Sachs, Rockefeller, Loeb Kuh e Lehmans a
New York ; i Rothschild tedeschi, di Parigi e di Londra ; i Warburg di
Amburgo, i Lazard di Parigi, gli Israel Moses Seif di Roma. Molta gente ha
sentito parlare del gruppo Bildenberg, degli Illuminati o della Commissione
Trilaterale. Quali sono, però , i nomi delle famiglie che dirigono il mondo e
hanno il controllo degli Stati e delle organizzazioni internazionali come
l'ONU, la NATO o
il FMI ? Per rispondere a questa domanda direttamente si deve fare la
lista delle più grandi banche del mondo chiedendosi chi ne sono gli azionisti e
i responsabili che ne prendono le decisioni.
Le più grandi società bancarie del mondo sono ormai:
Bank of America, JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan
Stanley.
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