Politica: il partito che
vorrei
Di utente
sostenitore sul Fatto del 23 giugno 2014.
In politica
Dio fa danno, Marx fa danno, e anche Grillo non le imbrocca tutte giuste (*). Io non mi sento rappresentato
dalle forze politiche oggi in campo. Quando devo porre un segno sulla scheda
elettorale, vorrei poter scegliere un partito che non c’è.
Il partito
che vorrei ha solo tre principi non negoziabili: libertà, uguaglianza,
solidarietà.
Il partito
che vorrei sa che con la sola libertà vale la legge della giungla, con la sola uguaglianza
si diventa tutti sudditi di Stalin, e con la sola solidarietà non si è un
partito, ma il circolo delle dame della carità.
Il partito
che vorrei non è un movimento, e non ha paura di farsi chiamare ‘partito’.
Il partito
che vorrei non è italiano, ma europeo. E si presenta con lo stesso
simbolo a tutte le elezioni.
Il partito
che vorrei non ha un capo, ma è diretto da persone intelligenti e capaci,
nessuna delle quali è, o crede di essere, insostituibile.
Gli eletti
del partito che vorrei sanno ascoltare la mie idee, ma poi hanno la
responsabilità di prendere le loro decisioni, senza pretendere di essere i miei
portavoce.
Il partito
che vorrei lotta per tenere il potere esecutivo ben separato da quello
legislativo.
Il partito
che vorrei preferisce il sistema proporzionale per eleggere il
legislativo ed il sistema maggioritario per eleggere l’esecutivo.
Il partito
che vorrei ha capito che se si riesce ad abbassare la disoccupazione,
poi si riuscirà anche ad abbassare il debito pubblico, e non il contrario.
Il partito
che vorrei desidera una tassazione fortemente progressiva e preferisce
tassare i redditi anziché le proprietà, ma non esita a tassare queste ultime se
la disuguaglianza diventa troppo alta.
Il partito
che vorrei sa che se la maggioranza delle tasse di un territorio
rimangono nel territorio, si finisce come Troisi e Benigni: “Chi siete? Cosa
fate? Cosa portate? Un fiorino!”
Il partito
che vorrei non è mai indulgente con gli evasori fiscali, anche se questo
dovesse costargli molti voti.
Nel partito
che vorrei non ci sono né corrotti né corruttori: vengono espulsi
senza aspettare che si arrivi al terzo grado di giudizio.
Il partito
che vorrei è favorevole all’immigrazione, in misura sufficiente a
mantenere costante la popolazione.
Il partito
che vorrei non difende le famiglie tradizionali proibendo quelle
inconsuete, ma promuovendo asili, scuole a tempo pieno e congedi parentali.
Per il
partito che vorrei la scuola, la sanità, la sicurezza e la
previdenza sociale devono essere pubbliche. Se non ci sono abbastanza risorse
per garantirle a tutti, è l’economia che sta funzionando male, non è lo stato
che è diventato troppo grosso.
Il partito
che vorrei è contro gli aiuti di stato alle aziende in difficoltà. Ma è
favorevole all’esproprio di quelle inquinanti, mal gestite o pericolose, per
tutelare il lavoro ed evitare danni.
Il partito
che vorrei lotta per molte altre cose. Ma se ne trovassi uno che vuole almeno
queste, lo voterei volentieri.
(*) la
citazione è ovvia.
di Francesco Paparella
Commento di Sergio Ghirardi:
Adesso svegliati e
vota pure per il partito che non vorresti (a piacere). Hai sognato la
democrazia diretta senza riconoscerla e travesti nel tuo dormiveglia il
parlamentarismo con l'illusione ben pensante dei servitori volontari.
La necessaria rottura
storica del paradigma politico dominante romperà anche con la common decency di un socialismo
moralizzatore che è un ossimoro capitalista e un'ultima carota artificiale per
gli schiavi salariati.
I partiti -tutti-
gestiscono da sempre la dittatura della maggioranza scientificamente idiotizzata.