Le bolle di sapone di Renzi,
Grillo e Berlusconi
L’infantilizzazione
della politica trasforma le prese di posizione (vulgo “scelte programmatiche”)
dei sedicenti leader in bolle di sapone, che svolazzano nel cielo della
chiacchiera pubblica per distrarre i presunti “bambini scemi” (quali ci
considerano i vari manovratori del consenso). Sicché, mentre le bolle catturano
l’attenzione, altre sono le partite in corso. Si consiglia di affilare
le capacità analitiche al fine di non farsi troppo fregare dai virtuosi del
nullismo a mezzo di tali bolle.
Qualche
esempio, tanto per scaldare i muscoli critici:
A) “facciamo
le riforme”, dicono un po’ tutti all’unisono. In realtà propinano solo
l’immortale “ammuina”, della flotta di Franceschiello (“quelli a destra vadano
a sinistra, quelli sopra scendano sotto e viceversa”). Ossia semplice
movimento, pura gestualità. Infatti il cambiamento diventa “riforma” solo se
finalizzato a realizzare un’idea di società ispirata da valori (libertà e/o
eguaglianza, giustizia e/o efficienza e così via). Ma quali sono i principi che
ispirano le star di questo ceto politico di pigmei? Al massimo l’idea di
riportare indietro le lancette della storia ripristinando antichi privilegi. Ma
queste non si chiamano “riforme”, bensì “controriforme”;
B) “superare
il bicameralismo perfetto”, tuona Renzi. E perché? “Per risparmiare”, ti
risponde. Ma se l’obiettivo era questo si poteva largamente sfoltire le due Camere
sovraffollate. “Per dare voce ai territori”, cinguetta la Boschi
angelicata. E lo fai attingendo al personale degli screditatissimi enti
territoriali, il verminaio di sistematiche (micro/macro) ruberie che richiedono
quotidiani interventi di magistrati e finanzieri, quali i Consigli Regionali?
Al di là dell’efficientamento risparmioso quale fumo negli occhi, qui si vuole
abrogare il controllo della doppia lettura di ogni decisione
parlamentare e – soprattutto – eliminare il contrappeso del legislativo allo
strapotere dell’esecutivo. All’insegna di un decisionismo caro a molti,
da Craxi a Gelli;
C) “passare
al presidenzialismo”, sibila Berlusconi. Ossia la solita americanata che
rinverdisce il mito dell’uomo forte, il gigante che sarebbe impicciato dai lilipuzziani
nella sua opera di governo (Berlusconi ci ha campato vent’anni, nascondendo la
sua inettitudine con la tiritera del “mi remano contro”). Il fatto è che
mancano in maniera palese le capacità di governo e si vuole occultare la penosa
realtà con la chiacchiera da bar spacciata per panacea: “non disturbare il
manovratore”. Ma – in effetti – con lo stagionale coniglio dal cilindro
presidenzialistico, il condannato di Arcore cerca di riprendersi la scena e
indossare i nobili panni di “Padre della Patria” che il giovane premier gli
consente; quale omaggio al proprio maestro nel gioco delle tre carte in
politica;
D)“rilanciare
l’economia e l’occupazione attraverso la flessibilità”, pontifica la
maggioranza. Ed è la strizzatina d’occhi a un ceto managerial/imprenditoriale
che da decenni ha tirato i remi in barca, cui viene affidata la missione di
invertire quella tendenza in cui lui campa benissimo. Appurato che altre
ricette non sa applicare, tipo rinnovare prodotti e dinamicizzare aziende
decotte. Ma che importa, tanto ormai i lavoratori non sono più un soggetto con
cui fare i conti, i sindacati hanno fatto scempio della propria credibilità
(tanto che picchiare loro in testa assicura il plauso dell’elettorato);
E) “Questa
volta faccio sul serio”, pigola Beppe Grillo proponendo di adottare il
progetto di legge elettorale elaborato ipoteticamente dalla Rete. Dimostrazione
che è stato lui ad essere aperto come una scatoletta di tonno per smaccata
petulanza inconcludente, tanto da mettere in pista l’ennesima trappola da Vil
Coyote in cui lui stesso finisce per cadere: bloccare l’Italicum per ritornare
al Mattarellum. Ma i furbetti del partitino renzino in quanto a maneggi ne
sanno centouna più di Casaleggio. Difatti, di tutta la manovra incassano solo
l’effetto “due forni” di andreottiana memoria. E il Beppe, sempre più Grillo di
Pinocchio, lascia intravedere un crescente disamoramento del giocattolo M5S.
Così – a prima
vista – le bolle di sapone del giorno. Ne scorgete altre?
Commento di Sergio
Ghirardi:
La bolla di sapone
che comprende tutte le altre è la superstizione borghese del parlamentarismo
inventato apposta dal Terzo Stato giunto al potere politico per far passare per
democrazia reale un'oscena oclocrazia (metodo di governo in cui la plebe - non
la cittadinanza cosciente - sceglie i propri dittatori interscambiabili anziché
decidere collettivamente tramite i Consigli usando eventualmente i propri delegati
come rappresentanti puntuali e costantemente revocabili).
Certo impostato così,
sulla base di quella che in un'altra epoca si chiamava coscienza di classe e
democrazia consiliare, il discorso resta tutto da sviluppare per realizzare una
rivoluzione culturale in stallo da mezzo
secolo. Per far ciò bisognerà andare ben oltre i singhiozzi del M5S in via di
ritorno all'ovile della democrazia fittizia: dalle stelle alla stalla?
Intanto
l'addomesticamento degli spettatori consumatori di destra, sinistra ed altrove
garantisce ancora qualche margine di manovra a un sistema spettacolare
mercantile pur tuttavia in palese disfacimento su tutto il pianeta. Il vero
nemico invincibile del capitalismo è la natura: all’umanità superstite la scelta di
allearsi con lei o sparire insieme a un un modo di produzione cinico e
nichilista.
Democrazia consiliare
o barbarie, con o senza un cielo pieno di stelle. Lettura consigliata sul tema
: Abensour e Lefort a proposito della democrazia insorgente e incompatibile con
lo Stato.