Chi
approda al traguardo dei cent’anni ci dispone l’animo al buonumore,
sicuramente.
Ma
in maniera superficiale, fuggitiva: beato lui, diciamo, e passiamo oltre,
senza essere coscienti della funzione sociale, potremmo dire filantropica, che
il centenario svolge
In un mondo che si presenta rocciosamente immutabile, proprio in ragione del confronto fra la permanenza del tutto e l’impermanenza del singolo, di ciascuno di noi che per un breve tempo passa e si perde, senza posa, chi supera questo stato, sfiorando a sua volta la sensazione dell’eterna presenza, ci consente di capovolgere la lettura abituale della realtà, ci induce a meditare.
In un mondo che si presenta rocciosamente immutabile, proprio in ragione del confronto fra la permanenza del tutto e l’impermanenza del singolo, di ciascuno di noi che per un breve tempo passa e si perde, senza posa, chi supera questo stato, sfiorando a sua volta la sensazione dell’eterna presenza, ci consente di capovolgere la lettura abituale della realtà, ci induce a meditare.
Cent’anni. La gran parte delle vicende che ci vengono alla mente, quando sono accadute, quest’uomo era lì. Sono venuti e andati, e già quasi dimenticati, i fascismi e i comunismi, i muri e i partiti, le navi, i palazzi, le mode, le abitudini, le tecnologie. Tutto questo passava e lui c’era …Il mondo alla rovescia.
E come tutti i capovolgimenti di prospettiva, che sostituiscono i chiari con gli oscuri, il positivo con il negativo, al posto del mondo che sta fermo mentre l’individuo passa, ci regala la visione (come tutte le visioni, ingannevole ma suggestiva) di un individuo che sta fermo, mentre è il mondo a sfilargli intorno
E in tal modo , ci consente di accedere senza fatica a una percezione più efficace e più adeguata di ciò che esiste: tutto passa e tutti passiamo, ciascuno con un proprio tempo. E che ciò che ci appare solido lo è alla maniera del ciclista, per il quale è il movimento ad essere cagione di stabilità.
Nessuno può affermare con certezza che una vita lunga, così lunga, sia un bene in sé: ognuno dispone d’una vita soltanto e quindi ogni confronto inevitabilmente risulta imperfetto: ma il centenario è, fra noi tutti, quello che si è spinto più oltre sulla via che ci illude a sconfiggere il tempo, che si è meglio battuto in questa battaglia perduta a priori. E’ il cavaliere dell’utopia, così serenamente testardo nell’esserci, giorno dopo giorno, mentre intorno crollano gli imperi e, speriamo, si inventano nuove libertà.
In questa maniera, come la liberazione dell’umanità è un progetto individuale, collettivamente praticato, potremmo affermare, concludendo, che la vita è un disegno collettivo, declinato individualmente, che la vita, precisamente come la libertà, è un’azione di cui essere responsabili, e non già una condizione per cui dovremmo essere grati.
da Gilda Caronti e Paolo Ranieri
con affetto, stima e gratitudine per avere un tale amico