venerdì 9 gennaio 2015

la poesia contro la morte


Tutto ciò che esiste, tutti noi, siamo "esposti" alla satira, alla critica, all'offesa e anche peggio, perché semplicemente "coesistiamo" contemporaneamente nello stesso spazio-tempo.
Le "convenzioni" e i linguaggi condivisi si sono via via creati e sedimentati proprio per poter stare un pochino in pace laddove ci fosse comprensione almeno parziale, ma non dimentichiamoci che in "natura" l'unica vera legge, che abbiamo trovato bell'e fatta è la legge della giungla. 
Laicamente possiamo prendere atto e coscienza di essere un punto nell'universo, di avere poco tempo e poca importanza oltre che un'esigua forza per difenderci. Non abbiamo artigli o zanne o un istinto a guidarci, quindi a costruire la nostra sopravvivenza entra in gioco la "cultura" che è appunto la strumentazione - che prendiamo insieme al latte materno nei primi anni - in grado di immetterci in relativa "sicurezza" in un complesso di relazioni articolato che non smette mai di essere "pericoloso". 
L'unico atto di civiltà secondo me è quello di non pretendere mai nulla ma di non sottostare mai a nessuno per paura, né servi né padroni, né dio, né stato. 
Solo con un gioco assai raffinato e complesso si esce dalla rozza essenza animale che convive in noi insieme con la creatività di cui siamo anche capaci quando vogliamo sollevarci dal fango della certezza (la morte che ci attende) fino al sogno di una vita senza tempi morti e senza limiti alla gioia e alla poesia condivise con tutti, sogno purtroppo intercettato dai mercanti di ideologie e in primis dalla religione che delle ideologie è la madre.