Per realizzare il
dominio al quale aspirano strutturalmente fin dalle origini, i
mercanti-guerrieri del produttivismo hanno creato lo Stato come organo di
potere per gestire la società sottomessa pastorizzandola e omogeneizzandola. Questo
processo intimamente predatorio e suprematista continua senza fine dalle città-Stato
agli Stati-nazione, poi agli Stati-continente e ora al progetto apocalittico di
un unico Stato planetario il cui totalitarismo perverso si prepara a regnare
sulle rovine del mondo e sui sopravvissuti alla catastrofe sistemica in corso.
All’internazionalismo
sociale, destinato a passare dalla coscienza di classe alla coscienza di specie
da cui dipendono ormai la nostra salvezza e la nostra sopravvivenza (difficili
se non improbabili), si oppone da millenni il lento, incessante, inarrestabile avanzare
della mondializzazione di un produttivismo il cui modo di produzione
capitalista ha ormai mercificato il mondo intero distruggendo la vita organica fino
alle sue radici natali.
La comunità umana
da cui scaturisce la civiltà produttivista ha visto la costante evoluzione
della burocratizzazione della sua natura antropologica. Le nazioni
psicogeografiche acratiche che compongono la comunità umana, dalla più semplice
coppia al gruppo, fino alle etnie e ai popoli, sono state progressivamente trasformate in strutture di dominio sottomesse burocraticamente
e militarmente alla logica schiavistica del lavoro coatto, necessario al
produttivismo per esistere e dominare producendo valore economico in crescita
costante.
La nazione psicogeografica
spontanea, affettiva, molteplice e varia è alla radice della comunità umana e
degli individui che la compongono. Dalle Città-Stato agli Stati-nazione essa è
stata dappertutto trasformata ideologicamente in gregge economico, religioso e
sociale sotto il controllo militare e poliziesco di un esercito di sbirri e di
burocrati. Questo Stato onnipresente è da sempre al cuore della civiltà
produttivista nel cui nome ha inventato il nazionalismo che dello Stato e non
della nazione psicogeografica è figlio.
Negando la nazione
perché incapace di guardare oltre il nazionalismo (ricordiamoci di Stalin, il
cui delirio ridicolo e mostruoso si esprime attraverso un ossimoro esemplare blaterante
di comunismo in un solo paese), l’internazionalismo
ideologico dell’imborghesito proletariato gauchista fa un amalgama idiota tra
il nazionalismo fascista dello Stato e la nazione psicogeografica, la cui democrazia
diretta è incompatibile con lo Stato. Il ribellismo autoritario e reazionario dei
rivoluzionari spettacolari (fascismo rosso, bruno o nero, stessa lotta per il
potere) nega la nazione psicogeografica per fare dell’internazionalismo una
religione mentre esso incarna la propensione acratica del vivente, e dell’umano
in particolare, alla sovrapposizione orgastica di energie vitali autonome e
differenti per genere e storia, tanto nei rapporti individuali che sociali.
Come sempre, l’ideologia
dimentica la realtà in nome di un realismo spettacolare che sta alla radice di
quel fascismo rosso, erede dello zarismo, la cui radice intimamente reazionaria
ha contaminato l’idea russo bolscevica del comunismo fin dall’inizio. Senza
nazione psicogeografica acratica non esiste internazionalismo possibile. L’hanno
ben capito gli zapatisti il cui indubbio internazionalismo passa per l’EZLN
(Esercito zapatista di liberazione nazionale).
La nazione che
l’ideologia rivoluzionaria contemplativa abbandona con sdegno benpensante agli
sciacalli fascisti appestati dal produttivismo, non ha nulla a che vedere con
il nazionalismo, con stupidi e odiosi inni guerrieri, con bandiere vessillo di
una guerra dichiarata o almeno sempre minacciata agli altri popoli, ad altre
nazioni, ad altri esseri umani non riconosciuti come tali: selvaggi, incivili, untermenchen o controrivoluzionari secondo
i gusti ideologici e il grado di disumanità raggiunti e coltivati dallo Stato
padrone (poco importa se di destra o di sinistra) che bolla sempre e comunque i
liberi cittadini come nemici della patria
– riferimento chiaro e netto al
suprematismo patriarcale.
La nazione
psicogeografica partecipa al costante movimento dal locale al planetario aggiungendosi
come una nuova fonte di energia vitale collettiva agli amori individuali e
unendo ogni libero individuo della specie all’Internazionale dei popoli in
piena autonomia, ognuno con le proprie specificità locali e un desiderio comune
di libertà e di gioia di vivere. L’umanità esisterà veramente soltanto quando
l’opera d’arte della comunità umana in fieri avrà umanizzato la natura non con
la violenza, non imponendole una condizione, dei costumi, delle gerarchie, una
civiltà – così il maschio produttivista ha imposto alla femmina il patriarcato –,
ma con la libera creazione artistica di un mondo relativamente ma
sostanzialmente pacificato e in questo senso umanizzato.
In
nome di una libertà senza eccezioni, l’atto fondatore di ogni comunità umana è
la diserzione pacifica da ogni guerra tra Stati. Il fascismo caratteriale,
sintomo maggiore della peste emozionale produttivista, è uno strumento di
predazione che trasforma in guerra per il dominio ogni differenza, ogni
specificità. L’elemento predatore accompagna l’umanità in fieri fin dalle
origini impedendole di nascere. Il pericolo naturale che circola nella giungla
primitiva[1] ha sempre spinto le prime
comunità di ominidi a definire non umani o meno umani gli altri gruppi poco
conosciuti o sconosciuti. Molti nomi di tribù esistenti o esistite si autodefiniscono
uomini, umani, implicando il timore, a volte verificato, che altri non lo
siano. Perché la predazione, inflitta o subita, è la componente disumana
dell’umanità mentre il suo superamento è la realizzazione della natura umana.
Natura costantemente in fieri, che soltanto un’opera d’arte evoluzionista può
realizzare, non una morale obbligatoria, né una fredda tecnologia o un delirio
transumanista.
L’attuale
nazione italica, per esempio, è un processo recente. Non esiste senza il
contenuto culturale vissuto e diversamente espresso dal modo di parlare,
nutrirsi, fare l’amore, la musica, la poesia, l’arte. Sono, infatti, molte le nazioni
psicogeografiche regionali che compongono questo Stato-nazione frutto contingente
del colonialismo sabaudo ma anche di un autentico processo spontaneo d’internazionalizzazione
che abita tutti i popoli fin dalla nascita, senza urgenze né obblighi. Perché
lo stivale è italiano, ma il pesto con il basilico del sud non ha lo stesso
gusto del pesto genovese e il pecorino sardo non è frutto della stessa nazione
d’origine di quello romano o, ancora più localmente, di Amatrice. Eppure, dal
Piemonte alla Sicilia, da Quarto a Marsala si mangia la pasta e il parassitismo
imperialista dei Savoia non ne è la causa.
Tra
gli ominidi di un tempo, più umani degli attuali sopravvissuti
all’industrialismo e alla sua civiltà tecno-cancerogena planetaria, gli
stranieri erano considerati estranei se non barbari finché l’ospitalità
reciproca non trasformava in festa condivisa tra uguali il rischio sempre
presente della guerra per la predazione sessuale e sociale. Guerra e pace sono
sempre possibili e se non è l’una, è l’altra. L’umanizzazione del mondo presuppone
la creazione di condizioni in cui la pace sia la norma e la guerra l’eccezione definitivamente
sconfitta da una società di donne e uomini liberi e uguali in diritto, per i
quali la morte si riduca a un tragico fatto naturale.
Il
sogno gilanico[2]
la cui sperimentazione storica è stata provata, è l’unico antidoto all’incubo
pestilenziale che avanza, l’unica civiltà altra rispetto alla civiltà
produttivista che ha invaso il pianeta con le sue diverse culture religiose e
politiche, tutte indistintamente suprematiste. Si tratta finalmente di prendere
coscienza che l’ipotesi gilanica è una tendenza pacifica e non necessariamente
pacifista perché in ogni situazione la diffidenza precauzionale contro ogni
violenza imposta invita a valutare strategicamente e non moralmente la dose di
violenza difensiva necessaria e utilizzabile dalla comunità.
Il
gauchismo rappresenta forse l’ultima forma ideologica di dittatura in nome
della libertà. Un ultimo ossimoro. Laddove le destre, tutte le destre fasciste
o parlamentariste, impongono cinicamente il loro diktat a chiunque con tutta la
loro violenza suprematista, il gauchismo s’impone in nome dell’etica laica di
un comunismo da chiesa (di qualunque chiesa si tratti, anche la più libertaria)
con il suo misticismo virale, i suoi rituali comunitari, la sua inquisizione di
casta che si pretende di classe e il suo clero burocratico e moralizzatore
(preti e suore di ogni superstizione religiosa, politica o sanitaria!).
Il
comunismo si è presentato come l’ultima religione possibile, favorendo in realtà
il ritorno grottesco delle credenze precedenti che avevano trovato nei
monoteismi il loro più orribile splendore mistico. Quanti morti in terra in
nome di fittizi paradisi celesti. Quanti campi di concentramento per reprobi
ideologici in nome della libertà e dell’emancipazione dei popoli. Molto prima
di S. Pietro e ben dopo Pol-Pot, è tutto l’universo produttivista, ormai
vecchio di sette millenni almeno, che aspetta di essere sepolto dal nascere di
una civiltà umana senza dei né piccoli padri dei popoli, senza capi né capesse,
senza caporali né caporalesse, senza padroni/e né schiavi/e in un unico
grandioso rispetto, gioioso e gaudente del vivente e di una libera danza con
l’amore, con la gioia e la volontà di vivere.
Sergio
Ghirardi Sauvageon, 2 ottobre 2022
[1]
Giungla
reale ma anche fantasticata come tale sia dall’homo stanziale che da quello nomade che compongono la specie umana fin
dall’antichità. La giungla è un concetto necessario al principio di precauzione
per fare attenzione al pericolo presente dovunque nei rapporti interspecifici
del mondo primitivo. Un mondo che gli ominidi moderni hanno reso totalmente
artificiale ma non meno pericoloso, anzi!
[2] I più curiosi che ne siano ignari possono
approfittare di Internet, anziché per comprare su Amazon, per capire il senso e
conoscere la (prei)storia di questo concetto misterioso che ho ripreso più volte nelle mie riflessioni: civiltà gilanica.
Nation
et État
Pour
parvenir à la domination à laquelle ils aspirent structurellement depuis le
début, les marchands-guerriers du productivisme ont créé l'État comme organe de
pouvoir pour gérer la société assujettie en la pasteurisant et en l'homogénéisant.
Ce processus intimement prédateur et suprematiste se poursuit sans fin des
cités-États aux États-nations, puis aux États-continents et maintenant au
projet apocalyptique d'un seul État planétaire dont le totalitarisme pervers se
prépare à régner sur les ruines du monde et sur les rescapés à la catastrophe
systémique en cours.
À l'internationalisme social, destiné à
passer de la conscience de classe à la conscience d'espèce dont dépendent
désormais notre salut et notre survie (difficiles sinon improbables), s’oppose
depuis des millénaires l'avancée lente, implacable, imparable de
la mondialisation d'un productivisme dont le mode de production capitaliste a
désormais marchandisé le monde entier en détruisant la vie organique jusqu'à
ses racines natales.
La
communauté humaine dont est issue la civilisation productiviste a vu
l'évolution constante de la bureaucratisation de sa nature anthropologique. Les
nations psychogéographiques acratiques qui composent la communauté humaine, du plus
simple couple au groupe, jusqu’aux ethnies puis aux peuples, se sont progressivement transformées en
structures de domination soumises bureaucratiquement et militairement à la
logique esclavagiste du travail forcé nécessaire au productivisme afin d’exister
et dominer en produisant une valeur économique sans cesse croissante.
La nation
psychogéographique spontanée, affective, multiple et variée est à la racine de
la communauté humaine et des individus qui la composent. Des Cités-États aux
États-nations, elle s'est partout transformée idéologiquement en un troupeau
économique, religieux et social sous le contrôle militaire et policier d'une
armée de flics et de bureaucrates. Cet État omniprésent a toujours été au cœur
de la civilisation productiviste au nom de laquelle il a inventé le
nationalisme, enfant de l'État et non de la nation psychogéographique.
En niant
la nation, incapable qu'il est de regarder au-delà du nationalisme (rappelons-nous
de Staline, dont le délire ridicule et monstrueux s’exprime par un oxymore exemplaire
blatérant de communisme dans un seul pays),
l'internationalisme idéologique du prolétariat gauchiste embourgeoisé fait un
amalgame idiot entre le nationalisme fasciste d'État et la nation
psychogéographique dont la démocratie directe est incompatible avec l’État. La
rébellion autoritaire et réactionnaire des révolutionnaires spectaculaires (fascisme
rouge, brun ou noir, même combat pour le pouvoir) nie la nation
psychogéographique pour faire de l'internationalisme une religion alors que celui-ci
incarne la propension acratique du vivant, et de l'humain en particulier, à la superposition
orgastique d’énergies vitales autonomes et différentes par genre et histoire,
tant dans les relations individuelles que sociales.
Comme toujours, l'idéologie oublie la
réalité au nom d'un réalisme spectaculaire qui est à la racine de ce fascisme rouge,
héritier du tsarisme, dont la racine profondément réactionnaire a contaminé
l'idée russe-bolchevique du communisme dès le début. Sans nation
psychogéographique acratique, pas d'internationalisme possible. Les zapatistes,
dont l'internationalisme incontestable passe par l'EZLN (Armée de libération
nationale zapatiste), l'ont bien compris.
La nation que l'idéologie révolutionnaire
contemplative abandonne avec indignation bienpensante aux chacals fascistes pestiférés
par le productivisme, n'a rien à voir avec le nationalisme, avec des hymnes
guerriers stupides et haineux, avec des drapeaux étendard d'une guerre déclarée
ou du moins toujours menacée aux autres peuples, à d'autres nations, à d'autres
êtres humains non reconnus comme tels : sauvages, non civilisés, untermenchen ou contre-révolutionnaires
selon les goûts idéologiques et le degré d'inhumanité atteint et cultivé par l'État
maître (de droite ou de gauche, peu importe) qui accable toujours et en tout
cas les citoyens libres comme des ennemis de la patrie – reference claire et nette au suprématisme patriarcal.
La nation psychogéographique participe au
mouvement constant du local au planétaire s’ajoutant comme une nouvelle source
d’énergie vitale collective aux amours individuels et unissant chaque libre individu
de l'espèce à l'Internationale des peuples en toute autonomie, chacun avec ses
propres spécificités locales et un désir partagé pour la liberté et la joie de
vivre. L'humanité n'existera vraiment que lorsque l'œuvre d'art de la communauté
humaine in fieri aura humanisé la
nature non pas par la violence ni lui imposant une condition, des coutumes, des
hiérarchies, une civilisation – comme le mâle productiviste a imposé à la
femelle le patriarcat –, mais par la libre création artistique
d'un monde relativement mais substantiellement pacifié et en ce sens humanisé.
Au nom d’une liberté sans exceptions, l’acte
fondateur de toute communauté humaine est la désertion pacifique de toute
guerre entre États. Le fascisme caractériel, symptôme majeur de la peste
émotionnelle productiviste, est un instrument de prédation qui transforme toute
différence, toute spécificité en guerre pour la domination. L'élément prédateur
accompagne l'humanité en devenir depuis ses origines l’empêchant de naître. Le
danger naturel qui circule dans la jungle primitive[1] a toujours incité
les premières communautés d'hominidés à définir d'autres groupes méconnus ou
inconnus comme non humains ou moins humains. De nombreux noms de tribus
existantes ou ayant existé s'appellent hommes,
humains, impliquant la crainte,
parfois vérifiée, que d'autres ne le soient pas. Car la prédation, infligée ou
subie, est la composante inhumaine de l'humanité alors que son dépassement est
la réalisation de la nature humaine. Nature constamment in fieri, ce que seule une œuvre d'art évolutionniste peut
réaliser, pas une morale imposée, ni une technologie froide ou un délire
transhumaniste.
La nation italienne actuelle, par exemple,
est un processus récent. Elle n'existe pas sans le contenu culturel vécu et différemment
exprimé par la manière de parler, de manger, de faire l'amour, la musique, la
poésie, l'art. Nombreuses, en fait, sont les nations psychogéographiques régionales
qui composent cet État-nation, fruit contingent du colonialisme savoyard, mais
aussi d'un authentique processus spontané d'internationalisation qui habite
tous les peuples depuis leur naissance, sans urgence ni obligations. Car la
botte est italienne, mais le pesto avec
le basilic méridional n'a pas le même goût que le pesto génois et le pecorino
sarde n'est pas le fruit de la même nation d'origine que le pecorino romain ou, encore plus
localement, celui d'Amatrice. Et pourtant, du Piémont à la Sicile, de Quarto à
Marsala on mange des pâtes et le parasitisme impérialiste des Savoie n'en est
pas la cause.
Parmi les hominidés d'autrefois, plus
humains que les survivants actuels de l'industrialisme et de sa civilisation
techno-cancérigène planétaire, les étrangers étaient considérés comme étranges
sinon barbares jusqu'à ce que l'hospitalité mutuelle transforme le risque
omniprésent de guerre pour la prédation sexuelle et sociale en une fête
partagée entre égaux. La guerre et la paix sont toujours possibles et si ce
n'est pas l'une, c'est l'autre. L'humanisation du monde suppose la création de
conditions dans lesquelles la paix est la norme et la guerre l'exception
définitivement vaincue par une société d'hommes et de femmes libres et égaux en
droit, pour qui la mort est réduite à un fait naturel tragique.
Le rêve gylanique[2] dont l’expérimentation
historique a été prouvée, est le seul antidote au cauchemar pestilentiel qui
avance, l’unique civilisation autre que la civilisation productiviste qui a
envahi la planète avec ses diverses cultures religieuses et politiques, toutes
indistinctement suprématistes. Enfin, il s'agit de prendre conscience que
l’hypothèse gylanique est une tendance pacifique et pas forcément pacifiste car
en toute situation la méfiance précautionneuse contre toute violence imposée
invite à évaluer stratégiquement et non moralement la dose de violence
défensive nécessaire et utilisable par la communauté.
Le gauchisme est peut-être la dernière
forme idéologique de dictature au nom de la liberté. Un dernier oxymore. Là où
les droites, toutes les droites fascistes ou parlementaristes, imposent cyniquement
leur diktat à n'importe qui avec toute leur violence suprématiste, le gauchisme
s'impose au nom de l'éthique laïque d'un communisme d'église (quelle qu'elle
soit, même l’église la plus libertaire) avec son mysticisme viral, ses rituels
communautaires, son inquisition de caste qui se prétend de classe et son clergé
bureaucratique et moralisateur (prêtres et bonnes-sœurs de toutes superstitions
religieuses, politiques ou sanitaires !).
Le communisme s’est présenté comme la
dernière religion possible, favorisant en fait le retour grotesque des croyances
précédentes qui avaient trouvé leur plus horrible splendeur mystique dans les
monothéismes. Combien de morts sur terre au nom de paradis célestes fictifs.
Combien de camps de concentration pour anathématisés idéologiques au nom de la
liberté et de l'émancipation des peuples. Bien avant Saint-Pierre et bien après
Pol-Pot, c'est tout l'univers productiviste, aujourd'hui vieux de sept millénaires
au moins, qui attend d'être enterré par la naissance d'une civilisation humaine
sans dieux ni petits pères des peuples, sans chefs ni chéfesses, sans caporaux
ni caporalesses, sans maîtres ou esclaves en tout genre, dans un seul respect
grandiose, joyeux et jouissif du vivant et d’une libre danse avec l'amour, avec
la joie et la volonté de vivre.
Sergio Ghirardi Sauvageon, 2 octobre 2022
[1] Véritable jungle mais aussi
fantasmée comme telle tant par l’homo
sédentaire que par l’homo nomade qui
composent l'espèce humaine depuis la nuit des temps. La jungle est un concept
nécessaire au principe de précaution pour prêter attention au danger présent
partout dans les relations interspécifiques du monde primitif. Un monde que les
hominidés modernes ont rendu totalement artificiel mais non moins dangereux, loin
de là !
[2] Les plus curieux qui l'ignorent peuvent
profiter d'Internet, plutôt que pour acheter sur Amazon, pour comprendre le
sens et connaître la (pré)histoire de ce concept mystérieux dont j'ai parlé à
plusieurs reprises dans mes réflexions : la civilisation gylanique.