Dal decadimento programmato del vivente alla sua rinascita spontanea
1. La paura colma il
divario tra la realtà bugiarda e la realtà vissuta, tra l'economia fittizia
e l'economia di base. Le cifre del governo aleggiano come droni sullo stato
fatiscente di ospedali, scuole, trasporti e conquiste sociali.
2. La paura è diventata il
baluardo più sicuro dei ricchi contro l'insurrezione sociale che minaccia
di eliminarli. Questa paura, non si fermeranno davanti a nulla per rinnovarla e
prolungarne la durata. Esperimentano su di noi come su dei topi da laboratorio
preoccupandosi di sapere fino a che grado di rassegnazione e avvilimento sopporteremo
i loro decreti senza reagire.
3. Le autorità statali e mondialiste hanno dapprima usato il
pretesto di un virus, che un settore pubblico di salute e ricerca avrebbe messo
sotto controllo se il principio di redditività non lo avesse rovinato. Diffuso
con il nome di covid - martellato come una maledizione - il panico ha causato
più morti del virus stesso. Per non parlare dei vaccini e degli pseudo-vaccini
improvvisati nell'urgenza lucrativa. La fabbricazione del terrore presentava un
doppio vantaggio. Nascondeva lo scandalo degli ospedali mandati alla malora e
rafforzava l'autorità dello Stato, in via di costante indebolimento.
4. Avendo la protezione della sicurezza soppiantato quella della
salute, ci si è proiettati su una guerra locale in cui il numero delle vittime
non ha influito sui conti dei trafficanti d'armi, dei monopoli finanziari,
degli Stati ridicolizzati dall'indigenza mentale dei loro leader. Il pericolo
nucleare è stato frettolosamente riattivato. La strategia del capro espiatorio
è stata rinnovata: filo-ucraini e filo-russi hanno rimpiazzato i pro-vaccino e
gli anti-vaccino. La ridicola e sanguinosa farsa ha oscurato per un certo
periodo l’instaurazione graduale di un Credito Sociale in stile cinese
e la devastazione sociale causata dal tornado di denaro impazzito.
5. Ora è il turno dell'apocalisse
energetico-ecologica. Mentre le mafie
di Stato e globali stanno impunemente distruggendo il pianeta, s’intima al
cittadino di risparmiare a favore di un sistema che, a forza di economizzare
esso stesso gli esseri umani, li sta sprofondando sotto la soglia di una
povertà indegna. Una polizia energetica, sponsorizzata da coloro che ne fanno
un commercio vergognoso, avrà il potere di controllare la temperatura del
riscaldamento delle case. Vedrete che, facendosi forti delle Commissioni
Scientifiche che imputano alla flatulenza delle mucche un aumento
dell'inquinamento, finiranno per tassare le scoregge. Del resto, chissà se un
referendum, ampiamente sovvenzionato e ben sostenuto dai media, non sarebbe
favorevole?
6. Di fronte a tante aberrazioni, la parte dell'opinione
pubblica, ancora risparmiata dal lavaggio del cervello, ha ritenuto che fossimo
governati da malati. Ciò significava, però, prestare un aspetto umano agli
ingranaggi di un sistema che schiaccia il vivente. Ce ne siamo accorti molto
presto: non sono i malati che ci
governano, è la malattia. O più esattamente, la paura della malattia.
Supponendo che le famiglie volessero citare in giudizio i
gestori della politica omicida di cui sono stati vittime i loro cari, si
troverebbero al cospetto o di malati a responsabilità limitata, o di una
Fatalità palesemente irresponsabile. Solo l'amnistia e l'amnesia possono
colmare un tale vuoto giuridico. I precedenti non mancano: i crimini dei
colonizzatori non sono mai stati giudicati.
7. L'enormità della menzogna al potere ha introdotto nel
linguaggio dominante un'inversione di significato che Orwell chiama "neolingua".
Coloro che sono convinti che “la libertà è la schiavitù” non avranno né pena né
piacere nell'ammettere che ciò che profuma di salute e di felicità è il denaro,
il profitto.
8. Vaghiamo in una terra di nessuno che separa una civiltà mortale che non smette di morire
e una civiltà vivente che tarda ad affermarsi con coraggio. Oscuro è
l'orizzonte bloccato dall'onnipotenza del denaro. La cosa più straziante è senza
dubbio la facilità con cui il ticchettio degli ingranaggi che ci schiacciano diventa
un ronzio. Ma le fusa del gatto non gli impediscono di svegliarsi di
soprassalto.
Il peggior pericolo dell'avidità tentacolare non risiede nelle
mafie delle armi, delle banche, della narco-farmacopea, del settore
immobiliare, dei gestori di truffe. Sta nella corruzione delle coscienze. La povertà resiste male alle seduzioni
dell'avere, acquisite a spese dell'essere. Se così tanti poveri diventano miserabili
vendendosi al miglior offerente, significa che è possibile il contrario. Siamo a un punto della storia in cui si
articola un movimento altalenante. La perdizione dell'avere restituisce all’essere
la priorità che gli aveva tolto.
9. Grande è la tentazione
di mobilitare la violenza che lentamente ma visceralmente sta crescendo nella popolazione.
Il vanesio dell'Eliseo e i suoi camerieri addetti alle urine metterebbero
volentieri in scena una parodia di guerra civile. Ma chi prenderà sul serio la
loro follia? La retorica barricadiera brucia solo macchine e bidoni della spazzatura.
Le guerriglie urbane e guevariste si sono screditate più per le loro vittorie
che per le loro sconfitte. L'unica che dà ragione al potere è una sinistra che,
dopo aver tradito il proletariato, si assolve dalle sue colpe muovendo guerra
al fascismo in stivali di pelle, quando è ovunque in pantofole e cravatta. Se
il retro nazismo rappresenta una minaccia, è perché prefigura una guerra di
tutti contro tutti, in cui si libererebbe il traboccamento dei risentimenti
accumulati. Le mafie globali ne trarrebbero vantaggio perché il caos favorisce
gli affari.
Non bisogna sbagliarsi di lotta. L'attivismo antifascista il più
delle volte si confronta con pagliacci psicopatici invece di prendersela con
quelli che tirano i fili. A chi inquina, avvelena, devasta la terra e la disumanizza.
10. La rabbia scade
facilmente in rimprovero. Non faremo che aggiungere la colpa individuale
alla colpa collettiva stigmatizzando coloro che, lasciano entrare l’inquinamento
e i pesticidi nelle loro cucine attraverso porte, finestre e rassegnazione.
Nulla cambierà finché l'esaltazione ecologica si accontenterà di manifestazioni
mondane invece di paralizzare le imprese responsabili dell'avvelenamento del
cibo, dell’acqua, dell’aria, che uccidono più delle epidemie. Non invito qui a
un attivismo aggressivo, penso piuttosto alle parole dell’umorista Gébé “Fermiamo
tutto, riflettiamo e non è triste”. A questa ingenuità maliziosa e generosa,
hanno inaspettatamente dato peso non indifferente i Gilet jaunes delle rotonde,
delle strade e delle assemblee. La loro caparbietà ha deciso di accrescere questa
importanza insospettata, stimolando la felicità degli individui e delle collettività.
Ciò che sembrava chimerico, utopico, delirante conferma la sua realtà alla luce
delle insurrezioni che infiammano le più diverse regioni della terra.
11. Detesto tutte le forme di militarizzazione, comprese quelle
militanti, non per ragioni tattiche ma perché non si accede a una società viva con le armi di una società che uccide.
Cerchiamo di essere chiari. Non ci lasceremo sgozzare, non cederemo alle forze
dell'Ordine repressivo, non abbandoneremo i nostri territori liberati dal giogo
del commercio se non per crearne altri.
Come dialogare con lo Stato quando il monologo è il suo unico
modo di espressione? La situazione sembra bloccata. Non lo è. La storia ha più
di un asso nella manica.
12. È bene che i dibattiti prioritari si allontanino dalle
contese della sociologia, della critica-critica, dell'intellettualità che, per
quanto emancipatrice sia stata in passato, si è raramente affrancata dal primato che la testa si arroga sul corpo
pulsionale. Nella misura in cui l'autorità tradizionale crolla, abbandona
sulle sponde del pensiero due funzioni disseccanti, derivanti dalla divisione
del lavoro: la funzione intellettuale, prerogativa dei padroni, e la funzione
manuale, riservata agli schiavi.
13. La nuova Coscienza sta gradualmente armando l'insolita guerriglia di una vita che, per
molestie, verrà a capo dell'alienazione millenaria. L'emancipazione non deriverà
da una moltitudine, ma da un piccolo numero d’individui autonomi e radicali. È
"dall'interno" – attraverso la soggettività radicale – che eliminerà i piccoli uomini del calcolo egoistico e del loro
individualismo gregario. L'abolizione della trasformazione in cosa – il cosiddetto processo di reificazione – inizia con la priorità
del soggetto sull'oggetto, della vita sulla merce.
14. Nella misura in cui la speculazione borsistica s’impone come
nuovo modo di predazione, l'accaparramento di beni – proprio del vecchio dinamismo dei capitani d'industria – è relegato in secondo piano e con esso un capitalismo che aveva
abbandonato il produttivismo per un consumismo ritenuto più redditizio.
Una vuota opulenza mummifica il proprietario. Il godimento delle
sue conquiste gli è rifiutato, perché l'arte del godimento è incompatibile con
la gestione dell'avidità. L’avere è una perdita dell’essere. Mentre la noia
“puritanizza” i poveri ricchi in seno a un edonismo di paccottiglia,
l'impoverimento ci fornisce un deposito di armi: il godimento sta al mutuo aiuto come l'appropriazione alla predazione.
Prenderne coscienza significa fondare società autonome e solidali su cui il
capitalismo si romperà i denti.
15. La storia è a un bivio
che segna un punto di rottura. Il proprietario è stanco dei suoi yacht, dei
suoi jet, delle sue scopate mercenarie e altri fronzoli. L’avere rende la carne
triste. I diseredati, invece, quando riescono a districarsi dalle loro
difficoltà finanziarie, per respirare un po’ non hanno altro che l'aria libera
dei godimenti gratuiti. Sentono con gioia che l'amore, la solidarietà, gli
incontri festosi, il risveglio del pensiero contengono in germe l'annientamento
della società del profitto. Sanno che la riscoperta del mutuo soccorso abolirà
la predazione. Ciò non ha nulla a che vedere con una consolazione o una
speranza, è ricchezza vissuta. È il più bel dono che i Gilet Gialli e gli
insorti della vita quotidiana hanno offerto all'umanità.
L'abbondanza
dell'essere abolisce l'avere. I morti viventi al potere regnanti e i becchini transumanisti,
che li proteggono dalla luce, non avranno alcuna possibilità di capirlo finché
l'alba della vita rinata non li avrà bruciati e ridotti in cenere.
16. Riapprendere a godere
senza paura riconnette con la gioia di vivere. L'attrazione appassionata del
vivente dà alla felicità un diritto di cittadinanza che rende caduche le obiezioni
del puritanesimo, del disprezzo, dell'odio di sé e degli altri, che il Potere e
il denaro nutrono abbondantemente.
A meno che non diventi un obbligo, il godimento è ciò che più
sicuramente revoca la paura di godere da cui scaturiscono tutte le paure.
I bambini dovranno insegnare a vivere a chi non ha mai imparato
altro che a invecchiare e morire.
17. L'emancipazione del
genere umano sarà inseparabilmente sociale ed esistenziale. L'oppressione
economica che ci aliena ha le sue radici nella nostra corazza caratteriale.
Dalla nascita della civiltà mercantile, una corazza muscolare blocca i nostri
impulsi vitali per metterli al lavoro. Inselvatichisce le nostre emozioni, le
spinge a divorarsi a vicenda, alimenta i nostri intimi psicodrammi. Uno
scatenamento di innumerevoli frustrazioni propulsa nel mondo i tratti più
crudeli della barbarie e della disumanità. Tale è l'origine del riflesso di
morte, tale è il nido dell'autodistruzione che ci perseguita e la cui assurdità
ci sconcerta.
18. La macchina che ci
distrugge è opera nostra. Sta a noi ridurla a niente. Attaccare i suoi
meccanismi evita di guerreggiare con chi li mantiene e li lubrifica con il
nostro sudore. Si rovina il profitto rendendo redditizio il suo decadimento. Rovinare
la sua redditività favorisce il suo crollo.
19. L'impoverimento che ci minaccia incita a promuovere la
gratuità, a recuperare la manna che la vita ci ha offerto, prima che gli ultimi
dinosauri la mastichino ulteriormente. Che
un popolo libero coltivi liberamente il giardino della terra! Il mutuo
soccorso è una realtà poetica. Riunisce individui autonomi per affinità.
Aprendosi alla libertà dei loro desideri, aprono brecce nella cittadella del
potere mondiale, minato, del resto, dalle sue contraddizioni interne.
20. Non è la minore incoerenza del capitalismo imporre oggi un
ascetismo che la frenetica promozione dell'edonismo di mercato insegnava ieri a
ripudiare. Dopo averli persuasi ad accedere all'abbondanza mercantile, i
governanti ingiungono ai poveri di essere sempre più poveri per salvare il
pianeta. Come diceva un avvertimento dei rivoluzionari del 1789: “Ci prendete
per fessi? Non ci riuscirete a lungo! »
21. La riflessione e la consapevolezza vanno oltre le parole
d’ordine, per pertinenti che siano, come "Bruciamo le fatture!"
"Non paghiamo più!" È giunto il momento di non disdegnare più i
piccoli gesti che provocano un reale piacere. Aggiungono il loro peso vitale al
rovesciamento di prospettiva. Aiutano a far fondere al sole della vita – che
brilla giorno e notte – la glaciazione della paura, del senso di colpa, della
corazza caratteriale. Il desiderio del cuore non rinuncia a nulla, non c'è
nessuno che, nonostante la beffa della razionalità mercantile, non ne provi
l'intima convinzione.
La potenza realistica del sogno non è estranea all'autorganizzazione
del popolo al cuore dei movimenti d’insurrezione spontanea. Sogniamo che i
lavoratori dell'elettricità, delle imposte, dei trasporti, della scuola, del
settore sanitario, dell'agricoltura fomentino scioperi “per un mondo migliore”
dove la gratuità rovina il profitto.
La creazione e la moltiplicazione di zone di alimentazione
cooperative ci offrono un rimedio contro il rischio della carestia, sfuggono ai
veleni dell'agricoltura industriale, rafforzano la potenza del mutuo soccorso e
propagano un esempio d’insurrezione pacifica che protegge dalle rivolte della
fame e dalla guerra di tutti contro tutti.
La proposizione “Lo Stato non è più niente, a noi d’essere
tutto!” rivela qui, nella sua gravitazione esistenziale e sociale, la sua
poesia pratica.
Raoul Vaneigem, 19 settembre 2022
Seule
la peur nous gouverne
De la déchéance programmée du
vivant à sa renaissance spontanée
1. La
peur comble l’écart entre la réalité mensongère et la réalité vécue, entre
l’économie fictive et l’économie de base. Les chiffres gouvernementaux planent
comme des drones sur le délabrement des hôpitaux, des écoles, des transports,
des acquis sociaux.
2. La peur est
devenue le plus sûr rempart des nantis contre l’insurrection sociale
qui menace de les éradiquer. Cette peur, ils ne reculeront devant rien pour la
renouveler et prolonger sa durée. Ils mènent sur nous comme sur des rats de laboratoire une
expérience où ils s’inquiètent de savoir jusqu’à quel degré de résignation et
d’avilissement nous cautionnerons leurs décrets.
3. Les
instances étatiques et mondialistes ont d’abord pris prétexte d’un virus,
dont un secteur public de santé et de recherche serait venu à bout si le
principe de rentabilité ne l’avait ruiné. Propagée sous le nom de covid -
martelé comme une malédiction - une panique a causé plus de morts que le virus lui-même.
Sans parler des vaccins et des pseudo-vaccins improvisés dans l’urgence
lucrative. La fabrication de l’effroi présentait un double avantage. Elle
masquait le scandale des hôpitaux mis à mal et elle renforçait l’autorité de
l’État, en voie d’affaiblissement constant.
4. Le
sécuritaire ayant supplanté le sanitaire, on a embrayé sur une guerre locale où
le nombre des victimes n’affectait pas la comptabilité des marchands d’armes,
des monopoles financiers, des Etats ridiculisés par l’indigence mentale de
leurs dirigeants. Le péril nucléaire fut hâtivement réactivé. On remit à neuf
la stratégie du bouc émissaire : pro-ukrainiens et pro-russes remplacèrent
les pro-vaccins et les anti-vaccins. La mascarade dérisoire et sanglante
occulta pour un temps l’instauration progressive d’un Crédit social à la
chinoise et la dévastation sociale causée par la tornade de l’argent fou.
5. C’est
maintenant au tour de l’apocalypse énergético-écologique de prendre la
relève. Alors que les mafias étatiques et mondiales détruisent impunément la
planète, c’est au citoyen que l’on intime l’ordre de réaliser des économies en
faveur d’un système qui, à force de l’économiser lui-même, l’enfonce sous le
seuil d’une indigne pauvreté. Une police de l’énergie, commanditée par ceux qui
en font un commerce éhonté, sera habilitée à contrôler la température des
ménages. Vous verrez que, forts des Commissions scientifiques qui imputent à la
flatulence des vaches un surcroît de pollution, ils finiront par taxer les
pets. Au reste, qui sait si un referendum, amplement subventionné et bien
épaulé par les médias, n’y serait pas favorable ?
6. Devant
tant d’aberrations, la partie de l’opinion publique, encore épargnée par la
machine à décerveler, a estimé que nous étions gouvernés par des malades.
C’était prêter une apparence humaine aux rouages d’un système qui broie le
vivant. On s’en est avisé très vite : ce ne sont pas des malades qui
nous gouvernent, c’est la maladie. Ou plus exactement, la peur de la maladie.
A
supposer que les familles veuillent intenter un procès aux gestionnaires de la
politique meurtrière dont leurs proches furent les victimes, elles se
trouveraient en présence soit de malades à responsabilité limitée, soit d’une
Fatalité évidemment irresponsable. Seules l’amnistie et l’amnésie peuvent
combler un tel vide juridique. Les précédents ne manquent pas : jamais les
crimes des colonisateurs n’ont été jugés.
7.
L’énormité du mensonge au pouvoir a introduit dans le langage dominant une inversion
du sens qu’Orwell appelle « novlangue. » Ceux qui sont persuadés
que « la liberté, c’est l’esclavage » n’auront ni peine ni plaisir à
admettre que ce qui fleure bon la santé et le bonheur, c’est l’argent, c’est le
profit.
8. Nous errons dans un no man’s land
séparant une civilisation mortifère qui n’en finit pas de mourir et une
civilisation vivante qui tarde à s’affirmer audacieusement. Sombre est
l’horizon qu’obture la toute puissance de l’argent. Le plus désespérant est
sans doute la facilité avec laquelle le cliquetis des rouages qui nous écrasent
devient un ronronnement. Mais le ronronnement du chat ne l’empêche pas de s’éveiller
en sursaut.
Le pire
danger de la cupidité tentaculaire ne réside pas dans les mafias de l’armement,
des banques, de la narco-pharmacopée, de l’immobilier, des gestionnaires
d’escroqueries. Il est dans la corruption des consciences. La pauvreté
résiste mal aux séductions de l’avoir, acquis au préjudice de l’être. Si tant
de miséreux deviennent des misérables en se vendant au plus offrant, cela signifie
que l’inverse est possible. Nous sommes à un endroit de l’histoire où
s’articule un mouvement de bascule. La déperdition de l’avoir
restitue à l’être la priorité qu’il lui avait ôtée.
9. La
tentation est grande de mobiliser la violence qui monte lentement mais
viscéralement dans la population. Le paltoquet de l’Élysée et ses valets de
pisse mettraient volontiers en scène une parodie de guerre civile. Mais qui
prendra au sérieux leur sottise ? La rhétorique barricadière ne brûle que
voitures et poubelles. Les guérillas urbaines et guevaristes se sont
discréditées davantage par leurs victoires que par leurs défaites. Il n’y a
pour rendre raison au pouvoir qu’une gauche qui, ayant trahi le prolétariat,
s’exonère de sa culpabilité en guerroyant contre un fascisme en botte de cuir,
alors qu’il est partout en pantoufle et en cravate. Si le rétro-nazisme
représente une menace, c’est qu’il préfigure une guerre de tous contre tous, où
se débonderait le trop-plein des ressentiments accumulés. Les mafias mondiales
y trouveraient leur compte car le chaos est propice aux affaires.
Il ne
faut pas se tromper de combat. Le militantisme antifasciste affronte le plus
souvent des guignols psychopathes au lieu de s’en prendre à ceux qui tirent les
ficelles. A ceux qui polluent, empoisonnent, dévastent la terre et la
déshumanisent.
10. La
colère s’égare aisément dans le reproche. On ne fera qu’ajouter la
culpabilité individuelle à la culpabilité collective en stigmatisant ceux qui,
par portes, fenêtres et résignation laissent pénétrer dans leur cuisine la
pollution et les pesticides. Rien ne changera tant que l’exaltation écologique
se contentera de manifestations mondaines au lieu de paralyser les entreprises
responsables de l’empoisonnement des nourritures, de l’eau, de l’air, qui tuent
plus que les épidémies. Je ne convie pas ici à un militantisme agressif, je
songe plutôt au propos de l’humoriste Gébé « On arrête tout, on réfléchit
et c’est pas triste. » A cette malicieuse et généreuse naïveté, les Gilets
jaunes des ronds-points, des rues et des assemblées ont conféré inopinément un
poids considérable. Cette importance insoupçonnée, leur obstination a résolu de
l’accroître en stimulant le bonheur des individus et des collectivités. Ce qui
paraissait chimérique, utopique, délirant conforte sa réalité à la lueur des
insurrections qui embrasent les régions les plus diverses de la terre.
11. Je répugne à toutes les formes de militarisation, y compris militantes, non
pour des raisons tactiques mais parce que l’on n’accède pas à une société
vivante avec les armes d’une société qui tue. Soyons clairs. Nous ne nous
laisserons pas égorger, nous ne céderons pas aux forces de l’Ordre répressif,
nous n’abandonnerons nos territoires libérés du joug marchand que pour en créer
d’autres.
Comment
dialoguer avec l’État alors que le monologue est son seul mode
d’expression ? La situation paraît bloquée. Elle ne l’est pas. L’histoire
a plus d’un tour dans son sac.
12. Il
est bon que les débats prioritaires s’éloignent des joutes de la sociologie, de
la critique-critique, de l’intellectualité qui, si émancipatrice qu’elle fût
par le passé, s’est rarement dégagée de la suprématie que la tête s’arroge
sur le corps pulsionnel. A mesure que l’autorité traditionnelle s’effondre,
elle abandonne sur les berges de la pensée deux fonctions dessiccatives, issues
de la division du travail : la fonction intellectuelle, apanage des
maîtres, et la fonction manuelle, réservée aux esclaves.
13. La
Conscience nouvelle arme peu à peu l’insolite guérilla d’une vie qui, par
harcèlement, viendra à bout de l’aliénation millénaire. L’émancipation ne
procédera pas d’une multitude mais d’un petit nombre d’individus autonomes et
radicaux. C’est « par le dedans » - par la subjectivité radicale -
qu’elle éradiquera les petits hommes du calcul égoïste et leur l’individualisme
grégaire. L’abolition de la transformation en chose – que l’on nomme
réification - commence avec la priorité du sujet sur l’objet, de la vie sur
la marchandise.
14. A
mesure que la spéculation boursière s’impose comme nouveau mode de prédation,
l’accaparement des biens - propre au vieux dynamisme des capitaines d’industrie
- est relégué au second plan et avec lui un capitalisme qui avait délaissé le
productivisme pour un consumérisme jugé plus lucratif.
Une
opulence vide momifie le propriétaire. La jouissance de ses acquis lui est
refusée, car l’art de jouir est incompatible avec la gestion de la cupidité.
L’avoir est une déperdition de l’être. Tandis que l’ennui
« puritanise » les pauvres riches au sein d’un hédonisme de
pacotille, la paupérisation nous livre une cache d’armes : la
jouissance est à l’entraide ce que l’appropriation est à la prédation. En
prendre conscience, c’est fonder des sociétés autonomes et solidaires sur
lesquelles le capitalisme se cassera les dents.
15. L’histoire
est à un croisement qui marque un point de rupture. Le possédant s’ennuie
de ses yachts, de ses jets, de ses baises boutiquières et autres fanfreluches.
L’avoir rend la chair triste. Les dépossédés, en revanche, quand ils arrivent à
se dépêtrer de leurs difficultés financières, n’ont pour respirer un peu que
l’air libre des jouissances gratuites. Ils pressentent avec bonheur que
l’amour, la solidarité, la rencontre festive, l’éveil de la pensée contiennent
en germe l’anéantissement de la société de profit. Ils savent que la
redécouverte de l’entraide abolira la prédation. Cela n’a rien d’une
consolation ni d’un espoir, c’est une richesse vécue. Elle constitue le plus
beau cadeau que les Gilets jaunes et des insurgés de la vie quotidienne ont
offert à l’humanité.
L’abondance
de l’être abolit l’avoir. Les morts-vivants au pouvoir et les croque-morts
transhumanistes, qui les protègent de la lumière, n’auront aucune chance de le
comprendre tant que l’aube de la vie renaissante ne les aura pas ardés et
réduits en cendres.
16. Réapprendre à
jouir sans peur renoue avec la joie de vivre. L’attraction
passionnelle du vivant confère au bonheur un droit de cité qui rend caduques
les objurgations du puritanisme, du mépris, de la haine de soi et des autres,
que le Pouvoir et l’argent ravitaillent à foison.
Sauf à
devenir une obligation, la jouissance est ce qui révoque le plus sûrement la
peur de jouir, d’où découlent toutes les peurs.
Il faudra
bien que les enfants enseignent à vivre à celles et ceux qui ne leur ont jamais
appris qu’à vieillir et à mourir.
17. L’émancipation
du genre humain sera inséparablement sociale et existentielle. L’oppression
économique qui nous aliène a son ancrage dans notre cuirasse caractérielle.
Depuis la naissance de la civilisation marchande, une carapace musculaire
bloque nos pulsions de vie pour les mettre au travail. Elle ensauvage nos
émotions, les pousse à s’entre-dévorer, alimente nos psychodrames intimes. Un
déchaînement de frustrations sans nombre propulse dans le monde les traits les
plus cruels de la barbarie et de l’inhumanité. Telle est l’origine du réflexe
de mort, tel est le nid de l’autodestruction qui nous hante et dont l’absurdité
nous sidère.
18. La
machine qui nous détruit est notre œuvre. C’est à nous qu’il appartient de
la réduire à néant. S’en prendre à
ses mécanismes, évite de guerroyer contre ceux qui les entretiennent et les
lubrifient de notre sueur. Le profit se ruine en rentabilisant son délabrement.
C’est aider à son effondrement que de ruiner sa rentabilité.
19. La
paupérisation qui nous menace incite à promouvoir la gratuité, à récupérer
la manne que la vie nous a offerte, avant que les derniers dinosaures la
mâchouillent davantage. Qu’un peuple libre cultive librement le jardin de la
terre ! L’entraide est une réalité poétique. Elle regroupe par
affinité les individus autonomes. En s’ouvrant à la liberté de leurs désirs,
ils ouvrent des brèches dans la citadelle du pouvoir mondial, sapée par
ailleurs par ses contradictions internes.
20. Ce
n’est pas la moindre incohérence du capitalisme que d’imposer aujourd’hui un
ascétisme qu’enseignait à répudier hier la promotion frénétique d’un hédonisme
de marché. Après les avoir persuadés d’accéder à une abondance mercantile les
gouvernants enjoignent aux pauvres d’être de plus en plus pauvres pour sauver
la planète. Comme disait une mise en garde des révolutionnaires de 1789 « Vous
foutez-vous de nous ? Vous ne vous en foutrez pas longtemps ! »
21. La
réflexion et la prise de conscience tiennent quitte des mots d’ordre si
pertinents qu’ils soient – comme « Brûlons nos factures ! »
« Ne payons plus ! » Le temps est venu de ne plus dédaigner les
petits gestes qui font un réel plaisir. Ils ajoutent leur pesant de vie au
renversement de perspective. Ils aident à faire fondre au soleil de la vie –
lequel luit jour et nuit - la glaciation de la peur, de la culpabilité, de la
carapace caractérielle. Le désir du cœur ne renonce à rien, il n’est personne
qui, en dépit des railleries de la rationalité marchande, n’en éprouve l’intime
conviction.
La
puissance réaliste du rêve n’est pas étrangère à l’auto-organisation du peuple,
qui est au cœur des mouvements d’insurrections spontanées. Rêvons que les
travailleurs de l’électricité, des impôts, des transports, des écoles, des
secteurs sanitaires, de l’agriculture fomentent « pour un monde
meilleur » des grèves où la
gratuité ruine le profit.
La
création et la multiplication de zones
d’alimentation coopératives nous offrent un recours contre le risque de famine,
elles échappent aux poisons de l’agriculture industrielle, elles affermissent
la puissance de l’entraide et propagent un exemple d’insurrection pacifique qui
prémunit contre les émeutes de la faim et la guerre de tous contre tous.
La
proposition « L’État n’est plus rien soyons tout ! » révèle ici,
dans sa gravitation existentielle et sociale, sa poésie pratique.
Raoul
Vaneigem, 19
septembre 2022