Come Bordiga aveva previsto in maniera lungimirante in piena società dello spettacolo trionfante ma non ancora integrato, il ritorno della crisi economica – rimossa, negli ultimi anni di vita del compagno Amadeo (1889-1970), in seguito al trionfo del consumismo che la pretendeva a torto essenzialmente sotto controllo se non in via di superamento – sta oggi ricreando a livello mondiale le condizioni per una crisi rivoluzionaria dalle connotazioni antiche ma finalmente modernissima di fronte alle categorie desuete – pur se storicamente importanti – del movimento operaio.
In questa crisi attuale i conflitti di classe e di genere si
mescolano indissolubilmente come radici comuni della guerra dichiarata da
millenni dal patriarcato produttivista all’autodeterminazione degli esseri
umani. Un tale sconfinato conflitto sociale si è poi evoluto nei tempi moderni
fino allo sviluppo del dominio reale del Capitale sul lavoro umano. Il consumo
è diventato allora, per l’economia politica, ben più indispensabile della
produzione, al punto che i galoppini del sistema ne martellano l’importanza
secondo i dettami della pubblicità di cose
feticizzate in merce continuando, però, ad accompagnare e giustificare lo
sfruttamento del lavoro produttivo con la propaganda d’idee astratte più
reazionarie che mai.
Il festino dell’alienazione è, però, ormai alla fine. La
costituzione mancata da parte del dominio capitalista di un nuovo ordine
mondiale dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell’opposizione
spettacolare tra capitalismo liberale e capitalismo di Stato pseudo sovietico,
anziché realizzare come sperato dal potere dominante un addomesticamento
definitivo dell’essere umano alla merce, ha aperto la strada a una nuova
coscienza sociale umana oltre le classi che hanno caratterizzato tutta la
storia del produttivismo fino alla sua fase terminale. La quale è cominciata nel
ventesimo secolo e sta boccheggiando all’inizio del successivo nato all’insegna
di un mondo virtuale e di un capitalismo totalmente finanziarizzato.
Mad Max non è lo scenario di una distopia futura ma l’anticipo
del presente con i primi rifugiati climatici, i disperati in fuga dalla guerra
e gli sventurati colpiti dalla penuria che avanza, si amplifica e peggiora come
uno tsunami. Voluto dall'economia politica questo terremoto multifattoriale sta
imponendo una decrescita non voluta che taglia l'erba ideologica sotto i piedi
dei sostenitori di una decrescita economica scelta per sobrietà e non per
carestia di cibo, di acqua, di energia, di medicine e di quasi tutto quello che
conta davvero.
Con le sue tragedie quotidiane crescenti la crisi
economico-ecologico-sociale spinge già, pur se in maniera ancora confusa, qualche
gruppo di donne e di uomini verso la radicalizzazione e l’autonomia locale (e più
essa avanzerà più spingerà oggettivamente verso la rivolta masse intere di
dannati di una terra sempre più sterile e di una società decomposta e
artificiale). Tale tendenza si tradurrà nella costituzione di piccoli gruppi
spontanei di autogestione della vita quotidiana all’interno di disparate e
imprevedibili zone di vita (e addirittura di sopravvivenza) da difendere, micro
società sopravvissute al crollo generalizzato della gestione statalista/economicista/suprematista
della civiltà produttivista. Lungi dall’essere una profezia apocalittica e
catastrofista, questo crollo è ormai in atto e visibile anche se è solo
all’inizio. Il peggio della crisi deve ancora venire e spingerà ancor più
lontano la resistenza del vivente e la sua coscienza anti ideologica.
Sottomessa a un regime capitalistico planetario sprovvisto di
senso perché sopprime ogni voluttà e ogni desiderio autenticamente umano, la
sopravvivenza organica della specie è messa in pericolo sempre più grave e
imminente[1] dal concatenarsi ineluttabile della devastazione
della biosfera, del riscaldamento climatico e del montare della guerra[2] tra Stati mercantili al cuore di una
civiltà produttivista la cui progressione annichilisce il progresso umano.
L’autodifesa biologica e caratteriale che accompagna spontaneamente
l’istinto di vita restante, obbligherà una coscienza di specie[3] ancora timida ma già affiorante a
incaricarsi degli obiettivi di civiltà storicamente mancati a causa dalla
sconfitta della coscienza di classe e delle sue lotte sociali. Nessun riflesso
di morte intrattenuto dalla peste emozionale imperversante potrà far tacere l’istinto
di vita se non martoriandolo a morte, se non ricorrendo a quella soluzione
finale che accompagna morbosamente il produttivismo da quando la rivoluzione industriale
ha spinto l’hubris capitalista fino alla predazione assoluta, fino al
suprematismo omicida incarnato dai fascismi caratteriali di qualunque colore
ideologico.
La crisi economica, sociale e antropologica farà nascere
dappertutto, dove possibile, piccoli gruppi di sopravvivenza organica sorti in
difesa della vita che federandosi tra loro ricostituiranno il tessuto umano
distrutto dal capitalismo e dall’industrialismo produttivista. Chissà se
basterà? Comunque nessuna emancipazione scenderà dal cielo di nessun
misticismo. Nessuna credenza per quanto appassionata ci salverà, soltanto la
lotta per la difesa della vita organica e sociale. La loro macabra e minacciosa
soluzione finale, (minacciosa, omicida, suicida) è, infatti, una fine senza
soluzione! La federazione progressiva e probabilmente rapida di tutte le zone
locali da difendere contro il nichilismo di Stato e di Mercato sarà un primo
segno del consolidarsi nel vissuto degli esseri umani della loro coscienza di
specie in fieri come autodifesa spontanea, lotta finale della volontà di vivere
sopravvissuta a una civiltà suicida.
Una società comunista, mai davvero realizzata storicamente, è
rimasta utopicamente e ideologicamente impigliata nell’ambivalenza originaria
tra istinto animale primario (predatore meccanicista per difesa e facilità) e istinto
di specie affinato (la cui intelligenza sensibile spinge all’aiuto reciproco
tra i viventi per il vivente). Nel progetto di una riconciliazione globale con
la natura e il vivente è evidentemente prima verso i propri simili che si
rivolgerà l’essere umano. La volontà di specie di realizzare tale
riconciliazione troverà nel crollo imminente della civiltà produttivista e nell’erosione
delle condizioni della vita organica l’occasione per un ulteriore slancio consapevole
e spontaneo verso la voglia di vivere. Potrà così, forse, sormontare i danni
ingenti ma non irreversibili provocati dell’hubris della civiltà produttivista
e del suo modo di produzione micidiale.
1848,1871,1917-21, 1936-38, 1968-71. Come il mondo in cui
viviamo, siamo i figli delle lotte sociali, delle loro vittorie effimere e
delle loro sconfitte vittoriose. Nonostante che la rivoluzione sociale resti
tuttora irrealizzata, “il partito dell’anarchia, del socialismo, del
comunismo”[4] riappare a singhiozzo ma costantemente
nella storia incompiuta dell’emancipazione umana come un partito preso, un partito storico e non un partito
politico, non un partito formale. Nel
ventesimo secolo, le idee consiliari, bordighiste, situazioniste hanno
costituito la base contemporanea di una teoria rivoluzionaria nemica di tutte
le ideologie. Il capitalismo trionfante ma al contempo declinante per la sua
intrinseca predisposizione a creare una proletarizzazione senza fine, ha
imparato dalle lotte che l’hanno combattuto e si è strutturato per
sconfiggerle. Ogni volta, il suo unico scopo è riportare le pecore all’ovile,
cioè alla cattedrale/fabbrica/supermercato in cui esse producono e consumano,
libere di perdere la propria vita a guadagnarsela lavorando in un'orgia
mercantile senza fine.
Ed è appunto mossi dal senso intimo della libertà che quanti continuano
a inginocchiarsi di fronte alla sacralità del lavoro[5] facendone la cinica apologia ipocrita
dovrebbero riflettere sul perché “il
lavoro rende liberi” era scolpito sul frontone all’entrata del campo di
Auschwitz. Senza necessariamente ricorrere alla provocazione leggermente ambigua
e un po’ settaria del “non lavorate mai!”
debordista, faccio notare che confondere il lavoro coatto di qualunque lager, stabilimento,
fabbrica o supermercato (produzione, vendita e acquisto uniti in un unico
processo di reificazione della vita quotidiana nel feticismo della merce e del
denaro che ne definisce il valore) con la libera attività umana produttrice di ricchezza
condivisa e di benessere, creatrice di oggetti utili, di cibo e di miglioramenti
vari della gioia di vivere, è un crimine ideologico contro l’umanità in cui le
camere a gas rappresentano concretamente la soluzione finale implicita in ogni
schiavitù, in ogni suprematismo. Il lavoro forzato produttivista, poco importa
se sul luogo di lavoro o in telelavoro, nuoce radicalmente alla salute. Una
salute che l’attività libera, creativa e solidale coltiva per piacere e cura in
nome della felicità perseguita per tutti e tutte, con tutte e con tutti.
Un’altra umanità è possibile ed esiste già pur se sfruttata e alienata da
millenni. La rivoluzione sociale che si prospetta ha il compito delicato e
incombente di ricreare coscientemente le condizioni per la sua emancipazione.
Sergio Ghirardi Sauvageon, fine febbraio 2023
PS Queste brevi note rinviano al mio scritto recente “2084 – DemoAcrazia o soluzione finale”, tigre
di carta dai modesti ma franchi artigli tuttora in attesa che un editore
italiano e/o francese finisca per interessarsi alla coscienza di specie.
[1]
Secondo
Thomas Guénolé, la globalizzazione, in quanto sistema planetario di produzione
e distribuzione delle risorse, è responsabile di 400 milioni di morti dal 1992
al 2017.
[2]
Guerra guerreggiata o di cobelligeranza che direttamente o indirettamente
coinvolge tutti gli Stati, tutti i mercati e tutte le ideologie unificate
nell’obsolescenza assoluta dell’umano di fronte a un conflitto nucleare che non
è più presentato come unicamente dissuasivo ma è ormai concretamente ipotizzato
e banalizzato come un’escalation implicitamente volta a un eventuale suicidio
collettivo.
[3]
Intendo la coscienza di specie non come portatrice di un ideale da realizzare,
ma come uno stato d'animo eco-sociale diffuso (razionale, intelligente e
sensibile), deciso ad avviare il movimento reale necessario per porre fine allo
stato attuale delle cose.
[4]
Karl Marx, Il 18 Brumaio di Luigi
Bonaparte, Feltrinelli reprint, Milano, pag. 20.
[5]
Soprattutto se lavorano davvero, perché molto spesso sono quelli che lavorano
poco o niente che fanno l’apologia del lavoro altrui, così come i parlamentari francesi
che decidono cinicamente e senza ambasce di aumentare l’età pensionabile dei
lavoratori a sessantaquattro anni, mentre per quel che li riguarda beneficiano
di una confortevole pensione garantita a vita alla fine di pochi anni di
legislatura, alla faccia dell’abolizione dei privilegi decretata nella notte ormai
dimenticata del 4 agosto 1789!
Notes sur la révolution sociale
dans une atmosphère de mélancolie collective
https://www.facebook.com/confederationpaysanne/videos/960623718637053/
Comme Bordiga l'avait prévu de manière clairvoyante en pleine
société du spectacle triomphant mais pas encore intégré, le retour de la crise
économique – refoulée, pendant les dernières années de vie du camarade Amadeo
(1889-1970), à cause du triomphe du consumérisme qui la prétendait à tort comme
essentiellement maîtrisée sinon en voie de dépassement – rétablit maintenant au
niveau mondial les conditions d'une crise révolutionnaire aux connotations
anciennes mais finalement très modernes face aux catégories obsolètes – et
pourtant historiquement importantes – du mouvement ouvrier.
Dans cette crise actuelle, les conflits de classe et de genre se
mêlent inextricablement comme les racines communes de la guerre déclarée depuis
des millénaires par le patriarcat productiviste à l’autodétermination des
humains. Cet interminable conflit social a évolué dans les temps modernes
jusqu’au développement de la domination réelle du Capital sur le travail
humain. La consommation est devenue alors pour l’économie politique plus indispensable
encore que la production au point que les souteneurs du système martèlent partout
son importance selon les diktats de la publicité des choses fétichisées en marchandise
tout en continuant d'accompagner et justifier l'exploitation du travail productif
par la propagande d'idées abstraites plus réactionnaires que jamais.
Le festin de l'aliénation touche cependant
à sa fin. La constitution ratée d'un nouvel ordre mondial par la domination
capitaliste après la chute du mur de Berlin et la fin de l'opposition
spectaculaire entre capitalisme libéral et capitalisme d'État pseudo-soviétique,
au lieu d'aboutir à une domestication définitive de l'être humain à la
marchandise comme l'espérait le pouvoir dominant, a ouvert la voie d'une
nouvelle conscience sociale humaine au-delà des classes qui ont caractérisé
toute l'histoire du productivisme jusqu'à sa phase terminale. Celle-ci a
commencé dans le XXe siècle et s'essouffle au début du siècle suivant né sous
la bannière d’un monde virtuel et d’un capitalisme totalement financiarisé.
Mad Max n’est pas le scenario d’une dystopie future mais l’avant-gout
du présent avec les premiers réfugiés climatiques, les désespérés échappés à la
guerre et les malheureux frappés par la pénurie en marche qui s’élargit et empire
comme un tsunami. Voulu par l’économie politique, ce séisme multifactoriel est
en train d’imposer une décroissance non choisie qui coupe l’herbe idéologique
sous le pied des partisans d’une décroissance économique choisie pour la sobriété
et non par manque de nourriture, d’eau, d’énergie, de médicaments et presque de
tout ce qui compte vraiment.
Avec ses drames quotidiens grandissants, la
crise économique-écologique-sociale pousse déjà, même si c’est de manière encore
confuse, quelques groupes d'hommes et de femmes vers la radicalisation et
l’autonomie locale (et plus elle avance, plus elle poussera objectivement à la
révolte des masses entières de damnés d’une terre de plus en plus stérile et d’une
société décomposée et artificielle). Une telle tendance se traduira dans
l'établissement de petits groupes spontanés d'autogestion de la vie quotidienne
au sein de disparates et imprévisibles zones de vie (et même de survie) à
défendre, microsociétés rescapées de l'effondrement généralisé de la gestion
étatiste/économiste/suprématiste de la civilisation productiviste. Loin d'être
une prophétie apocalyptique et catastrophiste, cet effondrement est désormais
en cours et visible même s'il n'en est qu'à ses débuts. Le pire de la crise est
encore à venir, qui poussera encore plus loin la résistance du vivant et sa
conscience anti-idéologique.
Soumise à un régime capitaliste planétaire dépourvu
de sens car il bannit toute volupté et tout désir authentiquement humain, la
survie organique de l'espèce est menacée de plus en plus gravement et de manière
imminente[1] par l'inéluctable
enchaînement de la dévastation de la biosphère, du réchauffement climatique et
de la montée de la guerre[2] entre États
marchands au cœur d’une civilisation productiviste dont la progression anéantit
le progrès humain.
L’autodéfense biologique et caractérielle
qui accompagne spontanément l'instinct de vie résiduel obligera une conscience
d'espèce[3] encore timide mais
déjà émergeante à prendre en charge les objectifs civilisationnels historiquement
manqués du fait de la défaite de la conscience de classe et de ses luttes
sociales. Aucun réflexe de mort entretenu par la peste émotionnelle qui fait
rage ne pourra faire taire l'instinct de vie sinon en le tourmentant à mort,
sinon en recourant à cette solution finale qui accompagne maladivement le
productivisme depuis que la révolution industrielle a poussé l’hybris
capitaliste à la prédation absolue, au suprématisme meurtrier incarné par les
fascismes caractériels de toute couleur idéologique.
La crise économique, sociale et
anthropologique fera donc naître partout, là où c'est possible, de petits
groupes de survie organique surgis pour la défense de la vie qui, en se fédérant,
reconstitueront le tissu humain détruit par le capitalisme et l'industrialisme
productiviste. Qui sait si cela suffira ? Quoi qu’il en soit, aucune
émancipation ne descendra du ciel d'aucun mysticisme. Aucune croyance aussi
passionnée qu’elle soit ne nous sauvera, hormis la lutte pour la défense de la
vie organique et sociale. Car leur macabre solution finale (menaçante,
meurtrière, suicidaire) est en fait une fin dépourvue de solution ! La
fédération progressive et probablement rapide de tous les territoires locaux à
défendre contre le nihilisme de l'État et du Marché sera un premier signe de la
consolidation dans le vécu des êtres humains de leur conscience d'espèce in fieri
comme autodéfense spontanée, lutte finale de la volonté de vivre rescapée d’une
civilisation suicidaire.
Une société communiste, historiquement
jamais vraiment réalisée, est restée utopique et idéologiquement empêtrée dans
l'ambivalence originelle entre l'instinct animal primaire (prédateur mécaniste par
défense et facilité) et l'instinct d'espèce affiné (dont l'intelligence
sensible porte à l'entraide entre les vivants, pour le vivant). Dans le projet
d'une réconciliation globale avec la nature et le vivant c’est évidemment d’abord
vers ses semblables que se tournera l’être humain. La volonté d’espèce de
réaliser cette réconciliation trouvera dans l'effondrement imminent de la
civilisation productiviste et dans l’érosion des conditions de la vie organique
l’occasion d’un nouveau bond conscient et spontané vers l’envie de vivre. Elle pourra
ainsi, peut-être, surmonter les dommages profondes mais pas irréversibles causés
par l'hybris de la civilisation productiviste et de son mode de production
meurtrier.
1848,1871,1917-21, 1936-38, 1968-71. Comme
le monde dans lequel nous vivons, nous sommes les enfants des luttes sociales,
de leurs victoires éphémères et de leurs défaites victorieuses. Malgré le fait
que la révolution sociale reste toujours inachevée, "le parti de
l'anarchie, du socialisme, du communisme"[4] réapparaît par
à-coups mais constamment dans l'histoire de l'émancipation humaine comme un
parti pris, un parti historique et non un parti politique, non un parti formel.
Au XXe siècle, les idées conseillistes, bordiguistes et situationnistes ont formé
la base contemporaine d'une théorie révolutionnaire ennemie de toutes les
idéologies. Le capitalisme triomphant, mais en même temps déclinant en raison
de sa prédisposition intrinsèque à créer une prolétarisation sans fin, a appris
des luttes qui l'ont combattu et s'est structuré pour les vaincre. A chaque
fois, son seul but est de ramener les brebis au bercail, c'est-à-dire à la
cathédrale/usine/supermarché où elles produisent et consomment, libres de
perdre leur vie à la gagner en travaillant dans une orgie marchande sans fin.
Et c'est précisément mus par le sens intime
de la liberté que ceux qui s’agenouillent devant la sacralité du travail[5] et en font la cynique
apologie hypocrite devraient réfléchir à la raison pour laquelle « le
travail rend libre » a été gravé sur le fronton du portail d'entrée du
camp d'Auschwitz. Sans forcément recourir à la provocation un peu ambiguë et un
peu sectaire du « ne travaille jamais ! » debordiste, il faut souligner
que confondre le travail forcé de n’importe quel camp de concentration, firme, usine
ou supermarché (production, vente et achat réunis dans un même processus de
réification de la vie quotidienne en un fétichisme de la marchandise et de
l'argent qui en définit la valeur) avec la libre activité humaine productrice de
richesse partagée et de bien-être, créatrice d'objets utiles, de nourriture et
d'améliorations diverses de la joie de vivre, est un crime idéologique contre
l'humanité dans lequel les chambres à gaz représentent concrètement la solution
finale implicite à tout esclavage, à tout suprématisme. Le travail forcé
productiviste, sur le lieu de travail ou en télétravail (peu importe), nuit
radicalement à la santé. Une santé que l'activité libre, créative et solidaire
cultive par plaisir et dont elle prend soin au nom du bonheur poursuivi pour
tous et toutes, avec toutes et tous. Une autre humanité est possible et existe
déjà même si elle est exploitée et aliénée depuis des millénaires. La
révolution sociale qui s'annonce a la tâche délicate et immédiate de recréer
consciemment les conditions de son émancipation.
Sergio Ghirardi Sauvageon, fin février 2023
PS Ces brèves notes font référence à mon
écrit récent « 2084 – DémoAcratie ou solution finale », tigre de papier aux griffes modestes
mais franches en attente qu’un éditeur italien et/ou français s’intéresse finalement
à la conscience d’espèce.
[1] Selon Thomas Guénolé, la mondialisation, en tant
que système planétaire de production et de répartition des ressources, est
responsable de 400 millions de morts de 1992 à 2017.
[2] Guerre menée ou co-belligérance qui implique directement ou indirectement
tous les États, tous les marchés et toutes les idéologies unifiées dans
l'obsolescence absolue de l'humanité face à un conflit nucléaire qui n'est plus
présenté uniquement comme un moyen de dissuasion mais est désormais
concrètement envisagé et banalisé comme une escalade visant implicitement un
éventuel suicide collectif.
[3] J’entends la conscience d’espèce non
pas comme porteuse d’un idéal à
réaliser, mais comme un état d’âme éco-social répandu (rationnel, intelligent
et sensible), décidé à amorcer le mouvement réel nécessaire pour mettre fin à
l’état des choses présent.
[4] Karl Marx, Le 18 Brumaire de Louis Bonaparte, éditions sociales, Paris 1976,
page 25.
[5] Surtout s'ils travaillent vraiment, car bien souvent ce sont ceux qui
travaillent peu ou pas qui prônent le travail des autres, comme le font les
parlementaires français qui décident cyniquement et sans gêne d'augmenter l'âge
de la retraite des travailleurs à 64 ans, alors qu’ils bénéficient, en ce qui
les concerne, d’une retraite confortable garantie à vie au bout
de quelques années de mandat, faisant fi de l'abolition des privilèges décrétée
dans la nuit désormais oubliée du 4 août 1789 !