Epilogo dell'edizione in spagnolo di “Il mutuo appoggio. Un fattore dell'evoluzione.” a cura del progetto editoriale La Rosa Negra
Kropotkin fu di gran lunga il personaggio più letto nell'ambiente anarchico e il più influente. Il suo libro “Il mutuo appoggio” è stato pubblicato innumerevoli volte. E continua a essere così, vuoi per la sua originalità e semplicità, forse per il degrado della vita urbana e l’attrattiva della campagna, o forse per l’attuale attualità della critica ecologica e, last but not least, come reazione alla corsa verso l’abisso verso cui ci spingono gli automatismi capitalisti incontrollabili. La sua validità è indiscutibile, nonostante che le successive scoperte nel campo della genetica, dell'etnologia, delle scienze comportamentali, ecc., e i progressi dell'antropologia o della sociologia, abbiano qualificato, aggiustato o modificato le sue tesi naturalistiche. La traiettoria vitale di Kropotkin è ben nota, perché oltre alle eccellenti memorie che ha lasciato ai posteri, molti autori gli hanno dedicato studi degni di considerazione. A rischio di dimenticarne parecchi, citerei Angel J. Capelletti, Jim Mac Laughlin, George Woodcock e Ivan Avakumovic, Renaud Garcia, René Berthier e J. C. Angaut. Includo anche gli articoli a lui dedicati sulle riviste “Polemica” e “Rifrazioni”. L'intenzione che presiede a questo scritto non sarà quella di analizzare il suo pensiero, incarico ben riuscito; cercherò piuttosto di localizzare l'impatto della teoria darwiniana dell'evoluzione in esso, e concretamente, nella parte espressa nel suddetto libro.
Nelle
dispute interne all'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e attorno alla
figura di Bakunin, si sviluppò una tendenza antiautoritaria che finì per
configurarsi come un partito rivoluzionario distinto. Quando l’Internazionale
si sciolse e il movimento operaio si ritirò, il termine anarchico fu adottato
nel 1879 dagli stessi antiautoritari per distinguersi dai socialisti sostenitori
del centralismo organico e dell’intervento politico. In entrambi i casi si
trattava di due opzioni opposte, l'una radicale, l'altra riformista, ma
entrambe separate dalla classe, ad essa esterne. Da un lato, il socialismo
parlamentare – marxisti e lassalliani – subordinava la lotta economica alla
mediazione politica; Dall'altra parte, il socialismo rivoluzionario – anarchici
e blanquisti – considerava la "resistenza" operaia come un semplice
terreno fertile per la cospirazione e la rivolta. Dalle loro file, dalle
federazioni e dai gruppi dispersi, si tentò di organizzare una seconda
internazionale antiautoritaria organizzando un congresso rivoluzionario a
Londra nel giugno 1881. Il congresso fu caotico e rivelò la divisione
prevalente nel fronte anarchico. Di fronte al classico schema bakuninista di
una grande organizzazione aperta dei lavoratori duplicata da un’altra segreta
orientata all'azione insurrezionale, si ebbe il rifiuto di ogni organizzazione
su larga scala a favore di gruppi informali clandestini, agenti per proprio conto.
Tutti concordavano sul fatto che la decomposizione galoppante del regime
capitalista annunciava l’imminente bancarotta della classe dominante, il
collasso dello Stato e il risveglio dei popoli. Per i più impazienti, la
propaganda orale o scritta si era rivelata inefficace, quindi era giunto il
momento della “propaganda attraverso i fatti”, che non escludeva l’attentato.
Non ci fu bancarotta, né i popoli si svegliarono, ma gli eventi violenti
isolarono gli anarchici riducendo al minimo la loro influenza. La
frammentazione dell’ambiente libertario portò a un’enorme confusione d’idee e
pratiche alla quale l’esule russo Piotr Kropotkin volle porre rimedio fornendo
una base ideologica consistente all’anarchismo. L’obiettivo era convertirlo in
una dottrina morale “al livello della scienza contemporanea” che guidasse “i
popoli colti” nella loro volontà di ricostruire il mondo. Di conseguenza, la
scienza certificherebbe l’autenticità dell’anarchismo.
Dalle
pagine di “Le Révolté” e “La Révolte”, Kropotkin sviluppò un
intenso lavoro di propaganda che mantenne nonostante l'espulsione dalla Svizzera,
la prigionia in Francia e il tranquillo esilio a Londra. È ciò che qualcuno
definirebbe “propaganda tramite la parola”. I suoi articoli furono
successivamente raccolti in libri. Il primo pilastro dell'edificio ideologico
di Kropotkin fu il comunismo, conseguenza logica della soppressione della
proprietà privata e dell'appropriazione collettiva dei mezzi di produzione.
Sebbene avesse molti sostenitori, fu osteggiato dagli anarchici individualisti,
solitamente anticomunisti, e da quanti agivano in ambito operaio, soprattutto
nella penisola iberica, che preferivano la formula collettivista. Il secondo
pilastro fu la visione del mondo scientista e meccanicistica, un tentativo di
convertire l’anarchismo in una filosofia materialista erede dall’empirismo e
dall’utilitarismo britannici. Paradossalmente, questa concezione lo
avvicinerebbe al marxismo volgare dei socialdemocratici come Kautsky, Plekhanov
o Lenin. Aveva anche i suoi critici, come Malatesta, che rifiutava ogni
filosofia esclusiva dell'anarchismo. Il culmine del suo sistema sarebbe
un'etica immanente e naturalistica, derivata dalla conoscenza scientifica e
dall'osservazione della natura, contraria alla dialettica storica e a ogni
ragionamento idealistico, bollato come metafisico. Si doveva seguire Bacon,
Hume, Locke o Adam Smith invece di Leibniz, Kant, Hegel e ovviamente Marx. Le
leggi della natura scoperte dalla scienza e non quelle della storia,
dell'economia politica o della lotta di classe costituirebbero allora la chiave
d’interpretazione della realtà sociale, soprattutto delle leggi
dell'evoluzione; ovviamente opportunamente corrette. Secondo il nostro saggio,
la società non era una creazione umana in rottura con la natura: era un
fenomeno naturale di origine animale. C'era continuità tra il regno degli
istinti e quello della cultura. Il genere umano, la civiltà, le classi sociali
e perfino la rivoluzione stessa, potrebbero essere considerati fatti naturali,
biologici, non storici, legati all'evoluzione e al progresso, concepiti come
elevazione della coscienza solidale e non come sviluppo del commercio o delle
forze produttive. D'altra parte, lo Stato era una creazione artificiale,
innaturale e quindi non necessaria. A suo parere Darwin aveva scoperto non solo
il meccanismo dello sviluppo animale, ma anche quello dello sviluppo sociale.
Di conseguenza, il darwinismo si situava al centro della visione del mondo
kropotkiniana. In un certo senso, l’anarchismo non era altro che la sua
proiezione nella società.
La
pubblicazione nel 1859 de “L’origine
delle specie” aveva provocato un’emozione che non riguardava solo le
credenze religiose e i pregiudizi antropocentrici, ma anche i fondamenti
teologici del potere. L’uomo non era più il culmine dell’opera divina, l’essere
creato a immagine di Dio, ma, come direbbe Bakunin, “il prodotto ultimo della
natura su questa terra”. La visione biblica del mondo ricevette un colpo
mortale con la spiegazione scientifica dell'origine degli esseri viventi, un
colpo che avrebbe corroso la legittimità dell'ordine stabilito dalle monarchie mettendo
le ali al materialismo contestatore. Tuttavia, il darwinismo sociale si mostrò
un’arma ideologica della borghesia. L’idea della lotta per l’esistenza e la
sopravvivenza dei più forti, applicata alla società, servì a giustificare il
regime capitalista. I più adatti sarebbero i detentori del capitale; in questo
modo, la disuguaglianza trovava una base “scientifica”. La teoria
dell'evoluzione fu utilizzata per promuovere il principio della concorrenza
come regola suprema della società di classe e, quindi, per sancire lo
sfruttamento borghese, poiché questo era presentato come naturale. Bakunin
commentò a questo proposito che "altri si sentono così felici della
scoperta della parentela tra l'uomo e il gorilla, che manterrebbero volentieri
l'uomo allo stato animale, rifiutandosi di capire che la sua missione storica,
tutta la sua dignità e libertà, consiste nell'allontanarsi progressivamente da tale
stato" ("Federalismo,
socialismo e antiteologismo"). Kropotkin, che aderiva al modello della
lotta per la vita applicato alla società, comprese che il darwinismo, come
teoria scientifica, potrebbe servire anche a combattere la borghesia e a
legittimare un regime comunista libertario. Per questo si doveva depurarlo da
ogni influenza malthusiana e hobbesiana. Le prove scientifiche dimostravano che
il fattore decisivo dell’evoluzione non era la competizione, ma piuttosto la
cooperazione: il sostegno reciproco tra individui di una stessa specie. Sopravvivrebbe
dunque non il più forte o il più competitivo, ma piuttosto il più solidale e il
più altruista. In origine l'idea non era sua, ma dello zoologo russo Karl F.
Kessler. Con questo nuovo approccio il legame tra anarchismo e darwinismo diventava
saldamente stabilito.
Il
motivo della serie di scritti che Kropotkin pubblicò su “Il XIX secolo” e che
più tardi costituirono il suo libro “Il mutuo appoggio” fu l'articolo di Thomas
Huxley in cui si descriveva la lotta per la vita tra individui della stessa
specie come un duello tra gladiatori. Kropotkin documentò abbondantemente la
tesi opposta, che concepiva la sopravvivenza della specie come risultato di una
reciprocità conviviale. Inoltre, fece un passo avanti applicando il fattore
evolutivo alla società umana, proprio come fecero i darwinisti sociali.
Contrariamente a Huxley, sosteneva che la lotta per l’esistenza non si
attenuava man mano che l’umanità si allontanava dalla natura. La quale, d’altro
canto, offriva il modello per una società libera ed egualitaria, governata da
principi anarchici. Non c'era alcuna contraddizione tra la natura e l'umanità,
che era solo natura cosciente. La natura era il luogo da cui emanavano le
concezioni morali che, cessando di essere istintive e diventando coscienti, si
umanizzavano. Dall’osservazione del mondo naturale emergerebbero i modelli del
comportamento sociale non competitivo e dell’azione fraterna trasformatrice. Infine,
il mutuo soccorso era un fattore di evoluzione sociale, per cui la sua
progressiva generalizzazione ci condurrebbe direttamente al comunismo
libertario, la forma superiore del suddetto soccorso. Il processo, rivelato
dalla scienza, non potrebbe essere più obiettivo, né il messaggio più
ottimista: quali che fossero le difficoltà, tenendo conto che il progresso è
una legge ferrea, l’anarchia finirebbe per arrivare.
Le
ricerche di Kropotkin hanno rivelato uno stile di vita delle popolazioni
indigene e rurali che potrebbe essere considerato anarchico: senza gerarchie,
senza classi, senza scambi commerciali, senza Stato. Dato il limitato sviluppo
degli studi antropologici e storici dell’epoca, ancora prigionieri dell’idea di
progresso, i “selvaggi” erano considerati inferiori ai “barbari”, e questi
inferiori ai “civilizzati”. Per Kropotkin la forma sociale primitiva della
tribù, tipica della fase “selvaggia”, già nei secoli XI, XII e XIII, si era
evoluta nella comunità di villaggio, strutturata non secondo legami di
consanguineità come nel clan, ma attorno al possesso comune della terra. La
comune rurale autosufficiente offriva un chiaro esempio di mutuo soccorso,
molto valido come modello per l’organizzazione della società libertaria del
futuro. In questa direzione apparvero nel corso della storia i beni comunali,
le associazioni di categoria, le confraternite, le fratellanze e gli istituti
di autogoverno, fino a trovare la libera città: l'espressione più completa del
mutuo soccorso e della convivenza in libertà, culmine della civiltà. Si era a
un passo dal comunismo. Tuttavia, con lo sviluppo dello Stato, le leggi
naturali persero di validità, dissipandosi le tradizioni comunitarie e declinando
le libere città.
Lo Stato dovette distruggere
ogni istituzione autonoma per poter crescere e rafforzarsi. Le città furono
private di capacità legislativa, di riscossione e difensiva. Le corporazioni
commerciali furono smantellate e il commercio rovinato. Le terre comunali
furono recintate ed espropriate. Il processo, che poneva ostacoli al naturale
progresso dell'umanità, fu poi spiegato più dettagliatamente da Kropotkin in un
opuscolo intitolato “Lo Stato. Il suo
ruolo storico”. Dal mio punto di vista, il merito più grande del libro qui commentato
è stato proprio quello di indirizzare il nostro sguardo verso quelle forme
passate di vita sociale che mostravano l’esistenza storica di una società
autogestita, indipendente da qualsiasi potere esterno. Qualsiasi futuro
progetto di liberazione dovrà tenere conto di questo tipo di società e dovrà
guardarsi in tale specchio, non per riprodurla, ma per ispirarsene e lasciarsi
portare dal suo esempio.
Miguel
Amorós, 23 gennaio 2025
Anarquismo
y darwinismo
Epílogo para
la edición de “El Apoyo Mutuo. Un factor de evolución” por el
proyecto editorial de La Rosa Negra
Kropotkin
fue con mucho el personaje más leído en el medio anarquista y el más
influyente. Su libro “El Apoyo Mutuo” ha sido editado innumerables veces. Y lo continúa siendo,
bien por su originalidad y sencillez, quizás por la degradación de la
vida urbana y la atracción del campo, o puede que por el auge actual de la
crítica ecológica y, last
but not least, como reacción a la carrera hacia el abismo a la que nos
empujan automatismos capitalistas incontrolables. Su vigencia es
incuestionable, a pesar de que ulteriores descubrimientos en genética,
etnología,
ciencias de la conducta, etc., y avances en antropología o sociología, hayan
matizado, ajustado o modificado sus tesis naturalistas. La trayectoria vital de
Kropotkin es muy conocida, pues aparte de una excelentes memorias que dejó a la
posteridad, muchos autores le han consagrado estudios dignos de consideración. A
riesgo de olvidarme de bastantes, citaría a Angel J. Capelletti, Jim Mac Laughlin, George
Woodcock e Ivan Avakumovic, Renaud Garcia, René Berthier y J. C. Angaut.
Incluyo también los artículos que
le dedicaron las revistas “Polémica” y “Refractions.” La intención que
preside este escrito no será pues la de analizar su pensamiento, tarea harto
realizada; más bien intentaré situar el impacto de la teoría
darwinista de la evolución en él, y concretamente, en la parte que se expresa en
el libro mencionado.
En las
disputas internas de la Asociación Internacional de Trabajadores, y alrededor de
la figura de Bakunin, se desarrolló una tendencia antiautoritaria que terminó por
configurarse como partido revolucionario distinto. Al disolverse la
Internacional y retrotraerse el movimiento obrero, el término anarquista fue
adoptado en 1879 por los mismos antiautoritarios para distinguirse de los
socialistas partidarios del centralismo orgánico y la intervención política. En
ambos casos, se trataba de dos opciones opuestas, radical la una, reformista la
otra, pero las dos separadas de la clase, exteriores a ella. Por un lado, el
socialismo parlamentario -marxistas y lassallianos- supeditaba la lucha económica a la
mediación política; por
el otro, el socialismo revolucionario -anarquistas y blanquistas- consideraba
la “resistencia” obrera
como simple terreno propicio para la conspiración y la revuelta. Desde sus
filas, a partir de federaciones y grupos dispersos, se intentó
organizar una segunda internacional antiautoritaria celebrando en Londres un Congreso
Revolucionario en junio de 1881. El congreso fue caótico y puso de manifiesto
la división reinante en el bando anarquista. Frente al esquema clásico
bakuninista de una gran organización abierta de trabajadores doblada por otra
secreta orientada a la acción insurreccional, se erigía el rechazo de cualquier
organización de envergadura en provecho de los grupos informales
clandestinos, actuando por su cuenta. Todos coincidían en que la descomposición
galopante del régimen capitalista anunciaba la bancarrota próxima de
la clase dirigente, el derrumbe del Estado y el despertar de los pueblos. Para
los más
impacientes, la propaganda oral o escrita había demostrado su ineficacia,
por lo que era el momento de “la propaganda por el hecho”, que no excluía el
atentado. No hubo bancarrota, ni los pueblos despertaron, pero los hechos
violentos aislaron a los anarquistas y redujeron al mínimo su influencia. La
fragmentación del medio libertario acarreó una enorme confusión de
ideas y prácticas a la que el exiliado ruso Piotr Kropotkin quiso
poner remedio proporcionando una base ideológica consistente al
anarquismo. El objetivo era convertirlo en una doctrina moral “al nivel
de la ciencia contemporánea” que guiase “a los pueblos cultos” en su
voluntad de reconstruir el mundo. Por consiguiente, la ciencia certificaría la
autenticidad del anarquismo.
Desde las
páginas de “Le Révolté” y “La Révolte”,
Kropotkin desarrolló una intensa labor propagandística que mantuvo a pesar
de su expulsión de Suiza, el encarcelamiento en Francia y el exilio
tranquilo en Londres. Es lo que alguien calificaría de “propaganda por la palabra.” Sus artículos
fueron posteriormente recopilados en libros. El primer pilar del edificio ideológico
kropotkiniano fue el comunismo, consecuencia lógica de la supresión de la
propiedad privada y la apropiación colectiva de los medios de producción. Aunque
contó con
muchos partidarios, tuvo la oposición de los anarquistas individualistas,
habitualmente anticomunistas, y de aquellos que se desenvolvían en los
medios obreros, en la Península Ibérica sobre todo, los cuales preferían la fórmula
colectivista. El segundo pilar fue la concepción del mundo cientista y
mecanicista, un intento de convertir el anarquismo en una filosofía
materialista heredera del empirismo y utilitarismo británicos. Paradójicamente,
dicha concepción le aproximaría al marxismo vulgar de los socialdemócratas
tipo Kautsky, Plejanov o Lenin. También tuvo sus críticos, como por ejemplo
Malatesta, que rechazaba cualquier filosofía exclusiva del anarquismo.
La culminación de su sistema sería una ética inmanente y naturalista, derivada del
conocimiento científico y de la observación de la naturaleza,
contraria a la dialéctica histórica y a todo razonamiento idealista, tachado de
metafísico. Había que
seguir a Bacon, Hume, Locke o Adam Smith en lugar de a Leibniz, Kant, Hegel y
por supuesto Marx. Las leyes de la naturaleza descubiertas por la ciencia y no
las de la hisstoria, la economía política o la lucha de clases constituirían
entonces la clave interpretativa de la realidad social, especialmente las leyes
de la evolución; por supuesto, convenientemente corregidas. Según nuestro
sabio, la sociedad no era una creación humana en ruptura con la naturaleza: era un fenómeno
natural de origen animal. Había continuidad
entre el reino de los instintos y el de la cultura. El género
humano, la civilización, las clases sociales y hasta la misma revolución, podían
considerarse hechos naturales, biológicos, no históricos, emparentados con la
evolución y el
progreso, concebido este como elevación de la conciencia solidaria y no como desarrollo
del comercio o de las fuerzas productivas. En cambio, el Estado era una creación
artificial, antinatural, luego innecesaria. A su parecer, Darwin había
descubierto no solo el mecanismo del desarrollo animal, sino el del social. En
consecuencia, el darwinismo se situaba en el centro de la cosmovisión
kropotkiniana. De alguna forma, el anarquismo no era más que su proyección en la
sociedad.
La
publicación en 1859 de “El Origen de las Especies” había causado una conmoción que no
solo afectaba las creencias religiosas y a los prejuicios antropocéntricos,
sino los fundamentos teológicos del poder. El hombre ya no era la culminación de la
obra divina, el ser creado a imagen de Dios, sino, como diría
Bakunin, “el producto último de la naturaleza en esta tierra.” La visión bíblica del mundo recibió un golpe fatal con la
explicación científica del origen de los seres vivos, golpe que iba
a erosionar la legitimidad del orden establecido por las monarquías al
tiempo que daba alas al materialismo contestatario. Sin embargo, el darwinismo
social se mostró como un arma ideológica de la burguesía. la idea de la lucha por
la existencia y la supervivencia de los fuertes, aplicada a la sociedad, sirvió para
justificar el régimen capitalista. Los más aptos serían los
propietarios del capital; de esta forma, la desigualdad se fundamentaba “científicamente.” La teoría de la
evolución fue
empleada para promover el principio de la competencia como regla suprema de la
sociedad de clases y, por lo tanto, para sancionar la explotación
burguesa, ya que esta era presentada como natural. Bakunin comentó al
respecto que “otros se sienten tan felices con el descubrimiento del
parentesco del hombre y el gorila que con gusto retendrían al hombre en el estado
animal, negándose a comprender que la misión histórica de este, toda su
dignidad y libertad, consiste en alejarse progresivamente de ese estado” (“Federalismo,
Socialismo y Antiteologismo.”)
Kropotkin, que se atenía al modelo de la lucha por la vida aplicado a la
sociedad, entendió que el darwinismo, en tanto que teoría científica,
podría servir
igualmente para combatir a la burguesía y legitimar un régimen comunista libertario.
Para eso había que expurgarlo de toda influencia malthusiana y
hobbesiana. La pruebas científicas demostraban que la competencia no era el
factor de evolución decisivo, sino la cooperación: el apoyo mutuo entre
individuos de una misma especie. Quien sobreviviría no sería
entonces el más fuerte o el más competitivo, sino el más solidario y más
altruista. Originalmente, la idea no era suya, sino del zoólogo ruso Karl F. Kessler.
Con este nuevo enfoque la conexión entre anarquismo y darwinismo quedaba sólidamente
establecida.
El motivo
de la serie de escritos que Kropotkin publicó en “Nineteenth Century” y que
luego conformaron su libro “El Apoyo Mutuo” fue el artículo de
Thomas Huxley en el que describía la lucha por la vida entre individuos de la
misma especie como un duelo de gladiadores. Kropotkin documentó
abundantemente la tesis contraria, que concebía la supervivencia de la
especie como resultado de una reciprocidad convivencial. Además, dio un
paso adelante al aplicar el factor evolutivo a la sociedad humana, tal como hacían los
darwinistas sociales. Contrariamente a Huxley, sostenía que la lucha por la
existencia no se suavizaba a medida en que la humanidad se alejaba de la
naturaleza. Esta, en cambio, ofrecía el modelo para una sociedad libre e
igualitaria, regida por principios anárquicos. No había contradicción alguna
entre naturaleza y humanidad, que solo era naturaleza consciente. La naturaleza
era el lugar de donde dimanaban las concepciones morales que al dejar de ser
instintivas y devenir conscientes, se humanizaban. De la observación del
mundo natural se desprenderían las pautas del comportamiento social no
competitivo y de la acción fraternal transformadora. En fin, el apoyo
mutuo era un factor de evolución social, por lo que su generalización
progresiva nos conduciría directo hacia el comunismo libertario, la forma
superior de dicho apoyo. El proceso, revelado por la ciencia, no podía ser más
objetivo, ni el mensaje más optimista: cualesquiera que fueran las
dificultades, teniendo en cuenta que el progreso era una ley de hierro, la
anarquía acabaría por
llegar.
Las
investigaciones de Kropotkin revelaron un estilo de vida de las poblaciones indígenas y
rurales que podía considerarse anarquista: sin jerarquías, sin
clases, sin intercambio mercantil, sin Estado. Dado el escaso desarrollo de los
estudios antropológicos e históricos en la época, prisioneros además de la
idea de progreso, se tenía a los “salvajes” por debajo de los “bárbaros”, y a estos, por debajo de
los “civilizados.” Para
Kropotkin, la forma social primitiva de la tribu, propia del estadio “salvaje”, allá por los
siglos XI, XII y XIII, evolucionó hacia la comunidad aldeana, estructurada no según lazos
de consanguinidad como en el clan, sino en torno a la posesión común de la
tierra. La comuna rural autosuficiente ofrecía un claro ejemplo de apoyo
mutuo, muy válido como modelo de la organización de la sociedad libertaria
del futuro. En esa dirección fueron apareciendo a lo largo de la historia
los bienes comunales, las asociaciones gremiales, las cofradías, las
hermandades y las instituciones de autogobierno, hasta dar con la ciudad libre:
la expresión más completa del apoyo mutuo y la convivencia en
libertad, el punto álgido de la civilización. Se estaba a un paso del
comunismo. Sin embargo, con el desarrollo del Estado perdieron vigencia las
leyes naturales, disipándose las tradiciones comunitarias y entrando en decadencia
las ciudades libres. El Estado necesitó destruir toda institución autónoma para poder crecer y
fortalecerse. Las ciudades fueron privadas de capacidad legislativa,
recaudatoria y defensiva. Las guildas de oficios fueron desmanteladas y el
comercio, arruinado. Las tierras comunales fueron cercadas y expropiadas. El
proceso, que ponía obstáculos al progreso natural de la humanidad, fue
explicado posteriormente con más detalle por Kropotkin en un opúsculo
titulado “El Estado. Su papel histórico.” Desde mi punto de vista,
el mayor mérito del libro que comentamos fue
precisamente el de dirigir la mirada hacia estas formas de vida social pasadas
que mostraban la existencia histórica de una sociedad autogestionada,
independiente de cualquier poder exterior. Cualquier proyecto de liberación futura
habrá de tener
en cuenta este tipo de sociedad y tendrá que mirarse en ese espejo, no para repetirla,
sino para inspirarse y dejarse llevar por ella.
Miguel
Amorós, 23 de enero de 2025