sabato 1 marzo 2025

Anarchismo e darwinismo di Miguel Amorós

 


Epilogo dell'edizione in spagnolo di “Il mutuo appoggio. Un fattore dell'evoluzione.” a cura del progetto editoriale La Rosa Negra

Kropotkin fu di gran lunga il personaggio più letto nell'ambiente anarchico e il più influente. Il suo libro “Il mutuo appoggio” è stato pubblicato innumerevoli volte. E continua a essere così, vuoi per la sua originalità e semplicità, forse per il degrado della vita urbana e l’attrattiva della campagna, o forse per l’attuale attualità della critica ecologica e, last but not least, come reazione alla corsa verso l’abisso verso cui ci spingono gli automatismi capitalisti incontrollabili. La sua validità è indiscutibile, nonostante che le successive scoperte nel campo della genetica, dell'etnologia, delle scienze comportamentali, ecc., e i progressi dell'antropologia o della sociologia, abbiano qualificato, aggiustato o modificato le sue tesi naturalistiche. La traiettoria vitale di Kropotkin è ben nota, perché oltre alle eccellenti memorie che ha lasciato ai posteri, molti autori gli hanno dedicato studi degni di considerazione. A rischio di dimenticarne parecchi, citerei Angel J. Capelletti, Jim Mac Laughlin, George Woodcock e Ivan Avakumovic, Renaud Garcia, René Berthier e J. C. Angaut. Includo anche gli articoli a lui dedicati sulle riviste “Polemica” e “Rifrazioni”. L'intenzione che presiede a questo scritto non sarà quella di analizzare il suo pensiero, incarico ben riuscito; cercherò piuttosto di localizzare l'impatto della teoria darwiniana dell'evoluzione in esso, e concretamente, nella parte espressa nel suddetto libro.

 

Nelle dispute interne all'Associazione Internazionale dei Lavoratori, e attorno alla figura di Bakunin, si sviluppò una tendenza antiautoritaria che finì per configurarsi come un partito rivoluzionario distinto. Quando l’Internazionale si sciolse e il movimento operaio si ritirò, il termine anarchico fu adottato nel 1879 dagli stessi antiautoritari per distinguersi dai socialisti sostenitori del centralismo organico e dell’intervento politico. In entrambi i casi si trattava di due opzioni opposte, l'una radicale, l'altra riformista, ma entrambe separate dalla classe, ad essa esterne. Da un lato, il socialismo parlamentare – marxisti e lassalliani – subordinava la lotta economica alla mediazione politica; Dall'altra parte, il socialismo rivoluzionario – anarchici e blanquisti – considerava la "resistenza" operaia come un semplice terreno fertile per la cospirazione e la rivolta. Dalle loro file, dalle federazioni e dai gruppi dispersi, si tentò di organizzare una seconda internazionale antiautoritaria organizzando un congresso rivoluzionario a Londra nel giugno 1881. Il congresso fu caotico e rivelò la divisione prevalente nel fronte anarchico. Di fronte al classico schema bakuninista di una grande organizzazione aperta dei lavoratori duplicata da un’altra segreta orientata all'azione insurrezionale, si ebbe il rifiuto di ogni organizzazione su larga scala a favore di gruppi informali clandestini, agenti per proprio conto. Tutti concordavano sul fatto che la decomposizione galoppante del regime capitalista annunciava l’imminente bancarotta della classe dominante, il collasso dello Stato e il risveglio dei popoli. Per i più impazienti, la propaganda orale o scritta si era rivelata inefficace, quindi era giunto il momento della “propaganda attraverso i fatti”, che non escludeva l’attentato. Non ci fu bancarotta, né i popoli si svegliarono, ma gli eventi violenti isolarono gli anarchici riducendo al minimo la loro influenza. La frammentazione dell’ambiente libertario portò a un’enorme confusione d’idee e pratiche alla quale l’esule russo Piotr Kropotkin volle porre rimedio fornendo una base ideologica consistente all’anarchismo. L’obiettivo era convertirlo in una dottrina morale “al livello della scienza contemporanea” che guidasse “i popoli colti” nella loro volontà di ricostruire il mondo. Di conseguenza, la scienza certificherebbe l’autenticità dell’anarchismo.

 

Dalle pagine di “Le Révolté” e “La Révolte”, Kropotkin sviluppò un intenso lavoro di propaganda che mantenne nonostante l'espulsione dalla Svizzera, la prigionia in Francia e il tranquillo esilio a Londra. È ciò che qualcuno definirebbe “propaganda tramite la parola”. I suoi articoli furono successivamente raccolti in libri. Il primo pilastro dell'edificio ideologico di Kropotkin fu il comunismo, conseguenza logica della soppressione della proprietà privata e dell'appropriazione collettiva dei mezzi di produzione. Sebbene avesse molti sostenitori, fu osteggiato dagli anarchici individualisti, solitamente anticomunisti, e da quanti agivano in ambito operaio, soprattutto nella penisola iberica, che preferivano la formula collettivista. Il secondo pilastro fu la visione del mondo scientista e meccanicistica, un tentativo di convertire l’anarchismo in una filosofia materialista erede dall’empirismo e dall’utilitarismo britannici. Paradossalmente, questa concezione lo avvicinerebbe al marxismo volgare dei socialdemocratici come Kautsky, Plekhanov o Lenin. Aveva anche i suoi critici, come Malatesta, che rifiutava ogni filosofia esclusiva dell'anarchismo. Il culmine del suo sistema sarebbe un'etica immanente e naturalistica, derivata dalla conoscenza scientifica e dall'osservazione della natura, contraria alla dialettica storica e a ogni ragionamento idealistico, bollato come metafisico. Si doveva seguire Bacon, Hume, Locke o Adam Smith invece di Leibniz, Kant, Hegel e ovviamente Marx. Le leggi della natura scoperte dalla scienza e non quelle della storia, dell'economia politica o della lotta di classe costituirebbero allora la chiave d’interpretazione della realtà sociale, soprattutto delle leggi dell'evoluzione; ovviamente opportunamente corrette. Secondo il nostro saggio, la società non era una creazione umana in rottura con la natura: era un fenomeno naturale di origine animale. C'era continuità tra il regno degli istinti e quello della cultura. Il genere umano, la civiltà, le classi sociali e perfino la rivoluzione stessa, potrebbero essere considerati fatti naturali, biologici, non storici, legati all'evoluzione e al progresso, concepiti come elevazione della coscienza solidale e non come sviluppo del commercio o delle forze produttive. D'altra parte, lo Stato era una creazione artificiale, innaturale e quindi non necessaria. A suo parere Darwin aveva scoperto non solo il meccanismo dello sviluppo animale, ma anche quello dello sviluppo sociale. Di conseguenza, il darwinismo si situava al centro della visione del mondo kropotkiniana. In un certo senso, l’anarchismo non era altro che la sua proiezione nella società.

 

La pubblicazione nel 1859 de “L’origine delle specie” aveva provocato un’emozione che non riguardava solo le credenze religiose e i pregiudizi antropocentrici, ma anche i fondamenti teologici del potere. L’uomo non era più il culmine dell’opera divina, l’essere creato a immagine di Dio, ma, come direbbe Bakunin, “il prodotto ultimo della natura su questa terra”. La visione biblica del mondo ricevette un colpo mortale con la spiegazione scientifica dell'origine degli esseri viventi, un colpo che avrebbe corroso la legittimità dell'ordine stabilito dalle monarchie mettendo le ali al materialismo contestatore. Tuttavia, il darwinismo sociale si mostrò un’arma ideologica della borghesia. L’idea della lotta per l’esistenza e la sopravvivenza dei più forti, applicata alla società, servì a giustificare il regime capitalista. I più adatti sarebbero i detentori del capitale; in questo modo, la disuguaglianza trovava una base “scientifica”. La teoria dell'evoluzione fu utilizzata per promuovere il principio della concorrenza come regola suprema della società di classe e, quindi, per sancire lo sfruttamento borghese, poiché questo era presentato come naturale. Bakunin commentò a questo proposito che "altri si sentono così felici della scoperta della parentela tra l'uomo e il gorilla, che manterrebbero volentieri l'uomo allo stato animale, rifiutandosi di capire che la sua missione storica, tutta la sua dignità e libertà, consiste nell'allontanarsi progressivamente da tale stato" ("Federalismo, socialismo e antiteologismo"). Kropotkin, che aderiva al modello della lotta per la vita applicato alla società, comprese che il darwinismo, come teoria scientifica, potrebbe servire anche a combattere la borghesia e a legittimare un regime comunista libertario. Per questo si doveva depurarlo da ogni influenza malthusiana e hobbesiana. Le prove scientifiche dimostravano che il fattore decisivo dell’evoluzione non era la competizione, ma piuttosto la cooperazione: il sostegno reciproco tra individui di una stessa specie. Sopravvivrebbe dunque non il più forte o il più competitivo, ma piuttosto il più solidale e il più altruista. In origine l'idea non era sua, ma dello zoologo russo Karl F. Kessler. Con questo nuovo approccio il legame tra anarchismo e darwinismo diventava saldamente stabilito.

 

Il motivo della serie di scritti che Kropotkin pubblicò su “Il XIX secolo” e che più tardi costituirono il suo libro “Il mutuo appoggio” fu l'articolo di Thomas Huxley in cui si descriveva la lotta per la vita tra individui della stessa specie come un duello tra gladiatori. Kropotkin documentò abbondantemente la tesi opposta, che concepiva la sopravvivenza della specie come risultato di una reciprocità conviviale. Inoltre, fece un passo avanti applicando il fattore evolutivo alla società umana, proprio come fecero i darwinisti sociali. Contrariamente a Huxley, sosteneva che la lotta per l’esistenza non si attenuava man mano che l’umanità si allontanava dalla natura. La quale, d’altro canto, offriva il modello per una società libera ed egualitaria, governata da principi anarchici. Non c'era alcuna contraddizione tra la natura e l'umanità, che era solo natura cosciente. La natura era il luogo da cui emanavano le concezioni morali che, cessando di essere istintive e diventando coscienti, si umanizzavano. Dall’osservazione del mondo naturale emergerebbero i modelli del comportamento sociale non competitivo e dell’azione fraterna trasformatrice. Infine, il mutuo soccorso era un fattore di evoluzione sociale, per cui la sua progressiva generalizzazione ci condurrebbe direttamente al comunismo libertario, la forma superiore del suddetto soccorso. Il processo, rivelato dalla scienza, non potrebbe essere più obiettivo, né il messaggio più ottimista: quali che fossero le difficoltà, tenendo conto che il progresso è una legge ferrea, l’anarchia finirebbe per arrivare.

 

Le ricerche di Kropotkin hanno rivelato uno stile di vita delle popolazioni indigene e rurali che potrebbe essere considerato anarchico: senza gerarchie, senza classi, senza scambi commerciali, senza Stato. Dato il limitato sviluppo degli studi antropologici e storici dell’epoca, ancora prigionieri dell’idea di progresso, i “selvaggi” erano considerati inferiori ai “barbari”, e questi inferiori ai “civilizzati”. Per Kropotkin la forma sociale primitiva della tribù, tipica della fase “selvaggia”, già nei secoli XI, XII e XIII, si era evoluta nella comunità di villaggio, strutturata non secondo legami di consanguineità come nel clan, ma attorno al possesso comune della terra. La comune rurale autosufficiente offriva un chiaro esempio di mutuo soccorso, molto valido come modello per l’organizzazione della società libertaria del futuro. In questa direzione apparvero nel corso della storia i beni comunali, le associazioni di categoria, le confraternite, le fratellanze e gli istituti di autogoverno, fino a trovare la libera città: l'espressione più completa del mutuo soccorso e della convivenza in libertà, culmine della civiltà. Si era a un passo dal comunismo. Tuttavia, con lo sviluppo dello Stato, le leggi naturali persero di validità, dissipandosi le tradizioni comunitarie e declinando le libere città. Lo Stato dovette distruggere ogni istituzione autonoma per poter crescere e rafforzarsi. Le città furono private di capacità legislativa, di riscossione e difensiva. Le corporazioni commerciali furono smantellate e il commercio rovinato. Le terre comunali furono recintate ed espropriate. Il processo, che poneva ostacoli al naturale progresso dell'umanità, fu poi spiegato più dettagliatamente da Kropotkin in un opuscolo intitolato “Lo Stato. Il suo ruolo storico”. Dal mio punto di vista, il merito più grande del libro qui commentato è stato proprio quello di indirizzare il nostro sguardo verso quelle forme passate di vita sociale che mostravano l’esistenza storica di una società autogestita, indipendente da qualsiasi potere esterno. Qualsiasi futuro progetto di liberazione dovrà tenere conto di questo tipo di società e dovrà guardarsi in tale specchio, non per riprodurla, ma per ispirarsene e lasciarsi portare dal suo esempio.

 

Miguel Amorós, 23 gennaio 2025


Anarquismo y darwinismo



Epílogo para la edición de El Apoyo Mutuo. Un factor de evolución por el proyecto editorial de La Rosa Negra

 

Kropotkin fue con mucho el personaje más leído en el medio anarquista y el más influyente. Su libro El Apoyo Mutuo ha sido editado innumerables veces. Y lo continúa siendo, bien por su originalidad y sencillez, quizás por la degradación de la vida urbana y la atracción del campo, o puede que por el auge actual de la crítica ecológica y, last but not least, como reacción a la carrera hacia el abismo a la que nos empujan automatismos capitalistas incontrolables. Su vigencia es incuestionable, a pesar de que ulteriores descubrimientos en genética, etnología, ciencias de la conducta, etc., y avances en antropología o sociología, hayan matizado, ajustado o modificado sus tesis naturalistas. La trayectoria vital de Kropotkin es muy conocida, pues aparte de una excelentes memorias que dejó a la posteridad, muchos autores le han consagrado estudios dignos de consideración. A riesgo de olvidarme de bastantes, citaría a Angel J. Capelletti, Jim Mac Laughlin, George Woodcock e Ivan Avakumovic, Renaud Garcia, René Berthier y J. C. Angaut. Incluyo también los artículos que  le dedicaron las revistas Polémica y Refractions. La intención que preside este escrito no será pues la de analizar su pensamiento, tarea harto realizada; más bien intentaré situar el impacto de la teoría darwinista de la evolución en él, y concretamente, en la parte que se expresa en el libro mencionado.

 

En las disputas internas de la Asociación Internacional de Trabajadores, y alrededor de la figura de Bakunin, se desarrolló una tendencia antiautoritaria que terminó por configurarse como partido revolucionario distinto. Al disolverse la Internacional y retrotraerse el movimiento obrero, el término anarquista fue adoptado en 1879 por los mismos antiautoritarios para distinguirse de los socialistas partidarios del centralismo orgánico y la intervención política. En ambos casos, se trataba de dos opciones opuestas, radical la una, reformista la otra, pero las dos separadas de la clase, exteriores a ella. Por un lado, el socialismo parlamentario -marxistas y lassallianos- supeditaba la lucha económica a la mediación política; por el otro, el socialismo revolucionario -anarquistas y blanquistas- consideraba la resistencia obrera como simple terreno propicio para la conspiración y la revuelta. Desde sus filas, a partir de federaciones y grupos dispersos, se intentó organizar una segunda internacional antiautoritaria  celebrando en Londres un Congreso Revolucionario en junio de 1881. El congreso fue caótico y puso de manifiesto la división reinante en el bando anarquista. Frente al esquema clásico bakuninista de una gran organización abierta de trabajadores doblada por otra secreta orientada a la acción insurreccional, se erigía el rechazo de cualquier organización de envergadura en provecho de los grupos informales clandestinos, actuando por su cuenta. Todos coincidían en que la descomposición galopante del régimen capitalista anunciaba la bancarrota próxima de la clase dirigente, el derrumbe del Estado y el despertar de los pueblos. Para los más impacientes, la propaganda oral o escrita había demostrado su ineficacia, por lo que era el momento de la propaganda por el hecho, que no excluía el atentado. No hubo bancarrota, ni los pueblos despertaron, pero los hechos violentos aislaron a los anarquistas y redujeron al mínimo su influencia. La fragmentación del medio libertario acarreó una enorme confusión de ideas y prácticas a la que el exiliado ruso Piotr Kropotkin quiso poner remedio proporcionando una base ideológica consistente al anarquismo. El objetivo era convertirlo en una doctrina moral al nivel de la ciencia contemporánea que guiase a los pueblos cultos en su voluntad de reconstruir el mundo. Por consiguiente, la ciencia certificaría la autenticidad del anarquismo.

 

Desde las páginas de Le Révolté” y La Révolte, Kropotkin desarrolló una intensa labor propagandística que mantuvo a pesar de su expulsión de Suiza, el encarcelamiento en Francia y el exilio tranquilo en Londres. Es lo que alguien calificaría de propaganda por la palabra. Sus artículos fueron posteriormente recopilados en libros. El primer pilar del edificio ideológico kropotkiniano fue el comunismo, consecuencia lógica de la supresión de la propiedad privada y la apropiación colectiva de los medios de producción. Aunque contó con muchos partidarios, tuvo la oposición de los anarquistas individualistas, habitualmente anticomunistas, y de aquellos que se desenvolvían en los medios obreros, en la Península Ibérica sobre todo, los cuales preferían la fórmula colectivista. El segundo pilar fue la concepción del mundo cientista y mecanicista, un intento de convertir el anarquismo en una filosofía materialista heredera del empirismo y utilitarismo británicos. Paradójicamente, dicha concepción le aproximaría al marxismo vulgar de los socialdemócratas tipo Kautsky, Plejanov o Lenin. También tuvo sus críticos, como por ejemplo Malatesta, que rechazaba cualquier filosofía exclusiva del anarquismo. La culminación de su sistema sería una ética inmanente y naturalista, derivada del conocimiento científico y de la observación de la naturaleza, contraria a la dialéctica histórica y a todo razonamiento idealista, tachado de metafísico. Había que seguir a Bacon, Hume, Locke o Adam Smith en lugar de a Leibniz, Kant, Hegel y por supuesto Marx. Las leyes de la naturaleza descubiertas por la ciencia y no las de la hisstoria, la economía política o la lucha de clases constituirían entonces la clave interpretativa de la realidad social, especialmente las leyes de la evolución; por supuesto, convenientemente corregidas. Según nuestro sabio, la sociedad no era una creación humana en ruptura con la naturaleza: era un fenómeno natural de origen animal. Había continuidad  entre el reino de los instintos y el de la cultura. El género humano, la civilización, las clases sociales y hasta la misma revolución, podían considerarse hechos naturales, biológicos, no históricos, emparentados con la evolución y el progreso, concebido este como elevación de la conciencia solidaria y no como desarrollo del comercio o de las fuerzas productivas. En cambio, el Estado era una creación artificial, antinatural, luego innecesaria. A su parecer, Darwin había descubierto no solo el mecanismo del desarrollo animal, sino el del social. En consecuencia, el darwinismo se situaba en el centro de la cosmovisión kropotkiniana. De alguna forma, el anarquismo no era más que su proyección en la sociedad.

 

La publicación en 1859 de El Origen de las Especies había causado una conmoción que no solo afectaba las creencias religiosas y a los prejuicios antropocéntricos, sino los fundamentos teológicos del poder. El hombre ya no era la culminación de la obra divina, el ser creado a imagen de Dios, sino, como diría Bakunin, el producto último de la naturaleza en esta tierra. La  visión bíblica del mundo recibió un golpe fatal con la explicación científica del origen de los seres vivos, golpe que iba a erosionar la legitimidad del orden establecido por las monarquías al tiempo que daba alas al materialismo contestatario. Sin embargo, el darwinismo social se mostró como un arma ideológica de la burguesía. la idea de la lucha por la existencia y la supervivencia de los fuertes, aplicada a la sociedad, sirvió para justificar el régimen capitalista. Los más aptos serían los propietarios del capital; de esta forma, la desigualdad se fundamentaba científicamente. La teoría de la evolución fue empleada para promover el principio de la competencia como regla suprema de la sociedad de clases y, por lo tanto, para sancionar la explotación burguesa, ya que esta era presentada como natural. Bakunin comentó al respecto que otros se sienten tan felices con el descubrimiento del parentesco del hombre y el gorila que con gusto retendrían al hombre en el estado animal, negándose a comprender que la misión histórica de este, toda su dignidad y libertad, consiste en alejarse progresivamente de ese estado (Federalismo, Socialismo y Antiteologismo.)  Kropotkin, que se atenía al modelo de la lucha por la vida aplicado a la sociedad, entendió que el darwinismo, en tanto que teoría científica, podría servir igualmente para combatir a la burguesía y legitimar un régimen comunista libertario. Para eso había que expurgarlo de toda influencia malthusiana y hobbesiana. La pruebas científicas demostraban que la competencia no era el factor de evolución decisivo, sino la cooperación: el apoyo mutuo entre individuos de una misma especie. Quien sobreviviría no sería entonces el más fuerte o el más competitivo, sino el más solidario y más altruista. Originalmente, la idea no era suya, sino del zoólogo ruso Karl F. Kessler. Con este nuevo enfoque la conexión entre anarquismo y darwinismo quedaba sólidamente establecida.

 

El motivo de la serie de escritos que Kropotkin publicó en Nineteenth Century y que luego conformaron su libro El Apoyo Mutuo fue el artículo de Thomas Huxley en el que describía la lucha por la vida entre individuos de la misma especie como un duelo de gladiadores. Kropotkin documentó abundantemente la tesis contraria, que concebía la supervivencia de la especie como resultado de una reciprocidad convivencial. Además, dio un paso adelante al aplicar el factor evolutivo a la sociedad humana, tal como hacían los darwinistas sociales. Contrariamente a Huxley, sostenía que la lucha por la existencia no se suavizaba a medida en que la humanidad se alejaba de la naturaleza. Esta, en cambio, ofrecía el modelo para una sociedad libre e igualitaria, regida por principios anárquicos. No había contradicción alguna entre naturaleza y humanidad, que solo era naturaleza consciente. La naturaleza era el lugar de donde dimanaban las concepciones morales que al dejar de ser instintivas y devenir conscientes, se humanizaban. De la observación del mundo natural se desprenderían las pautas del comportamiento social no competitivo y de la acción fraternal transformadora. En fin, el apoyo mutuo era un factor de evolución social, por lo que su generalización progresiva nos conduciría directo hacia el comunismo libertario, la forma superior de dicho apoyo. El proceso, revelado por la ciencia, no podía ser más objetivo, ni el mensaje más optimista: cualesquiera que fueran las dificultades, teniendo en cuenta que el progreso era una ley de hierro, la anarquía acabaría por llegar.

 

Las investigaciones de Kropotkin revelaron un estilo de vida de las poblaciones indígenas y rurales que podía considerarse anarquista: sin jerarquías, sin clases, sin intercambio mercantil, sin Estado. Dado el escaso desarrollo de los estudios antropológicos e históricos en la época, prisioneros además de la idea de progreso, se tenía a los salvajes por debajo de los bárbaros, y a estos, por debajo de los civilizados. Para Kropotkin, la forma social primitiva de la tribu, propia del estadio salvaje, allá por los siglos XI, XII y XIII, evolucionó hacia la comunidad aldeana, estructurada no según lazos de consanguinidad como en el clan, sino en torno a la posesión común de la tierra. La comuna rural autosuficiente ofrecía un claro ejemplo de apoyo mutuo, muy válido como modelo de la organización de la sociedad libertaria del futuro. En esa dirección fueron apareciendo a lo largo de la historia los bienes comunales, las asociaciones gremiales, las cofradías, las hermandades y las instituciones de autogobierno, hasta dar con la ciudad libre: la expresión más completa del apoyo mutuo y la convivencia en libertad, el punto álgido de la civilización. Se estaba a un paso del comunismo. Sin embargo, con el desarrollo del Estado perdieron vigencia las leyes naturales, disipándose las tradiciones comunitarias y entrando en decadencia las ciudades libres. El Estado necesitó destruir toda institución autónoma para poder crecer y fortalecerse. Las ciudades fueron privadas de capacidad legislativa, recaudatoria y defensiva. Las guildas de oficios fueron desmanteladas y el comercio, arruinado. Las tierras comunales fueron cercadas y expropiadas. El proceso, que ponía obstáculos al progreso natural de la humanidad, fue explicado posteriormente con más detalle por Kropotkin en un opúsculo titulado El Estado. Su papel histórico. Desde mi punto de vista, el mayor mérito del libro que comentamos fue precisamente el de dirigir la mirada hacia estas formas de vida social pasadas que mostraban la existencia histórica de una sociedad autogestionada, independiente de cualquier poder exterior. Cualquier proyecto de liberación futura habrá de tener en cuenta este tipo de sociedad y tendrá que mirarse en ese espejo, no para repetirla, sino para inspirarse y dejarse llevar por ella.

Miguel Amorós, 23 de enero de 2025