mercoledì 6 aprile 2011

Tepoztlán: The-poet's-land,

Tepoztlán: The-poet's-land, la terra dei poeti.
(Lawrence Ferlinghetti)



le foto sono tutte di Trinidad Alessio

Tepoztlán è una cittadina dello stato messicano del Morelos abitata da un'antica comunità india e da un nutrito gruppo di stranieri che ne apprezzano la posizione ed il clima. Da anni, le sue ricche tradizioni attraggono l'attenzione di antropologi e artisti. Negli ultimi tempi, Tepoztlán ha occupato le pagine della cronaca internazionale - ne hanno parlato tra gli altri The New York Times, Le Monde e il Manifesto - per la lotta dei suoi abitanti contro la costruzione di un lussuoso club di golf con 600 residenze, un hotel da 5 stelle, un eliporto ed un lago artificiale: un progetto da 700 milioni di dollari, promosso dal consorzio finanziario multinazionale KS, a dispetto dell'equilibrio ecologico della regione, affetta da una cronica scarsità d'acqua.

Esemplare e creativa, la risposta dei tepoztechi va letta all'interno della trama dell'effetto Chiapas e sull'onda lunga del fenomeno storico zapatista, nato non lontano, tra le comunità agrarie delle terre basse dello stato. "Non volevano cambiare e proprio per questo fecero una rivoluzione" scrisse anni fa lo storico John Womack a proposito dei contadini allora insorti.

A fine secolo, mentre ovunque trionfa la passione dell'arricchimento e si impongono i riti asettici dell'economia, il paradosso si presenta di nuovo in questa rivolta dove passato, presente e futuro si intrecciano in continuazione e la memoria lotta contro l'oblio. Il recupero delle radici indigene del Messico profondo si congiunge ad una radicale esigenza di democrazia, affiancata a un uso intelligente della comunicazione. Per quanto remota, l'esperienza di Tepoztlán dimostra che il denaro non può tutto e aiuta a pensare un altrove possibile, un luogo di ricostruzione dell'identità fondato sulla tensione comunitaria e la passione ludica.

Sotto il vulcano

Due imponenti catene montagnose attraversano il Messico da nord a sud. La loro congiunzione dà origine a un esteso altopiano che è il centro geografico e politico del paese. Mentre a nord le terre alte declinano impercettibilmente fino a confondersi con deserti e steppe, a sud una scoscesa cordigliera separa Città del Messico dalle regioni meridionali del Morelos e del Guerrero. L'autostrada che valica la possente Sierra del Ajusco discende verso Cuernavaca attraverso paesaggi che vanno dall'alpino al subtropicale. Sullo sfondo, sempre coronato da un alone di nubi, si scorge il maestoso vulcano Popocatepetl (m 5452).

A poco più di 60 chilometri dalla capitale, quando le conifere sono gradualmente sostituite da una vegetazione esuberante di tipo subtropicale, una deviazione in direzione sud-est conduce a Tepoztlán, proseguendo poi verso Puebla e Oaxaca.

Situato ad un'altezza di 1700 metri, il pueblo si trova in una raccolta vallata sovrastata dalla Sierra del Tepozteco, un insieme suggestivo di forme scolpite nella roccia, coni, torri anfratti e piramidi naturali. Ritta sulla cima di uno dei dirupi, l'antica piramide del Tepoztecatl, appare quale depositaria di una tenace identità collettiva.

Per entrare in paese è necessario lasciare l'autostrada e discendere una serie di tornanti fino alla piazza principale, lo zocalo con il mercato dietro cui torreggia l'imponente convento domenicano del secolo XVI. Tepoztlán ha circa 15 mila abitanti (32 mila considerando i villaggi circostanti), le sue case tradizionali hanno tetti di tegola e sono costruite in adobe - mattone crudo a base di argilla e sterco - dipinto con calce. Nei giardini abbondano la buganvillea e gli alberi da frutta: agrumi, avocado, guayabo, nespolo.

Fino a non molto tempo fa, Tepoztlán era conosciuto soprattutto per il mercato, il carnevale e ricorrenti feste popolari però, dal settembre 1995, il visitante è ricevuto con un grande striscione: "Benvenuto a Tepoztlán, un paese che difende le sue usanze. No al club di golf". Dietro lo striscione c'è una barricata e dietro la barricata una lunga storia.

Le origini

Tepoztlán è abitata fin da tempi remoti. Nell'antichità fu un importante centro cerimoniale, al crocevia tra l'altopiano e la regione calda delle terre basse. Gli abitanti, appartenenti alla tribù tlahuica, provenivano dal mitico Chicomostoc, (luogo delle sette caverne), la patria originaria del nord da cui, secondo la tradizione, arrivarono in epoche successive anche i toltechi e gli aztechi. Come questi ultimi, i tlahuica parlavano nahuatl ed alcuni archeologi hanno suggerito che Ce Acatl-Topiltzin, una delle incarnazioni del mitico Quetzalcóatl (serpente piumato), sia nato proprio a Tepoztlán verso l'anno 800.

Più o meno nello stesso periodo, vi sorse il culto a Ometochtli, divinità legata al pulque, la bevanda alcolica più diffusa nel Messico antico. Considerato un dono degli dei, il pulque si estrae dal maguey, una varietà di agave comune in Messico e particolarmente diffusa nella parte alta delle montagne di Tepoztlán. Per i tlahuica, il maguey era una pianta di grande importanza: le foglie servivano a fabbricare carta; la polpa, spessa e carnosa, curava le ferite; le spine erano usate per cucire e le fibre erano trasformate in corde e tessuti. La linfa, che gli spagnoli chiamarono aguamiel, è un liquido fresco e refrigerante di grande utilità nei mesi della stagione secca. Opportunamente fermentata produce il pulque. Tra le divinità associate al maguey, ve ne era una femminile, Mayahuel, a cui si attribuiva il merito di aver per prima estratto l'aguamiel ed il più famoso Ometochtli, letteralmente due conigli, il cui nome si riferisce alla data del calendario rituale in cui veniva festeggiato il dio del pulque, chiamato anche Centzontochtli ("quattrocento conigli"), allusione alle molteplici forme che poteva assumere a seconda delle località in cui era venerato.

A Tepoztlán si adorava Tepuztecatl (Tepozteco nella dizione spagnola), una delle più importanti manifestazioni di Ometochtli e vi giungevano pellegrini da contrade tanto lontane come il Chiapas e il Guatemala. Nel Tepozteco si amalgamavano i tratti di un eroe civilizzatore con gli attributi soprannaturali di una potente divinità. A questo personaggio, principale protettore della comunità, era dedicata la piramide che sovrasta il pueblo, localmente conosciuta come "la casa del Tepozteco" ed un ciclo di narrazioni epiche che ne raccontano la nascita e le gesta.

Secondo il frate cronista Bernardino de Sahagun, fin da tempi remoti si celebrava in onore del Tepozteco una festa durante il tepeilhuitl, tredicesimo mese dei diciotto del calendario mesoamericano, corrispondente al nostro ottobre. In Messico è il mese in cui finisce la stagione delle piogge e la natura è al massimo dello splendore: tutto è verde ed i torrenti sono gonfi d'acqua. Il mais è maturo e questo suggerisce un significato propiziatorio, attinente al ciclo agricolo.

L'intera comunità, uomini e donne, vecchi e bambini, partecipava alla cerimonia. Un grande stendardo con l'immagine della divinità veniva issato sulla cima della piramide, mentre, nel patio di fronte, si collocava un enorme recipiente pieno di pulque da cui ognuno attingeva per mezzo di apposite canne. Seguivano canti, danze, offerte di incenso, fiori, piume e cibo. La festa, che assumeva toni orgiastici simili ai riti dionisiaci della Grecia antica o ai baccanali romani, durava vari giorni. In essa si celebrava la vita, l'eterno rinnovarsi del tempo, ed il contatto libero e familiare tra le persone.

L'effetto inebriante della bevanda favoriva la comunicazione ed agevolava la rimozione di barriere sociali e morali. Nel ritmo agitato della festa, il sacro era oggetto di burla e diventava legittimo qualsiasi atto. Per i macehuales (contadini) sottoposti alle vessazioni del tributo, era una fuga dalla vita ordinaria mentre per guerrieri e sacerdoti era un'occasione di contatto mistico con la divinità.

La comunità.

Tepoztlán fu conquistata varie volte, prima dai toltechi poi dagli aztechi, infine dagli spagnoli. Tuttavia, le sconfitte militari non implicarono la perdita dell'identità collettiva e la comunità riuscì sempre a mantenersi integra e ad assorbire le influenze esterne.

Il cronista spagnolo Bernàl Díaz del Castillo ricorda le "belle indie" e lo spirito battagliero degli abitanti del villaggio. Quando - narra Bernàl - nel corso della campagna contro gli aztechi (1521), Cortés piegò a sud per prendere alle spalle Tenochtitlan (capitale dell'impero e la futura Città del Messico), incontrò da parte dei tepoztechi una fiera resistenza. Essi si rifiutarono di sottomettersi alle ripetute intimazioni di resa e, come rappresaglia, gli spagnoli bruciarono la metà delle loro case. In seguito, il villaggio passò per una difficile fase di assimilazione culturale in cui i riti e le divinità locali furono poco per volta sostituiti dalla religione degli invasori.

Conclusa l'avventura militare, alla Chiesa fu affidato il compito di portare a termine la conquista spirituale e, come nel resto dell'America spagnola, i missionari crearono delle confraternite che attraverso un sistema di cariche rotatorie si occuparono di organizzare messe, processioni, canti e feste. Il pueblo fu suddiviso in barrios (quartieri), sulla base dei precedenti raggruppamenti clanici detti calpulli. Ciascun barrio fu intitolato a un santo e dotato di terra e di una cappella, spesso edificata sulle rovine di una piramide. Una parte delle terre comunali fu destinata al finanziamento delle nuove festività, riattivando così il regime di lavoro cooperativo in precedenza chiamato coatequitl.

I frati consideravano le celebrazioni come il mezzo ideale per diffondere i rudimenti della nuova fede. Tuttavia, i tepoztechi non tardarono a "indianizzare" i santi cristiani, identificandoli con gli esseri soprannaturali che da sempre proteggono la comunità dalle aggressioni esterne. Allo stesso modo, si "impadronirono" delle confraternite che, trasformate in organismi di autogestione, arrivarono ad occupare una funzione importante nella vita del pueblo.

Così, cambiarono i nomi delle divinità, però non i ricorrenti cicli della vita comunitaria. Il complicato pantheon precolombiano fu gradualmente sostituito da un altro ancora più complicato in cui si amalgamarono i tratti di entrambe le religioni. La Vergine Maria fu dai frati designata patrona del pueblo, però i tepoztechi la considerarono una nuova manifestazione di Mayahuel, l'antica madre del maguey. Proseguì anche l'associazione tra le festività religiose e l'impiego rituale delle bevande alcoliche, il cui abuso divenne un grave problema.


La festa

Con il tempo, si intensificarono le influenze del mondo esterno e si diluirono i tratti della cultura originale. Tuttavia, a differenza di altri villaggi, Tepoztlán riuscì a mantenere un'identità collettiva viva e differenziata. Perdurarono il lavoro cooperativo, il regime delle cariche rotatorie e il sistema della festa, pratiche che rinforzarono il senso di appartenenza ad una comunità organica.

Il santo cristiano entrò nell'immaginario sociale quale legittimo tutore del barrio e l'amministrazione degli affari cittadini si organizzò come continuazione di una struttura civico-religiosa senza preti e indipendente dalle gerarchie statali.

Ancora oggi, un giorno su tre, in qualche parte della vallata di Tepoztlán, è in corso una festa popolare che rinsalda i vincoli di solidarietà ed alimenta le capacità di resistenza della comunità.

Ogni barrio (ve ne sono sette) ne organizza almeno un paio all'anno solo per patroni e santi minori. Oltre alle feste patrie, a ciò bisogna aggiungere i Morti, la Vergine della Guadalupe, il Natale, i Re Magi, la Pasqua e l'anniversario del Tepozteco. In quest'occasione, dopo un pellegrinaggio notturno alla piramide, si rappresenta in nahuatl l'opera teatrale La sfida del Tepozteco, che narra le vicende dell'eroe locale il quale per salvare il pueblo abiura la religione dei padri e si converte al cristianesimo (vedi narrazione a parte).

Vi è poi il carnevale con il famoso ballo del chinelo, animato da bande musicali finanziate dai comitati di barrio, eredi delle antiche confraternite. Qui è particolarmente evidente la mescolanza della tradizione locale con quella di origine occidentale. Il carnevale è come da noi, l'occasione in cui il sacro e l'ordine gerarchico si trasformano in riso dissacrante e unione di tutto con tutti.

I partecipanti indossano una tunica di velluto nero, profusamente ricamata in colori sgargianti e motivi vari. La maschera, dipinta su un tessuto metallico a rete con appiccicata una barbetta di crine, burla le fattezze europee. Guanti bianchi ed un copricapo a forma di mitra ornato con piume di struzzo completano l'abbigliamento. Il sabato grasso, le bande (una per barrio ) occupano la piazza e si succedono una dopo l'altra, accompagnate da una moltitudine esaltata. Quando comincia la musica, l'atmosfera diventa elettrica e scompare ogni nozione di ordine. La danza consiste in un susseguirsi di passi, mosse, ondeggiamenti e sussulti che l'immaginazione individuale arricchisce a piacimento.

Nel carnevale ritorna anche Ometochtli e, come ai vecchi tempi, si consuma pulque, accompagnato oggi da fiumi di birra, brandy, tequila, mezcal (bevande, entrambe distillate dal maguey ), acquavite e ponche, una mistura di alcol puro e latte in grado di stroncare i bevitori più agguerriti.

La resistenza

Per i tepoztechi, la terra significava - e significa - il fondamento della comunità e della democrazia politica. É il rapporto organico con la terra che alimenta la capacità di resistenza ed i cicli della vita collettiva.

La combattività dei tepoztechi risale alle lotte contro gli aztechi ed arriva fino alla rivoluzione del 1910. Allora, il pueblo fu tra i primi del Morelos ad aderire all'appello di Zapata: tierra y libertad. Emiliano rivendicava la proprie radici indie e considerava i vicini di Tepoztlán come simbolo di quel popolo e della sua forza. Era per lui motivo di orgoglio che essi avessero conservato gli antichi riti, le tradizioni e, soprattutto, che parlassero ancora l'armonioso nahuatl. E proprio ai tepoztechi, profondi conoscitori della lingua messicana, Zapata affidava la traduzione di documenti e manifesti.

A Tepoztlán la rivoluzione lasciò un segno profondo. Visto che gran parte degli adulti seguirono gli insorti, gli altri abitanti abbandonarono il pueblo per timore di rappresaglie. Mentre durante quasi due anni, i tepoztechi combattevano e morivano, vecchi, donne e bambini trovarono rifugio nelle grotte della Sierra riuscendo in tal modo a sfuggire alle rappresaglie dei federales.

Con la morte di Zapata, si concluse la guerra civile e gli abitanti tornarono al pueblo. Nacque un nuovo santo, simbolo della rinata coscienza indigena, ed un ciclo leggendario di canzoni e ballate (corridos ). Ancora oggi in paese si vedono vecchi ultra novantenni vestiti di bianco, secondo l'antica usanza: sono gli ex "muchachos" dell'Ejercito Libertador del Sur.

Ai giorni nostri, nel Morelos non ci sono più le haciendas divoratrici di terra, però le bellezze naturali di Tepoztlán e la sua collocazione strategica tra Cuernavaca e Città del Messico, la collocano nel mirino dell'alta finanza.

Già nel 1962, quando si terminò l'autostrada, vi fu un primo movimento contro la Monte Castillo, una compagnia che voleva costruire un campo da golf in terre comunali. In quell'occasione, vi fu una prima vittima: un maestro elementare, Esteban Flores Uribe, attivo oppositore del progetto, fu assassinato in maniera misteriosa. Ben presto i lavori vennero interrotti anche perchè di notte i tepoztechi distruggevano ciò che - in quanto operai della compagnia - essi stessi avevano costruito di giorno.

Nel 1979, a qualcuno venne l'idea di costruire una funicolare per portare i turisti alla piramide: i tepoztechi inorridirono e le donne del mercato organizzarono un movimento di protesta. Alla fine, la funicolare non si fece.

Nel 1991, la comunità apprese che la società ferroviaria nazionale voleva ampliare la rete in direzione delle montagne della Sierra del Tepozteco. La reazione non si fece attendere: manifestazioni, petizioni, interrogazioni parlamentari, consulenze di gruppi ecologici, lettere di protesta. Il 12 ottobre, da Quetzaltenango, Guatemala, arrivava la solidarietà dei rappresentanti dei popoli indigeni del continente riuniti in congresso. Qualche mese dopo, la vittoria: nel luglio 1992, il progetto era infine ritirato.

Al principio del 1995, il consorzio multinazionale KS rilanciò l'idea di costruire un campo da golf con annessa un'imponente struttura turistica. In un momento di grande crisi economica, l'offerta era allettante: creare 13 mila posti di lavoro temporanei e 3 mila permanenti. Visti i precedenti, i dirigenti della compagnia procedettero con i piedi di piombo e misero a punto una duplice strategia: bombardare il paese di messaggi pubblicitari sulla necessità di "modernizzare" il pueblo e, parallelamente, comprare in gran segreto qualche funzionario della giunta comunale.

Gli interessi in gioco erano alti. Il golf infatti non è uno sport qualsiasi, bensì un'attività di élite che muove grandi capitali, spesso legati al riciclaggio. Sembra che la potente associazione internazionale del golf abbia una predilezione per i paesi che si fanno beffe dei diritti umani. É stata, fra l'altro, la sola società sportiva a patrocinare tornei in Sudafrica quando il paese era bandito dalla comunità internazionale a causa dell'apartheid. In Birmania - ci dice Le Monde Diplomatique (maggio 1996) - il prato verde è ormai il luogo di incontro preferito dei famigerati generali al potere e dei signori della droga.

Nel caso di Tepoztlán si venne a sapere che, oltre a rispettabili uomini d'affari, alla KS erano associati politici di dubbia fama e, secondo rivelazioni del quotidiano El Financiero, persino alcuni faccendieri italiani dell'entourage di Bettino Craxi.

La guerra del golf

Il 18 marzo 1995, giorno in cui il Messico celebra la nazionalizzazione del petrolio, il Comitato di Unità Tepozteca (CUT), un organismo popolare al di fuori dei partiti, obbligò il sindaco a dare lettura di un atto della giunta comunale contro il campo di golf.

Nei mesi seguenti, circolarono voci insistenti intorno a possibili tradimenti. I muri del paese si riempirono di scritte contro la KS e, il 24 agosto, 4 mila persone infuriate occuparono il palazzo municipale. Le più agguerrite erano, come sempre, le donne. Domenica 4 settembre, le campane diedero l'allarme ed una moltitudine si riversò nel zocalo già affollato per via del mercato. Si era saputo che, di soppiatto, alcuni funzionari del comune, tra cui il sindaco, Alejandro Morales, stavano per dare il via libera al campo di golf. Pronti a filmare c'erano anche gli operatori di una catena televisiva nazionale.

Centinaia di giovani corsero immediatamente al luogo della riunione, scoperto per caso. Dopo una fulminea colluttazione con i granaderos (truppe speciali anti-guerriglia) mandati dal governatore del Morelos, Jorge Carrillo Olea, i tepoztechi sequestrarono i partecipanti, salvo il sindaco che riuscì a fuggire. Poi, un'assemblea plenaria barricò il villaggio ed espulse (dopo averli disarmati) vigili e polizia giudiziaria.

All'entrata del palazzo municipale, gli insorti collocarono dei fantocci con l'effigie dei traditori ed una quantità di striscioni inneggianti al CUT ed alla lotta contro il golf. I prigionieri, detenuti a vista nella carcere municipale, furono liberati solo alcuni giorni dopo, quando Alejandro Morales comunicò le proprie dimissioni dal rifugio di Cuernavaca.

A quel punto, le precedenti differenze politiche cessarono di essere importanti ed entrò in azione il vecchio sistema comunitario. Si creò rapidamente una milizia civile armata, si innalzarono sedici barricate e si provvide all'organizzazione di pasti collettivi e cambi della guardia. I tassisti, comunicando per radio, assicurarono un efficiente servizio di vigilanza e nessuno poté più entrare a Tepoztlán senza il consenso dei tepoztechi. Ai giornalisti giunti in gran numero, questi rilasciarono dichiarazioni che tolsero ogni dubbio sulla loro determinatezza: "Finchè viviamo, il golf non si farà".

Le reti televisive sostenevano che l'insurrezione non era altro che un complotto della sinistra ai danni di ignari contadini, grossolana menzogna che valse solo ad inasprire gli animi. É vero che una piccola minoranza era a favore del golf, però la grande maggioranza dei tepoztechi appoggiava il CUT: donne, uomini, giovani, anziani, contadini, commercianti, ricchi e poveri. Erano coinvolti persino i vecchi zapatisti che, rivivevano i vecchi tempi con il machete e la carabina 30-30 (carica).

Gli strateghi della KS ricevettero un colpo mortale quando mercoledì 7, The New York Times pubblicò una nota favorevole al movimento. Poi venne la solidarietà di Greenpeace e degli ecologisti messicani. L'8 settembre, come tutti gli anni, si celebrò in pompa magna la ricorrenza del Tepozteco. Il giorno 10, dal lontano Chiapas, arrivò un messaggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN): "vogliamo dirvi che la vostra lotta è la nostra lotta. La brutalità e la cecità dei potenti non potranno contenere l'impeto di coloro che difendono la dignità e la speranza".

La comune

Iniziava una fase meno spettacolare e senz'altro più difficile: quella della resistenza. Le autorità compresero di aver commesso gravi errori, però gli insorti avevano ormai raggiunto un punto di non ritorno. La dinamica degli avvenimenti li spinse a trasformare l'iniziale battaglia contro il golf in una più radicale contro lo stato. Poichè i pubblici poteri erano assenti (anzi latitanti, visto che il sindaco era scappato), essi instaurarono un regime di autogestione che riprende le antiche tradizioni locali.

Contro gli abitanti di Tepoztlán, cominciò allora una vera e propria guerra psicologica che comprendeva l'intimidazione, la disinformazione, il lancio aereo di volantini terroristi e perfino un grottesco monito da parte del vescovo di Cuernavaca: "il campo di golf é un dono di Dio".

Sentendosi minacciati i tepoztechi si armarono: la notte del 15 settembre, anniversario della lotta per l'indipendenza, accanto alle vecchie carabine 30-30 tuonarono (puntati verso il cielo) i più moderni e micidiali AK47. Nei giorni seguenti, gli insorti catturarono due membri della famigerata policia judicial mentre cercavano di forzare la barricata est.

Consapevole della difficoltà, il CUT organizzò una giunta comunale provvisoria ed annunciò nuove elezioni municipali per domenica 24 settembre. Fu un importante esercizio di democrazia: ogni barrio indisse un assemblea per nominare i propri delegati e formare un consiglio di 14 rappresentanti (2 per barrio ) di provata onestà che dovevano "comandare obbedendo", secondo uno slogan ripreso dai ribelli del Chiapas.

La trasparenza delle elezioni - con seggi e schede fatte in casa - fu certificata da Alianza Cívica, una prestigiosa associazione di monitoraggio indipendente. "Sono le elezioni più limpide della storia del Messico" dichiarò un suo esponente. Vinse Lázaro Rodríguez Castañeda, un ex maestro di professione artigiano, la cui notevole somiglianza con Emiliano Zapata suscitò i commenti ironici di alcuni giornalisti stranieri.

Il giorno 30, un'assemblea di 3 mila persone nominò il primo sindaco del "libero municipio costituzionale e popolare di Tepoztlán". In un'emotiva cerimonia, Rodríguez Castañeda, indossando un vecchio sombrero a tesa larga, ricevette il bastone di comando, simbolo delle autorità tradizionali, ed un avvertimento: "Ti ha eletto il popolo. Se lo tradisci sarai castigato".

Nelle settimane successive, la situazione cominciò a normalizzarsi, tuttavia nessuna delle parti abbassò la guardia. Il 25 ottobre, le autorità provarono a riaprire gli uffici del governo nella vicina frazione di Santa Catarina. Il CUT considerò che la misura violava la sovranità municipale, di nuovo suonarono le campane e 2 mila persone impedirono l'intento. Il 2 dicembre, alcuni militanti del PRI (il partito ufficiale al potere senza interruzioni dal 1929) guidati dalla deputata statale Rocío Ortiz aggredirono membri del CUT nei pressi del mercato ed uno degli aggressori rimase ucciso.

Tra il dicembre del 95 e gennaio del 96, 3 membri del CUT furono arrestati con diverse imputazioni e con un solo obiettivo: servire da ostaggi politici. Contemporaneamente, l'autorità giudiziaria statale emise un centinaio di mandati di cattura contro altrettanti attivisti del movimento. Seguirono molte manifestazioni a Cuernavaca e Città del Messico e due o tre scaramucce con i granaderos. Le autorità del Morelos depennarono il paese dal bilancio dello stato e, per timore di rappresaglie, trasferirono il locale ufficio contributi a Cuernavaca. Volevano prendere Tepoztlán per fame, però quasi tutti tirarono la cinghia senza indietreggiare.

Terrorizzati, molti turisti smisero di frequentare il mercato della domenica e quindi crollarono anche le entrate dei commercianti. Intervistato da El Financiero, un negoziante dichiarò: "Qui non è come altrove, il denaro non è così importante. Noi appoggiamo la lotta, anche se le vendite sono scese".


Una amara vittoria

Verso la primavera del 96, a Tepoztlán regnava una calma grave. Grazie all'assenza della polizia erano calati i delitti, si erano rafforzati i legami di solidarietà e la comunità aveva acquisito una grande capacità di comunicazione all'esterno. Esistevano, è vero, gravi conflitti con una piccola minoranza favorevole al golf di cui facevano parte non solo funzionari corrotti, ma anche i poverissimi abitanti di San Juan, la frazione più trascurata del municipio. Questi avevano ingenuamente abboccato all'amo della KS e ritenevano di aver perso una grande opportunità. Continuavano anche le difficoltà con i residenti stranieri, salvo quelli apertamente schierati a favore del movimento. D'altra parte, era cominciata una certa rinascita culturale: avevano visto la luce alcune pubblicazioni autonome e La Voz del Tepozteco, emittente artigianale, ascoltata nel circondario e in piazza, grazie agli altoparlanti di un gruppo musicale. Verso fine febbraio, il carnevale trascorse senza bancarelle e senza turisti, nuovamente convertito in una festa interamente tepozteca.

Tirando le somme dell'esperienza di quei mesi, lo storico Antonio García de León scrisse sul quotidiano La Jornada che Tepoztlán era diventata un grande laboratorio di democrazia.

Verso primavera, si notavano segni di stanchezza, però accadde qualcosa che smosse la situazione. Il 10 aprile, alcune centinaia di tepoztechi si recarono in autobus a Chinameca, nelle terre basse dello stato, per commemorare il 77º anniversario della morte di Emiliano Zapata, assassinato a tradimento nella locale hacienda. Nei pressi di San Rafael Tlaltizapan, furono intercettati da 200 granaderos del famigerato reparto los negros . Risultato: un morto, quaranta feriti - di cui 6 in maniera grave - ed una ventina di arresti. La vittima, Marcos Olmedo, il cui cadavere apparve ore dopo con il tiro di grazia, e segni di essere stato trascinato sull'asfalto, era un anziano e prestigioso leader contadino di 65 anni.

La polizia dichiarò di aver reagito ad un attacco deiberato e immediatamente il governatore incolpò il "piccolo gruppo di facinorosi che negli ultimi mesi ha sconvolto la vita del pueblo." Tuttavia tra i tepoztechi vi era un video-amatore e il giorno dopo, il CUT diffuse un filmato che dimostrava la falsità di quelle affermazioni: i manifestanti erano stati aggrediti e malmenati da agenti armati fino ai denti.

La provocazione era fallita e l'indignazione dell'opinione pubblica nazionale fu immediata. Anche, per una volta, la risposta della magistratura: 55 agenti in stato di fermo per abuso di autorità e 6 denunce per omicidio. Poi il 13 aprile, la notizia: "La KS annulla il progetto". In un'intervista rilasciata alla catena Televisión Azteca, il presidente del gruppo, Francisco Kladt Sobrino dichiarò laconicamente che "non esiste il clima necessario a un investimento di questo tipo". Tepoztlán aveva vinto, almeno per il momento.

Frattanto, l'eco della battaglia aveva raggiunto le autostrade informatiche. Da un sito di Internet, un misterioso gruppo chiamato "Piloti invisibilli" fece circolare la voce che a Tepoztlán "funziona l'autogestione totale, libera da tutti i partiti ed il potere di decisione é riservato all'assemblea popolare". Contemporaneamente, a Parigi una pubblicazione underground diffuse il volantino: Guerriglia alle porte di Città del Messico: Tepoztlán insorta resiste.

Sapranno gli abitanti di Kim No, in Viet Nam, dell'esistenza di Tepoztlán? Difficile crederlo. Tuttavia quel remoto paese è stato recentemente teatro di avvenimenti analoghi. "Ritorna il golf" annunciava tempo fa una rivista patinata offerta ai passeggeri della linea nazionale vietnamita. La compagnia coreana Daeha voleva soppiantare le risaie del villaggio con un campo a nove buche per un progetto del valore complessivo di 177 milioni di dollari. "Con l'iscrizione al club che costa tra i 12 mila e i 35 mila dollari, non saranno certo i vietnamiti a frequentare il green " commentava il Manifesto del 26 maggio 1996. Anche laggiù la reazione non si fece attendere: 1500 persone non tardarono ad occupare le risaie che il governo voleva confiscare. Ne seguirono durissimi scontri con morti e feriti, però il golf non si fece. La morale? In Viet Nam, come in Messico, i baroni della finanza si scontrano con la capacità di organizzazione di popoli educati da secoli a vivere in comunità. Non sempre la spuntano.

settembre 1996

(versione ampliata di un articolo apparso nel numero di luglio di "A Rivista Anarchica" con il titolo La guerra del Golf. )


Post Scriptum

La memoria e l'oblio

Tredici mesi dopo l'inizio della lotta, Tepoztlán vive senza anagrafe, senza poliziotti e senza agenti delle tasse. Da allora, ogni giorno all'imbrunire, i giovani si trovano in piazza per discutere gli avvenimenti rilevanti, giocare a palla volo ed essere pronti ad ogni eventualità. Salvo per le barricate che impediscono la regolare circolazione dei veicoli e le scritte murali contro i "traditori", la vita sembra avviarsi alla normalità.

Il pueblo non ha mai smesso di celebrare le feste di sempre, però la situazione legale continua ad essere anomala. Innanzitutto, il governo del Morelos non ha mai riconosciuto la giunta comunale "sovversiva" che sopravvive grazie a contributi volontari e a finanziamenti di organizzazioni indipendenti. Poi, sebbene la KS abbia pubblicamente rinunciato al progetto del golf, non c'è stata alcuna presa di posizione chiara da parte delle autorità statali, nè di quelle federali. Visti i precedenti, esiste la possibilità che tra qualche anno la compagnia torni all'attacco. I tepoztechi esigono la restituzione di quei terreni e di altri comprati in maniera fraudolenta, tra cui il latifondo Quinta Piedra appartenente al cognato del ex presidente messicano Carlos Salinas de Gortari, oggi profugo. Infine, esiste il problema dei mandati di cattura e dei prigionieri politici che continuano ad essere trattenuti come ostaggi.

Tra giugno e luglio, Tepoztlán è stata visitata da alcune delegazioni dell'O.N.U., dalla Commissione Inter Americana per i Diritti Umani e da Amnistia Internazionale. Ciascuno dei tre organismi ha elaborato un documento in cui si denunciano la violenza, la manipolazione e le minacce del governo contro gli attivisti. Amnistia Internazionale ha prodotto un filmato sulla repressione della manifestazione pacifica del 10 aprile. In esso una delle esponenti del movimento, la maestra Leticia Moctezuma Vargas, dichiara di aver visto gli agenti introdurre Marcos Olmedo vivo in un veicolo della polizia. Il 1 di luglio la maestra Vargas è stata oggetto di minacce telefoniche da parte di sconosciuti. Amnistia Internazionale ritiene che l'impunità di cui godono gli autori delle violazioni dei diritti umani sia la causa principale di questi abusi.

Facendo leva sulla stanchezza e sugli inevitabili disaccordi, a giugno, i funzionari di Carrillo Olea hanno offerto la libertà dei prigionieri politici a cambio della rinuncia della giunta comunale "illegale". Il 23 luglio, in un'attitudine di conciliazione, un'assemblea plenaria convocò nuove elezioni per l'11 di agosto. Era un tentativo di mediazione per nominare una giunta provvisoria (in attesa di legalizzare il procedimento tradizionale non previsto dalla legislazione locale) con il sindaco e tre assessori eletti dai tepoztechi e tre assessori indicati direttamente dal governo dello stato.

Il giorno stipulato, le elezioni hanno regolarmente avuto luogo senza però che a tutt'oggi il governo abbia rispettato i patti. I partiti, anche quelli di sinistra, si sono distinti per ignorare il caso o, peggio, appoggiare le posizioni ufficiali. Nel frattempo, gli assassini di Marcos Olmedo sono stati rimessi in libertà "per insufficienza di prove". Il problema di Tepoztlán è passato in secondo piano: lo scenario nazionale è adesso dominato dall'apparizione di una nuova guerriglia nei vicini stati di Guerrero e Puebla.

24 settembre 1996

(nel primo anniversario delle elezioni "più limpide della storia del Messico")

Annesso I

La festa del Tepozteco

Un esempio del calderone culturale nato a Tepoztlàn in seguito alla conquista è la leggenda del Tepozteco, un ciclo di narrazioni favolose intorno alle gesta dell'antico dio del pulque, amalgamato con la figura sincretica del Cristo-sole. La leggenda si tramanda di padre in figlio in forma orale ed ogni tepozteco la impara prima del pater noster. Ancora oggi in onore del Tepozteco si celebra un ballo in maschera con il dialogo recitato in nahuatl dai danzanti. La scelta della data, 1'8 settembre, corrisponde non casualmente alla natività della Madonna.

La tradizione vuole che l'8 settembre 1538, fra' Domingo de la Anunciación, il missionario incaricato di evangelizzare la regione, battezzasse l'ultimo signore del villaggio che, come i suoi avi, portava il titolo di Tepuztecatl. Si narra che, qualche giorno prima, il frate avesse fatto scagliare l'antica statua di Ometochtli dalla cima della piramide. Con grande fragore, il colosso di pietra era rotolato a valle, senza però danneggiarsi. Fuori di sé, fra' Domingo aveva ordinato di trascinare l'idolo fino al vicino borgo di Oaxtepec, dove venne utilizzato nelle fondamenta del convento in costruzione.

La festa ricrea l'ambivalenza culturale della leggenda. Ogni anno, la notte del 7 settembre una processione si dirige puntualmente alla piramide. La salita, lungo uno scosceso sentiero scavato nella roccia, è difficile e suggestiva; i pellegrini si arrampicano in silenzio, rischiarando le tenebre con fiaccole, la cui tenue luce si riflette a valle. Spesso li accompagna il bagliore del lampo ed il rimbombo del tuono: la stagione delle piogge è al culmine. La veglia dura tutta la notte e riproduce il dramma del Tepoztecatl che abiura la religione dei padri, però salva la comunità dalla distruzione militare e ne perpetua l'esistenza. Le celebrazioni si concludono il giorno dopo, con la rappresentazione teatrale in nahuatl.


Anni or sono, a questi spettacoli si aggiunse quello del cosiddetto palo volador, un enorme tronco d'albero conficcato in terra, in cima al quale si colloca un meccanismo ruotante con delle corde da cui, appesi a testa in giù, discendono gli uomini volanti. La cerimonia di alto effetto drammatico, riproduce l'unione cosmica delle forze del cielo e della terra. I tepoztechi la "importarono" da altre località del Messico dove è in uso da tempo immemorabile. Con grande sforzo, le confraternite, misero insieme il denaro necessario per comprare il pino appropriato che giunse in un grande autocarro dalla Sierra del Ajusco. Per qualche anno tutto funzionò bene: in occasione delle feste, gli uomini volanti venivano appositamente da Puebla e si esibivano con grande successo. Una notte, un fulmine di grande potenza colpì la base del tronco e fu necessario abbatterlo. Era - dissero i vecchi - il Tepozteco che non aveva gradito l'intrusione di estranei.

Annesso II

Il 5 ottobre 1996 il quotidiano La Jornada ha pubblicato una nota interessante sul club di golf in funzione a Malinalco, centro turistico a ovest di Città del Messico, dall'altra parte delle montagne che circondano Tepoztlán. Malgrado le ripetute "promesse" di creazione di impiego, a 5 anni dall'inaugurazione solo nove (!) abitanti vi hanno trovato un lavoro fisso.

Nel frattempo, i prezzi dei terreni si sono artificialmente gonfiati e con essi le tasse relative il che ha costretto il venti per cento degli abitanti a vendere ed emigrare. Giacché sono diminuiti in maniera preoccupante i livelli dei manti freatici, è altresì peggiorato il servizio di acqua potabile in una regione che mai prima aveva avuto problemi.

A Malinalco oggi convivono due mondi separati: quello dei paesani che tuttora rimangono e quello degli azionisti del club di golf che non hanno nessun rapporto con la cultura locale. Costoro a Malinalco - a cui spesso arrivano in elicottero - non spendono nulla perchè si portano tutto da fuori. E di impieghi nemmeno parlarne visto che un campo da golf richiede lavoratori specializzati assenti nella regione.

A questo punto una domanda sorge spontanea. Non hanno forse ragione i tepoztechi a rimanere testardi?

Annesso III

Per appoggiare la lotta di Tepoztlán Amnistia Internazionale raccomanda l'invio di telegrammi, fax e lettere:

1) esprimendo preoccupazione per la sorte di Letizia Vargas e gli attivisti dei diritti umani in Messico.

2) richiedendo un'investigazione sugli autori delle minacce ed esigendo che sia chiarito il caso dell'esecuzione di Marcos Olmedo e le percosse a nove altre persone.

3) Esigendo il castigo dei membri delle forze di polizia che hanno commesso violazioni dei diritti umani.

Inviare le comunicazioni a:

Lic. Ernesto Zedillo Ponce de León

Presidente de la República

Palacio Nacional

fax: 0052-5-2711764, 0052-5-5421648

Lic. Emilio Chuayffet Chemor

Segretario de Gobernación

Bucareli 99 , 1er piso

Col. Juarez

06699 México DF, México

fax: 0052-5-5465350

Lic. Jorge Carrillo Olea

Gobernador del Estado de Morelos

Palacio de Gobierno Cuernavaca

Morelos, México

fax: 0052-73-18760

Copie a:

1) La Jornada, Balderas 68

06050 México, DF, México

2) CENTRO DE DERECHOS HUMANOS, Miguel Agustín Pro Juarez, AC

CP 06700, México, DF, México

Email: prodh@laneta.apc.org



PRIMO AGGIORNAMENTO SU TEPOZTLÁN
(gennaio 1997)

L'anno 1997 non è iniziato bene a Tepoztlán.

Il governo non ha ancora dato soluzione alle richieste della popolazione e nel frattempo si moltiplicano i casi di violazioni dei diritti umani.

Il 16 gennaio, a Cuernavaca, è stata sequestrata Laura Berenice Bocanegra, membro del CUT e figlia di Adela Bocanegra, una delle principali animatrici della resistenza, già candidata alla presidenza municipale di Tepoztlán.
Prima di scomparire, la ragazza è però riuscita a telefonare a casa chiedendo aiuto perchè pedinata da un veicolo della polizia giudiziaria dello stato Morelos e da altre due vetture con vetri affumicati.

Pochi giorni prima, l'11 gennaio, nei pressi di Yautepec, erano stati arrestati, torturati ed obbligati a firmare confessioni in bianco, altri quattro membri del CUT, Laurencio Guarneros Sandoval, Julio Bello Palacios (minore di età), Remigio Ayala Martínez e Carlo Ricardo Ruiz Canada.
I quattro fanno parte del comitato di vigilanza che garantisce la sicurezza dei tepoztechi da quando, per connivenze con il potere, è stata cacciata la polizia di stato.