La
France, pays du nucléaire, semble insuffisamment préparée à un accident
Un impiegato esce dalla zona di
sicurezza della centrale nucleare di Fessenheim il 9 aprile 2013
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Perimetri d’evacuazione ridotti, sirene d’allerta
inaudibili, comunicazioni scadenti, caos prevedibile: quattro anni dopo
Fukushima, la Francia la cui rete di reattori è la più densa del mondo, sembra
ancora impreparata a un incidente nucleare.
Il passaggio nel cielo sovrastante i siti nucleari da
parte di droni e gli attentati del gennaio scorso hanno rilanciato
l’inquietudine dei deputati locali che dopo l’incidente nucleare giapponese
denunciano l’inconsistenza dei piani d’urgenza valer a dire i perimetri dei
piani particolari d’intervento (PPI) previsti intorno alle centrali.
Mentre il perimetro d’evacuazione messo in atto a
Fukushima è stato di 20 km., il PPI francese prevede un’evacuazione del raggio
di soli 2/5 km. Attorno alle centrali. Il prefetto decide in caso d’incidente
in funzione della sua gravità.
In un secondo perimetro del raggio di 10 km, è
prevista una protezione della popolazione sul posto. Gli abitanti devono avere a
disposizione delle compresse di iodio. Queste pastiglie non proteggono
integralmente dalle radiazioni ma permettono di evitare, se prese rapidamente,
dei tumori della tiroide.
In questo contesto, il presidente dell’Autorità della
sicurezza nazionale (ASN), Pierre-Franck Chevet, riconosce che “i principi d’elaborazione
del PPI e i perimetri associati devono essere rivisti”.
Bordeaux, quarta metropoli francese con 720.000
abitanti a 45 km. Dai reattori di Blayais ha richiesto in novembre
un’estensione del PPI della centrale a 80 km.
-Un abitante su
tre non sente l’allarme-
L’associazione nazionale delle commissioni locali
d’informazione (Anccli) reclama un perimetro di 80 km. Per tutti i siti
nucleari. Le “Clis” raggruppano intorno a ogni sito nucleare deputati,
sindacati, scienziati o ecologisti.
In Giappone i comuni interessati devono ormai
preparare un’evacuazione su 30 km, raggio più largo che quello previsto prima
dell’incidente dell’undici marzo 2011 i cui piani si sono rivelati inefficaci
di fronte all’ampiezza della catastrofe. Resta che la loro applicazione si
mostra complessa. In Europa, i perimetri d’evacuazione, quando esistono,
variano da uno a 20 km, mentre quelli per la distribuzione preventiva dello
iodio da cinque a 50 km.
In Giappone un villaggio situato a una tale distanza è
stato evacuato.
In Francia, dove funzionano 58 reattori in 19
centrali, i reattori di Bugey (Ain) si trovano a 35 km. da Lione, quelli di Gravelines
(Nord) a 25 km da Dunkerque come da Calais.
Allo stadio attuale, lo Stato francese rifiuta di dire
se prevede di modificare il PPI come lo stanno facendo in Germania e in
Svizzera. Intanto, i deputati denunciano le carenze dei dispositivi in seno
agli stessi perimetri attuali.
“In dodici anni abbiamo fatto quattro esercitazioni di
crisi. Il sistema d’allerta (sirene altoparlanti, chiamate telefoniche) della
popolazione s’è dimostrata ogni volta inaffidabile. Durante l’ultima
esercitazione, nel 2012, un abitante di Flamanville su tre non ha sentito l’allarme
oppure l’ha udito in ritardo”, racconta Patrick Fauchon sindaco socialista di
Flamanville (Manche), che pur tuttavia ha appena ottenuto l’istallazione di una
seconda sirena per la quale si batte da anni.
Alexis Calafat, il cui municipio si trova a 500 metri
dalla centrale di Golfech (Tarn-et-Garonne), non intende spesso neppure lui il
suono della sirena. È vero che questo sistema si raddoppia ovunque di un
dispositivo di chiamate telefoniche fisse della popolazione su due chilometri,
ma questa precauzione è giudicata insufficiente all’epoca del telefonino.
Durante l’ultima esercitazione attorno a Gravelines nel 2011, il sistema ha
permesso di comporre 6000 numeri in quindici minuti ma il 28,7 % delle chiamate
ha suonato a vuoto mentre gli abbonati in lista rossa non sono stati
contattati.
-Quale è la chiave?-
Golfech dispone adesso di un sistema d’allerta della
popolazione per telefono portatile che lo Stato prevede di estendere a livello
nazionale.
Le municipalità sono incaricate di passare in auto per
le strade con degli altoparlanti, ma questi si avverano appena udibili come
l’ha costatato l’AFP. All’epoca dei vetri doppi il sistema sembra talmente
inoperante che M. Calafat vi ha rinunciato.
I problemi di allarme “sono veri dappertutto”,
assicura il presidente dell’Anccli, Jean-Claude Delalonde.
Le centrali stesse sono davvero protette? Molti ne
dubitano dopo l’esercitazione di crisi improvvisata richiesta dai parlamentari
durante una visita a sorpresa a Paluel (Seine-Maritime) nel 2011.
Documentazione a volte erronea, chiave del circuito
elettrico indisponibile. Claude Birraux, allora presidente (UMP) dell’Office parlementaire d’évaluation des choix
scientifiques et technologiques (Opecst), vi rilevò “delle situazioni a
volte burlesche”.
Neppure la comunicazione tra le autorità sembra
rodata. Ala fine del 2011, al momento di un’ultima esercitazione intorno alla
fabbrica di ritrattamento di Areva a Beaumont-Hague (Manche), che concentra il
massimo di materiale radioattivo in Europa, la prefettura ha impiegato quaranta
minuti per riuscire a collegarsi in audio conferenza con Areva e la ASN. I codici telefonici non erano quelli giusti.
“Parecchie esercitazioni domandano alla popolazione di
restare chiusa in casa e di lasciare i bambini a scuola. Tuttavia degli allarmi
scattati per errore hanno dimostrato che quando la gente pensa che ci sia un
vero incidente, si precipitano a scuola per prendere i bambini e andarsene”,
testimonia Alexis Calafat che presiede l’associazione dei sindaci dei comuni in
cui si trovano dei siti nucleari.
-Delle code
inestricabili-
A Gravelines, nel 2011, si è simulata l’evacuazione.
Risultato: “Un balletto incessante di autobus che s’incrociavano a ripetizione
nel centro di Gravelines creando delle code inestricabili, perché gli autisti
non sapevano dove dovevano andare” secondo un rapporto della CLI.
A Golfech, le esercitazioni di crisi sono ormai
praticate soltanto ogni cinque anni anziché i tre previsti per ragioni
finanziarie, deplora M. Calafat.
Nell’ipernucleare Normandia, dove la fabbrica nucleare
de La Hague è rimasta isolata per due giorni nel 2013 a causa della neve prima
che l’esercito ripulisse la strada, i deputati locali s’interrogano
sull’accessibilità dei siti.
La Francia ha pur fatto dei progressi da venti anni a
questa parte, precisano dei deputati.
Ne è testimone la creazione, dopo Fukushima, delle
Forze d’azione rapida nucleare (Farn), composte di 230 “pompieri del nucleare”.
Questo dispositivo, unico al mondo, salutato dall’Agenzia internazionale
dell’energia atomica (AIEA) è suddiviso su quattro siti: Paluel, le Bugey,
Civaux (Vienne) e Dampierre (Loiret).
Dal 2011 tutti i dipartimenti devono avere il loro
stock di iodio da distribuire su tutto il territorio. Nell’Alto Reno, per
esempio i luoghi di stoccaggio sono molteplici. Nella Mosella le pillole sono
raggruppate a meno di quindici minuti dalla centrale di Cattenom. Nella Manica,
invece, sono nei pressi di Saint-Lô, a un’ora e mezza di strada da Flamanville.
In caso d’incidente, una volta che le pastiglie siano state
portate nel luogo previsto, tocca ai sindaci avere a disposizione una lista di
volontari per distribuirle. “I sindaci ne sono penalmente responsabili e
possono ritrovarsi di fronte a un tribunale come quello di Faute-sur-mer”,
afferma Yannick Rousselet di Greenpeace France. Il vecchio sindaco di quel comune
della Vandea è stato condannato in dicembre a quattro anni di prigione per la
morte di ventinove persone al momento del passaggio della tempesta Xynthia nel
2010. Per quel che riguarda l’Assemblea Nazionale, essa dovrà votare giovedì,
su proposta dell’UMP, la creazione di un delitto penale d’intrusione nei siti
nucleari, passibile di un anno di prigione, per opporsi alle azioni dei
militanti antinucleari.
Versione originale in
francese :
Périmètres d’évacuation étriqués, sirènes d’alerte inaudibles,
communications défaillantes, chaos prévisible: quatre ans après Fukushima, la
France, dont le réseau de réacteurs est l’un des plus denses du monde, semble
encore insuffisamment préparée à un accident nucléaire.
Les survols de sites nucléaires par des drones et les attentats de janvier
ont relancé l’inquiétude d’élus locaux, qui depuis l’accident nucléaire
japonais dénoncent «l’ineptie» des plans d’urgence, ces «périmètres des plans
particuliers d’intervention» (PPI) prévus autour des centrales.
Alors qu’à Fukushima un périmètre de 20 km a dû être évacué, les PPI
français envisagent une évacuation dans des rayons de 2 ou 5 km seulement
autour des centrales. Le préfet tranche le jour de l’accident en fonction de sa
gravité.
Dans un deuxième périmètre de 10 km de rayon, une mise à l’abri de la
population, là où elle se trouve, est envisagée. Et les habitants doivent avoir
chez eux des comprimés d’iode. Ces médicaments ne protègent pas de toutes les
radiations mais, pris rapidement, ils permettent d’éviter des cancers de
la thyroïde.
Dans ce contexte, le président de l’Autorité de sûreté nucléaire (ASN),
Pierre-Franck Chevet, reconnaît que «les principes d’élaboration des PPI et les
périmètres associés doivent être réexaminés».
Bordeaux, quatrième métropole de France, soit 720.000 personnes à 45 km des
réacteurs du Blayais, a demandé en novembre une extension du PPI de la centrale
à 80 km.
- Un habitant sur trois rate l’alerte -
L’association nationale des commissions locales d’informations (Anccli)
réclame un périmètre de 80 km pour tous les sites nucléaires. Les «Clis»
regroupent autour de chaque site nucléaire élus, syndicats, scientifiques,
voire écologistes.
Au Japon, les communes concernées doivent désormais préparer une évacuation
sur 30 km, un rayon plus large que prévu par les plans antérieurs à l’accident
du 11 mars 2011, plans qui se sont avérés inopérants face à l’ampleur de la
catastrophe. Reste que leur concrétisation s’avère complexe. En Europe, quand
ils existent, les périmètres d’évacuation varient d’un à 20 km et ceux de
distribution préventive d’iode de cinq à 50 km. Au Japon un village situé à
cette distance de la centrale accidentée a été évacué.
En France, où tournent 58 réacteurs dans 19 centrales, les réacteurs du
Bugey (Ain) se trouvent à 35 km de Lyon, ceux de Gravelines (Nord) à 25 km
de Dunkerque comme de Calais.
A ce stade, l’Etat français refuse de dire s’il envisage de modifier ses
PPI comme sont en train de le faire l’Allemagne et la Suisse. En attendant, les
élus dénoncent les défaillances des dispositifs au sein même des périmètres
actuels.
«En 12 ans, on a fait quatre exercices de crise. Le système d’alerte
(sirène, haut parleur, appels téléphoniques) de la population
s’est à chaque fois montré peu fiable. Lors du dernier exercice, en 2012, un
Flamanvillais sur trois n’a pas reçu l’alerte ou alors avec retard», raconte
Patrick Fauchon, maire PS de Flamanville (Manche), qui vient toutefois
d’obtenir l’installation d’une seconde sirène pour laquelle il bataille depuis
des années.
Alexis Calafat, dont la mairie est à 500 mètres de la centrale de Golfech
(Tarn-et-Garonne) n’entend pas toujours la sirène non plus. Ce système est
certes doublé partout d’un dispositif d’appels des téléphones fixes de la
population sur 2 km, mais cette précaution est jugée insuffisante à l’ère du
portable. Lors du dernier exercice autour de Gravelines en 2011, le système a
permis de composer 6.000 numéros en 15 minutes mais 28,7% des appels ont sonné
dans le vide. Et les abonnés sur liste rouge n’ont pas été contactés.
- Où est la clé ? -
Golfech dispose à présent d’un système d’alerte de la population par
téléphone portable que l’Etat envisage d’étendre au niveau national.
Les municipalités sont aussi censées passer en voiture dans les rues avec
un haut parleur, mais ce dernier s’avère à peine audible, comme l’a constaté
l’AFP. A l’heure du double vitrage, ce système paraît si inopérant que M.
Calafat y a renoncé.
Les problèmes d’alerte «c’est vrai partout», assure le président de
l’Anccli, Jean-Claude Delalonde.
Les centrales elles-mêmes sont-elles parées? Beaucoup en doutent depuis
l’exercice de crise improvisé demandé par des parlementaires lors d’une visite
surprise à Paluel (Seine-Maritime) en 2011. Documentation parfois erronée, clef
du tableau électrique indisponible: Claude Birraux, alors président (UMP) de
l’Office parlementaire d’évaluation des choix scientifiques et technologiques
(Opecst), y a constaté «des situations parfois burlesques».
La communication entre les autorités ne semble pas rodée non plus. Fin
2011, lors du dernier exercice autour de l’usine de retraitement d’Areva à
Beaumont-Hague (Manche), qui concentre le plus de matière radioactive en
Europe, la préfecture a mis 40 minutes pour parvenir à se connecter en
audioconférence avec Areva et l’ASN. Les codes téléphoniques n’étaient pas les
bons.
«Nombre d’exercices demandent à la population de rester chez elle et de
laisser les enfants à l’école. Mais des alertes déclenchées par erreur ont
montré que quand les gens pensent que c’est un véritable accident, ils se
précipitent à l’école pour prendre leurs enfants et s’en aller», témoigne
Alexis Calafat, qui préside l’association des maires de communes où se trouvent
des sites nucléaires.
- 'Des bouchons inextricables' -
A Gravelines, en 2011, on a testé l’évacuation. Résultat: un «ballet
incessant d’autobus qui se croisaient et se recroisaient au centre de
Gravelines et créaient des bouchons inextricables, parce que les chauffeurs ne
savaient pas où ils devaient se rendre», selon un rapport de la CLI.
A Golfech, les exercices de crise ne sont plus pratiqués que tous les cinq
ans au lieu de trois ans, pour des raisons budgétaires, déplore M. Calafat.
Et dans la très nucléaire Normandie, où l’usine de la Hague est restée
coupée du monde pendant deux jours en 2013 à cause de la neige avant que
l’armée ne dégage la route, les élus s’interrogent sur l’accessibilité des
sites.
La France a toutefois progressé depuis 20 ans, nuancent des élus.
En témoigne la création après Fukushima des Forces d’action rapide nucléaire
(Farn), composées de 230 «pompiers du nucléaire». Ce dispositif unique au
monde, salué par l’Agence internationale de l’énergie atomique (AIEA), est
réparti sur quatre sites: Paluel, le Bugey, Civaux (Vienne) et Dampierre
(Loiret).
Depuis 2011, tous les départements doivent avoir leur stock d’iode à
distribuer sur tout leur territoire. Dans le Haut-Rhin, par exemple, les lieux
de stockage sont multiples. En Moselle, les comprimés sont regroupés à moins de
15 minutes de la centrale de Cattenom. Dans la Manche, en revanche, ils sont
près de Saint-Lô, à une heure et demie de route de Flamanville.
En cas d’accident, une fois les comprimés acheminés dans le canton
concerné, il revient aux maires d’avoir une liste de volontaires pour les
distribuer. «Les maires en sont pénalement responsables. Ils peuvent se
retrouver face à un tribunal comme celui de la Faute-sur-mer», affirme Yannick
Rousselet de Greenpeace France. L’ancien maire de cette commune vendéenne a été
condamné en décembre à quatre ans de prison ferme pour la mort de 29 personnes
lors du passage de la tempête Xynthia en 2010.
Quant à l’Assemblée nationale, elle devrait voter jeudi, sur proposition de
l’UMP, la création d’un délit pénal d’intrusion dans les centrales nucléaires,
passible d’un an d’emprisonnement, pour s’opposer aux actions des militants
antinucléaires.