Sergio Mattarella e il piccolo
Cesare
Sarà visibile (forse) tra qualche tempo la reale
toponomastica del voto di scambio che ha consentito l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella
con 160 voti in più dei necessari 505. Perché nella notte tra venerdì e
sabato di cambiali politiche (e non) devono esserne state firmate parecchie in
qualche dependance di Palazzo Chigi. Il tutto in cambio del soccorso di Area
popolare, che ad Alfano è costata una mezza scissione nel
partitino azzurrino, senza contare il plotone di ascari reclutati tra le
macerie di Forza Italia, qualche “spontaneo” contributo degli ex grillini,
oltre naturalmente alle residue fronde pd ed ex montiane che, adeguatamente
placate, hanno battuto un colpo firmando anch’esse le schede (“S. Mattarella”,
“MattarellaSergio”ecc.) comeda accordi.
Sia come sia, con il silente palermitano assiso
sul Colle ha inizio il settennato di Matteo Renzi che, giunto
alla prova più insidiosa, è apparso un gigante della politica
in rapporto agli gnomi che hanno cercato di intralciarlo e
sono stati rapidamente liquidati. Non ha dovuto faticare molto, se non
nell’identikit del candidato ideale che servisse a tacitare la chiassosa e
confusionaria opposizione interna al Pd. Bisogna dirlo: il
premier è stato bravo a tenersi, come dicono a Roma, il cecio in bocca mentre i
suoi spargevano il panico dentro e fuori il partito, diffondendo possibili
candidature che rinfocolavano mai sopite ostilità politiche o ruggini
personali. Cancellata così, giorno dopo giorno l’intera generazione dei Prodi,
Fassino, Veltroni, Finocchiaro,
Casini, Rutelli, Chiamparino,
occorreva riesumare un nome dal pleistocene della Repubblica, qualcuno di cui
si fosse persa memoria, ma non troppo in disarmo, meglio se parcheggiato in
qualche prestigioso sinedrio. Non a caso la scelta era caduta su due giudici
costituzionali, il primo dei quali Giuliano Amato era gravato
tuttavia da un handicap decisivo: essere Giuliano Amato con tutto ciò che ne
consegue.
No, il “nome” giusto doveva evocare antiche e
dimenticate virtù (i galantuomini di una volta), ma anche rappresentare un
simbolo condiviso (il fratello Piersanti ucciso dalla mafia).
Bene perfino le radici democristiane che hanno smesso da tempo di costituire
una colpa per suscitare, di fronte agli scempi dell’attuale politica, i
rimpianti di una perduta età dell’oro. Un tale prodigio, insomma, che quando il
Fatto ha scritto che Mattarella non era il cognome di una divinità, ma di una
famiglia con un capostipite Bernardo, ministro ed esponente di
quella Dc sicula che non disdegnava di chiedere voti ai mafiosi, e con un altro
fratello del nuovo capo dello Stato, Antonino, in rapporti d’affari con il boss
Nicoletti, è stato come bestemmiare in chiesa, ma pazienza.
Conclusione: la presidenza Mattarella, per la
storia del prescelto, suscita speranze in chi vorrebbe un ritorno alla
Costituzione, quella del 1948, e un ruolo di arbitro e non di giocatore del
capo dello Stato. Ma essa è servita anche a tacitare la sinistra Pd,
che d’ora in poi difficilmente potrà demonizzare il Nazareno come luogo di
patti occulti e di comitati d’affari, cosa che temiamo continuerà a essere.
Dopodiché per Renzi è stato facile andare a dama contando sugli autogol di ciò
che rimane della destra e sull’inconsistenza dimostrata in questa partita dal
M5S. Giulio Cesare sottomise le Gallie con una campagna
militare. Il piccolo Cesare, con la campagna acquisti. Ma è
destinato a durare di più.
Antonio Padellaro, Il Fatto
Quotidiano, 1 febbraio 2015
Commento di Sergio Ghirardi:
Come sono tristemente contento oggi di aver messo le Alpi tra
me e la mia originaria nazione ligure. Resto italiano perché odio la burocrazia
e diventare francese sul passaporto europeo non è che sarebbe molto diverso
finché nazione e nazionalismo resteranno confusi in un osceno miscuglio
ideologico fascistizzante.
L'elezione del mio omonimo Matarellum a presidente della
repubblica è un esempio massimo di gattopardismo. La sinistra clericale del PD
ha votato il laico democristiano (ossimoro) a garante che le minigonne non
imperversino sul bel paese e la Madonna resti sacra e vergine. E' fondamentale
che la Chiesa resti la sola casa del popolo frequentabile con due papi uno di
destra e l'altro di sinistra come in un parlamento vescovile di analfabeti che
mescolano comunione democratica e peccato oligarchico, qualche bla bla senza
pratica di democrazia diretta (tautologia) e pratiche parlamentariste corrotte
e corruttibili per natura. Masse e potere mafie e potenti. L'Italia resta il
terreno prediletto del paternalismo e dell'impotenza orgastica. Il fallicismo
storico di un paese umiliato e umiliante mescola Ipocrisia e umanesimo da
sacrestia dove i preti e gli spretati di destra e sinistra fanno i loro loschi
affari tra una genuflessione e l'altra. Povero popolo bambino.