Come risposta a una lettera
proveniente dal Cile, dove la nuova coscienza sociale emergente ha dovuto, come
dovunque, fare i conti con la pandemia virale aggiuntasi alla peste emozionale
imperante, Raoul Vaneigem ha elaborato questo sintetico scritto per dare
risposta ai molti interrogativi sorti o già esistenti.
Considerando il testo in questione tanto
attuale che importante, ve ne propongo la traduzione insieme a quella dello
scambio epistolare che lo ha provocato.
Sergio
Ghirardi, 26 dicembre 2020
1.
Lettera dal Cile
A proposito del Cile di
questi giorni, mi sembra che il terrorismo sanitario e la farsa elettorale
abbiano finito per schiacciare la forza insurrezionale creatrice che ci aveva
risvegliato tutti grazie alle giovani generazioni. Tutte le ragioni che hanno
motivato questo sollevamento sono sempre presenti e mi pare addirittura che le
condizioni esistenziali di tutti si siano degradate, ma il grande rifiuto collettivo
di qualche mese fa (No all’impoverimento giunto all’insopportabile! No alla competizione
spietata tra fratelli e sorelle, no a un’esistenza in cui siamo unicamente
delle semplici macchine da consumo e da lavoro, ecc.) non è riuscito ad
avanzare nella creazione di nuove forme di vita. Al contrario, questa lotta che
faceva rivivere l’essenza umana in ciascuno di noi si è fissata in una specie
di simulazione.
Ci sono ancora delle
manifestazioni sulla Plaza de la Dignidad (e in altre piazze e luoghi del Cile)
ma non c’è più la gente e la freschezza di prima. Vedo che una gran parte del
popolo spreca la sua energia vitale, da un lato in un assurdo confronto con la
polizia, e dall’altro nell’instaurare un dialogo di sordi con il potere. I
primi offrono il loro corpo come materia prima alla macchina repressiva e
nutrono così il rituale che permette ai poliziotti di affermarsi nel loro ruolo
d’invincibili soggiogatori. I secondi, credendo di andare nel senso del
cambiamento, sono vampirizzati dal cadavere della politica e nutrono il rituale
di alienazione sul quale si fonda la normalità capitalista. In breve, la forza
insurrezionale creatrice resta spenta perché la lotta per la vita, anziché
manifestarsi sul proprio territorio, creandola, continua a svilupparsi sul
terreno del capitale, senza aver operato nessun salto qualitativo, nessuna rottura
con l’ordine della miseria.
Come usciremo da questo
vicolo cieco? Non durerà mica ancora trent’anni? Che cosa provocherà la
diffusione di un sentimento d’infamia di fronte all’aggravarsi delle
contraddizioni (fatto che sembra già in corso qui)? Il “trionfo elettorale” che
doveva annunciare la fine dell’eredità di Pinochet, sta trasformandosi in un
incubo e in un labirinto burocratico che esclude le aspirazioni e le
possibilità reali di partecipazione della maggioranza che ha votato per il
cambiamento della Costituzione, riaffermando il potere del vecchio mondo. I
giovani prigionieri della rivolta sono accusati senza prove e condannati a
parecchi anni di prigione, mentre gli imprenditori cileni sono condannati a
seguire dei corsi di etica (per truffa e furto a viso scoperto di milioni di
persone, ecc.). Come provocare l’uscita del vicolo cieco?
(...) Per molti aspetti,
la normalità capitalista ha recuperato parecchio terreno. L’insofferenza
sociale cresce ma non sembra sfuggire al rituale del confronto diretto in
piazza. Riuscirà questo confronto, nei territori nei quali abitiamo, a
risolvere i nostri problemi di prima necessità o resteremo sul terreno
simbolico, dove il potere gestisce le nostre rabbie represse? Fino a oggi le
proteste continuano ma si trasformano in un sanguinario spettacolo di
mutilazione di massa, completamente integrato dalla nuova politica pubblica di
amministrazione delle popolazioni “eccedenti”. Fondamentalmente, la città
diventa quel che ricordano che fu: un luogo inospitale, violento, popolato da
individui ostili.
Il venir meno
dell’insurrezione mi ha lasciato molto triste e delusa per molto tempo. Mi
facevano soffrire tutti i morti, i mutilati, i reclusi, tutta la potenza
ridotta a niente. Poco a poco, però, ho affinato in me il suo momento di
verità; quel che questa esperienza mi ha insegnato nella carne e la sua memoria
si sono trasformati in invito e in appello. Benché io non sappia veramente che cosa
ci porterà fuori da questo vicolo cieco, so che non sto più aspettando la
rivoluzione sociale per affermare, qui e ora, una nuova forma di essere il cui
polo magnetico sia la vita, la mia vita. Ciò sembrerà forse un po’ egoista, ma
so che tu capisci quel che intendo dire, tu lo hai detto: “imparare a vivere
non significa imparare a sopravvivere”.
Che mondo sarebbe il
nostro se ognuno decidesse di essere quello che è e non quello che gli altri
vogliono che sia? E se si potesse mettere al centro della propria esistenza il
bisogno del proprio essere essenziale anziché le esigenze della comunità
astratta del denaro? Penso che se mai ci sarà una rivoluzione che metta fine al
modo di distruzione del capitale, affermando la vita della comunità umana, essa
non potrà scaturire da una lotta sacrificale, ma piuttosto dal contagio della
gioia di esistere oltre tutte le identificazioni che ci oppongono e ci separano
da noi stessi e dal tutto.
Dimmi le tue impressioni
su quel che accade in Francia e nel mondo.
2.
Risposta di Raoul Vaneigem
(...) Ti ringrazio per il
messaggio. Restituisce con chiarezza una situazione molto simile a quella
francese. Un amico ha tradotto la tua analisi in francese e la comunicherò agli
insorti che non “disarmano”. Per rispondere alla tua richiesta mi è sembrato
pertinente formulare una serie di tesi sullo stato dei luoghi e del tempo. Le
troverai in allegato (le farò forse pubblicare in un piccolo pamphlet perché
temo un’offensiva della censura sul Net).
Persisto a pensare che un
grande risveglio della coscienza farà uscire dal loro torpore, presto o tardi,
quelle e quelli che dormono sul grande possibile. (...)
RITORNO
ALLA BASE
Tesi
e osservazioni sugli obiettivi della lotta in Francia
1.
L’autodifesa
della donna
sta
al cuore dell’emancipazione individuale e sociale
Sbarazzata
dal femminismo statale e autoritario, la volontà di sradicare il comportamento patriarcale
è il mezzo più sicuro per farla finita con la paura e il disprezzo della natura
e della vita.
2.
Contro
i rigurgiti del patriarcato
Religioso
o laico, di sinistra o di destra, il comportamento patriarcale è la colonna
portante della società gerarchizzata. Per abbatterlo bisogna abolire il regno
dei capi senza distinzione di sesso.
3.
Contro
l’ecologia ideologica
Lo
stupro e la violenza sono inerenti a un’economia fondata sullo sfruttamento
della natura. Dal suo saccheggio che ha inaugurato il regno della merce, ha
preso data la disgrazia della donna. L’ecologia resterà un’ideologia di mercato
finché la lotta della donna per la sua autonomia non implicherà una nuova
alleanza con l’universo della vita.
4.
Contro
la manipolazione della paura
Il
timore suscitato dall’apparizione di un virus, nello stesso tempo insolito e
prevedibile, è stato deliberatamente amplificato dal potere a fini ormai
evidenti:
a)
Tentare di dissimulare lo stato disastroso delle strutture sanitarie, diventate
imprese a fini di lucro.
b)
Esercitare su scala planetaria un confinamento delle popolazioni che nessun
regime totalitario era riuscito a imporre. La libertà, già
ridotta a quella di lavorare (arbeit macht frei) e di
consumare, è oggi invitata a un duello fittizio in cui la millanteria dei
negatori del virus sfida l’isteria di quanti, in preda al panico, ne esagerano
gli effetti.
c) Stimolare lo sviluppo del mercato della sicurezza. Alimentando i fondi
di commercio del populismo di stampo fascista (razzismo, sessismo, paura
dell’altro), ciò è utile anche a una sinistra troppo contenta di dover
combattere sul fronte delle ideologie piuttosto che su quello sociale in cui si
è discreditata.
d) Il terrore in cui ciascuno s’isola gioca in favore della principale
preoccupazione dei governanti: durare il più a lungo possibile, a costo di
marcire sul posto.
5.
Contro
l’impoverimento della vita
“Godete
oggi perché domani sarà peggiore” è stato lo slogan consumistico più efficace
del capitalismo. Ormai non può più usarlo perché ci mette di fronte a un fatto
compiuto. Decreta “il peggio è arrivato, fatevene una ragione”. Il modello
cinese è pronto, in attesa di tecnologie sempre più efficaci. Il prossimo
rimedio all’impoverimento – a parte la soppressione degli inutili – sarà la
tazza di riso e il transumanismo.
6.
Contro
il ritorno del puritanesimo
La
necessità di lavorare proscrive il godimento di sé e del mondo. Questo divieto
è stato eretto in dogma dal patriarcato. Tuttavia, stimolando il mercato dei
piaceri consumabili, il consumismo gli ha inferto dei colpi mortali.
L’impoverimento che minaccia la corsa al consumo provoca il ritorno del puritanesimo
nella sua forma particolarmente viziosa: la paura e il disprezzo della vita. Il
confinamento uccide facendo morire le relazioni affettive. Non sentite
risuonare con un rumore di catene quelle grida di veglia funebre: “Finito di
ridere! Finito di godere! Finito di vivere!”?
7.
Contro
la reificazione o trasformazione in cosa
Il
capitalismo non vede nella vita che un oggetto mercantile. Non tollera che essa
sfugga all’onnipotenza del denaro. La macchina del profitto mostra che con il
pretesto di un virus di passaggio è stata capace di scatenare una vera peste
emozionale. Un panico isterico ha spinto milioni d’individui a rintanarsi in un
angolo dove la disperazione e la morbosità finivano di rovinarli, di
disumanizzarli.
8.
Contro
il sacrificio
Il
consumismo aveva fondato il suo potere di seduzione sul mito dell’abbondanza
paradisiaca. Il “tutto alla portata di tutti” prestava un effimero fascino a
quelle libertà da supermercato che prendono fine alla cassa. Il salario
difficilmente guadagnato trovava la sua ricompensa in un lasciar-correre che
aveva le virtù di uno sfogo. Con l’impoverimento che svuota “la borsa della
spesa della casalinga” l’esortazione a sacrificarsi risale in superficie come
il peccato originale che si credeva sepolto nel passato. Bisogna accettare la
Caduta, bisogna ammettere che la vita rinsecchisce. È giunto il tempo di
ricordare che non si lavora mai abbastanza, non ci si sacrifica mai abbastanza.
L’esistenza non lucrativa è un delitto. Vivere è un crimine da espiare.
L’allontanamento, il ripiegamento su un sentimento d’insicurezza, la paura
dell’altro, istaurano una pratica della delazione, un culto della verecondia,
un aumento di violenze, un’avanzata dell’oscurantismo (senza andare fino a
bruciare i libri, il governo francese li bolla come non essenziali).
9.
Contro
il mercato del macello sanitario e dell’insicurezza
a)
In Francia, la gestione politica delle cure mediche ha premeditato l’assassinio
seriale delle prime vittime dell’impoverimento: i pensionati, i vecchi, gli
sprovvisti d’efficacia lucrativa. La Repubblica dei benestanti ha fatto pesare
la mano fredda del denaro sulla repubblica della gente umile. Ha agito e
continua ad agire sotto l’influenza di un’economia per la quale il profitto
immediato conta più della salute di un popolo. Non commettiamo errori in
proposito: essa annuncia senza cerimonie la soluzione
finale che la tirannia mondialista riserva ai popoli decisi a rovinare
l’arricchimento dei ricchi.
b)
La sicurezza, garantita per contratto sociale ai cittadini, ha lasciato il
posto a un’ideologia della sicurezza che accresce e moltiplica i pericoli, l’aggressività,
gli atti di follia. La polizia e la magistratura, la cui funzione ufficiale è
di premunirci da violentatori, assassini, avvelenatori e inquinatori, sono diventate
la sbirraglia di tutta questa marmaglia a causa delle tendenze di stampo
fascista che lo Stato incoraggia nel loro seno. La strategia del capro
espiatorio – che colpisce indifferentemente Gilet jaunes, emigrati,
manifestanti ecologisti, musulmani e incendiari di spazzatura – colpisce a loro
volta i professionisti dell’ordine pubblico al grido di “tutti detestano la
polizia”. La manipolazione ha lo scopo di sviare la nostra attenzione dalla
libertà di nuocere concessa a quelli che devastano impunemente il pianeta e
vengono “fin nelle nostre case” a violare la nostra libertà di vivere.
10.
Contro
il progresso tecnologico che disumanizza
L’intrusione
di un virus ha svelato il cinismo dei gruppi di pressione farmaceutici e
medici. Si sono visti meno preoccupati di curare gli umani che d’incassare i
benefici di una morbosità di cui la stampa oligarchica e i suoi contatori di
morte trafficata amplificavano l’inquietudine. La logica economica conferma
così l’impostura di un progresso tecnologico che per giustificare le sue
menzogne di oggi, richiama alla memoria le verità di ieri. Nessuno contesta l’utilità
originaria degli antibiotici, dei vaccini contro la tubercolosi, della
poliomielite, del tetano ma quale fiducia accordare a lobby che gettano sul
mercato vecchie medicine vendute con nomi inediti? Come fidarsi di vaccini
sperimentali inoculati a gente sana come l’estrema unzione a un agonizzante? Come
tollerare inoltre che gli organi di potere calunnino e perseguano penalmente i
medici che denunciano le loro malversazioni? Quando si riesumerà il buon
vecchio metodo di Stalin per liquidare i medici complottisti?
11.
Per
una reinvenzione permanente
“Non
sapevano che era impossibile, dunque l’hanno fatto”. Questo proposito di Mark
Twain aumenta ogni giorno in pertinenza nella misura in cui si moltiplicano,
decrescono e rinascono le insurrezioni planetarie. Ognuno se ne accorge: i
conflitti ideologici sono delle esche. La vera lotta è dovunque gli abitanti di
un villaggio o di un quartiere urbano rifiutano i pesticidi e le nocività,
rinnovano l’insegnamento, restaurano le strutture ospedaliere, affrontano il
problema della mobilità, salvano i commerci locali, studiano il passaggio
dell’agroalimentare a un’agricoltura rigenerata, aprono dei centri di raccolta
per quanti subiscono quotidianamente un’oppressione burocratica, economica,
familiare, sessista o razzista.
12.
Per
un’autodifesa sanitaria
Le
misure coercitive e incoerenti di cui siamo vittime derivano dalle
malversazioni di bilancio che hanno rovinato e rovinano le strutture
ospedaliere. Tutti coloro che agiscono sul terreno non hanno nessun bisogno di
complottismo e di anticomplottismo per denunciare i discorsi che ci allontanano
dalla realtà vivente. Tuttavia, vituperare la menzogna delle alte sfere, non fa
retrocedere neppure di un passo la politica di riduzione drastica di bilancio.
Non è forse impantanarsi nella vittimizzazione
non dare la priorità, qui e ora, al benessere
individuale e sociale, il non spezzare la tirannia del profitto, causa
principale del malessere e dei
disturbi che ne conseguono? Lo Stato fa prevalere sull’efficacia dei medici
territoriali, in contatto diretto con i loro malati, gli interessi delle
industrie farmaceutiche multinazionali che stipendiano i maggiordomi politici.
Il semplice buon senso prescrive di restaurare il rapporto consensuale tra
pazienti e personale curante, vuoi d’incoraggiare un’automedicazione se non
curativa, almeno preventiva.
a)
L’esame del virus in voga ci ha insegnato che la sua intensità variava da una
regione all’altra. Trattarlo sul piano nazionale e mondiale è una sciocchezza.
Tocca alle assemblee cittadine decretare l’autodifesa sanitaria. Agire sul
terreno dove pazienti e medici coabitano, si conoscono, hanno rapporti di
fiducia, risveglia una coscienza infermieristica che aiuta a sradicare la
morbosità dominante e a revocare i suoi cinici gestori.
b)
Pur dando prova, in certi ambiti, di un’efficacia incontestabile, il progresso
della medicina ha gettato il discredito su un uso delle piante qualificato di
“rimedio da buone donne”, definizione che la dice lunga sullo spirito
patriarcale della medicina convenzionale. La flora è stata saccheggiata,
brevettata, adulterata, venduta a popolazioni che ne disponevano gratuitamente
ed erano in grado di migliorarne le virtù. Sta a noi di impedirne la
spoliazione da parte di una scienza senza coscienza e di vegliare affinché la
fitoterapia non finisca nel mercato alternativo, pronto a recuperarla con la
stessa logica commerciale.
c)
La nocività del confinamento, del ripiego su di sé, del panico di una morte
programmata ha mostrato a contrario
la virtù terapeutica della gioia di essere insieme, d’incontrarsi, di toccarsi
senza “gesti barriera”. La paura di vivere ha sempre galvanizzato l’attrazione
della morte. Il Nazismo e lo Stalinismo lo hanno dimostrato. Chi non festeggia
il piacere di esistere festeggia la carogna. Quel che mobilita oggi gli insorti
planetari è la lotta senza pietà del partito preso del vivere contro il partito
della morte. È questo partito della morte che la civiltà mercantile
irreggimenta autodistruggendosi al volo.
13.
Per
un’autodifesa alimentare
La
falsa garanzia di nutrire le popolazioni del globo non dissimula più il vero
scopo dei monopoli agroalimentari, che è quello di promuovere per tutti un cibo
infetto a fini di lucro. Chi potrebbe credere alla filantropia di gruppi che si
arricchiscono alterando la salute dei consumatori? Non si vedono forse lo Stato
e i suoi finanziatori sovranazionali accordare ai pesticidi e ad altre nocività
la libertà commerciale di inquinare il pianeta? Vittime di un indebitamento
crescente, numerosi contadini si ritrovano contemporaneamente avvelenati e
avvelenatori. Smettiamo di farne dei capri espiatori e dei pedoni sulla
scacchiera elettorale. La questione che si pone è: come venire in aiuto a
quanti si orientano verso la permacultura o un’altra forma di agricoltura
rigenerata? Siete stanchi del discorso astratto? Volete del concreto? Ecco la
chiave di volta di tutte le belle intenzioni ecologiste.
14.
Per
un’autodifesa scolare e culturale
Al
contrario della scuola militarizzata che imperversa ancora oggi, desideriamo
promuovere un insegnamento per tutte le età. Agora, piazza pubblica, casa del
popolo, centro comunale sono i giardini di un sapere prodigato da quella
passione maggiore e inestinguibile che è la curiosità. L’apprendimento ludico
del “vivere insieme” mostra di escludere competizione, predazione,
colpevolezza, settarismo. Riscoprire la gioia di vivere creando un ambiente che
la favorisca, fortifica poco a poco quell’autonomia che ci protegge liberandoci
della protezione altrui. È un’arte difficile che esige una tutt’altra forma d’intelligenza che la furbizia e la forza
richieste dalla guerra finanziaria e dalle rivalità di potere. L’intelligenza
sensibile è l’intelligenza del vivente; essa prevale sempre su quella del
portafoglio.
a)
Il gregarismo finisce dove l’individuo si libera dell’individualismo. La
creatività mostrata dalle insurrezioni dei nostri tempi annuncia la fine della
folla imbecille e volubile. Il calcolo egoista inaridisce il pensiero. L’aiuto
reciproco lo rivivifica.
b)
La qualità predomina sul numero. Quest’affermazione di un gilet jaune di una
quindicina di anni intesa durante una manifestazione, fa pensare, per la sua
acutezza, che l’intelligenza sensibile e gioiosa di qualcuno basterà a
sgonfiare la bolla smisuratamente gonfiata dei pregiudizi millenari.
c)
L’intelligenza sensibile è quella dell’essere. Essa soppianterà la gestione
intellettuale dell’avere. Impoverimento oblige!
15.
Per
un’autodifesa energetica
Il
capitalismo industriale aveva favorito nel suo sviluppo il fiorire d’invenzioni
nuove (elettricità, macchina a vapore, ferrovia). Quel che sussisteva di
ricerca indipendente è ormai sottomesso al controllo accresciuto degli
interessi mercantili che gestiscono i bilanci. Il capitalismo finanziario
produce un vuoto della scienza e della coscienza. Questo vuoto beante “di cui
la natura ha orrore”, rivela altre vie possibili, incoraggia l’esplorazione di
un sapere unito alla vita e non più alla sopravvivenza com’è stato finora.
Fisica, biologia, arte, medicina sono in cerca di una rifondazione radicale. Mentre,
sotto lo choc del coronavirus, gli ambienti scientifici si sono discreditati
per la loro incompetenza, le loro menzogne e la loro arroganza, la curiosità e
il gusto della ricerca sono in cerca di un nuovo dinamismo. Marginalizzati
dalle lobby scientifiche, numerosi investigatori aspirano alla libertà di
pescare nella vita inesplorata di che migliorare la nostra esistenza quotidiana
e il suo ambiente.
a)
Appartiene alle collettività locali e regionali sostenere i progetti che
contribuiscono alla gratuità dell’elettricità e del riscaldamento. Solo
l’ingegnosità e l’ostinazione permetteranno di spodestare l’egemonia delle
mafie verde-dollaro sulle energie rinnovabili.
b)
Lo stesso vale per l’autorganizzazione della mobilità che esige la messa a
punto di trasporti non inquinanti e gratuiti. Non tocca forse alle collettività
locali il compito di reinventare quel che lo Stato e le mafie petrolifere hanno
distrutto?
c)
Non c’è nessun bisogno di visioni apocalittiche per capire che siamo al cuore
di una mutazione di civiltà. Se tutto cambia base, ciò significa anche che le
decisioni da prendere in materia di ambiente dipendono esclusivamente dalle assemblee
comunali e regionali, infischiandosi di referendum patrocinati dallo Stato
inquinatore.
16.
Per
un’autodifesa monetaria
La
maggior parte degli economisti conviene che la gestione mondialista del
profitto prepara la soppressione del contante a vantaggio di carte bancarie che
comportano in premio il profilo poliziesco del loro utilizzatore.
a)
Mentre milioni di cittadini si troveranno nell’impossibilità di pagare tasse e
imposte (destinate ad arricchire i ricchi), un’iniziativa si diffonde: la
creazione di banche cooperative locali, con una moneta non capitalizzabile il
cui valore di scambio serve, a circuito chiuso, a retribuire i commerci locali,
a sovvenzionare le imprese di utilità pubblica, a sostenere i progetti
d’indipendenza energetica, a facilitare l’emergenza di un’agricoltura
rigenerata.
b)
Una tale misura ha il vantaggio di assicurare il predominio del valore d’uso
sul valore di scambio, di annunciare cioè la fine della merce.
17.
È
compito delle assemblee di democrazia diretta
spingere
dal basso il deperimento dello Stato che marcisce dall’alto
a)
Lo Stato non è più che uno strumento manipolato dalle imprese multinazionali
che, con o senza l”ausilio dell’Europa, gli impongono le loro leggi e le loro
giurisdizioni. La repressione poliziesca è la sola funzione che gli incombe
ancora.
b)
Il giacobinismo, tradizionalmente incaricato di assoggettare la provincia a
Parigi, subisce in pieno la politica incoerente di un governo che non governa
più e fa del termine élite il
sinonimo di imbecille. Il pericolo è
di vedergli succedere dei regionalismi che non farebbero altro che aggiungere
altri Stati allo Stato nazionale.
c)
Il parlamentarismo maschera sempre meno il ridicolo odioso di una dittatura che
ha conservato della democrazia solo il nome di battesimo. Le elezioni sono
sempre state le arene in cui la iattanza degli eletti sollecitava la stupidità
degli elettori, persuasi di essere rappresentati da loro. Tuttavia,
l’incapacità, la menzogna, la corruzione dei politici – tutti i partiti e le
fazioni in blocco – hanno toccato un tale livello di cinismo che la probabilità
di un'astensione massiccia cresce pericolosamente. Al punto che gli organi di
governo differirebbero, vuoi annullerebbero volentieri la buffonata elettorale.
Non fosse altro che nella speranza di suscitare un nuovo interesse in suo
favore.
d)
Il voto e la democrazia diretta prendono tutto il loro senso ogni volta che una
collettività locale è chiamata a pronunciarsi su un problema che la riguarda
direttamente. La verità del terreno svela la menzogna che scende dall’alto
ricusando le statistiche che s’infischiano delle realtà vissute. Quelle e
quelli che sono sul luogo della loro esistenza non sono forse i più adatti a
giudicare se un decreto che li riguarda è iniquo o nocivo? Chi è più
qualificato di loro per decidere dei modi per combatterlo?
e)
Da difensore della Repubblica che pretende di essere, lo Stato è giunto a
proteggersi dai cittadini ai quali ha strappato i diritti di cui era il
garante. La sua rovina lo costringe a convertire in milizia privata una polizia
di cui una parte riprova gli attacchi ai Diritti dell’Uomo. Sonaglio del
capitalismo finanziario, lo Stato regna senza governare. Non è più niente. La
sua incapacità suona per noi l’ora di essere tutto.
18.
Per
una repubblica autogestionaria che abroga la repubblica parlamentare e
affarista
L’epoca
in cui tentiamo di vivere tra le rovine è quella di una mutazione i cui
terremoti scuotono il mondo intero: la vecchia civiltà non finisce più di agonizzare,
la nuova tarda a fiorire come fosse timorosa della propria audacia.
a)
La parodia di una guerra civile tra conservatorismo e progressismo fa parte di
una messa in scena che dissimula la vera guerra, quella di distruzione massiva
intrapresa dal capitalismo. Mentre si affrontano retro bolscevismo e retro fascismo,
le mafie mondialiste avvelenano e inquinano impunemente città e villaggi.
Comuni, quartieri, regioni aspiranti a una maggiore umanità restano isolati e
senza voce, mentre la rabbia impotente e l’indignazione compulsiva si sfogano
in provocazioni da matamori e in incendi di spazzatura.
b)
Lo Stato e i suoi mandanti fanno predominare i loro interessi disprezzando i
nostri. A noi di preoccuparci della nostra sorte. Il senso umano è la nostra
legittimità.
c)
La nostra lotta è inseparabilmente esistenziale e sociale. Essa non nega le
scelte personali religiose o ideologiche, essa è l’aiuto reciproco che supera queste
scelte e detiene l’arte di armonizzarle. Nella lotta della disobbedienza civile
chi si preoccupa del colore della pelle, del sesso, delle credenze?
d)
Il popolo che prende direttamente le decisioni che lo riguardano, lui e il suo
ambiente, s’iscrive nel filone dell’esperienza autogestionaria condotta dalle
collettività libertarie spagnole del 1936. Gli zapatisti del Chiapas, gli
insorti del Rojava, la tendenza più radicale del movimento dei Gilet jaunes in
Francia se ne ispirano oggi unanimemente,
a dispetto di una grande diversità di condizioni storiche, politiche e
geografiche. La comparsa di piccole società che cercano di autogestirsi e di
federarsi di comuni in regioni, espone evidentemente al rischio di errori,
confusioni, alla “chienlit”, come
dicono gli scarafaggi di Stato. Tuttavia, dove non ci sono morti né colpe,
tutto si corregge. Che cosa rischiamo nello sperimentare delle società del
vivere insieme quando in permanenza serviamo da cavie nei laboratori della
disumanizzazione e del profitto?
19.
L’emergenza
di microsocietà che vanno oltre l’autorità statale
permette
una coesistenza con le istanze dirigenti?
a)
Il dialogo con lo Stato non esiste più. Nessuna recriminazione del popolo è
stata ascoltata se non a colpi di manganello. Eppure, nonostante la rottura
effettiva – e senza neppure sperare che le manifestazioni ottengano la
ritrattazione di decreti iniqui – è bene sottomettere lo Stato a un assillo
continuo. Ricordare il loro parassitismo agli organi di governo guadagnerà
pertinenza quando le microsocietà che fanno risuonare nelle piazze le grida
della libertà, opporranno ai diktat del totalitarismo democratico la
legittimità di decreti votati dalle loro assemblee di democrazia diretta.
b)
La collera e la resistenza di un numero crescente di sindaci di villaggi e di
quartieri urbani sottolineano la linea di demarcazione esistenziale e sociale
che separa in ciascuno di loro il funzionario di Stato e il garante del bene
pubblico degli amministrati. Lo strappo sempre più profondo tra interessi
privati e bene pubblico è di natura da associare alle assemblee di democrazia
diretta numerosi cittadini destabilizzati dall’impoverimento, dalla tirannia
dei divieti, dalle tasse da pagare (piccole imprese, contadini, avvocati,
insegnanti,medici, commercianti, artigiani, albergatori, ristoratori,
poliziotti di prossimità schifati dal ruolo che lo Stato oligarchico assegna
loro). Al sindaco il compito di resistere alle minacce e alle pressioni statali
e mafiose, a lui di prendere in conto gli interessi della popolazione,
diventare un interlocutore eventuale tra l’Assemblea e lo Stato. Questo
movimento altalenante è altrettanto importante (se non di più) della rivolta di
una parte della polizia che passasse dalla parte del popolo insorto con la
certezza di esercitare un servizio pubblico che soltanto il prevalere dell’essere
umano sull’uomo predatore potrà abolire.
c)
Un collettivo autogestionario che si sforzasse di evitare uno scontro con lo
Stato e con il suprematismo economico, avrebbe il merito di evitare una
violenza che ripugna alla maggior parte dei cittadini, anche se la maggioranza
silenziosa è un grande urlo di odio. Tuttavia, chi potrebbe negare che la
violenza è, in tutta evidenza, indispensabile a un potere che deve la sua
sopravvivenza alla repressione? Come lo lascia presagire lo sbriciolamento della
ZAD di Notre Dame des Landes, l’apparizione di microsocietà emancipate dalla
tirannia statale e mercantile susciterà un intervento militare del governo
francese, con l’appoggio di un’estrema destra di cui lo Stato non cessa di
confortare le speranze dittatoriali con il pretesto di combatterle.
20.
Per
una guerriglia demilitarizzata
L’insurrezione
planetaria in corso emana dalla vita quotidiana di donne, uomini, bambini. Il
fenomeno non è nuovo, quel che è nuovo è la presa di coscienza che la propaga.
Le sue rivendicazioni vanno ben oltre la soddisfazione consumistica. La sua
poesia rifugge la borsa della spesa della casalinga prima ancora che sia
svuotata dall’impoverimento.
a)
L’insurrezione della vita quotidiana offre una sorprendente singolarità. È
un’insurrezione pacifica nel senso che vuole superare la lotta tradizionale tra
pacifismo riformista e rivoluzione barricadiera. Nel senso che spezza questa
trappola binaria – del pro e del contro, del bene e del male – che ha bisogno
per funzionare del terreno minato e militarizzato dove il potere regna.
b) La
vita è un’arma che assilla senza uccidere. Il nemico non perde un’occasione per
spingerci su un terreno che conosce perfettamente perché ne possiede il
controllo militare. Ignora, invece, tutto della passione di vivere che rinasce
senza sosta, abbandona un territorio devastato, se ne riappropria, moltiplica
le occupazioni di zone da difendere, sparisce e riappare come il gatto del
Cheshire. È incapace di capire che la lotta della vita per l’essere dissolve
l’avere e revoca l’ordine della miseria. La nostra guerriglia è senza fine.
All’opposto della lotta per l’avere che non sopravvive al deperimento
dell’essere che essa provoca. La cupidigia è un soffocamento.
c) “Non
distruggere mai un essere umano e non smettere mai di distruggere quel che lo
disumanizza” è un principio di lotta che ha il merito di prendersela con un
sistema di oppressione e non con quelli che se ne credono il motore e non ne
sono che gli ingranaggi. Sabotare l’impiantarsi di una nocività non vuol dire
uccidere quelli che ne sono responsabili.
d) Il
tempo è con noi. L’insurrezione della vita quotidiana comincia appena a dare
prova della sua creatività e della sua capacità di rinascere senza sosta.
Sarebbe meglio preoccuparsi non di fare più presto, ma di andare più lontano.
e)
Raccogliere in Assemblee i frammenti di una Costituzione
da e per il popolo apporterà il peso della legittimità al rifiuto dei
decreti liberticidi che il totalitarismo democratico c’impone. Mettendoci di
fronte al loro fatto compiuto, gli
organi di governo ci sfidano dall’alto a opporre il nostro fatto al loro.
Ebbene, non è affar nostro accettare una sfida che non farebbe altro che condurci
sul terreno del nemico. Il nostro messaggio è chiaro: il diritto di vivere
passa sopra le ordinanze del denaro che uccide.
f)
L’importante non è il numero degli insorti ma la qualità delle rivendicazioni.
L’autonomia degli individui è la base dell’autogestione. Essa emancipa
dall’individualismo che presta una libertà fittizia alle pecore della servitù
volontaria. L’autonomia insegna a distinguere il militantismo dal militarismo.
L’impegno appassionato non va confuso con il sacrificio. La lotta per la
libertà rifiuta gli ordini. La fiducia e il mandato che la solidarietà le
accorda, sono sufficienti.
g)
L’autonomia individuale dispone di una potenza di assillo inestinguibile. La
pelle del Leviatano non smettendo di distendersi diventa vulnerabile alle
punture di zanzara.
21.
L’autodifesa
ambientale è un’autodifesa della gioia di vivere
Che
quelle e quelli che trovano questa formula astratta o priva di senso si
riferiscano alla loro stessa esistenza quotidiana e all’ambiente che la
condiziona. Non è forse questo il terreno in cui si contorcono e chiedono aiuto
i loro problemi psicologici, familiari, sociali?
a) L’idea
che si aumenti la propria felicità favorendo quella degli altri ha l’occasione
di concretizzarsi aprendo dei centri di accoglienza per quelle e quelli che
subiscono nel quotidiano un’oppressione burocratica, economica, familiare,
sessista o razzista.
b)
L’aiuto reciproco può riuscire perfino a risolvere il problema dei migranti. Sotto la glaciazione
statistica che li riduce a oggetti, ci sono degli esseri umani in difficoltà
che un gran numero di comuni avrebbe la possibilità di accogliere in piccole quantità,
con l’assentimento della popolazione locale.
c) È ben
il minimo che la generosità umana solidale con i più deboli implichi tra chi
accoglie e chi è accolto un riconoscimento assoluto dei diritti della donna e
delle libertà dell’omosessualità. Non è tollerabile che comunitarismo,
multiculturalismo o tradizione autorizzino dei comportamenti predatori che
cerchiamo di sradicare da un secolo.
d) In un
universo sempre più in preda alla bruttura del denaro e del calcolo egoista, il
ritorno alla bellezza, all’amicizia, all’amore, alla generosità, all’aiuto
reciproco propaga una sovversione che rende ridicolo il ritornello delle buone
intenzioni morali e caritative. Il senso umano se la ride dell’umanitarismo,
come la vita autentica delle messe in scena che la falsificano.
e) Il
consumismo ha dimostrato che un piacere comprato è un piacere sprecato.
Spegnendo il neon dei supermercati, l’impoverimento si accende di luci meno
ingannevoli. Annunciando il crollo dell’inutilità redditizia, esso lascia alla
penuria in arrivo il tempo di rigenerare la terra, di ritrovare un cibo sano e
delle delizie che non siano più adulterate. Così come il coronavirus ci ha
insegnato a rinforzare meglio la nostra immunità, il fallimento economico ci
ingiunge di ricorrere alle nostre risorse creative. Il “do it yourself” fotte il self
made man che l’affarismo aveva esaltato come il suo eroe.
f) La
protezione degli animali, della vegetazione, dei paesaggi, della natura ha
smesso di essere un pastello venduto sul mercato ecologico. Per quanto utile
sia e pur andando oltre la compassione, l’aiuto tutelare alla terra e alle sue
specie ha l’inconveniente di essere un imperativo. Esso cede ora il posto a un
sentimento fusionale con il vivente. La coscienza di una “vita profonda”
ravviva in noi gli elementi minerali, vegetali, animali che la superficialità
della sopravvivenza percepiva come stratificazioni morte. In tal modo si
compie, senza dubbio, il più grande passo dell’Uomo verso la sua umanità.
g) Il
richiamo della totalità ha sempre risuonato nel cuore del nostro destino. Il
mondo nuovo si abbozza nello stupore che i bambini insegnano a chi riscopre la
propria infanzia. C’è donato d’imparare a rinascere nella rinascita del mondo.
Raoul Vaneigem, 21 dicembre 2020
RAOUL VANEIGEM
RETOUR A LA BASE
Thèses et observations sur les objectifs de la
lutte en France
. Lettre
du Chili
À propos du Chili ces jours-ci, il me semble
que le terrorisme sanitaire et la farce électorale ont fini par écraser la force
insurrectionnelle créatrice qui nous avait tous réveillés ici de la main des
jeunes générations. Toutes les raisons qui ont motivé ce soulèvement sont
toujours là, et il semble même que les conditions existentielles de tous se
soient dégradées, mais ce grand rejet collectif d'il y a quelques mois (non à
l'appauvrissement enduré jusqu'à l'insupportable ! Non à la compétition
impitoyable entre frères et sœurs, non à une existence où nous ne sommes que de
simples machines à consommer et à travailler, etc.) n'a pas réussi à avancer
dans la création de nouvelles formes de vie. Au contraire, cette lutte qui
faisait revivre l'essence humaine en chacun de nous a été figée dans une sorte
de simulation.
Il y a encore des manifestations sur la Plaza
de la Dignidad (et dans d'autres places et territoires du Chili), mais elles
n'ont plus le monde ou la fraîcheur d'avant. Je vois qu'une grande partie du
peuple gaspille son énergie vitale, d'une part, dans une absurde confrontation
avec la police et, d'autre, à rentrer dans un dialogue de sourds avec le
pouvoir. Les premiers offrent leur corps comme matière première à la machine
répressive et nourrissent ainsi le rituel qui permet aux policiers de
s'affirmer dans leur rôle de subjugueur invincible. Les seconds, croyant aller
dans le sens du changement, sont vampirisés par le cadavre de la politique et
nourrissent le rituel d'aliénation sur lequel se fonde la normalité
capitaliste. Bref, la force insurrectionnelle créatrice reste éteinte car la
lutte pour la vie, au lieu de se dérouler sur son propre territoire, en la
créant, continue à se dérouler au terrain du capital, sans avoir fait aucun
saut qualitatif, pas de rupture avec l'ordre de la misère.
Comment en sortirons-nous de cette impasse?
Est-ce qu’elle va durer encore trente ans? Que pourrait la
propagation d’un sentiment d’indignité face à l’aggravation des contradictions
(qui semble déjà en cours ici) ? Le « triomphe électoral »,», qui aurait annoncé la fin de l'héritage de
Pinochet, est en train de se transformer en cauchemar et en labyrinthe
bureaucratique qui exclut les aspirations et les possibilités réelles de
participation de la majorité qui a voté pour le changement de la Constitution
et réaffirme le pouvoir du vieux monde. Les jeunes prisonniers de la révolte
sont accusés sans preuves et condamnés à plusieurs années de prison, tandis que
les chefs d'entreprise chiliens sont condamnés à des cours d'éthique (pour
escroquerie et vol à visage découvert à des millions de personnes, etc.).
Comment provoquer la sortie de l'impasse ?
(…) Par bien des aspects, la normalité
capitaliste a récupéré pas mal de terrain. Le ras-le-bol social augmente mais
ne paraît pas échapper au rituel de la confrontation directe dans la rue. Cette
confrontation aboutira-t-elle, dans les territoires que nous habitons, à
résoudre nos problèmes de première nécessité ou allons-nous rester dans les
territoires symboliques où le pouvoir gère nos rages réprimées ? A ce
jour, les protestations continuent mais elles se transforment en un sanglant spectacle
de mutilation des masses, complètement intégré par la nouvelle politique
publique d’administration des populations « excédentaires. » En gros,
la cité devient ce qu’ils rappellent qu’elle fut : un lieu inhospitalier,
violent, peuplé par des individus hostiles.
La mort de l'insurrection m'a laissé assez
triste et déçue pendant longtemps. Me faisaient mal tous les morts, tous les
mutilés, tous les emprisonnés, toute la puissance réduite au néant. Petit à
petit, cependant, j'ai affiné en moi son moment de vérité, ce que cette
expérience m'a appris dans la chair et sa mémoire, se sont transformés en
invitation et en appel. Bien que je ne sache pas vraiment ce qui nous sortira
collectivement de cette impasse, ce que je sais c’est que je n’en suis plus à
attendre la révolution sociale pour affirmer, ici et maintenant, une nouvelle
manière d'être dont le pôle magnétique soit la vie, ma vie. Peut-être que cela
semble un peu égoïste, mais je sais que tu comprends ce que je veux dire, tu
l'as dit: "apprendre à vivre, ce n'est pas apprendre à survivre".
Quel monde serait le nôtre si chacun décidait
d'être ce qu'il est et non ce que les autres veulent qu'il soit? Et s'ils
pouvaient mettre les besoins de leur être essentiel au centre de leur existence
au lieu des exigences de la communauté abstraite de l'argent? Je pense que s'il
y a jamais une révolution qui met fin au mode de destruction du capital,
affirmant la vie de la communauté humaine, elle ne pourra pas venir d'une lutte
sacrificielle, mais plutôt de la contagion de la joie d'exister au-delà toutes
les identifications qui nous opposent et nous séparent de nous-mêmes et du
tout.
Donne-moi tes impressions sur ce qui se passe
en France et dans le monde.
Traduction Josep Coromini
2.
Réponse de Raoul Vaneigem
(...) Je te remercie de ton message. Il rend
compte avec beaucoup de clarté d’une situation qui présente pas mal de
similitudes avec la France. Un ami a traduit ton analyse en français et je vais
la communiquer aux insurgés qui ne « désarment » pas. Pour répondre à
ton souhait, il m’a paru pertinent de formuler une séries de thèses sur l’état
des lieux et des temps. Tu les trouveras en pièce jointe (je vais peut-être les
faire éditer en petit pamphlet car je crains une offensive de la censure sur le
Net)
Je persiste à penser qu’un grand éveil des
consciences sortira tôt ou tard de leur torpeur celles et ceux qui dorment sur
le grand possible. (...)
RETOUR A LA BASE
Thèses et observations sur les objectifs de la
lutte en France
1.
L’autodéfense
de la femme
est au cœur
de l’émancipation individuelle et sociale.
Débarrassée
du féminisme étatique et autoritaire, la volonté d’éradiquer le comportement
patriarcal est le plus sûr moyen d’en finir avec la peur et le mépris et de la nature
et de la vie.
2.
Contre les
résurgences du patriarcat.
Religieux
ou laïque, de gauche ou de droite, le comportement patriarcal est le pilier de
la société hiérarchisée. Il faut, pour l’abattre, abolir le règne des chefs,
sans distinction de sexe.
3.
Contre
l’écologie idéologique.
Le viol
et la violence sont inhérents à une économie fondée sur l’exploitation de la
nature. C’est de son pillage, inaugurant le règne de la marchandise, que date
l’infortune de la femme. L’écologie restera une idéologie de marché tant que le
combat de la femme pour son autonomie n’impliquera pas une nouvelle alliance
avec l’univers de la vie.
4.
Contre la
manipulation de la peur.
La
crainte suscitée par l’apparition d’un virus, à la fois insolite et prévisible,
a été délibérément amplifiée par le pouvoir a des fins désormais évidentes :
a)
tenter de dissimuler l’état désastreux des structures sanitaires, devenues des
entreprises à but lucratif.
b) obtenir à l’échelle planétaire un confinement des
populations qu’aucun régime totalitaire n’avait réussi à imposer. La liberté,
déjà réduite à celle de travailler (arbeit macht frei) et de
consommer, est aujourd’hui
conviée à une joute factice où la
forfanterie des négateurs du virus défie l’hystérie des affolés qui en
exagèrent les effets.
c)
stimuler le développement du marché sécuritaire. En alimentant le fonds de
commerce du populisme fascisant (racisme, sexisme, peur de l’autre), il profite
aussi à une gauche trop heureuse d’avoir à combattre sur le front des
idéologies plutôt que sur le front social où elle s’est discréditée.
d) la
terreur où chacun se calfeutre joue en faveur du principal souci des
gouvernants : durer le plus longtemps possible, même en pourrissant sur
pieds.
5.
Contre la
paupérisation de la vie.
« Jouissez d’aujourd’hui car demain sera pire » a
été le slogan consumériste le plus efficace du capitalisme. Désormais, il n’en
a plus l’usage car il nous met devant un fait accompli. Il décrète «le pire est
arrivé, force est de vous en accommoder». Le modèle chinois est en place, en
attente de technologies toujours plus efficaces. Le prochain remède à la
paupérisation – hormis la suppression des inutiles – sera le bol de riz et le
transhumanisme.
6.
Contre le
retour du puritanisme.
La
nécessité de travailler proscrit la jouissance de soi et du monde. Cet
interdit, le patriarcat l’a érigé en dogme. Mais en stimulant le marché des
plaisirs consommables, le consumérisme lui a porté des coups mortels. La
paupérisation qui menace la course à la consommation provoque le retour du
puritanisme sous sa forme particulièrement vicieuse : la peur et le mépris de
la vie. Le confinement tue en tuant les relations affectives. N’entendez-vous
pas retentir avec un bruit de chaînes ces cris de veillée funèbre : « Fini
de rire ! Fini de jouir ! Fini de vivre ! » ?
7.
Contre la
réification ou transformation en chose.
Le
capitalisme ne voit dans la vie qu’un objet marchand. Il ne tolère pas qu’elle
échappe à la toute puissance de l’argent. La machine du profit montre qu’au
prétexte d’un virus de passage elle a été capable de déclencher une véritable
peste émotionnelle. Une hystérie panique a poussé des millions d’individus à se
terrer dans un coin, où le désespoir et la morbidité achevaient de les délabrer,
de les déshumaniser.
8.
Contre le
sacrifice.
Le
consumérisme avait fondé son pouvoir de séduction sur le mythe de l’abondance
édénique. Le « tout à la portée de tous » prêtait une éphémère
séduction à ces libertés de supermarché qui s’arrêtent au tiroir-caisse. Le
salaire durement gagné trouvait sa récompense dans un laisser-aller qui avait
les vertus d’un défoulement. Avec la paupérisation qui vide le « panier de
la ménagère » l’exhortation à se sacrifier remonte en surface, tel le
péché originel que l’on croyait enfoui dans le passé. Il faut accepter la
Chute, il faut admettre que la vie s’assèche. Le temps est venu de rappeler
qu’on ne travaille jamais assez, qu’on ne se sacrifie jamais assez. L’existence
non lucrative est un délit. Vivre est un crime à expier. L’éloignement, le
repli sécuritaire, la peur de l’autre instaurent une pratique de la délation,
un culte de la pudibonderie, un regain de violences, une avancée de
l’obscurantisme (à défaut d’oser brûler les livres, le gouvernement français
les taxe d’inessentiels.)
9.
Contre le
marché de la tuerie sanitaire et sécuritaire.
a) En
France, la gestion politique des soins de santé a prémédité l’assassinat en
série des premières victimes de la paupérisation : les retraités, les
vieux, les dénués d’efficacité lucrative. La République des nantis a fait peser
la main froide de l’argent sur la république des sans grade. Elle a agi et
continue d’agir sous l’emprise d’une économie pour qui le profit à court terme
compte plus que la santé d’un peuple. Ne nous y trompons pas : elle
annonce sans ménagement la solution finale que la tyrannie mondialiste
réserve aux peuples décidés à ruiner l’enrichissement des riches.
b) La
sécurité, garantie par contrat social au citoyen, a laissé place à une
idéologie sécuritaire qui accroît et multiplie les dangers, l’agressivité, les
actes de folie. La police et la magistrature dont la fonction officielle est de
nous prémunir contre les violeurs, les assassins, les empoisonneurs et les
pollueurs en sont devenus les sbires en raison des tendances fascisantes
encouragées en leur sein par l’Etat. La stratégie du bouc émissaire – qui
accable pêle-mêle gilets jaunes, émigrés, manifestants écologistes, musulmans
et incendiaires de poubelles – les frappe à leur tour au cri de « tout le
monde déteste la police ». La manipulation a pour but de détourner notre
attention de la liberté de nuire laissée à ceux qui dévastent impunément
la planète et viennent «jusque dans nos foyers» violer notre liberté de vivre.
10.
Contre le
progrès technologique qui déshumanise.
L’intrusion d’un virus a
dévoilé le cynisme des groupes de pression pharmaceutiques et médicaux. On les
a vu moins soucieux de soigner les humains que d’engranger les bénéfices d’une
morbidité dont la presse oligarchique et ses compteurs de la mort trafiquée
amplifiaient la hantise. La logique économique confirme ainsi l’imposture d’un
progrès technologique qui, pour justifier ses mensonges d’aujourd’hui, bat le
rappel des vérités d’hier. Nul ne conteste l’utilité originelle des antibiotiques,
des vaccins contre la tuberculose, la poliomyélite, le tétanos mais quelle
confiance accorder à des lobbies qui jettent sur le marché d’anciens
médicaments vendus sous de nouvelles appellations ? Comment se fier à des
vaccins expérimentaux délivrés à des bien-portants comme l’extrême onction à un
agonisant ? Comment tolérer de surcroît que les instances au pouvoir calomnient
et poursuivent pénalement les praticiens de terrain qui dénoncent leurs
malversations ? A quand la bonne vieille méthode de Staline liquidant les
médecins complotistes ?
11.
Pour une réinvention
permanente.
«Ils ne savaient pas que
c’était impossible, alors ils l’ont fait.» Le propos de Mark Twain gagne chaque
jour en pertinence à mesure que se multiplient, décroissent et renaissent les
insurrections planétaires. Chacun s’en aperçoit : les affrontements idéologiques
sont des leurres. Le vrai combat est partout où
les habitants d’un village ou d’un quartier urbain refusent les pesticides et
les nuisances, renouvellent l’enseignement, restaurent les structures
hospitalières, posent le problème de la mobilité, sauvent les commerces locaux,
étudient le passage de l’agro-alimentaire à une agriculture renaturée, ouvrent
des centres d’accueil pour celles et ceux qui subissent au quotidien une
oppression bureaucratique, économique, familiale, sexiste ou raciste.
12.
Pour une
autodéfense sanitaire.
Les mesures coercitives et incohérentes dont nous sommes victimes
résultent des malversations budgétaires qui ont ruiné et ruinent les structures
hospitalières. Celles et ceux qui œuvrent sur le
terrain n’ont nul besoin de complotisme et d’anti-complotisme pour dénoncer les
discours qui nous éloignent de la réalité vivante. Cependant, vitupérer le
mensonge du haut ne fait pas reculer d’un pouce la politique d’étouffement
budgétaire. N’est-ce pas
s’enliser dans la victimisation que de ne pas donner la priorité, ici et
maintenant, au bien-être individuel et social, de ne pas briser la tyrannie
du profit, principale cause du mal-être et des troubles qui en
découlent ? L’Etat fait primer sur l’efficacité des médecins
de terrain, en contact direct avec leurs malades, les intérêts de firmes
pharmaceutiques multinationales qui stipendient la valetaille politique. Le
simple bon sens prescrit de restaurer la relation consensuelle
entre patients et praticiens, voire d’encourager une automédication sinon
curative du moins préventive.
a) L’examen du
virus en vogue nous a appris que son intensité variait d’une région à l’autre.
Le traiter sur le plan national et mondial est une sottise. Il appartient aux
assemblées citoyennes de décréter l’autodéfense sanitaire. Agir sur le terrain
où patients
et médecins cohabitent, se connaissent, entretiennent des relations de confiance, éveille à
une conscience d’aides-soignants qui s’initient à éradiquer la morbidité
dominante et à révoquer ses cyniques gestionnaires.
b) Tout en faisant preuve, en certains domaines, d’une
efficacité incontestable, le progrès médical a jeté le discrédit sur un usage
des plantes qualifié de « remède de bonnes femmes », une appellation qui en dit
long sur l’esprit patriarcal de la médecine conventionnelle. La flore a été pillée, brevetée, frelatée, vendue à des
populations qui en disposaient gratuitement et étaient en mesure d’en améliorer
les vertus. A nous d’empêcher sa spoliation par une science sans conscience et
de veiller à ce que la phytothérapie ne tombe pas dans le marché alternatif,
prêt à la récupérer avec la même logique boutiquière.
c) La nocivité
du confinement, du repli sur soi, de la peur panique d’une mort programmée a
montré a contrario la vertu thérapeutique de la joie d’être ensemble, de
se rencontrer, de se toucher sans « gestes barrière ». La peur de
vivre a toujours galvanisé l’attrait de la mort. Nazisme et stalinisme l’ont
démontré. Qui ne fait fête au plaisir d’exister fait fête à la charogne. Ce qui
mobilise aujourd’hui les insurgés planétaires c’est le combat sans merci du
parti pris de vivre contre le parti de la mort. C’est ce parti de la mort que
la civilisation marchande enrégimente en s’autodétruisant à la volée.
13.
Pour une autodéfense
alimentaire.
La fausse garantie de
nourrir les populations du globe ne dissimule plus le vrai mobile des monopoles
agro-alimentaires, qui est de promouvoir pour tous une nourriture infectée à
des fins lucratives. Qui pourrait croire à la philanthropie de groupes qui
s’enrichissent en altérant la santé des consommateurs ? Ne voit-on pas
l’État et ses commanditaires supranationaux accorder aux pesticides et autres
nuisances la liberté commerciale de polluer la planète ? Victimes d’un
endettement croissant, nombre de paysans se retrouvent à la fois empoisonnés et
empoisonneurs. Cessons d’en faire des boucs émissaires ou des pions sur
l’échiquier électoral. La question qui se pose est : comment venir en aide
à ceux qui s’orienteront vers la permaculture ou autre forme d’agriculture
renaturée ? Vous êtes lassés du discours abstrait ? Vous voulez du
concret ? Voilà la pierre de touche à laquelle frotter les belles intentions
écologistes.
14.
Pour une autodéfense
scolaire et culturelle.
A l’encontre de l’école
militarisée qui sévit encore de nos jours, nous désirons promouvoir un
enseignement pour tous les âges. Agora, place publique, maison du peuple,
centre communal sont les jardins d’un savoir prodigué par cette passion majeure
et inextinguible qu’est la curiosité. L’apprentissage ludique du «vivre
ensemble» montre qu’il exclut compétition, prédation, culpabilisation,
sectarisme. Redécouvrir la joie de vivre en
créant un environnement qui la favorise fortifie peu à peu cette autonomie qui
nous protège en nous libérant de la protection des autres. C’est un art
difficile qui exige une tout autre forme d’intelligence que la ruse et
la force requises par les guerres financières et les rivalités de pouvoir.
L’intelligence sensible est l’intelligence du vivant ; elle prévaut
toujours sur celle du portefeuille.
a) Le
grégarisme finit où l’individu se libère de l’individualisme. La créativité
dont font montre les insurrections de notre temps annonce la fin de la foule
imbécile et versatile. Le calcul égoïste assèche la pensée. L’entraide la
revivifie.
b) La qualité l’emporte sur
le nombre. Les propos d’un Gilet jaune d’une quinzaine d’années, entendus lors
d’une manifestation de rue, laissent à penser par leur acuité que
l’intelligence sensible et jubilatoire de quelques uns suffira à crever la baudruche,
démesurément enflée, des préjugés
millénaires.
c)
L’intelligence sensible est celle de l’être. Elle supplantera la gestion
intellectuelle de l’avoir. Paupérisation oblige !
15.
Pour une autodéfense
énergétique.
Le capitalisme industriel
avait favorisé dans son essor l’efflorescence d’inventions nouvelles
(électricité, machine à vapeur, chemin de fer). Ce qui subsistait de recherche
indépendante est désormais soumis au contrôle accru des intérêts mercantiles
qui gèrent les budgets. Le capitalisme financier produit un vide de la science et de la
conscience. Cette béance, «dont la nature a horreur», révèle d’autres voies
possibles, elle encourage à explorer un savoir issu de la vie ; non plus
de la survie, comme ce fut le cas jusqu’à présent. Physique, biologie, art,
médecine sont en quête d’une refonte radicale. Alors que, sous le choc du
coronavirus, les milieux scientifiques se sont discrédités par leur
incompétence, leurs mensonges et leur arrogance, la curiosité et le goût de la
recherche sont en quête d’un nouveau dynamisme. Marginalisés par les lobbies
scientifiques, nombre d’investigateurs aspirent à la liberté de puiser dans la
vie inexplorée de quoi améliorer notre existence quotidienne et son
environnement.
a) Il appartient aux
collectivités locales et régionales de soutenir les projets contribuant à la
gratuité de l’électricité et du chauffage. Seules l’ingéniosité et l’obstination
permettront d’évincer la mainmise des mafias vert-dollars sur les énergies
renouvelables.
b) Il en va de même pour
l’auto-organisation de la mobilité qui exige la mise en place de transports non
polluants et gratuits. Ce que l’État et les mafias pétrolières ont détruit,
n’est-ce pas aux collectivités locales de les réinventer ?
c) Nul besoin d’apocalyptisme pour comprendre que nous sommes au cœur d’une
mutation de civilisation. Si tout change de base, cela signifie aussi que les
décisions à prendre en matière d’environnement relèvent exclusivement des
assemblées communales et régionales et n’ont que faire de référendums patronnés
par l’État pollueur.
16.
Pour une autodéfense
monétaire.
La plupart des économistes
conviennent que la gestion mondialiste du profit prépare la suppression du cash
au profit de cartes bancaires, qui comportent en prime le profil policier de
leur utilisateur.
a) Alors que des millions de
citoyens vont se trouver dans l’impossibilité d’acquitter taxes et impôts
(destinés à enrichir les riches), une initiative se propage : la création
de banques coopératives locales, avec une monnaie non capitalisable, dont la
valeur d’échange sert, en circuit fermé, à rétribuer les commerces locaux, à
subventionner les entreprises d’utilité publique, à soutenir les projets
d’indépendance énergétique, à faciliter l’émergence d’une agriculture
renaturée.
b) Une telle mesure a
l’avantage d’assurer la primauté de la valeur d’usage sur la valeur d’échange,
autrement dit d’annoncer la fin de la marchandise.
17.
Il appartient
aux assemblées de démocratie directe de hâter par en bas
le dépérissement
de l’Etat qui pourrit par le haut.
a)
L’État n’est plus qu’un instrument manipulé par les firmes multinationales,
qui, avec ou sans le relais de l’Europe, lui imposent leurs lois et leurs
juridictions. La répression policière est la seule fonction qui lui incombe
encore.
b) Le
jacobinisme, traditionnellement chargé d’assujettir la province à Paris, subit
de plein fouet la politique incohérente d’un gouvernement qui ne gouverne plus
et a fait du mot élite le synonyme d’imbécile. Le danger est de
voir lui succéder des régionalismes qui ne feraient qu’ajouter des Etats dans
l’État national.
c) Le parlementarisme masque de moins en moins
l’odieux ridicule d’une dictature qui n’a gardé de la démocratie que le nom de
baptême. Les élections ont toujours été les arènes où la jactance des
élus sollicitait la sottise d’électeurs persuadés d’être représentés par eux.
Cependant, l’ineptie, le mensonge, la corruption des politiques, tous partis et
factions confondus, ont atteint à un tel cynisme que la probabilité d’une
abstention massive s’accroît dangereusement. Si bien que les instances gouvernementales
différeraient, voire annuleraient volontiers la bouffonnerie électorale. Ne
serait-ce que dans l’espoir de susciter un regain d’intérêt en sa faveur.
d) Le
vote et la démocratie directe prennent tout leur sens chaque fois qu’une
collectivité locale est appelée à se prononcer sur un problème qui la concerne
au premier chef. La vérité du terrain dévoile les mensonges du haut,
elle récuse ces statistiques qui se moquent des réalités vécues. Celles et ceux qui sont sur le lieu de leur
existence ne sont-ils pas les mieux à même de juger si un décret qui les
concerne est inique ou nuisible ? Qui est plus qualifié qu’eux pour
décider des moyens de le combattre ?
e) De
défenseur de la République qu’il prétendait être, l’État en est à se protéger
contre les citoyens à qui il arrache les droits dont il était le garant. Son
délabrement le contraint de convertir en milice privée une police dont une
partie réprouve les atteintes aux Droits de l’Homme. Hochet du capitalisme
financier, l’Etat règne sans gouverner. Il n’est plus rien. Son inanité sonne
pour nous l’heure d’être tout.
18.
Pour une république
autogestionnaire abrogeant la république parlementaire et affairiste.
L’époque où nous tentons de vivre parmi les ruines est celle d’une mutation
dont les séismes ébranlent le monde entier : la vieille civilisation n’en
finit pas d’agoniser, la nouvelle tarde à éclore comme si elle redoutait sa
propre audace.
a) La
parodie d’une guerre civile entre conservatisme et progressisme participe d’une
mise en scène qui dissimule la vraie guerre, la guerre de destruction massive
entreprise par le capitalisme. Pendant que s’affrontent rétro-bolchévisme et
rétro-fascisme, les mafias mondialistes empoisonnent et polluent impunément
villes et villages. Communes, quartiers, régions aspirant à plus d’humanité
demeurent isolés et sans voix, tandis que la rage impuissante et l’indignation
compulsive se défoulent en provocations de matamores et en incendies de
poubelles.
b)
L’Etat et ses commanditaires font primer leurs intérêts en méprisant les
nôtres. A nous de nous préoccuper de notre propre sort. Le sens humain est
notre légitimité.
c)
Notre lutte est inséparablement existentielle et sociale. Elle ne nie pas les
options personnelles religieuses et idéologiques, elle est l’entraide qui les
dépasse et possède l’art de les harmoniser. Dans le combat de la désobéissance
civile, qui se soucie de la couleur de peau, du sexe, des croyances ?
d) Le
peuple prenant par lui-même les décisions qui le concernent, lui et son
environnement, s’inscrit dans la lignée de l’expérience autogestionnaire menée
par les collectivités libertaires espagnoles de 1936. Les zapatistes du
Chiapas, les insurgés du Rojava, la tendance la plus radicale du mouvement des
Gilets Jaunes en France s’en inspirent aujourd’hui unanimement en dépit
d’une grande diversité de conditions historiques, politiques et géographiques.
L’apparition de petites sociétés cherchant à s’autogérer et à se fédérer de
communes en régions, expose inévitablement à des erreurs, à des confusions, à
la «chienlit» comme disent les cancrelats d’Etat. Mais, où il n’y a ni mort
d’homme ni culpabilité, tout se corrige. Que risquons-nous à expérimenter des
sociétés du vivre ensemble alors qu’en permanence nous servons de cobayes dans
les laboratoires de la déshumanisation et du profit ?
19.
L’émergence de microsociétés passant outre à l’autorité étatique
permet-elle
une
coexistence avec les instances dirigeantes ?
a) Le dialogue avec l’État
n’existe plus. Aucune doléance du peuple n’a été reçue, si ce n’est à coups de
matraque. Pourtant, malgré la rupture effective – et sans même espérer des manifestations qu’elles
obtiennent le retrait de décrets iniques –, il est bon de soumettre l’État à un harcèlement constant. Rappeler leur
parasitisme aux instances gouvernementales gagnera en pertinence lorsque les
microsociétés qui font retentir les rues des cris de la liberté, opposeront aux
diktats du totalitarisme démocratique la légitimité de décrets votés par leurs
assemblées de démocratie directe.
b) La colère et la
résistance d’un nombre croissant de maires de villages et de quartiers urbains
soulignent la ligne de démarcation existentielle et sociale qui sépare en chacun
d’eux le fonctionnaire d’État et le garant du bien-être des administrés. Le
déchirement sans cesse accru entre intérêts privés et bien public est de nature
à rallier aux assemblées de démocratie directe nombre de citoyens déstabilisés
par l’appauvrissement, la tyrannie des interdits, les taxes à payer (petites
entreprises, paysans, avocats, enseignants, médecins, commerçants, artisans,
hôteliers, cafetiers, policiers de proximité écœurés par le rôle que l’État
oligarchique leur assigne). Au maire de résister aux menaces et pressions
étatiques et mafieuses, de prendre en compte les intérêts de la population, de
devenir un interlocuteur éventuel entre l’Assemblée et l’État. Le jeu de
bascule revêt autant d’importance (sinon plus) que la révolte d’une partie de
la police qui passerait au côté du peuple insurgé avec l’assurance d’exercer un
service public que seule abolira la prééminence de l’être humain sur l’homme
prédateur.
c) Un collectif
autogestionnaire s’efforçant d’esquiver un affrontement avec l’État et avec le
suprématisme économique aurait le mérite d’éviter une violence qui répugne à la
plupart des citoyens, même si la majorité silencieuse est un grand cri de
haine. Néanmoins, qui niera que la violence est, de toute évidence,
indispensable à un pouvoir qui ne doit sa survie qu’à la répression ?
Comme l’écrasement de la ZAD de Notre Dame des Landes le laisse présager,
l’apparition de microsociétés s’émancipant de la tyrannie étatique et marchande
suscitera une intervention militaire du gouvernement français, avec l’appoint
d’une extrême-droite dont il ne cesse de conforter les espérances dictatoriales
sous couvert de les combattre.
20.
Pour une guérilla
démilitarisée.
L’insurrection planétaire en cours émane de la vie quotidienne des femmes,
des hommes, des enfants. Le phénomène n’est pas nouveau, ce qui est nouveau,
c’est la prise de conscience qui la propage. Ses revendications vont bien
au-delà de la satisfaction consumériste. Sa poésie s’échappe du panier de la
ménagère avant même qu’il soit vidé par la paupérisation.
a)
L’insurrection de la vie quotidienne offre une surprenante singularité. Elle
est une insurrection pacifique en ce
qu’elle veut dépasser la lutte traditionnelle entre pacifisme réformiste et
révolution barricadière. En
ce qu’elle brise ce piège des dualités – du pour et du contre, du bien
et du mal – qui a besoin pour fonctionner du terrain miné
et militarisé où le pouvoir est roi.
b) La
vie est une arme qui harcèle sans tuer.
L’ennemi ne manque pas une occasion de nous entraîner sur un terrain qu’il
connaît parfaitement car il en possède l maîtrise militaire. En revanche, il
ignore tout de la passion de vivre qui renaît sans cesse, abandonne un
territoire dévasté, se le réapproprie, multiplie les
occupations de zones à défendre, disparaît et reparaît comme le chat du
Cheshire. Il est incapable de comprendre que le combat de la vie pour l’être dissout l’avoir et révoque l’ordre de la misère.
Notre guérilla est sans fin. Au contraire de la lutte pour l’avoir qui elle, ne
survit pas au dépérissement de l’être qu’elle provoque. La cupidité est un
étouffement.
c) «Ne
jamais détruire un être humain et ne jamais cesser de détruire ce qui le
déshumanise » est un principe de lutte qui a le mérite de s’en prendre à
un système d’oppression et non à ceux qui s’en croient le moteur et n’en sont
que les rouages. Saboter l’implantation d’une nuisance n’est pas tuer ceux qui
en sont responsables.
d) Le
temps est avec nous. L’insurrection de la vie quotidienne commence à peine
à faire preuve de sa créativité et de sa capacité de renaître sans cesse. Mieux vaudrait se soucier non
d’aller plus vite mais d’aller plus loin.
e) Collationner en
Assemblées les fragments d’une Constitution par et pour le peuple apportera
le poids de la légitimité au refus des décrets liberticides que nous impose le
totalitarisme démocratique. En nous plaçant devant leur fait accompli,
les instances du haut nous défient de leur opposer le nôtre. Or nous n’avons
que faire de relever un défi qui ne ferait que nous traîner sur le terrain de
l’ennemi. Notre message est clair : le droit de vivre passe outre aux
ordonnances de l’argent qui tue.
f) L’important
n’est pas le nombre des insurgés mais la qualité des revendications.
L’autonomie des individus est la base de l’autogestion. Elle émancipe de
l’individualisme, qui prête une liberté fictive aux moutons de la servitude
volontaire. Elle apprend à distinguer militantisme et militarisme. L’engagement
passionnel ne peut se confondre avec le sacrifice. Le combat pour la liberté
refuse les ordres. La confiance et le mandat que lui accorde la solidarité lui
suffit.
g) L’autonomie individuelle dispose d’une
puissance de harcèlement inépuisable. Or la peau du Léviathan ne cesse de se
distendre et le rend vulnérable aux
piqûres de moustiques.
21.
L’autodéfense
environnementale est une autodéfense de la joie de vivre.
Que
celles et ceux qui trouvent la formule abstraite ou vide de sens se référent à
leur propre existence quotidienne et au milieu ambiant qui la conditionne.
N’est-ce pas le terrain où leurs problèmes psychologiques, familiaux, sociaux
se tortillent et appellent à l’aide ?
a) L’idée que l’on accroît son bonheur en favorisant le bonheur des autres
a l’occasion de se concrétiser en ouvrant des centres d’accueil pour celles et ceux qui
subissent dans leur quotidien une oppression bureaucratique, économique,
familiale, sexiste ou raciste.
b) Il n’est pas jusqu’au problème de l’accueil des migrants que
l’entraide ne puisse résoudre. Sous la glaciation statistique qui les réduit à
des objets, il y a des êtres humains en détresse qu’un grand nombre de communes
auraient le loisir d’héberger en petit nombre, avec l’assentiment de la
population locale.
c) C’est bien le moins que la générosité humaine qui vient en aide aux
plus faibles implique chez les accueillis comme chez les accueillants une
reconnaissance absolue des droits de la femme et des libertés reconnues à
l’homosexualité. Il n’est pas tolérable que communautarisme, multiculturalisme
ou tradition autorisent des comportements prédateurs que nous tentons
d’éradiquer depuis un siècle.
d) Dans
un univers de plus en plus en proie à la laideur de l’argent et du calcul
égoïste, le retour à la beauté, à l’amitié, à l’amour, à la générosité, à
l’entraide propage une subversion qui ridiculise la ritournelle des belles
intentions morales et caritatives. Le sens humain se moque de l’humanitarisme, comme
la vie authentique des mises en scène qui la falsifient.
e) Le consumérisme a démontré qu’un plaisir acheté est un plaisir gâché.
En éteignant le néon des supermarchés, la paupérisation s’éclaire de lumières
moins trompeuses. En annonçant l’effondrement de l’inutilité rentable, elle
laisse à la disette à venir le temps de renaturer la terre, de retrouver une
nourriture saine et des agréments qui ne soient plus frelaté. De même que le
coronavirus nous a enseigné à mieux renforcer notre immunité, la faillite économique
nous enjoint de recourir à nos ressources créatives. Le «do it yourself »
fait la nique au self made man dont l’affairisme avait fait son héros.
f) La
protection des animaux, de la végétation, des paysages, de la nature a cessé d’être
un pastel vendu sur le marché écologique. Si utile qu’elle soit et même si elle
va au-delà de la compassion, l’aide tutélaire à la terre et à ses espèces a
l’inconvénient d’être un impératif. Elle cède aujourd’hui la place à un
sentiment fusionnel avec le vivant. La conscience d’une «vie profonde» ravive
en nous les composantes minérales, végétales, animales que la superficialité de
la survie percevait comme des stratifications mortes. Ainsi s’accomplit sans
doute le plus grand pas de l’Homme vers son humanité.
g)
L’appel de la totalité a toujours résonné au cœur de notre destinée. Le monde
nouveau s’esquisse dans l’émerveillement que les enfants enseignent à qui
redécouvre son enfance. Il nous est donné d’apprendre à renaître dans la
renaissance du monde.
Raoul Vaneigem,
le 21 décembre 2020