mercoledì 2 settembre 2020

Critica del misticismo in tutte le sue forme passate, presenti e (speriamo di no) trans-umaniste future

Coronavirus, a Pompei un murale dei Simpson sul divano: «Sweet home»,  l'opera dello street artist Nello Petrucci - Corriere.it

Mentre l’organizzazione mondiale del commercio[1] sta rimettendo in moto la macchina dello sfruttamento globale bruscamente handicappata dal coronavirus, gli elementi che ne permettono il funzionamento planetario in tempi normali, proprio perché scombussolati dall’emergenza, risaltano ben visibili nella loro mostruosità, tra le faglie sismiche del terremoto sanitario appena passato le cui scosse sono sempre attive. Mettere a fuoco queste tracce destinate a essere cancellate dall’oblio (almeno questa è la ferma intenzione del sistema globale che domina il mondo), è un’azione necessaria quanto meritevole di sostegno.

Siano essi degli specialisti al servizio del potere globale o degli oppositori incoscienti che assecondano l’alienazione pretendendo di combatterla, gli aficionados della manipolazione delle coscienze agiscono per falsificare con tesi contrapposte ogni traccia di verità oltre le apparenze. Mettendo in scena ad hoc uno psicodramma che manipola in tutti i sensi la paura e manovra la pur reale gravità della pandemia, i servitori volontari del sistema dominante spingono il gregge dei ribelli più confusi a delirare – per riflesso – sull’inesistenza del virus, ostacolando così, tutti insieme, l’emergere di una coscienza di specie che potrebbe, forse, salvare la socialità umana da un degradamento che si sta pericolosamente aggravando.

Dietro la tecnica della manipolazione che la scienza psicosociale produttivista ha imparato a usare fin dai tempi delle prime scoperte freudiane[2], c’è un meccanismo di alienazione che possiamo definire culturale in quanto risposta esorcistica alla paura/angoscia della morte, alienazione naturale che riguarda l’umano fin dalle origini. Quest’alienazione culturale che il corpo psichico impara a secernere per calmare la paura in tutte le sue manifestazioni, ha un nome preciso che Wilhelm Reich ha scrupolosamente definito: il misticismo[3].

Mosso dall’intenzione di denunciare il meccanismo di base del decadimento progressivo dell’umanità degli esseri umani, noto i segnali di tutte le forme di misticismo all’opera per proteggere la coscienza radicale in fieri dal fenomeno storico sociale in corso. Ciò non impedisce di apprezzare la sensibilità intelligente che ha mosso alcuni “mistici” verso approfondimenti sinceri della coscienza umana distinguendo, però, questo approccio ontologico dal meccanismo di base del misticismo sociale che consiste in un’interpretazione irrazionale dei fatti e della realtà che diventa dogma, credenza, superstizione paranoica come in tutte le spiritualità scadute in religione.

La critica del misticismo è la condizione stessa della presa di coscienza radicale della condizione umana, la denuncia necessaria delle interpretazioni fumose o comunque interessate di quanti veleggiano sulle paure umane per instaurare una qualunque gerarchia di potere, dal sacerdote all’imperatore, passando per il burocrate. Non ci sarà emancipazione umana senza emancipazione dallo spirito religioso che innalza su un piedistallo marcescente una divinità celeste (qualunque sia il suo nome, il più delle volte è maschio) o il dio neutro e terrestre delle “cose redditizie” dell’economia politica, di quella mercificazione che ha divinizzato lo scambio economico come forma immanente del feticcio sacro più miserabile: il denaro.

La modernità ha trasformato il dio terribile e autoritario degli anziani monoteismi in un deodorante spray venduto a prezzi sempre più accessibili, virtualizzato da telefoni portatili e computer, impalpabile ma sempre presente, tra cookies et selfies, in un dover essere che fa dell’essere un’apparenza senza sostanza. Lo scopo coltivato da sempre di siffatto irrazionalismo morboso è di rendere la coscienza di specie impossibile, sostituendola con una falsa coscienza variabile e conflittuale di cui il sistema dominante è un produttore zelante. La formula di questa perversa manipolazione sta ormai lavorando alacremente per forzare tutti all’adesione inconscia a questa distorsione volgarmente metafisica del reale; includendo nel gregge dei gregari anche un buon numero di ribelli arrabbiati ma ciechi che interpretano la realtà con gli schemi paranoici del complottismo, velo di Maia posteriore, ultimo straccio ideologico appiccicato sul culo ormai nudo dei sempre più effimeri e interscambiabili re di servizio.

Forte della logica binaria che è la matrice di ogni misticismo, il potere s’impegna a riprodurre se stesso tanto tra i sottomessi dal super-io inossidabile che tra i rivoltosi ignari e prigionieri del mondo virtuale, dove la mistica negazionista cerca capri espiatori diabolici anziché le cause dialettiche storiche e sociali delle loro/nostre tragedie, del loro/nostro soffrire, della loro/nostra umiliazione.

Gli elementi essenziali dell’ultimo episodio di questa tragedia – la crisi del coronavirus – sono ancora lì, a portata di mano di chi voglia e possa capire. Pronti a ripetere la lezione se quelle già impartite non bastassero. Riusciremo a sottrarci alla propaganda che ci invita a cercare e sostenere dei miti (pro o contro la gravità o l’inesistenza della pandemia, ma sempre palesemente mistici) con cui permettersi il capriccio d’ignorare la realtà? Purtroppo la rete è una prigione virtuale da cui è difficile uscire senza bruciare sul rogo della paranoia galoppante.

Nel cuore di questa catastrofe, prima che un ennesimo nuovo coperchio ideologico riesca a ricoprirne gli orrori nascondendone le cause profonde e gli effetti devastatori (come il coperchio di cemento che copre la tragedia irrimediabile e sempre attiva di Chernobyl – un esempio tra i tanti del progresso tragico della civiltà produttivista), le radici velenose dei fiori virali appena odorati da almeno mezza popolazione mondiale, sono interpretate, a torto e a traverso, da individui corrosi dalla peste emozionale che accompagna e protegge il produttivismo.

La propaganda è esercitata dall’esterno per mezzo della macchina mediatica che ne è lo strumento principale, ma opera anche all’interno della psiche d’individui che la peste emozionale strutturale del produttivismo ha infettato, rendendoli paranoici e letteralmente incapaci di intendere e di volere in modo autonomo. Non a caso, nel dialogo che da qualche tempo, nel mio piccolo, provo a instaurare con i sopravvissuti, accerchiati dagli zombi di ogni credenza, ho citato più volte quell’irruzione della morale sessuale[4] patriarcale che è il primo fenomeno coercitivo visibile della rottura tra l’umanità e la sua compartecipazione organica alla vita naturale.

Dobbiamo renderci conto che la patologia di questo fenomeno alle origini della civiltà produttivista – la rottura programmata con la società organica in tutte le sue forme e costumi, lacerazione che i dominanti hanno chiamato civiltà –, infetta da sempre i sottomessi e oggi anche molti potenziali rivoltosi di una società in preda all’ennesima rivoluzione tecnologica prodotta dall’alienazione industriale mercantile.

Siamo inesorabilmente immersi nell’ultima forma totalitaria del capitalismo planetario. La rivoluzione numerica in costante sviluppo non è che l’ultima fase della civiltà produttivista cominciata più di seimila anni fa. Così, essa segna l’avvento definitivo di un totalitarismo onnicomprensivo – dall’intimità dell’individuo lobotomizzato dalla digitalizzazione alla socialità cloroformizzata dalla disinformazione continua –, destinato a eliminare le ultime parcelle di umanità organica restanti. Di fronte al bombardamento delle menzogne di Stato e di Internet si sviluppa meccanicamente una reazione contraria speculare condizionata dalla mistica della negazione.

Per la prima volta nella storia, non c’è più nessuno spazio-tempo al riparo dall’esercizio del potere. Cosi, a chi rifiuta di scivolare nel trans-umanismo, liquame ideologico ormai presentato come un’utopia in via di realizzazione, non resta che ricostituire questo spazio di autonomia vitale rompendo radicalmente con il dominio dell’artificialità tecnologica estesa a macchia d’olio come una marea nera sulla specie e sugli individui.

La modernità è cominciata con l’introduzione di tecniche industriali di produzione che hanno rivoluzionato la società tutta intera, mettendo fine all’Ancien Régime imperante su un mondo ancora essenzialmente ciclico. Il dominio produttivista ha allora trovato nel capitalismo il modo di produzione finale del suo lungo processo progressivo di espropriazione della realtà organica. Questa modernità è stata caratterizzata, in particolare, da un’intrusione in crescita costante della tecnologia nello sviluppo produttivo cambiando radicalmente i rapporti tra i padroni detentori dei mezzi di produzione garanti del potere sociale e i proletari obbligati a vendere la loro forza-lavoro per sopravvivere.

Stabilito il contesto fin qui descritto, ci si può chiedere se in una sociètà scevra dei meccanismi produttivisti che reggono oggi la società umana secondo i criteri della megastruttura del capitalismo, il coronavirus che ha scorrazzato e che circola ancora, avrebbe trovato un terreno così fertile per il suo apporto di disgrazie.

La risposta emerge senza appello. Il quasi milione di morti in via di contabilizzazione, le sofferenze e le solitudini di vite spente senza il conforto di un ultimo saluto, i malati lasciati morire in assenza di respiratori, i contagiati dovuti all’assenza colposa di maschere di protezione[5] sono il frutto di una concezione della vita e del mondo prigioniera dei calcoli mistici dell’economia politica e dei suoi cultori: l’economia politica è il virus sociale che ha annichilito l’umano per far posto al calcolo di redditività che governa la civiltà produttivista e il capitalismo che la dirige.

La lotta contro il virus sociale destinato a estinguere la specie umana, sarà quella di una specie riconciliata con la sua dimensione organica o sarà l’ultimo misticismo pseudo rivoluzionario che accompagnerà la specie umana nella sua febbre dell’oro virtuale, definitivamente avvelenata nel deserto canicolare dell’economia politica.

Sergio Ghirardi, 1 settembre 2020



[1] Mi riferisco non solo alla sua struttura burocratica dallo stesso acronimo (OMC) effettivamente esistente, ma all’insieme del funzionamento del capitalismo planetario che ha ormai imprigionato la specie umana in una logica binaria includente due caste globali – dominanti e dominati – tanto al livello del sociale che in quello interiore riguardante ogni individuo. La corrosione profonda dell’intelligenza dialettica prodotta da un fenomeno di reificazione e di alienazione consumistica dell’umano spinto all’eccesso, ha permesso agli ideologi dell’economia politica e ai loro eserciti di servitori volontari di sconfiggere la coscienza di classe che combatteva da secoli il capitalismo. Di fronte al pericolo ormai concreto di estinzione, una coscienza di specie si affaccia per integrare, superandola, la volontà emancipatrice sopravvissuta alla dipartita della coscienza di classe. Da socialismo o barbarie siamo passati a emancipazione o sparizione.

[2] Edward Louis Bernays – Vienna, 22 novembre 1891/Cambridge, 9 marzo 1995, nipote di Freud, ha messo la definizione dell’inconscio e i suoi vasti corollari a disposizione delle multinazionali allora nascenti (quella del tabacco in particolare, ma non solo).

[3] Sul concetto di misticismo come «distorsione irreale e metafisica delle impressioni sensoriali e delle sensazioni orgastiche», vedi W. Reich, Etere, Dio e Diavolo, Sugar 1974. Applico qui l’uso di questo concetto a forme nuove d’irrazionalismo che l’universo virtuale ha straordinariamente amplificato, nello stesso senso preciso della definizione reichiana.

[4] W. Reich, L’irruzione della morale sessuale coercitiva, Sugar, Milano 1972.

[5] Per quel che possono servire, ma è pur sempre qualcosa, non dispiaccia ai criminali politici gestori della crisi che ne affermavano l’inutilità né ai complottisti mistici che pretendono che la pandemia è un’esca.


Critique du mysticisme dans toutes ses formes passées, présentes et (espérons que non) trans humanistes futures

 Coronavirus, nel mondo oltre 4,6 mln di casi e più di 311mila morti - New  Pharma

Alors que l’organisation mondiale du commerce[1] est en train de remettre en marche la machine de l’exploitation globale soudainement handicapée par le coronavirus, les éléments qui en permettent le fonctionnement planétaire en temps normaux, justement car déboussolés par l’émergence, se démarquent clairement visibles dans leur monstruosité, entre les failles sismiques du tremblement de terre sanitaire qui vient de passer et dont les secousses sont toujours actives. Mettre à feu ces traces destinées à être effacées par l’oubli (du moins cela est la ferme intention du système global qui domine le monde), c’est une action nécessaire et digne de soutien.

Soient-ils des spécialistes au service du pouvoir global ou des adversaires inconscients qui secondent l’aliénation en prétendant la combattre, les aficionados de la manipulation des consciences – œuvrent pour falsifier par des thèses contraposées toute trace de vérité au-delà des apparences. Par la mise en scène calculée d’un psychodrame qui manipule la peur dans tous les sens et manœuvre la gravité (pourtant réelle) de la pandémie, les serviteurs volontaires du système dominant poussent le troupeau des révoltés les plus confus à délirer – par reflexe – sur l’inexistence du virus, en entravant ainsi l’émergence d’une conscience d’espèce qui pourrait, peut-être, sauver la socialité humaine d’une dégradation qui est en train de s’aggraver dangereusement.

Derrière la technique de manipulation que la science psychosociale productiviste a appris à utiliser depuis les premières découvertes freudiennes[2], il y a un mécanisme d’aliénation qu’on peut définir culturelle en tant que réponse exorcisant la peur/angoisse de la mort, aliénation naturelle qui concerne l’humain depuis l’origine. Cette aliénation culturelle que le corps psychique apprend à secréter pour calmer la peur dans toutes ses manifestations, a un nom précis que Wilhelm Reich a soigneusement défini : le mysticisme[3].

Poussé par l’intention de dénoncer le mécanisme de base de la déchéance progressive de l’humanité des êtres humains, je note les signaux de toutes les formes de mysticisme au travail afin de protéger la conscience radicale in fieri du phénomène historique social en cours. Cela n’empêche pas d’apprécier la sensibilité intelligente qui a poussé certains « mystiques » vers des approfondissements sincères de la conscience humaine, en distinguant, toutefois, cet approche ontologique du mécanisme de base du mysticisme social qui consiste dans une interprétation irrationnelle des faits et de la réalité qui devient dogme, croyance, superstition paranoïaque comme dans toutes les spiritualités déchues en religion.

La critique du mysticisme est la condition même de la prise de conscience radicale de la condition humaine, la dénonciation nécessaire des interprétations fumeuses ou de toute façon intéressées de ceux qui naviguent sur les peurs humaines pour instaurer n’importe quelle hiérarchie de pouvoir, du prêtre, à l’empereur, passant par le bureaucrate. Il n’y aura pas émancipation humaine sans une émancipation de l’esprit religieux qui soulève sur un piédestal pourri une divinité céleste (peu importe son nom, mais le plus souvent il est mâle) ou le dieu neutre et terrestre des « choses rentables » de l’économie politique, de cette marchandisation qui a divinisé l’échange économique comme forme immanente du fétiche sacrée le plus misérable : l’argent.

La modernité a transformé le dieu terrible et autoritaire des monothéismes anciens en un déodorant spray vendu à des prix de plus en plus accessibles, virtualisé par des téléphones portables et des ordinateurs, impalpable mais toujours présent, entre cookies et selfies, dans un devoir être qui fait de l’être una apparence sans substance. Le but entretenu depuis toujours d’un tel irrationalisme morbide est de rendre impossible la conscience d’espèce, en la substituant par une fausse conscience variable et conflictuelle dont le système dominant est un producteur zélé. La formule de cette manipulation perverse est désormais en train de travailler activement afin de forcer tout le monde à cette distorsion vulgairement métaphysique du réel ; en incluant aussi dans le troupeau des suiveurs bon nombre de révoltés enragés mais aveugles qui interprètent la réalité avec les schémas paranoïaques du complotisme, voile de Maya postérieur, dernier torchon idéologique collé sur le cul désormais nu des toujours plus éphémères et interchangeables rois de service.

Fort de la logique binaire qui est la matrice de tout mysticisme, le pouvoir s’affaire à se reproduire autant parmi les soumis au surmoi inoxydable que parmi les révoltés ignares et prisonniers du monde virtuel où la mystique négationniste cherche des boucs émissaires diaboliques plutôt que s’occuper des causes dialectiques historiques et sociales de leurs/nôtres tragédies, de leur/nôtre souffrance, de leur/notre humiliation.

Les éléments essentiels du dernier épisode de cette tragédie – la crise du coronavirus – sont encore là, à la portée de main de ceux qui veulent et peuvent comprendre. Prêts à répéter la leçon si celles déjà données ne seraient pas suffisantes. Réussirons-nous à échapper à la propagande qui nous invite à chercher et soutenir des mythes (pour ou contre la gravité ou l’inexistence de la pandémie, mais toujours clairement mystiques) par lesquels on se paye le caprice d’ignorer la réalité ? Hélas, le réseau est une prison virtuelle dont est difficile sortir sans brûler sur le bûcher de la paranoïa débridée.

Au cœur de cette catastrophe, avant qu’un énième nouveau couvercle idéologique arrive à en recouvrir les horreurs en en cachant les causes profondes et les effets dévastateurs (comme le couvercle en ciment qui couvre la tragédie irrémédiable et toujours active de Tchernobyl – un exemple parmi tant d’autres du progrès tragique de la civilisation productiviste), les racines vénéneuses des fleurs viraux à peine reniflés par au moins la moitié de la population mondiale, sont interprétées à tort et à travers, par des individus rongés par la peste émotionnelle qui accompagne et protège le productivisme.

La propagande est exercée par l’extérieur par le biais de la machine médiatique qui est son instrument principal, mais elle opère aussi à l’intérieur de la psychè des individus que la peste émotionnelle structurelle du productivisme a infecté, en les rendant paranoïaques et littéralement incapables d’entendre et de vouloir de façon autonome. Pas par hasard, dans le dialogue que depuis longtemps, à mon modeste niveau, je cherche d’instaurer avec les survivants, entourés par les zombies de toutes croyances, j’ai cité plusieurs fois cette irruption de la morale sexuelle[4] patriarcale qui est le premier phénomène coercitif visible de la rupture entre l’humanité et sa coparticipation organique à la vie naturelle.

On doit se rendre compte que la pathologie de ce phénomène aux origines de la civilisation productiviste – la rupture programmée avec la société organique dans toutes ses formes et mœurs, déchirure que les dominants ont appelé civilisation – infecte depuis toujours les soumis et aujourd’hui aussi beaucoup de révoltés potentiels d’une société en proie à l’énième révolution technologique produite par l’aliénation industrielle marchande.

Nous sommes inexorablement plongés dans la dernière forme totalitaire du capitalisme planétaire. La révolution numérique en développement continu n’est que la dernière phase de la civilisation productiviste commencée depuis plus des six millénaires. Ainsi elle marque l’avènement définitif d’un totalitarisme englobant – de l’intimité de l’individu lobotomisé par la digitalisation à la société chloroformisée par la désinformation continue –, destiné à éliminer les dernières parcelles d’humanité organique survivantes. Face au bombardement des mensonges d’Etat et d’Internet une réaction contraire spéculaire se développe, conditionnée par la mystique de la négation.

Pour la première fois dans l’histoire il n’ya plus aucun espace-temps à l’abri de l’exercice du pouvoir. Ainsi, à ceux qui refusent de glisser dans le trans humanisme, eaux usées idéologiques présentées désormais comme une utopie en voie de réalisation, ne reste que reconstituer cet espace d’autonomie vitale en rupture radicale avec la domination de l’artificialité technologique étendue comme une trainée de poudre, comme une marée noire sur l’espèce et les individus.

La modernité a commencé par l’introduction de techniques industrielles de production qui ont révolutionné la société entière, mettant un terme à l’Ancien Régime régnant sur un monde encore foncièrement cyclique. La domination productiviste a alors trouvé dans le capitalisme le mode de production final de son long processus progressif d’expropriation de la réalité organique. Cette modernité a été caractérisée, en particulier, par une intrusion de plus en plus croissante de la technologie dans le développement productif qui a radicalement changé les rapports entre les patrons détenteurs des moyens de production garantissant le pouvoir social et les prolétaires obligés à vendre leur force de travail pour survivre.

Etabli le contexte que je viens de décrire, on peut se demander si dans une société débarrassée des mécanismes productivistes qui gèrent aujourd’hui la société humaine selon les critères de la méga structure capitaliste, le coronavirus qui a frappé e qui circule encore, aurait trouvé un terrain aussi fertile pour son apport de malheurs.

La réponse s’affiche sans appel. Le presque million de morts en voie de comptabilisation, les souffrances et les solitudes de vies éteintes sans le confort d’un dernier salut, les malades laissés mourir par l’absence des respirateurs, les infectés à cause de l’absence coupable de masques de protection[5] sont le fruit d’une conception de la vie e du monde prisonnière des calculs mystiques de l’économie politique et de ses disciples : l’économie politique est le virus social qui a annihilé l’humain pour faire place au calcule de rentabilité qui gouverne la civilisation productiviste et le capitalisme qui la dirige.

La lutte contre le virus social destiné à éteindre l’espèce humaine sera celle d’une espèce réconciliée avec sa dimension organique ou sera le dernier mysticisme pseudo révolutionnaire qui accompagnera l’espèce humaine dans sa ruée vers l’or virtuel, définitivement empoisonnée dans le désert caniculaire de l’économie politique.

 

Sergio Ghirardi, 1 settembre 2020



[1] Je me réfère autant à la structure bureaucratique avec le même acronyme (OMC) qu’à l’ensemble du fonctionnement du capitalisme planétaire qui a désormais emprisonné l’espèce humaine dans une logique binaire incluant deux castes globales – dominants et dominés – autant au niveau social qu’à l’intériorité de chaque individu. La corrosion profonde de l’intelligence dialectique produite par un phénomène de réification et d’aliénation consumériste de l’humain poussé à l’excès, a permis aux idéologues de l’économie politique et à leurs armées de serviteurs volontaires de vaincre la conscience de classe qui combattait le capitalisme depuis des siècles. Face au danger désormais concret d’extinction, une conscience d’espèce se fait jour pour intégrer en la dépassant, la volonté émancipatrice rescapée à la disparition de la conscience de classe. Nous sommes passés de socialisme ou barbarie à émancipation ou disparition.

[2] Edward Louis Bernays – Wien, 22 novembre 1891/Cambridge, 9 mars 1995, était le neveu de Freud ; il a mis au service des multinationales naissantes (celle du tabac en particulier mais pas qu’elle) la définition de l’inconscient et ses vastes corollaires.

[3] A propos du concept de mysticisme comme “distorsion irréelle et métaphysique des impressions sensorielles et des sensations orgastiques”, voir W. Reich, L’éther, Dieu et le diable, Payot, Paris 1973. J’applique ici l’utilisation de ce concept à des formes nouvelles d’irrationalisme que l’univers virtuel a amplifié de façon extraordinaire, dans le même sens précis de la définition reichienne.

[4] W. Reich, L’irruption de la morale sexuelle, Payot, Paris 1973.

[5] Pour ce qu’elles peuvent servir, mais c’est toujours quelque chose, n’en déplaise aux criminels politiciens gérants de la crise qui en affirmaient l’inutilité, ni aux complotistes mystiques qui prétendent que la pandémie est une leurre.