domenica 20 settembre 2020

ORA o mai più

 



 

Gli impatti economici del declino della natura costeranno al mondo almeno 479 miliardi di dollari all'anno. Una distruzione crescente "con impatti catastrofici ma anche sulla nostra salute", dice il direttore generale del Wwf Internazionale.

«Nel mezzo di una pandemia che colpisce tutto il Pianeta - avverte la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi - è urgente invertire la tendenza entro il 2030». Tra le cause della grave perdita di animali, sottolinea il rapporto Living Planet, "la deforestazione, l'agricoltura non sostenibile e il commercio illegale di fauna selvatica, responsabili anche della diffusione di epidemie come il Covid-19".

Così ci informano, ancora una volta, nella pentola in cui cominciamo a bollire, a proposito della febbre dell’oro virtuale che cresce e ci confermano che il crimine contro l’umanità e contro la vita in generale è stato effettivamente commesso dall’homo economicus; del resto, questo figlio degenere del cosiddetto sapiens è recidivo e di fronte ai suoi misfatti demenziali si preoccupa del costo in dollari del problema. Poi, ma solo poi, si preoccupa anche della salute, cioè della vita – perché i consumatori e i produttori devono pur sopravvivere per continuare a essere redditizi!

Ecco quel che ci ha insegnato chiaramente la crisi del coronavirus in cui i manipolatori al potere hanno, per primi, definito le maschere inutili per coprire il loro misfatto di averle buttate via in nome del profitto, salvo renderle poi obbligatorie quando sono ricomparse, nell’intento di far ritornare al lavoro i loro schiavi salariati. Di colpo le maschere sono diventate una panacea mirabolante con multe salate ai refrattari e ipocriti paternalismi pseudo scientifici di concerto.

Hanno confinato in un primo tempo per poi imporre di riprendere i ritmi produttivi senza i quali il loro mondo non può esistere. Un elogio sperticato del consumo ha superato ogni limite e ogni decenza, mentre la pericolosità del virus cambia a seconda dei loro interessi. A questo coro di conflitti d’interesse del capitalismo trionfante si sono inaspettatamente aggiunti dei gruppi deliranti di capricciosi che rifiutano le maschere come il bambino chiude la bocca di fronte al cucchiaio di sciroppo della mamma mentre accettano, come hanno sempre fatto, il loro sfruttamento quotidiano come una normalità. Perché se l’imposizione delle maschere è effettivamente un segno dell’autoritarismo abituale, negarne l’utilità relativa e l’esistenza stessa della pandemia è un’idiozia di più nel carniere dell’alienazione.

Come l’umanità ha dimostrato in molte forme spontanee di fronte all’emergenza coronavirus, si può uscire dall’economia ripristinando il dono, l’aiuto reciproco e la solidarietà banditi dal capitalismo e dal produttivismo. L’umanità vera deve risorgere o l’umanità malata di peste emozionale molto più che di virus, morirà definitivamente.

Perché i fanatici di tutte le ideologie sono verdi come il dollaro e non del colore dell’erba dei campi come pretendono di dipingere l’ecologia nei loro salotti impestati di Covid, di patologie cancerogene, d’inquinamento di temperature canicolari e di computer che vomitano pubblicità mercantile a ogni colpo di tastiera. Tutto questo coacervo di impotenze è fatto di sottomissioni senza energia vitale o di rabbie giuste ma cieche e incoscienti. Tra cookies e selfies, servitori volontari e schiavi umiliati si mescolano, in una marcia comune verso la catastrofe, ripetendo il mantra che resta poco tempo per evitarla.

La pubblicità della merce è l’arma degli assassini seriali che ci stanno portando alla rovina. Sottomessi, addomesticati o negazionisti, mescolano dei capricci da despoti a delle idiozie da caporali in rivolta, condividendo la stessa visione del mondo consumistica. In realtà sono tutti nella stessa barca: quella di una libertà vigilata che è la peggiore delle prigionie. Il relitto di quell’arca di Noè senza fondo, né remi, né rotta che è la civiltà produttivista, ospita e privilegia ogni genere di spazzatura: negrieri schiavisti senza scrupoli, politici che per il minimo vantaggio venderebbero la madre, i figli e le/gli amanti, intellettuali narcisisti appollaiati sul trespolo di una cultura suprematista e analfabeti che lottano per i saldi di una vita morente.

In adunate oceaniche virtuali s’incontrano al passo dell’oca e dell’asino (animali ben più rispettabili e sensibili dei loro grotteschi imitatori) gli ambientalisti complici di quanti spingono la follia auto distruttrice fino a negare il problema socio ecologico nella sua complessità – negazionisti di un capitalismo che si vende verde per meglio fottere l’ecologia radicale (anti ideologia sensibile alla realtà olistica del vivente) e con essa la specie umana.

L’ecologia, come la democrazia diretta, non può fare a meno di una radicalità naturale* che è incompatibile con il capitalismo di Stato e di mercato il cui totalitarismo impera sul mondo.

*(Visto l’uso perverso e fuorviante che il sistema fa non a caso del concetto di radicalità, preciso a caratteri cubitali che andare alla radice dell’umano, cioè all’intimità dell’essere umano stesso, non ha nulla a che spartire con l’estremismo fanatico dei vari killer religiosi o politici del vecchio mondo né con i loro deliri suprematisti, produttivisti e fascisti).

Non c’è soluzione umana e vitale all’interno della civiltà produttivista. O se ne esce o si muore. Le dinamiche di questa operazione non lasciano più spazio al dubbio. Non si tratta più di sapere se il crollo avverrà ma di vedere quando – come dei voyeur incapaci di godere (cioè di vivere) o come rivoluzionari affettuosi e orgastici, riuniti in gruppi d’affinità spontanei e organizzati per praticare l’autogestione generalizzata della vita quotidiana. Dal locale al planetario, bisogna abbandonare il Titanic produttivista condividendo le scialuppe di salvataggio che porteranno i più fortunati e decisi in un mondo nuovo tutto da inventare, ma già molto spesso sognato, pensato ed esplorato.

Il produttivismo nella sua fase terminale capitalista è incurabile. O si amputa il suo braccio canagliesco, lo Stato mafioso che accompagna e protegge il Mercato assassino, o gli animali attuali spariranno come i dinosauri di un tempo. Gli ultimi a sparire saremo forse noi, ma spariremo come tutte le altre scimmie.

Lo sanno bene i preti trans umanisti, inquisitori della poesia creativa di un essere umano ridotto a macchina produttivista, che rimuovono la paura della morte incipiente predicando un paradiso di cyborg da incubo alle masse di idioti che sognano di farsi trapiantare un chip al posto del cuore, del cervello, del sesso.

Su tutto ciò non è più tempo della discussione: è il tempo della rivolta della specie contro i suoi assassini seriali. Organizziamoci contro la peste economicista come ci siamo organizzati contro il coronavirus. Fuori dagli schemi burocratici, ignorando i discorsi paternalisti e dittatoriali. Aiutiamoci distruggendo il ricatto economico che ci oppone gli uni agli altri.

La politica concerne questo prima di tutto. Il resto è muffa ideologica che i maggiordomi politici vendono sul mercato di Wuhan che è diventato il mondo. Piuttosto che del pangolino, diffidiamo dei vermi di Wall Street, dei paradisi fiscali, degli azionari, della mondanità politica e sociale e dei mafiosi che la compongono. I loro eserciti di robocop e assassini legali, razzisti e adepti incoscienti di un viva la muerte che spinge a morire creando ricchezza virtuale e reale miseria, sono il braccio armato di una comunicazione globale che non comunica altro che i selfies della nostra assenza di vita, le immagini proiettate su grande schermo di spettatori zombi di una vita inesistente.

O ci si rivolta saltando fuori dalla pentola o moriremo lentamente per l’aumento costante e impercettibile della temperatura dell’acqua in cui stiamo cuocendo con il telefono in mano. Ancora un selfie, un ultimo saldo nel supermercato vicino? Capisco, ma fate presto, l’acqua sta per bollire.

Contro la civiltà spettacolare-mercantile, tutto il potere alle comunità di vita quotidiana che si organizzano contro e oltre lo Stato passato e presente. Una sola cosa è certa: non ci sarà un futuro né per lo Stato che ha vampirizzato le nazioni organiche né per il Mercato produttivista che ha disfatto sul nascere la società del dono.

Noi, però, ci saremo? Ai posteri l’ardua sentenza, a noi di vivere senza tempi morti, per il tempo che ci resta, i tempi e i modi di una vita felice perché restituita alla sua umanità.

Sergio Ghirardi, in vista del 20 settembre 2020


Maintenant ou jamais





Les impacts économiques du déclin de la nature couteront au monde au moins 479 milliards de dollars à l’année. Une destruction croissante « avec des impacts catastrophiques mais aussi sur notre santé », dit le directeur général du WWF International.

« Au milieu d’une pandémie qui frappe la planète entière – rappelle la présidente du WWF Italia, Donatella Bianchi – c’est urgent de renverser la tendance au plus tard en 2030 ». Parmi les causes de la grave perte d’animaux, souligne le rapport Living Planet, « la déforestation, l’agriculture intensive et le commerce illégal de faune sauvage, responsables aussi de la diffusion d’épidémies comme le Covid-19 ».

Ainsi, une fois de plus, dans le chaudron où on commence à bouillir, ils nous donnent les dernières nouvelles concernant la ruée vers l’or virtuel qui fait rage, en nous confirmant que le crime contre l’humanité et contre la vie en général a bien été commis par l’homo economicus; d’ailleurs, ce rejeton du soi-disant sapiens continue à récidiver et, face à ses méfaits démentiels, il se préoccupe surtout du cout en dollars du problème. Ensuite, mais uniquement ensuite, il se préoccupe aussi de la santé, c'est-à-dire de la vie – car les consommateurs et producteurs doivent bien survivre pour continuer à être rentables !

Voilà ce que nous a appris clairement la crise du coronavirus où les manipulateurs au pouvoir ont défini, les premiers, les masques inutiles afin de couvrir leur méfait de les avoir éliminées par rentabilité, en les rendant ensuite obligatoires quand elles sont réapparues, dans le but de pousser au travail leurs esclaves salariés. D’un seul coup, elles sont devenues une panacée mirobolante avec lourdes contraventions aux réfractaires et hypocrites paternalismes pseudo-scientifiques à la clé.

Ils ont confiné d’abord pour imposer après la reprise du rythme productif sans lequel leur monde ne peut pas exister. Un éloge appuyé de la consommation a dépassé toute limite et toute décence, alors que la dangerosité du virus change selon leurs intérêts. A ce chorus de conflits d’intérêt du capitalisme triomphant se sont ajoutés, de façon inattendue, des groupes délirants de capricieux qui refusent les masques comme l’enfant ferme la bouche face à la cuillère du sirop de maman, alors qu’ils acceptent, comme toujours, leur exploitation quotidienne comme une chose normale. Car si imposer les masques est un signe effectif d’autoritarisme habituel, en nier l’utilité relative et l’existence même de la pandémie est une idiotie de plus dans la besace de l’aliénation.

Comme l’humanité a montré en plusieurs formes spontanées face à l’émergence du coronavirus, on peut sortir de l’économie en réinstallant le don, l’entraide et la solidarité bannis par le capitalisme et le productivisme. La vraie humanité doit ressurgir ou l’humanité malade de peste émotionnelle, bien plus que du virus, mourra définitivement.

Car les fanatiques de toutes les idéologies sont verts comme le dollar et non pas de la couleur de l’herbe des champs, comme ils prétendent de peindre l’écologie dans leurs salons empestés de Covid, de pathologies cancérigènes, de pollution, de canicule et d’ordinateurs qui vomissent de la publicité marchande à chaque coup de clavier. Tout ce tas d’impuissances est fait de soumissions dépourvues d’énergie vitale autant que de rages justifiées mais aveugles et inconscientes. Entre cookies et selfies, serviteurs volontaires et esclaves humiliés se mélangent dans une marche commune vers la catastrophe, en répétant le mantra qu’il n’y a que peu de temps pour l’éviter.

La publicité de la marchandise est l’arme des tueurs en série qui sont en train de nous amener à la ruine. Soumis, domestiqués ou négationnistes ils mélangent des caprices de despotes à des idioties de caporaux révoltés, partageant la même vision du monde consumériste. En fait, ils sont tous dans le même bateau : celui d’une liberté sous surveillance qui est la pire des prisons. L’épave de cette arche de Noé sans fond, ni rames, ni cap qu’est la civilisation productiviste, fait place et privilégie tout genre d’ordures : négriers esclavagistes sans scrupules, politiciens qui pour le moindre avantage vendraient leur mère, leurs enfants et leurs amants/amantes, intellectuels narcissiques juchés sur le perchoir d’une culture suprématiste et analphabètes qui luttent pour les soldes d’une vie mourante.

Dans des rassemblements océaniques virtuels, se rencontrent au pas de l’oie et de l’âne (animaux bien plus respectables et sensibles que leurs grotesques imitateurs) les environnementalistes complices de ceux qui poussent la folie autodestructrice jusqu’à nier le problème socio écologique dans sa complexité – négationnistes d’un capitalisme qui se vend vert pour mieux foutre l’écologie radicale (anti idéologie sensible à la réalité holistique du vivant) et avec elle l’espèce humaine.

L’écologie comme la démocratie directe, ne peut pas se passer d’une radicalité naturelle* incompatible avec le capitalisme d’Etat et de Marché dont le totalitarisme domine le monde.

*(Vu l’utilisation perverse et trompeuse que le système fait – pas par hasard – du concept de radicalité, je précise à grosses lettres qu’aller à la racine de l’humain, c'est-à-dire à l’intimité de l’homme lui-même, n’a rien à voir avec l’extrémisme fanatique des multiples killers religieux ou politiques du vieux monde ni avec leurs délires suprématistes, productivistes et fascistes).

Il n’y a pas de solution humaine et vitale à l’intérieur de la civilisation productiviste. On en sort ou on en meurt. Les dynamiques de cette opération ne permettent plus le doute. Il n’est plus question de savoir si l’effondrement viendra, mais de voir quand, comme des voyeurs incapables de jouir (c'est-à-dire de vivre), ou réagir comme des révolutionnaires affectueux et orgastiques, réunis dans des groupes d’affinité spontanés, organisés pour pratiquer l’autogestion généralisée de la vie quotidienne. Du local au planétaire, il faut abandonner le Titanic productiviste, partageant les canots de sauvetage qui amèneront les plus chanceux et décidés vers un monde nouveau tout à inventer, mais déjà très souvent rêvé, pensé et exploré.

Le productivisme dans sa phase terminale capitaliste est insoignable. On ampute son bras scélérat, l’Etat mafieux qui accompagne et protège le Marché assassin, ou les animaux actuels disparaîtront comme les dinosaures d’antan. Nous serons peut-être les derniers à disparaître, mais nous disparaîtrons comme tous les autres singes.

Le savent bien les prêtres trans humanistes, inquisiteurs de la poésie créative d’un être humain réduit à une machine productiviste, qui refoulent la peur de la mort qui vient en prêchant un paradis de cyborgs cauchemardesques aux masses d’idiots qui rêvent d’une puce à la place du cœur, du cerveau, du sexe.

A ce propos, ce n’est plus le temps de la discussion : c’est le temps de la révolte de l’espèce contre ses tueurs en série. Organisons-nous contre la peste économiste comme on s’est organisés contre le coronavirus. En dehors des schémas bureaucratiques, ignorant leurs discours paternalistes et dictatoriaux. Aidons-nous en détruisant le chantage économique qui nous oppose les uns aux autres.

La politique concerne cela avant tout. Le reste n’est que de la moisissure idéologique que les majordomes politiciens vendent sur le marché de Wuhan qu’est devenu le monde. Plutôt que du pangolin, méfions-nous de la vermine de Wall Street, des paradis fiscaux, des actionnaires, de la mondanité politicienne et sociale et des mafieux qui la composent. Leurs armées de robocop et d’assassins légaux, racistes et adeptes inconscients de ce viva la muerte qui pousse à mourir en créant une richesse virtuelle et une réelle misère, sont le bras militaire d’une communication globale qui ne communique rien d’autre que les selfies de notre absence de vie, les images projetées sur grand écran de zombies spectateurs d’une vie inexistante.

Ou on se révolte en sautant dehors du chaudron, ou on mourra lentement par l’augmentation constante et imperceptible de la température de l’eau où on est en train de cuir avec le portable à la main. Encore un selfie, un dernier achat au supermarché le plus proche ? Je comprends, mais faites vite, l’eau va bientôt bouillir.

Contre la civilisation spectaculaire marchande, tout le pouvoir aux communautés de vie quotidienne qui s’organisent contre et au-delà de l’Etat passé et présent. Une seule chose est certaine : il n’y aura pas de futur ni pour l’Etat qui a vampirisé les nations organiques ni pour le Marché productiviste qui a tué dans l’œuf la société du don.

Mais serons-nous là ? La postérité jugera, à nous de vivre sans temps morts, pour le temps qui nous reste, les temps et les manières d’une vie heureuse parce que restituée à son humanité.

 

Sergio Ghirardi, en vue du 20 septembre 2020