I nostri antenati situazionisti
ce l’avevano detto: “Tutta la vita delle società nelle quali regnano le
condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di
spettacoli”.
L'inizio del XXI°
secolo, vuoi del terzo millennio da quando il monoteismo cristiano ha imposto
il dominio planetario del dio denaro (nipote del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo) è ormai decisamente avviato. I mercanti non si aggirano più solo
intorno al tempio ma su tutto il pianeta e, da molto tempo, altri monoteismi
sono implicati (un po' come la cola della Pepsi in guerra con quella della
Coca) in questa impresa produttivista che celebra sette millenni di esistenza e
di dominio imperialista in continua crescita, senza fine né limiti. Tuttavia, poiché
lo spettacolo è diventato formalmente laico, non ha più realmente bisogno di
religioni formali se non per il fascino della liturgia che gli è tanto
essenziale. Il misticismo spettacolare è concreto come il cibo adulterato.
Trasmette con il suo razionalismo morboso, un'alienazione e una reificazione
che hanno trovato nel feticismo della merce il totem mistico materializzato di
un irrazionalismo che ha fatto scendere dal cielo quelle paure della vita e
della libertà che sono l'essenza del sacro.
Ben prima
dell'invenzione del cinema, gli ideologi della civiltà produttivista, i suoi
sacerdoti, i suoi signori e i suoi generali erano già i registi di un misticismo
sacralizzato (patriottico perché patriarcale) destinato a trasformarsi in
spettacolo nella vita quotidiana degli esseri umani di oggi. Tuttavia, perché
tanti spettatori affascinati dall'orrore del dominio e così pochi disertori in
nome del desiderio di vivere in pace, liberi e felici? Misteri dell'homo sapiens!
L'unica civiltà umana emersa dall'evoluzione di questo sapiente autoproclamato è
stata la civiltà produttivista. Mai e da nessuna parte è esistita un'altra
civiltà eccettuata quella acratica a centralità femminile schiacciata nell'
Europa antica e ovunque nel mondo dalle orde barbariche invadenti del
patriarcato produttivista. Quasi ovunque vi è stata una vera e propria
irruzione della morale sessuale patriarcale – antiorgastica – contro
quest'altra civiltà orgastica e acratica, storicamente ridotta ovunque in
schiavitù di classe e di genere e che un'opera d'arte collettiva potrebbe oggi reinventare.
Con diversi gradi di cinismo e di violenza, la civiltà
produttivista ha sempre costretto gli esseri umani al fallimento globale della
loro umanità acratica, fraterna e gaudente, umiliata e sconfitta dalla facilità
omicida del suprematismo, dalla sua violenza cinica e opportunistica, dalla sua
codardia egocentrica, dalla sua pestifera ignoranza. Indubbiamente, dunque, soltanto
la civiltà produttivista si è veramente affermata nella storia dell'umanità,
accompagnata da tutte le diverse ideologie culturali che ne hanno glorificato,
giustificato, realizzato, facilitato l’inclinazione suprematista, predatrice e
assassina che ha marcato un progresso umano e disumano insieme.
Perché, con buona pace degli utili idioti dello scontro di civiltà che strizzano
l’occhio, allucinati, alla guerra totale, il loro scontro inventato maschera
male la connotazione radicalmente incivile e barbara di una guerra civile di
tutti contro tutti e dovunque. Senza contare che l'arma nucleare è oggi
l'assoluta e definitiva Ostia pronta a liberarci dal peccato originale di aver voluto essere umani. Abbiamo assaggiato
la mela biologica della conoscenza, l'hybris produttivista ci costringe ora a
mangiare una torta di mele avvelenata dai pesticidi. Ecco il loro progresso che
ricorda la strega di Biancaneve piuttosto che quello degli umani sperduti.
L'unico scontro in
atto da tempo (sempre rivestito con ideologie diverse, una più stupida
dell'altra, ma tutte molto efficaci per la circolazione della pandemia di peste
emozionale che imperversa sul pianeta) è quello tra le diverse tribù composite
di padroni e di schiavi che hanno fatto di ogni nazione uno Stato, di ogni
pecora il proprio cane, di ogni essere umano uno schiavo o un carceriere, uno
sfruttato o uno sfruttatore, un dominante intrinsecamente patriarcale o una
dominata intrinsecamente femminile. Perché si dice di un debole e di un
pacifista di ogni genere che è una femminuccia
e di un guerriero forte, bastardo, aggressore e assassino (maschio o Thatcher
che sia), che ha le palle!
Non è il colore della pelle, feticizzato in modo paranoico da
tutti i fascismi, che ha contrapposto gli esseri umani, ma la loro ideologia religiosa
o politica, la loro adesione o meno al progetto imperialista delle oligarchie
guerriere di ogni tipo che il produttivismo ha vomitato. L'umanità degli esseri
umani, dall'antica Europa di cui ci parla Marija Gimbutas all'Impero Romano,
dalle città-Stato della Mesopotamia agli Stati-nazione dell’era moderna, fino
allo Stato planetario globale del totalitarismo digitale (progetto in corso di
cui la Cina è l'avanguardia controrivoluzionaria), si batte contro
l'artificializzazione della vita che ne prepara la scomparsa. Che ci piaccia o
no, che lo si sappia o no, siamo gli ultimi eredi di questa umanità senza
patria, commossa e commovente figlia di un’internazionale di nazioni organiche che
incarnano lo spazio tempo psicogeografico della comunità umana in cerca di un
progetto di autogestione generalizzata della vita quotidiana. Dalle rivoluzioni
tradite e dalle guerre mondiali del ventesimo secolo fino a quella attuale in Ucraina,
siamo i depositari di una lotta per la civiltà umana contro la peste emozionale
diffusa e i suoi doni velenosi nascosti nel cavallo di Troia del capitalismo.
Timeo Danaos et dona ferentes. Come i più lucidi troiani di una volta, temiamo tutti i liberatori
suprematisti (dell'imperialismo dello Stato russo, dell'Europa degli Stati,
degli Stati Uniti) e dei doni velenosi come l'energia nucleare militare o
civile che ci scava la fossa. Gli ucraini tragicamente aggrediti sono vittime,
come tutti noi, del produttivismo e delle sue orde barbariche che infestano il
pianeta. Incastrati tra nemici spettacolari, gli ucraini sono in prima linea e pagano
un pesante tributo, come tutti i poveri umani della civiltà produttivista, come
i giapponesi di Hiroshima, come i vietnamiti e tanti altri popoli prima e dopo
di loro. È terribile a dirsi ma necessario: se non usciamo dal produttivismo
arriverà anche il nostro turno. L'umanità intera è oggi quel che furono i
nativi americani al tempo della controversia di Valladolid e in seguito:
potenziali schiavi e carne da cannone.
La specificità umana di saper produrre i beni e le condizioni
necessarie per una vita umana gioiosa non ha nulla a che vedere con il
produttivismo che ci soffoca da millenni. Siamo usciti dalla sopravvivenza
animale per creare le condizioni per una vita umana e non per arricchire una
minoranza di appestati che ci hanno preso in ostaggio e ci hanno resi schiavi.
Questo è il punto di agopuntura da cui dobbiamo ripartire. L'umanità è antinomica
al produttivismo e al suo ultimo modo di produzione, la sua vera soluzione
finale definitivamente svelata: il capitalismo. L'umanità dell'essere umano è
un'alternativa possibile, non certa, al meccanismo animale del suprematismo
predatorio. Dipende da una scelta poetica, arcaica ma più moderna che mai,
perché oggi siamo finalmente consapevoli che diventare umani è l'unica
alternativa possibile alla rovina della specie che sprofonda
nell'Antropocene/Capitalocene. Questa coscienza si esprime in mille modi spontanei
attraverso tutte le arti dell'amore che esprimono l’energia vitale dei corpi
viventi chiamando all'orgasmo, alla gioia, alla fraternità, alla sorellanza e
al mutuo soccorso. Essa detesta la guerra e si rifiuta di farla, complice di
tutti i gloriosi disertori della storia e del loro slogan di un tempo,
purtroppo dimenticato: fate l’amore, non
la guerra.
La guerra resta il retaggio sempre presente del primitivismo
animale predatore che risale ai conflitti individuali e tribali più antichi.
Essa è diventata una necessità vitale per gli Stati e qualche volta anche per le
nazioni, costrette a difendersi e proteggersi da un'aggressione come quella
subita oggi dall'Ucraina – contemporaneamente Stato e nazione. Del resto, le poche nazioni
senza Stato che, nonostante tutto, ancora sussistono sul pianeta, non hanno mai
dichiarato la guerra imperialista a nessuno, mentre la guerra è prerogativa costante
dello Stato-nazione. D'altra parte, l'insieme di tutte le nazioni organiche,
acratiche e pacifiche, costituisce la base spontanea di un mondo di disuguali
che si riconoscono, individualmente e collettivamente –
INTERNAZIONALMENTE – uguali in diritto di vivere e di godere liberamente della vita.
L'umanizzazione ancora incompiuta dell'umano scaturisce dalla
volontà animale di un godimento orgastico della vita che riguarda gli individui
quanto le nazioni. Le quali, prima di essere violentate, letteralmente e
figurativamente, dallo Stato produttivista in procinto di allargarsi dalla
Città-Stato allo Stato-Nazione, erano storicamente dei raggruppamenti organici
tanto diversi e vari quanto gli individui che li componevano. Nazione, Comune, Gemeinwesen o l’Haudenosaunee
degli Irochesi, non importa quale nome scegliere per indicare la circolazione di
godimento e pace e non di dominio gerarchico e guerra. Infatti, la stessa
corazza muscolare rigida prodotta dalla peste emozionale produttivista che fa
di un individuo libero e potente un fascista caratteriale, può ovviamente trasformare
una nazione organica in una collettività politicamente impestata di nazionalismo
e suprematismo: uno Stato-nazione. Che si definisca democratica o autoritaria, una
nazione organica violentata dallo Stato e costretta a sposarlo suo malgrado resta
sempre una donna battuta dal patriarcato statalista che sbandiera le sue insegne,
le sue armi e le sue guerre.
Creata alla fine della seconda guerra mondiale, l'ONU
(Organizzazione delle Nazioni Unite), fu solo una mostruosa caricatura, un
agglomerato di Stati bellicosi e assassini dove il concetto di nazione
interviene come un ossimoro di stampo fascista, perché lo Stato è incompatibile
con la democrazia intesa nella sua accezione radicale di demoAcrazia. Un’Internazionale
di nazioni senza Stato, questa è l'ONU che dovrà inventare l'assemblea delle
assemblee dei popoli liberi, organismo emancipato dall'inquinamento statale che
fa dell'ONU attuale una farsa per democrazie illusorie e spettacolari e per
vere dittature.
Abbiamo visto come il produttivismo si sia evoluto dalla
teologia celeste delle divinità religiose alla teologia terrestre dell'economia
politica – misticismo materialistico senza capo né coda e soprattutto
privo d’intelligenza sensibile. In una natura in cui l'uguaglianza tra le varie
forme di vita (pietre, piante e animali) non è affatto evidente, il particolare
contributo dell'essere umano è provvedere alla sua creazione. Tuttavia, questa
commovente opera d'arte di un sognato ma possibile rinascimento rimane più
incompiuta che mai e lo spettacolo che imperversa è la mostruosa caricatura di
questo fallimento storico. Se le nostre coscienze non riusciranno a fermarlo, è
la fine dell'essere umano che si profila ormai all'orizzonte.
La caratteristica distintiva della società dello spettacolo
sopravvissuta alle critiche dei suoi accaniti denunciatori è la mostruosa e
agghiacciante mancanza di empatia tra gli esseri umani che essa contagia con la
sua peste emozionale. Siamo di fronte a un dittatore psicopatico (perfettamente
integrato da decenni nello spettacolo democraticamente
dominante) che sogna di passare alla storia come Cesare, Napoleone, Hitler o
Stalin (a scelta, a seconda dell'ideologia preferita dagli spettatori impotenti
e voyeur), attaccando l'Ucraina come altri hanno attaccato il Vietnam,
l'Afghanistan o l'Iraq.
Stamattina, però, un’altra notizia mi ha sorpreso leggendo un
giornale locale: nel sud della Francia due ragazzine di tredici anni hanno
ucciso per gioco l'intera famiglia di una di loro, infatuate dal mondo virtuale
che ha invaso le nostre vite. Ho letto che questo gioco morboso di un "viva la muerte" digitalizzato
circola nella neolingua con il nome di creepy
pasta. Non ne so nulla, se non che nello spettacolo la guerra vera passa
attraverso la finzione digitale, il digitale passa attraverso la guerra: “Nel mondo realmente rovesciato il vero è un momento del falso”. La
morte è diventata un gioco morboso in una vita in cui non ci si diverte più per
niente.
Tutto ciò è sconvolgente e l'omicidio al quotidiano, stupido più
che surrealista, ci immerge senza fine e senza limiti nella guerra totale di
una pandemia di civiltà che non risparmia più niente e nessuno. Dalla guerra al
virus al riscaldamento climatico e ora alla carneficina ucraina, tutte le
novità sono integrate nello spettacolo per schermo interposto, mescolandosi in
una macabra relazione pericolosa tra la quotidianità che va in frantumi e la
storia che rimanda alla profezia dei nostri antenati, i situazionisti. Non c'è
niente da aggiungere per capire. Non da parte mia. C'è tutto da fare, tutti
insieme, noi umani, per rifiutare il destino impostoci dalla nostra servitù
volontaria: morte, follia, alienazione consumistica che si avvia alla carestia.
Siamo solo noi – gli esseri reali, gli animali selvatici, gentili, affettuosi,
a volte stupidi, ma non ancora addomesticati definitivamente dalla peste
produttivista – a poter uscire dalla trappola storica che si sta chiudendo su
di noi e sulla nostra volontà di vivere da esseri umani. Questo ci riguarda
tutti, tra la finzione digitale, diventata ovunque una vera guerra, e la realtà
artificiale che uccide davvero senza ragione umana a Kiev come a Montpellier o
altrove.
Lo spettacolo continua, ma dobbiamo riuscire a fermarlo per
ricominciare a vivere.
Sergio Ghirardi Sauvageon, 16 marzo 2022
Guerre nucléaire et creepy pasta
Guerre nucléaire et creepy pasta
Nos ancêtres, les situs, nous l’avaient bien dit :
« Toute la vie des sociétés dans
lesquelles règnent les conditions modernes de production s’annonce comme une
immense accumulation de spectacles ».
Le début du vingt-unième siècle, voir du troisième
millénaire depuis que le monothéisme chrétien a imposé la domination planétaire
du dieu argent (petit fils du Père, du Fils et du Saint-Esprit) est désormais
bien entamé. Les marchands ne rôdent plus uniquement autour du temple mais sur
toute la planète et depuis longtemps d’autres monothéismes sont impliqués (un
peu comme le cola de Pepsi en guerre
avec Coca) dans cette entreprise productiviste qui fête sept millénaires
d’existence et de domination impérialiste en croissance perpétuelle, sans fin
ni limites. Cependant, le spectacle, étant devenu formellement laïque, n’a plus
vraiment besoin de religions formelles sinon pour le charme de la liturgie qui
lui est si indispensable. Le mysticisme spectaculaire est concret comme la
nourriture frelatée. Il véhicule avec son rationalisme morbide, une aliénation
et une réification qui ont trouvé dans le fétichisme de la marchandise le totem
mystique matérialisé d’un irrationalisme qui a fait descendre du ciel ces peurs
de la vie et de la liberté qui sont l’essence du sacré.
Bien avant l’invention du cinéma, les idéologues de la
civilisation productiviste, ses prêtres, ses seigneurs et ses généraux étaient
déjà les metteurs en scène d’un mysticisme sacralisé (patriotique parce que
patriarcal) destiné à évoluer en spectacle dans la vie quotidienne des êtres
humains d’aujourd’hui. Néanmoins, pourquoi autant de spectateurs fascinés par
l’horreur de la domination et si peu de déserteurs au nom de la volonté de
vivre en paix, libres et heureux ? Mystères d’homo sapiens ! La seule civilisation humaine sortie de
l’évolution de cet homme autoproclamé savant, a été la civilisation
productiviste. Jamais et nulle part il n’y a eu une autre civilisation sinon
celle acratique à centralité féminine écrasée dans l’Europe ancienne et partout
dans le monde par les hordes barbares déferlantes du patriarcat produttiviste.
Partout ou presque, ce fut une véritable irruption de la morale sexuelle
patriarcale – anti orgastique – contre cette autre civilisation orgastique et acratique, historiquement
réduite partout en esclavage de classe et de genre et qu’une œuvre d’art
collective pourrait aujourd’hui réinventer.
A des degrés différents de cynisme et de violence, la
civilisation productiviste a toujours obligé l’humain à l’échec global de son
humanité acratique, fraternelle et jouissive, humiliée et vaincue par la
facilité meurtrière du suprématisme, par sa violence cynique et opportuniste,
par sa lâcheté egocentrique, par son ignorance pestifère. Sans doute, donc, la
seule civilisation productiviste s’est véritablement affirmée dans l’histoire
de l’humanité, accompagnée par toutes les diverses idéologies culturelles qui
ont glorifié, justifié, réalisé, facilité son penchant suprématiste, prédateur
et meurtrier qui a marqué un progrès humain et inhumain en même temps.
Car, n’en déplaise aux idiots utiles du choc des civilisations qui font des
clins d’œil hallucinés à la guerre totale, mais leur choc affabulé masque mal
la connotation radicalement incivile et barbare d’une guerre civile de tous
contre tous et partout. En y ajoutant que l’arme nucléaire est aujourd’hui
l’Ostie absolue et finale prête à nous affranchir du péché originel d’avoir voulu être humains. On a gouté à la pomme
biologique du savoir, l’hubris productiviste nous oblige maintenant à manger
une tarte aux pommes empoisonnée de pesticides. Voilà leur progrès qui rappelle
la sorcière de Blanche-Neige plutôt que celui des humains égarés.
Le seul choc en
cours depuis belle lurette (adoubé toujours d’idéologies differentes, l’une
plus débile que l’autre, mais toutes très performantes pour la circulation de
la pandémie de peste émotionnelle qui sévit sur la planète) est celui entre les
différentes tribus composites de patrons et d’esclaves qui ont fait de chaque
nation un Etat, de chaque brebis son chien, de chaque être humain un esclave ou
un geôlier, un exploité ou un exploiteur, un dominant intrinsèquement patriarcal
ou une dominée intrinsèquement féminine. Car on dit bien d’un faible et d’un
pacifiste en tous genres qu’il est
une femmelette et d’un guerrier
costaux, salopard, agresseur et meurtrier (mâle ou Thatcher qu’il soit), qu’il a des couilles !
Ce n’est pas la couleur de peau, fétichisée de façon
paranoïaque par tous les fascismes, qui à opposé les humains, mais leur
idéologie religieuse ou politique, leur adhésion ou pas au projet impérialiste
des oligarchies guerrières de tous bords que le productivisme a vomi.
L’humanité de l’être humain, de l’Europe ancienne dont nous parle Marija Gimbutas
à l’Empire romain, des cités-État de la Mésopotamie aux États-nation de la
modernité, jusqu’à l’État global planétaire du totalitarisme numérique (projet
en voie de réalisation dont la Chine est l’avant-garde contre-révolutionnaire),
se bat contre l’artificialisation de la vie qui en prépare la disparition.
Qu’on le veuille ou non, qu’on le sache ou pas, nous sommes les derniers héritiers
de cette humanité sans patrie, fille émue et émouvante d’une internationale de
nations organiques qui incarnent l’espace-temps psychogeographique de la
communauté humaine en quête d’un projet d’autogestion généralisée de la vie
quotidienne. Depuis les révolutions trahies et les guerres mondiales du
vingtième siècle jusqu’à l’actuelle en Ukraine, nous sommes les dépositaires
d’une lutte pour la civilisation humaine contre la peste émotionnelle diffuse
et ses cadeaux empoisonnés cachés dans le cheval de Troie du capitalisme.
Timeo Danaos
et dona ferentes. Comme les troyens les plus
lucides d’antan, on a peur de tous les libérateurs suprématistes (de
l’impérialisme de l’État russe, de l’Europe des États, des États Unis) et des
cadeaux empoisonnants comme l’énergie nucléaire militaire ou civile qui nous creuse
le tombeau. Les ukrainiens tragiquement agressés sont victimes, comme nous tous,
du productivisme et de ses hordes barbares qui infestent la planète. Coincés entre
des ennemis spectaculaires, les ukrainiens sont sur le front et payent un lourd
tribut, comme tous les pauvres humains de la civilisation productiviste, comme
les japonais de Hiroshima, comme les vietnamiens e bien d’autres peuples avant et
après eux. C’est terrible à dire, mais nécessaire : si on ne sort pas du
productivisme, notre tour aussi va venir. L’humanité entière est aujourd’hui ce
que furent les autochtones d’Amérique au moment de la controverse de Valladolid
et par la suite : des esclaves potentiels et de la chair à canon.
La spécificité humaine de savoir produire les biens et
les conditions nécessaires à une vie humaine joyeuse n’a rien à voir avec le
productivisme qui nous étouffe depuis des millénaires. Nous sommes sortis de la
survie animale pour créer les conditions d’une vie humaine et non pas pour
enrichir une minorité de pestiférés qui nous a pris en otage et réduits en esclavage.
Voilà le point d’acupuncture d’où on doit repartir. L’humanité est antinomique au
productivisme et à son mode de production ultime, sa véritable solution finale définitivement
dévoilée : le capitalisme. L’humanité de l’être humain est une alternative
possible, et non pas certaine, au mécanisme animal du suprématisme prédateur. Elle
dépend d’un choix poétique, archaïque mais plus moderne que jamais, car aujourd’hui
on est enfin conscients que devenir humains est la seule alternative possible à
la ruine de l’espèce en train de sombrer dans l’Anthropocène/Capitalocène. Cette
conscience s’exprime de mille façons spontanées par toutes les arts de l’amour
qui expriment l’énergie vitale des corps vivants poussant à l’orgasme, à la
joie, à la fraternité, à la sororité et à l’entraide. Elle a horreur de la
guerre et se refuse de la faire, complice de tous les glorieux déserteurs de
l’histoire et de leur slogan d’antan, hélas oublié : faite l’amour pas la guerre.
La guerre est l’héritage toujours présent du
primitivisme animal prédateur qui remonte aux conflits individuels et tribaux
plus anciens. Elle est devenue une nécessité vitale pour les États et parfois pour
les nations aussi, obligées à se défendre et se protéger d'une agression comme
celle subie aujourd'hui par l'Ukraine – État et nation à la fois. D’ailleurs, les
quelques nations sans État qui, malgré tout, existent encore sur la planète,
n'ont jamais déclaré la guerre impérialiste à personne, alors que la guerre est
l’apanage constant de l'État-nation. D'autre part, l'ensemble de toutes les
nations organiques, acratiques et pacifiques, constitue la base spontanée d'un
monde d’inégaux qui se reconnaissent, individuellement et collectivement –
INTERNATIONALEMENT – égaux dans le droit de vivre et de jouir librement de la
vie.
L’humanisation toujours inachevée de l’humain jaillit de
la volonté animale d’une jouissance orgastique de la vie qui concerne autant les
individus que les nations. Lesquelles, avant d’être violées, au propre et au
figuré, par l’État productiviste en voie d’élargissement de la Cité-État à l’État-nation,
ont été historiquement des groupements organiques aussi différents et variés que
les individus les composant. Nation, Commune, Gemeinwesen ou l’Haudenosaunee des Iroquois, peu importe quel
nom choisir pour désigner la circulation de la jouissance et de la paix et non celle
de la domination hiérarchique et de la guerre. Car la même carapace musculaire rigide
produite par la peste émotionnelle productiviste qui fait d’un individu libre et
puissant un fasciste caractériel, peut évidemment transformer une nation
organique en une collectivité politiquement empestée de nationalisme et suprématisme :
un État-nation. Qu’elle se dise démocratique ou autoritaire, une nation organique
violée par l’État et mariée de force reste toujours une femme battue par le patriarcat
étatiste arborant ses drapeaux, ses armes et ses guerres.
Fondée à la fin de la seconde guerre mondiale, l’ONU
(Organisation des Nations Unies) ne fut qu’une caricature monstrueuse, un agglomérat
d’Etats belliqueux et meurtriers où le concept de nation intervient comme un
oxymore fascisant, car l’État est incompatible avec la démocratie entendue dans
son sens radicale de demoAcratie. Une Internationale des nations sans État,
voilà l’ONU que l’assemblée des assemblées des peuples libres aura à inventer, organisme
émancipé de la pollution étatique qui fait de l’ONU actuel un simulacre pour
démocraties illusoires et spectaculaires et pour vraies dictatures.
On a vu comment le productivisme a évolué de la théologie
céleste des divinités religieuses à la théologie terrestre de l’économie
politique – mysticisme matérialiste
sans queue ni tète et surtout dépourvu d’intelligence sensible. Dans une nature
où l’egalité entre les diverses formes de vie (les pierres, les plantes et les
bêtes) n’est pas une évidence, l’apport particulier de l’humain est de pourvoir
à sa création. Or, cette œuvre d’art émouvante d’une renaissance rêvée mais
possible, reste plus inachevée que jamais et le spectacle qui déferle est la
caricature monstrueuse de cet échec historique. Si nos consciences n’arriveront
pas à l’arrêter, c’est la fin de l’humain qui se profile désormais à l’horizon.
La caractéristique essentielle de la société du spectacle
qui a survécu aux critiques de ses dénonciateurs acharnés est le monstrueux,
glaçant manque d’empathie parmi les êtres humains qu’elle contamine de sa peste
émotionnelle. Aujourd’hui on est face à un dictateur psychopathe (parfaitement intégré
depuis des décennies dans le spectacle démocratiquement
dominant) qui rêve da passer à l’histoire comme César, Napoléon, Hitler ou
Staline (au choix, selon l’idéologie préférée par les spectateurs impuissants
et voyeurs), en attaquant l’Ukraine comme d’autres ont attaqué le Vietnam,
l’Afghanistan ou l’Irak.
Ce matin, toutefois, une autre nouvelle m’a étonné en lisant
un journal local : dans le sud de la France deux gamines de treize ans ont
tué l’entière famille d’une d’elles par jeu, infatuées par le monde virtuel qui
a envahi nos vies. J’ai lu que ce jeu morbide d’un « viva la muerte » numérisé circule dans la novlangue avec l’appellation
de creepy pasta. Je n’en sais rien,
sinon que dans le spectacle la guerre réelle passe par la fiction numérique, le
numérique passe par la guerre : « Dans
le monde réellement renversé, le vrai
est un moment du faux ». La mort est devenue un jeu morbide dans une
vie où on ne s’amuse plus du tout.
Tout ça est bouleversant et le meurtre au quotidien,
débile plus que surréaliste, nous plonge sans fin et sans limites dans la
guerre totale d’une pandémie civilisationnelle qui n’épargne plus rien ni
personne. De la guerre au virus au réchauffement climatique et maintenant à la
boucherie ukrainienne, toutes les nouveautés sont intégrées au spectacle par
écran interposé, se mêlant dans une macabre liaison dangereuse entre le
quotidien qui s’effrite et l’histoire qui renvoie à la prophétie de nos ancêtres,
les situationnistes. Il n’y a rien à ajouter pour comprendre. Pas de ma part. Il
y a tout à faire, tous ensemble, nous les humain, pour refuser le destin qui
nous est imposé par notre servitude volontaire : la mort, la folie,
l’aliénation consumériste qui vire à la famine. Il n’y a que nous – les êtres
réels, les animaux sauvages, gentils, affectueux, cons parfois, mais pas encore
définitivement domestiqués par la peste productiviste – pour se sortir du piège
historique qui se referme sur nous et sur notre volonté de vivre en humains. Cela
nous concerne tous, entre la fiction numérique, devenue partout une guerre
réelle et la réalité artificielle qui tue vraiment sans raison humaine à Kiev
comme à Montpellier ou ailleurs. Le spectacle continue, mais on doit pouvoir
l’arrêter pour recommencer à vivre.
SGS